sabato 10 dicembre 2011

SIMENON... E GLI INCREDIBILI ANNI '20

Siamo nel 1925 l'anno in cui a Parigi venne inaugurata l'Exposition des Arts Décoratifs. Un avvenimento culturale atteso da tutto il mondo culturale europeo e non solo. Il fervore nella comunità dei pittori, dei musicisti, degli scrittori e di tutti gli artisti era all'ennesimo grado. Si respirava aria di grandi cambiamenti, quando non di vere e proprie rivoluzioni nel campo dell'espressione artistica di qualsiasi ambito. Multicultarale, cosmopolita, dissacrante era l'aria che tirava nell'ambiente degli artisti e dall'arte per arivare fino alla vita di tutti i giorni. Dalla moda, all'architettura, dalla pubblicità all'arredamento, non c'era campo che non fosse investito da questa ventata di rinnovamento, di sperimentazione di voglia di cambiare. I Simenon nel loro appartamento al 21 di Place des Vosges erano una delle coppie che alimentavano questa amosfera. Volete sapere come era arredato il loro appartamento? Simeon aveva ingaggiato l'arredatore d'interni più in voga del momento, tale Dim. Risultato? I muri erano gialli, blu e verde con un chiaro richiamo al cubismo, tende e copridivani neri, ma il pezzo forte era costituito dal bar. Una vera esclusiva all'epoca. Un autentico angolo bar con tanto di bancone e sgabelli alti, anche loro gialli e neri. Ed era tutto illuminato dall'interno, con mensole e sportelli in vetro, bottiglie e cocktaili in bella vista, un vero bar all'americana, particolarmente apprezzato da Georges, come altri arrivi dall'America: la musica jazz di New Orleans di cui era allora un fervente appassionato e quel fenomeno chiamato Josephine Baker che passerà nella sua vita come un ciclone. Dietro al bancone il barman era ancora lui. E le feste di casa Simenon divennero famose non solo per il nome degli invitati: Max Jacob, Derain, Jean Renoir, Paul Colin, le ballerine russe in tourneé a Parigi e non ultima proprio la Baker di cui campeggiava un ritratto esattamente sopra l'angolo bar. L'altro motivo di tanto successo era che il passo da feste a festini era decisamente breve, tanto che all'alba la gente ancora dormiva seminuda sui divani, per terra, mentre Boule, la femme de chambre, iniziava riordinare e in sottofondo si sentiva un ticchettìo. Era la macchina per scrivere di Simenon che per pagarsi quel tenore di vita doveva produrre racconti e romanzi brevi a più di un editore, per cui in una giornata doveva macinare un'ottantina di pagine e poi correre a consegnare...  E mentre i suoi ospiti di svegliavano e lasciavano la casa la locomotiva Simenon sferragliava già da qualche ora e uscivano dal rullo della sua macchina le storie de La fiancée fugitive, Nox l'insaisissable, Chair de Beauté, Captain S.O.S., Coeur de poupée...



venerdì 9 dicembre 2011

SIMENON. TENGO FAMIGLIA...ANZI DUE...ANZI...

Da destra, Denyse, Marie-Jo, Johnny, Marc e Georges in piedi
La famiglia per Simenon ha sempre avuto una importanza rilevante. Sia nella vita che nei romanzi.  Che si trattasse della sua famiglia di provenienza che di quelle che avrebbe poi costruito nel corso della sua esistenza. Non sempre un elemento positivo, ma sempre molto coivolgente.
Iniziamo da quella d'origine. Désirè Simenon, il padre ventiseenne quando il 13 febbraio 1903 nacque  Georges, per la precisione Georges Joseph Christian. Henriette Brull, moglie di Désireè, divenne sua madre a ventitre anni.  Il suo unico fratello Christian Maurice Joseph nacque tre anni dopo di lui. Era una famiglia modesta, il padre impiegato in una società di assicurazioni. La madre casalinga. Lui, un uomo tranquillo, contento di quello che aveva, senza grandi aspirazioni (tanto da rifutare un posto di responsabilità, ma anche di rischio, nel nuovo redditizio ramo polizze-vita della ditta). Lei invece veniva da una famiglia con alcuni esponenti importanti e altri anche ricchi, teneva molto al decoro, ai giudizi della gente, anche se poi doveva spaccava i centesimi in quattro per andare avanti.
Tra la madre e Georges, non ci fu mai un buon rapporto. Il cocco di mamma era Christian. D'altronde Georges stravedeva per il padre e quando si ammalò, smise di lavorare e poi morì nel '21 fu davvero un duro colpo per lui. La madre non perdeva occasione per manifestargli la sua preferenza per il fratello. E chissà che nella decisione del 1922 di lasciare Liegi, il suo lavoro di giornalista, non abbia pesato anche la scomparsa del padre?
Régine Renchon, detta Tigy, e Georges
Prima di partire per Parigi, Simenon si era gia fidanzato con Régine Renchon che infatti sposerà nel 1923. Qui inizia la sua seconda famiglia. La moglie, belga, di buona famiglia, pittrice, lo segue di buon grado nella Ville Lumiére, pur essendo conscia che nei primi tempi avrebbero letteralmente fatto la fame. Nei loro piani iniziali non era previsto un figlio, era un'intenzione ben esplicitata prima del matrimono. E così prima di completare la famiglia con un erede passarono sedici anni. Infatti Marc nasce il 19 aprile 1939. Con loro, va però detto, che fin dal 1925 vive con loro una giovane femme de chambre, Henriette Liberge, conosciuta in Normandia, subito soprannominata da Georges, "Boule". E non  possiamo considerarla fuori dalla famiglia visto che rimarrà con i Simenon, prima con Georges, poi con la famiglia del figlio Marc, fino alla fine degli anni '60. Con lei Simenon ebbe anche un'intesa non solo contraddistinta da un'attività sessuale praticamente quotidiana, ci fu certo dell'affetto, forse anche del sentimento. La risposta è in alcune lettere  di Simenon, ma che furono distrutte per volere della stessa Boule, alla sua morte.
Terza famiglia. Ormai Simenon si è trasferito in America. Conosce la seconda moglie Denyse, venticinquenne, canadese del Quebec, a New York nel 1945 ed entra in casa Simenon come segretaria particolare dello scrittore. Nel 1950 il matrimonio, ma intanto avevano già avuto un figlio, Johnny, il 29 settembre del 1949. L'unica figlia dello scrittore, Marie-Jo, arrivò nel 23 febbraio 1953, anche lei "americana". Il terzo, Pierre Nicolas, nacque il 26 maggio 1959 quando i Simenon, tornati in Europa, e si erano stabiliti in Svizzera, nei pressi di Losanna. A questo nucleo manca Teresa Sburelin, friulana, una femme de chambre personalmente consigliata a Simenon dal suo editore italiano, Arnoldo Mondadori con cui lo scrittore aveva una vecchia amicizia, risalente agli anni '30. Era la fine del 1961 quando prense servizio. Con la Boule furono subito scintille, che dopo poco fece fagotto, per poi sistemarsi, come abbiamo detto, nella famiglia di Marc Simenon. La casa dello scrittore si va svuotando. La moglie, con cui il rapporto dal ritorno dall'America, è sempre più in crisi, viene peggiorato dal precario equilibrio mentale di lei, dalle sue gravi nevrosi e dal suo alcolosmo. Nel '64 lascia definitivamente la famiglia.
Georges Simenon e Teresa Sburelin
Il figlio Marc è con la propria famiglia a Parigi a fare il regista. Johnny invece è negli Stati Uniti a studiare giurisprudenza. Marie-Jo, cerca con difficoltà la sua strada e il suo equilibrio a Parigi.
Georges, Pierre Nicolas e Teresa è quello che rimane della  terza famiglia. Lei da femme de chambre è definitivamente diventata la sua compagna ufficiale, colei che lo assisterà premurosamente fino alla morte.
Febbraio 1974. 12, rue de Figuiers, sono ormai rimasti solo Georges e Teresa, una piccola casa, con un piccolo giardino, una vita da piccoli borghesi,  una piccola famiglia dove lui ormai vecchio e un po' malandato si sente sicuro e felice di poche piccole cose. E' la sua utima famiglia.

giovedì 8 dicembre 2011

SIMENON. QUATTRORUOTE AI TEMPI DI MAIGRET

Renault Primaquatre - 1931
Renault 4 CV - 1947











Come si spostava la polizia ai tempi di Maigret? La domanda può essere interessante, ma va circostanziata. Le inchieste del commissario Simenon le inizia negli anni '30 e le conclude nei primi degli anni '70. Le automobili della gendarmerie, erano quindi di vari modelli e di varie generazioni. Diciamo che in gran parte sono vetture della Renault, soprattutto dopo la nazionalizzazione del '45, voluta da De Gaulle, quando fu chamata Régie Nationale des Usines Renault e più sinteticamente La Régie. Prendiamo ad esempio il primo Maigret. Siamo nel 1931 e allora debutta sul mercato la R Primaquatre, che verrà costruita per tutto il decennio. Questo coincide perfettamente con il lancio delle inchieste del commissario.
Renault Dauhine - 1956
Citroen DS - 1965








Poi negli anni '50 un'altro dei modelli Renault che fece storia e che fu anch'essa utilizzata dalla polizia: la Renault 4 CV. Siamo già ad un modello diciamo più moderno, una vetturetta agile e robusta che presentata sul mercato nel '47 lo tenne, con qualche modifica, fino agli anni sessanta. E questa è una delle vetture che sicuramente anche quelli della brigata criminale comandata da Maigret hanno utilizzato spesso nelle loro operazioni. Ma in quel periodo (1956) fece la sua comparsa un'altra Renault, la Dauphine che durò fino al '68, anch'essa utilizzata dalla polizia francese. Ma non di sole Renault era composto il parco della gendarmerie. Ad esempio venivano usate le più lussuose e veloci Citroen, la ID prima e poi la sua discendente la DS, che ovviamente erano destinate ai vertici del comando o per gli inseguimenti. E con questi modelli siamo arrivati agli anni '70, proprio quando Simenon smette di scrivere e finiscono quindi anche le inchieste del commmissario Maigret (1972). Va sottolineato però che lo scrittore non citò mai marche e meno che meno i modelli delle vetture, neppure quelli usati dalla polizia e quindi questa mini-ricostruzione è basata sulle informazioni incrociate tra la storia della gendarmerie e quella delle auto francesi. Chi ne sa di più ce lo faccia sapere. 
 

mercoledì 7 dicembre 2011

SIMENON. L'IMPORTANZA DI PLACE DES VOSGES

Marzo1924. I giovani coniugi Simenon si trasferiscono dalla loro abitazione di rue des Dames, Hotel Beausejour (Batignolles - XVII Arr.) a quella di 21, Place des Vosges (Marais - XI Arr.). Di mezzo c'è stato un anno di girovagare per la Francia dell'ancora aspirante scrittore al seguito del marchese di Tracy, esponente della politica conservatrice, nobile, ricco, proprietario di un giornale, cui faceva da segretario, un lavoro per sbarcare il lunario.
Tra le due abitazioni c'è una bella differenza. Batignolles era un quartiere più popolare e periferico dove i due vivevano in una sola piccola stanza dell'hotel. Al 21 di Place des Vosges avevano affittato una sola camera a piano terra, ma era più spaziosa e sopratutto il palazzo era situato in una delle piazze più belle di Parigi, in un quartiere signorile. Ma perchè questa casa e questa piazza hanno una certa importanza nel periodo francese di Simenon?
Place des Vosges vista dall'altro con il suo parco al centro
Da qualche mese Georges ha finalmente iniziato una collaborazione stabile alle pagine de Le Matin, dove Colette pubblica regolarmente i suoi racconti. Ovviamente questo è un fatto che fà salire le sue quotazioni con gli altri editori e al contempo costituisce una vetrina che gli procura altre possibilità. Il suo carnet di ordini va riempendosi. Sono editori di letteratura popolare che gli commissionano racconti d'amore, polizieschi o d'avventura. Simenon prende le ordinazioni e poi, come dice lui stesso, arriva l'ora delle consegne. Come un artigiano, fa il giro delle redazioni per recapitare i suoi scritti.
Era indispensabile aver più spazio a disposizione, anche per sua moglie che continuava a dipingere. E infatti, appena le loro finanze glielo permisero e si presentò l'occasione, presero un appartamento al secondo piano dello stesso palazzo, conservando il locale a pianterreno che fungeva da atelier per Tigy.
L'ingresso del 21, l'indirizzo dei Simenon
Gia abbiamo descritto come fosse arredato e quale vita si svolgesse al 21 di Place des Vosges nel post del 10 marzo Simenon. Feste e festini chez Sim. Ma qui vogliamo sottolineare come questa abitazione avrà un suo significato anche nella toponomastica della letteratura di Simenon. Infatti non è certo un caso che si trovi vicino a quel Boulevard Richard Lenoir dove lo scrittore collocò l'abitazione del commissario Maigret. E poco più lontano c'è la Senna, quasi all'altezza dell'Ile de la Cité, dove si trova Quai des Orfèvres che al 36 ospita (anche se ancora per poco) la polizia giudiziaria di Parigi. Luoghi che evidentemente erano molto familiari allo scrittore.
A Place des Vosges, sempre nel '34, scrisse il suo primo romanzo per Ferenczy, Roman d'une dactylo, il primo dei oltre duecento romanzi popolari che Simenon produrrà per Taillander, Fayard, Rouff, siglati con più di venti pseudonimi.
E fu una casa che non vendette, nemmeno quando si trasferì per una decina d'anni in Vandea, o quando andarono ad abitare nel prestigioso appartamento di boulevard Richard Wallace, né quando partì per gli Stati Uniti nel '45. Era una specie di rifugio parigino, la casa dei suoi inizi, quella che lo aveva visto debuttare nel mondo della letteratura popolare. Ma anche quella stessa di quando aveva lanciato i Maigret, facendo così il salto verso quella che lui chiamava la semi-letteratura.

martedì 6 dicembre 2011

SIMENON, LE MEMORIE PIU' FAMOSE... E PIU' DISCUSSE

Simenon, intervista de L'illustré su "Mémoire intimes"
"...il dolore è reale, ma un dolore reale non produce necessariamente dell'arte...". Questo giudizio è stato espresso dall'intellettuale britannico Anthony Burgess all'uscita dell'ultimo libro di Simenon Mémoires intimes. L'ultima fatica dello scrittore, di cui abbiamo parlato nel post del 6 ottobre Simenon, una vita in vetrina, ebbe un successo di pubblico notevole. Stando alle dichiarazione dell'editore, Presses de La Cité, in due mesi vennero venduti centomila copie. Il numero per sè non sarebbe eccezionale, se non considerassimo che si tratta di un'autobiografia di oltre mille pagine, a cui in più è abbinato anche  Le livre de Marie-Jo, una sorta di memorie della figlia suicidatasi venticinquenne poco più di due anni prima della stesura del libro.
Ma torniamo alla critica di questa opera autobiografica che scava con minuzia e in modo a volte impietoso nella vita dell'autore. I dolori, le gioie, le piccole emozioni della sua vita, i grandi avvenimenenti che ne segnarno l'esistenza, qualche rivelazione, che hanno riguardato sè stesso, le sue donne, i suoi figli, le persone che a vario titolo gli sono state più vicine. Insomma un puntuale e preciso diario della sua vita personale. E questo è un limite che ad esempio viene evidenziato da Pierre Assouline, uno dei suoi più autorevoli biografi "... se Les Mémoires ci forniscono le informazioni sull'uomo, non ci dicono niente del romanziere. Nulla è meno letterario di questo mattone che funge da pietra tombale. Anche se lo confiniamo nell'ambito della pura autobiografia, l'opera è di un interesse limitato. L'uomo? Orgoglio e odio di sé. Il suo genio romazesco? Nulla o quasi....".
Si tratta dell'impressione di uno studioso, biografo e specialista di Simenon, autore di due ponderose opere fondamentali sul romanziere Simenon biographie (Juillard - 1992) e Autodictionnaire Simenon (Omnibuus - 2009), al quale effettivamente questo libro non può svelare molto di nuovo.
Impatto diverso invece, a nostro avviso, può averlo nei confronti del pubblico di appassionati lettori simenoniani. Entrare nella vita quotidiana dello scrittore, coglierne le debolezze, il piccoli avvenimenti rivelatori, scoprire avvenimenti e le loro conseguenze, conoscere i rapporti con i figli, le mogli.. insomma tutto ciò ha una certa importanza per il lettore. Conoscere meglio l'uomo significa capire meglio lo scrittore e leggere con un altra luce le sue opere. Certo, come ogni autobiografia, entriamo nell'universo personale di Simenon portati per mano da lui stesso, vediamo e scopriamo quello che lui ci vuole far vedere e scoprire. Ma è generoso e mette a nudo anche situazioni e comportamenti su cui avrebbe anche potuto sorvolare.
Paris Match, l'annuncio dell'imminente uscita di "Mémoires intimes"
Come sostiene Assouline però, effettivamente c'è poco della sua sfera letteraria. Il "mistero" del romanziere rimane intatto. L'autore non entra mai nel meccanismo della sua creazione, o per lo meno non ci svela nulla che non abbia già detto nelle innumerevoli interviste o nelle precedenti opere autobiografiche.
Anche se siamo colti da un dubbio. Ma esiste davvero un mistero sulla modalità del meccanismo creativo? Fino a che punto é vero tutto quello che sappiamo sul suo rituale di scrittura, sul malessere prima della stesura di un romanzo, sull'état de roman, sul non sapere dove la storia l'avrebbe portato   perché seguiva ciecamente l'ispirazione, sull'entrare nella pelle dell'altro e sulla più volte rivendicata impellenza a scrivere? Non lo sappiamo e non potremo mai saperlo. Inoltre non va dimenticato che Simenon era un formidabile curatore della propria immagine e il dubbio che certe cose possano essere state costruite ad arte potrebbe anche essere lecito. Ma ci stiamo addentrando in un terreno scivoloso e dove rischiamo di perderci nell'infinito universo delle più sofisticate ipotesi, per altro non verificabili. Qui ci fermiamo con  il consiglio, a chi non l'avesse l'avesse fatto, di leggerlo.

lunedì 5 dicembre 2011

SIMENON. QUESTO E' IL PRINCIPIO

Si è parlato varie volte dell'incontro tra Simenon e Colette nella redazione de Le Matin. In quel quotidiano la famosa scrittrice, allora cinquantenne, era responsabile della pagina culturale e della rubrica Les Mille et un Matin, dove venivano pubblicati ogni giorno dei racconti. E Simenon, dopo molti tentativi (e dopo aver seguito i consigli della stessa Colette che lo spronava a sfrondare il suo stile dalla "letteratura") vide pubblicato il suo racconto La Petite Idole. Era il 29 settembre del '23. Possiamo prendere questa data come l'ingresso nella letteratura ad appena nove mesi dal suo arrivo a Parigi, anche se firmato come Georges Sim.
Ma questo La Petite Idole cosa raccontava? Si tratta di due coniugi in vacanza (dove non ci viene detto, ma si tratta di una località di mare. La Costa Azzurra o una delle stazioni balneari alla moda dell'Atlantico come Biarritz...). L'ambiente che trovano è molto spumeggiante, vi incontrano anche degli amici e cosi entrano a far parte di una compagnia dove i flirt, i tradimenti, le gelosie e gli addii si susseguono. Lei, M.me Arnal, non gradisce granchè l'intimità con questo ambiente dalle relazioni facili, un po' libertine e degli amori usa e getta. Avrebbe preferito un posto più tranqullo, meglio la solitudine. E in più si preoccupa per il marito quando guarda con eccessiva attenzione le giovani donne del posto. Questa insicurezza ci viene raccontata e motivata da Simenon riportando il dialogo avuto nel viaggio in treno, in cui lei chiedeva confema del suo amoreal marito, il quale una volta la chiamava il suo "piccolo idolo". Una volta, perchè veniamo a sapere che adesso lei ha quarant'anni. M. Arnal cerca di rassicurarla in ogni modo.
Ma certo lei non era più quella di vent'anni prima, il fisico non più "felino", ma "arrondi" che non vuol dire arrotondato, ma piuttosto ammorbidito, ma conservava tut'ora un fascino di cui il marito era davvero ancora preso.
Ma lei, circondata sulla spiaggia e all'hotel di giovani donne slanciaciate e flessuose, allungava il tempo della sua toilette, il marito un po' la prenderva in giro, un po' la rassicurava che non aveva bisogno di passare tutto quel tempo a truccarsi e a cambiarsi d'abito... a lui piaceva lo stesso, così com'era.
Ma lei sapeva che mentiva, aveva percepito come guardava le giovani che giravano loro intorno.
E non aveva torto, perché agli occhi del marito quella gioventù femminile, non poteva che risvegliare un certo desiderio.
In un dialogo alla fine del racconto, lei triste cerca ancora rassicurazioni, chiede al marito prima di stringerla forte a sè, poi di chiamarla ancora "piccolo idolo" e infine di partire per un altro posto, magari di tornare a casa, con la scusa che il mare la deprimeva. Il marito, sembra non capirla, cerca infatti di minimizzare, giudicando il tutto solo il frutto di un po' di nostalgia. Si dice convinto che la compagnia e la vacanza l'avrebbero distratta e alla fine le avrebbero giovato.
E così M.me Arnal capisce che non sarà mai più il suo "Petite Idole".
Tutto qui? In effetti la trama di un racconto breve (meno di 4000 battute), non poteva essere più articolata, non ci sono descrizioni dei personaggi, che però risaltano bene, e alcune informazioni le apprendiamo dai dialoghi.
C'è qualche aggettivo speso per il paesaggio, per le acconciature della protagonista. Ma quella semplicità e linearità che predicava Colette si riscontra nell'essenzialità dello stile e nel dialogo diretto che ha una sua preponderanza, ma che rende vivo e dà un'impressione di "presa diretta" , se coì si può dire, a suo modo efficace.
Ma é solo il primo degli ottanta racconti che fino al '29 scriverà per Le Matin.