E' un classico della biografia simenonia. Era fine settembre del 1932, Simenon era arrivato a Parigi da poco più di nove mesi e, dopo una serie di lavori e lavoretti per sbarcare il lunario, dopo aver iniziato a scrivere racconti e a cercare chi glieli pubblicasse, approdò anche al quotidiano Le Matin. Qui la famosa scrittrice Colette era responsabile della pagina letteraria. Simenon portava a lei i suoi racconti, nella speranza che li accettasse e li publicasse. Allora lui firmava con lo pseudonimo, Georges Sim, aveva appena vent'anni e si confrontava con una Colette che al tempo ne aveva una cinquantina, costituiva un punto di riferimento della cultura e dell'arte parigina, nominata Cavaliere della Repubblica Francese, nonché insignita della Legion d'Onore per meriti letterari.
E' normale che la scrittrice si rivolgesse a quel ragazzo con un ormai famoso "mon petit Sim". Infatti ogni volta che portava un racconto la scrittrice lei lo criticava, dicendogli che era una scrittura ancora troppa intrisa di letteratura. Intendendo che si trattava di una scrittura troppo ridondante, aulica e che non funzionava. "Meno letteratura - ripeteva Colette ogni volta che Simenon tornava con una nuova versione del racconto - Meno letteratura...". E di questo il futuro romanziere fece tesoro, asciugando la propria scrittura riuscendo per l'intanto a pubblicare il suo primo racconto La petite idole, e poi facendo una cifra della sua opera la progressiva semplificazione dello stile e la sempre maggiore essenziaità del linguaggio. Fino alla famosa affermazione di non utilizzare più di duemila vocaboli per scrivere i suoi romanzi, dando quindi la sua preferenza alle parole semplici, di sgnificato univoco e di universale comprensione, quelle che lui stesso definiva "les mots matière". Insomma Simenon non ha mai fatto segreto della sua riconoscenza nei confronti di Colette per avergli insegnato un principio che fu una caratteristica principale del suo successo.
A questo proposito è interessante andare a vedere quello che raccontava Simenon cinquant'anni dopo:
"...I suoi consigli mi sono stato molto utili, quello che invece trovavo sorprendente era che lei stessa scrivesse in un modo così impreziosito e ridondante . Non dimenticate che a quell'epoca Anatole France era considerato una sorta di Papa degli scrittori francesi; tutti parteggiavano per lui. Personalmente ne avevo orrore, consideravo le sue opere come il pizzo elaborato, con la frase per la frase, la parola per la parola, l'aggettivo ricercato, insomma quello che chiamano lo stile. E io invece, al contrario, già cercavo di sbarazzarmi di questi elementi, pur non essendo allora andanto troppo avanti su questa strada. Avevo portato i miei due primi racconti a Colette - racconta Simenon nel 1983 in un'intervista - e me li restituì la settimana successiva dicendomi: 'Diffidate, mon petit Sim, c'è troppa letteratura, è troppo letterario, evitate di fare letteratura...'
Ed é quello che ho fatto.Ho subito cercato di semplificare la mia scrittura. Preferisco rischiare delle scorrettezze, cosa che mi accade anche adesso, piuttosto che raffinare il mio stile. Quando eseguo la revisione di un mio scritto, non aggiungo mai nulla, io taglio, tolgo gli aggettivi, levo gli avverbi, escludo le frasi che filano troppo bene, quelle che io chiamo i 'versi bianchi'...".
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