lunedì 12 agosto 2013

SIMENON: IL PRIMO FEUILLETTON IN ITALIA FU SU "L'ORA" DI PALERMO

La scoperta, per gli appassionati, è di quelle gustose. Ci hanno segnalato infatti questo articolo dell'edizione di Palermo de La Repubblica del 10/08 (vedi il link nella Rassegna Stampa), in cui Umberto Cantone ci mette a conoscenza di una sua scoperta. Il primo romanzo di Simenon pubblicato in Italia su un quotidiano non è, come si credeva, su La Stampa di Torino nel 1931, ma su L'Ora di Palermo già nel giugno del 1930.
L'articolo è molto documentato e qui non vi diremo molto, perchè non vogliamo togliervi il piacere di leggerlo e di scoprire come un romanzo di Simenon sia finito nei primi anni '30 sui tavoli della redazione di un quotidiano palermitano. Ed è raccontato con gusto (scommettiamo che Cantone è un appassionato di Simenon), come dev'essere narrata la storia di una scoperta, ma che è anche un pezzo di storia della vita letteraria di Simenon, anzi di Georges Sim, come si faceva chiamare durante il periodo della cosiddetta letteratura alimentare.
Il romanzo a puntate è Il contrabbandiere gentleman (titolo originale "Destinées" - edizione Fayard) e mischia un po' di generi (ma Cantone spiega tutto) dando già prova di una facilità di scrittura. Siamo ad un anno dall'uscita di Maigret, quella che gli avrebbe fatto fare il salto alla scrittura semi-alimentare e quindi un periodo importante nel cammino del futuro romanziere.
Complimenti doppi a Cantone, dunque, per la sua scoperta e per il bell'articolo con cui ce l'ha raccontata. Se volesse scrivere qualcosa su Simenon-Simenon, sappia che i nostri post sono a sua completa disposizione. Chapeau!

domenica 11 agosto 2013

SIMENON, JEAN GABIN E LA RAGAZZA DEL PECCATO... OVVERO BRIGITTE BARDOT


Dopo Marie Trintignant, parliamo di Brigitte Bardot, un'altra donna che in qualche modo ha girato intorno a Simenon. In questo caso perché ha interpretato il ruolo di Yvette ne En cas de malheur (titolo italiano "La ragazza del peccato"), tratto dall'omonimo romanzo uscito nel '56 (Presses de La Cité). Il film fu diretto da Claude Autant-Lara, il quale proprio nell'agosto di 55 anni fa' stava lavorando alle fasi finali del film, che avrebbe debutato melle sale in Francia dopo la metà di settembre.
Il romanzo di Simenon è un riuscito quadretto della storia di un grande avvocato, interpretato dall'altrettanto grande Jean Gabin, della piccola delinquente, cui dà corpo la Bardot, che fa della bellezza e della seduzione allo stesso tempo le sue armi e la sue monete di scambio, e poi di un sottobosco di figure ambigue da Mazzetti, la figura del fidanzato italiano, a Janine, l'equivoca femme de chambre.
L'avvocato Gobillot, sposato e rispettabile, amico di ministri, é l'amante di Yvette. La tiene in un bell'appartamento e a controllarla c'è una femme de chambre, Janine. Ma Janine fa parte di un triangolo insieme ai due? Non si sa chiaramente, ma c'é il ragionevole dubbio. Mazzetti, ignaro di questo probabile triangolo, non tollera il rapporto tra Yvette e Gobillot. Non mancano poi altri amanti occasionali che la conturbante Yvette attrae come il miele fà con le mosche. In questo intreccio di rapporti Simenon si destreggia bene nel romanzo, sullo schermo, come al solito si perde un po' dello spessore psicologico, ma a dar smalto alla vicenda ci pensa un formidabile Jean Gabin e un strepitosa (almeno fisicamente, all'epoca aveva 24 anni) Brigitte Bardot che a fronte di un mostro sacro, come l'attore francese non ne esce poi così male, essendo certo già molto famosa, ma non ancora del tutto matura come attrice.
Simenon portò a termine la stesura del romanzo poco dopo essere tornato dai dieci anni di soggiorno americano. Nel novembre del '55 si era installato al Golden Gate, un lussuoso residence al centro di Cannes, ad un centinaio di metri dal mare, dove visse quasi due anni. Oltre ad En cas de malheur, vi scrisse Un échec de Maigret, Le petit Homme d'Arkangelsk, Maigret s'amuse, Le fils, Le Nègre, Strip-tease. Era in un periodo d'intermezzo della sua vita, tornato dall'America, non ancora stabilito in Svizzera che sarà il suo paese per oltre trent'anni, fino alla sua morte. Eppure la sua creatività non ne risente, il suo ritmo è regolare e gli consentono così di regalarci una vicenda a tinte noir ed un amaro epilogo dove i "poveracci" finiscono sempre per pagare e gli "altolocati", vengono appena sfiorati dalle tragedie.

sabato 10 agosto 2013

SIMENON SIMENON - INVITO ALLA LETTURA : L'UOMO CHE GUARDAVA PASSARE I TRENI

L'UOMO CHE GURADAVA PASSARE I TRENI 
(roman-dur) - anno 1938 - Edizioni Gallimard

Presentazione: Uno dei romanzi  di Geroges Simenon più riusciti degli anni '30. E' la rappresentazione più classica della parabola di un uomo rispettabile, dalla buona posizione sociale, con una famiglia regolare, impegnato in un buon posto di lavoro, nella quale a causa di un declic, magari insignificante, si mette in moto una serie di fatti concatenati che lo portano a quel famoso passaggio della linea, passando in quella parte della società dove non si è più gli stessi di prima, dove cambiano i valori, dove regna il disprezzo della buona società e dove spesso le disgrazie vanno a braccetto con i crimini e una spirale negativa trascina giù l'essere umano verso un destino tragico cui non potrà scampare. In questo caso chi guarda passare i treni è Popinga, Kees Popinga, un alto funzionario di un grande azienda che sta per chiudere. A questo punto, con la perdita di lavoro, di status sociale e d'immagine, si rovesciano le covenzioni sociali, le formalità esteriori e fors'anche le convinzioni di una vita saltano. Allora Popinga lascia Groninga, la sua città, moglie e figli, scappa dall'Olanda e si rifugia a Parigi, dove inizia a frequentare prostitute, gente di malaffare e conduce una vità speculare, ma opposta a quella di prima che era ordinata, onesta, rispettabile, rispettosa delle tradizioni....
Ma Popinga non reggerà a lungo. Nella capitale francese i giochi sono più grandi che a Groninga, un tragico epilogo lo aspetta inesorabile.

 

"Per quel che riguarda personalmente Kees Popinga, si deve convenire che alle otto di sera c'era ancora tempo, perchè, ad ogni buon conto, il suo destino non era segnato. Ma tempo per che cosa? E poteva lui agire diversamente da come poi avrebbe agito, persuaso com'era che i suoi gesti non fossero più importanti di quelli di mille altri giorni del suo passato? Avrebbe scrollato le spalle, se gli avessero detto che la sua vita sarebbe cambiata di punto in bianco....".
Edizione: Biblioteca Adelphi 169 - Traduzione: Paola Zallio Messori

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venerdì 9 agosto 2013

SIMENON, COME GLI ERA LEGATA MARIE TRINTIGNANT ?


Dieci anni fa'. Forse eravamo un po distratti. Allora si celebravano i 100 anni dalla nascita di Simenon. Ma dieci anni fa' moriva un'attrice francese, figlia di una grande attore. Stiamo parlando di Marie Trintignant, che morì in seguito alle percosse del suo allora fidanzato Bertrand Cantat, leader dei Noir Désir, in una lite avvenuta a Vilnius (Russia) dove l'attrice si trovava sul set di un film. Sottovalutando il trauma, Maire fu portata in ospedale solo il giorno dopo, dove prima fu riscontrato un edema cerebrale, dove poi cadde in coma e infine, nonostante una corsa disperata in Francia e un operazione in extremis, morì il primo agosto del 2003.
Dieci anni fa'.
Intanto il suo compagno-omicida, scontati i dieci anni che gli erano stati inflitti, ora é fuori di galera e ricomincia ad incidere un album che uscirà a breve.
Ma cosa c'entra la Trintignant con Simenon?
Beh, intanto diciamo che Maire Trintignant è, a nostro avviso, l'interprete di una delle più toccanti trasposizioni sullo schermo dei romanzi di Simenon: Betty. E Marie fu una Betty molto convincente, diretta da un regista del calibro di Calude Chabrol e al fianco di Stéphan Audran. Il film uscito nel '92 riporta il dramma del romanzo: Betty, una donna alcolizzata e dal passato misterioso. Ci sono delle terribili analogie con le circostanze in cui l'attrice è morta, maturata anche questa sotto il segno dell'alcol. La sua vita sembra un po' un romanzo di il padre è l'attore Jean Louis Trintignant), ma dalle frequentazioni un po' particolari. Quando muore lascia quattro figli maschi, ognuno con un padre diverso... Un personaggio un po' ribelle, che nella relazione con il cantante dei Noir Désir ha trovato un tragico destino cui non si è potuta o non si è voluta sottrarre.
Simenon, questa donna fragile, di buona famiglia (
L'altro legame con Simenon è proprio il padre Jean-Louis, anche lui inteprete di Le Train, film del '73, con la regia di Pierre Granier-Deferre, recitato accanto a Romy Schneider.
Ancora un'ultima piccola nota. Marie Trintignant era nata a Neuilly sur Seine luogo caro a Simenon che vi ambientò una ventina di indagini del commissario Maigret e qualche romans-durs.

giovedì 8 agosto 2013

SIMENON OGGI A NEW YORK: TRIBUTO AI SUOI ROMANZI SULLO... SCHERMO


Oggi a New York alle 19.00 locali, s'inaugura Cine Simenon la manifestazione-omaggio al coté cinematografico dell'opera di Simenon. Parte infatti questa sera all'Anthology Film Archives, nell'East Village a Manhattan, una retrospettiva di quattordici film, tratti da altrattanti romanzi di Simenon.
L'iniziativa proporrà, nei pomeriggi e nelle sere d'agosto, più volte e ad ore differenti, la proiezione di questi film fino al 31 del mese.
E' un evento importante. Non solo focalizzato sui romanzi di Simenon, ma anche sulla seduzione che hanno esercitato sulla cultura cinematografica e che hanno dato origine alle trasposizioni su grande schermo (ma anche su quelli televisivi) delle sue opere. Per la cultura statunitense, si sa, il cinema non è solo l'espressione artistica nazionale, ma anche un po' lo specchio del paese. Questo per dire in quale considerazione gli americani possano tenere quella letteratura che consente la nascita di bei film. E con Simenon da questo punto di vista siamo nell'occhio del ciclone. E non a caso quotidiani come The New York Times, o pubblicazioni cult come The Village Voice, hanno dato un certo risalto all'iniziativa. Simenon-Simenon ve l'aveva già anticipata in un post del 19 luglio, perchè questa attenzione al Simenon-cinematografico è un evento assai importante, soprattutto perchè costituisce un termometro dell'attenzione da parte di un pubblico, quello americano, sempre distratto da continue novità letterarie e cinematografiche, quasi sempre made in Usa e molto spesso di esordienti lanciati con una potenza che solo l'industria culturale statunitense può permettersi.
Bene, che per quasi un mese si possano rivedere vecchie e meno vecchie pellicole tratte dai Maigret e dai romans-durs simenoniani, ci pare un'ottima notizia.
Andiamo a vedere ora quali sono i film proposti, dall'Anthology Film Archives.
Stasera si debutta con La Marie du Port, tratto dall'omonimo romanzo scritto nell'ottobre del 1937 e pubblicato da Gallimard l'anno seguente.
Il film uscì nelle sale nel marzo del 1950, diretto da Marcel Carné e interpretato da Jean Gabin, Nicole Coursel e Blachette Brunoy
Ecco l'elenco degli altri film in programma.
The Clockmaker  tratto da L'Horologer d'Everton, scritto in America, pubblicato nel giugno del 1954 (Presses de La Cité), portato sullo schermo da Bertrand Tavernier, nel cast troviamo Philipe Noiret, Jean Rochefort, Jacques Denis.
Three rooms in Manhattan (1965) adattamento cinematografico di Trois Chambres à Manhattan, scritto nel 1947 in Canada, dove alla regia ritroviamo Marcel Carné, e tra gli interpreti Annie Girardot, Maurice Ronet, Gabriele Ferzetti
The man of the Eifel Tower (1950), tratta dall'inchiesta di Maigret La tete d'un homme (altro titolo: L'homme de la Tour Eifel) pubblicato nel 1931 da Fayard. Nella versione cinematografica il regista é Burgess Meredith, Maigret è impersonato da Charles Laughton, nel cast troviamo anche Franchot Tone e Patricia Roc.
A man's neck (1933), dal Maigret La tete d'un homme (1931) edito da Fayard, portato sullo schermo da Julien Duvivier con Harry Bauer, Valery Inkijinoff,Gina Manés.
The Man from London, tratto dal romanzo L'Homme de Londres (Fayard 1933), uscito nel 1943 per la regia d'Henry Decoin con Fernand Ledoux, Jules Berry, Suzy Prim.
Monsieur Hire, tratto dal romanzo, Les fiancelles de Mr. Hire (Fayard 1933), è un remake di un fim del 1947, Panique, diretto da Julien Duvivier e tratto dallo stesso romanzo. Quella del 1989 è diretta da Patrice Leconte, con Michel Blanc, Sandrine Bonnaire, André Wilms.
A life in the balance (1955) da un racconto breve di Simenon (qui Andrea ci potrà essere d'aiuto? n.d.r.) fu diretto da  Harry Horner e nel cast troviamo Ricardo Montalban, Anne Bacroft, Lee Marvin.
The bottom of the bottle (1956) tratto dal romanzo Le fond de la bouteille (1949, Presses de La Cité), portato sullo scherma da Henry Hathaway con Joseph Cotten, Van Johnson e Ruth Roman nel cast.
Betty (1992) dall'omonimo romanzo dell'ottobre del 1960, con alla macchina da presa Claude Chabrol e nel cast Marie Tritignant, Stéphan Audran e Jean- François Garreaud.
The brothers Rico (1958) dal romanzo del 1952 Les Fères Rico (Presses de la Cité) portato sullo schermo dal regista Phil Karlson, con Richard Conte, Dianne Foster, Argentina Brunetti.
Red lights (2003) dal romanzo Feux rouges pubblicato nel 1953 e portato sullo schermo da Cédric Kahn con Jean-Pierre Darroussin e Carole Bouquet.
The last train (1973) tratto dal romanzo Le train del 1961, con la regia affidata a Pierre Granier-Deferre con Romy Schneider, Jean Louis Tritignant, Régine.

mercoledì 7 agosto 2013

SIMENON, C'ERANO UN FRANCESE, UN AMERICANO E UN ITALIANO.../3

E siamo arrivati all'italiano. Quello che di solito, nelle barzellette ci fà la figura del più sfortunato o del più furbetto (diciamo così...). Questa volta però non è così. Perchè l'italiano in questione si chiama Federico Fellini. Il più giovane dei tre (nato a Rimini nel 1920), regista cinque stelle, o meglio cinque Oscar, che già nella propria definizione "... sono un artigiano che non ha niente da dire, ma sa come dirlo..." preconizza due analogie di non poco conto. La concezione della propria arte creativa come un'attività artigianale proprio come piaceva sottolineare a Simenon: "... sono come un artigiano che a fine lavoro, fà le consegne...". E poi quel "..io non ho niente da dire..." che fa pensare che ci fosse qualcosa al di fuori di lui che lo guidasse nella realizzazione dei suoi film. Così come Simenon dichiarava di non saper scrivere se non in état de roman, quella trance creativa che, sosteneva, era altro da lui. Dopo la guerra, nel '45 Fellini iniziò la sua attività per il cinema scrivendo sceneggiature per registi come Rossellini o Germi. Nel '50 debuttò come regista insieme a Lattuada con il film Luci del Varietà, e poi come unico regista titolare de Lo Sceicco Bianco, in cui fu aiutato da Antonioni per il soggetto e da Flaiano per la sceneggiatura. Lo sceicco sarà un giovane Alberto Sordi. E poi la consacrazione con 8½ e La Dolce vita al concorso di Cannes nell'edizione del Festival cinematografico del 1960.  Quell'anno il presidente era un certo... Georges Simenon, refrattario alle tradizioni e alle consuetudini e soprattutto impermeabile a quelle "raccomandazioni" che arrivavano da molto in alto. Il film di Fellini piacque davvero a Simenon, ma ancor più gli piacque l'uomo. Possiamo dire che tra i due scoccò un vero e proprio colpo di fulmine. Uno si dichiarava entusiatico amiratore dei film dell'altro. E questi esternava la sua passione per i romanzi di quello. Insomma nonostante fossero due personaggi diversi anche nei loro moduli espressivi, nelle tematiche e nel modo di lavorare, di età diversa (tra i due correvano poco meno di vent'anni), erano pieni di ammirazione per le rispettive opere. Al Festival di Cannes Simenon s'impose contro tutto e tutti e riuscì a far vincere a Fellini La Palma d'Oro con la Dolce vita.
Dal 1960 iniziò un'amicizia, che si sviuppò più attraverso una fitta corrispondenza che con degli incontri. Anzi il loro carteggio finì quasi tutto in un libro Carissimo Simenon, Mon cher Fellini, curato e introdotto da Claude Gauteur nel 1997.
E questa a nostro avviso è la più chiara e illuminante esposizione della loro tipologia di rapporto. Molto stretto e molto empatico tanto da far scrivere a Simenon "... siete probablmente la persona al mondo con la quale sento i legami più stretti nell'ambito della creatività...".
Fellini non era da meno. " ... ho letto nell'edizione Adelphi " L'uomo che guardava passare i treni" che non conoscevo e che ho trovato stupendo. Bravo, grande Simenon! Non smetti mai di sorprendermi  e di essere lo stimolo più straordinario e potente...".
Insomma i complimenti si sprecano. E coinvolgono anche la moglie di Fellini.
"...ieri sera alla televisione svizzera ho assistito alla proiezione di "Ginger e Fred" - scrive Simenon - Che spettacolo smagliante! E Giulietta che bravura mozzafiato! Erano tutte le Giuliette in una...".".
Di contro Fellini gli aveva precedentemente scritto che "... Giulietta ha letto  la prima copia di "Lettera a mia madre" e si é commossa fino alle lacrime...". Insomma un'amicizia e un'ammirazione che li portò a quella famosa intervista a Fellini che il settimanale francese L'Express commissionò a Simenon, in occasione dell'uscita nel '76 di Casanova del regista riminese. Fu lì che venne fuori quella che forse è la leggenda che resisterà di più, avendo Simenon scritto, visto che era in tema con il film, che a quel momento aveva posseduto circa diecimila donne.
La notizia fece il giro de mondo, corroborata dai tanti "si dice" e dalle dichiarazioni esplicite di Simenon (... faccio sesso, più volte al giorno, così naturalmente...). Si attaccò allo scrittore come uno stereotipo, ma lui non dette mai peso più di tanto alla cosa, dal momento che quell'esuberanza per lui non era né un vanto né una vergogna, ma il suo esplicito e naturale  comportamento sessuale quotidiano.
Ultima notazione, che interessa da vicino noi italiani. Se le opere di Simenon vengono editate in Italia dall'Adelphi, è opera di Fellini che inistette non poco e questo è uno dei motivi che convinse Simenon, già incline a lasciare Mondadori, ad affidarsi a quella allora piccola ed elitaria casa editrice.