venerdì 19 agosto 2016

SIMENON SIMENON. FUMARE, FUMARE, FUMARE...LA PIPA DI MAIGRET

Non ci potrebbe essere un Maigret senza pipa... ma perché?

SIMENON SIMENON. FUMER, FUMER, FUMER… LA PIPE DE MAIGRET
Il ne pourrait y avoir un Maigret sans sa pipe…. mais pourquoi ?
SIMENON SIMENON. SMOKING, SMOKING, SMOKING… MAIGRET’S PIPE
There could be no Maigret without his pipe…. But why?























Vietato fumare. Ormai ristoranti, uffici pubblici, bus, bar, taxi.... ovunque esiste un adesivo o un cartello con il divieto. Maigret oggi non avrebbe scampo, tutti "off-limits": i bistrot o le brasserie, il suo stesso ufficio a Quai des Orfévres, gli autobus che non hanno più piattaforme aperte, i taxi che prende al volo durante le emergenze...
Cosa farebbe allora? La terrebbe in mano in attesa di passeggiare sul Lungo Senna per fumarla? Oppure, contando le ore e i minuti per arrivare a casa, arrivare a sera, sedersi sulla sua poltrona preferita e fnalmente accenderla? In ufficio invece la terrebbe spenta tra i denti?
In realtà è difficile immaginare un Maigret senza pipa. E non si tratta solo di una questione iconografica. Certo la pipa è ai nostri occhi un elemento molto caratterizzante del personaggio, anche se all'epoca fumare la pipa era una pratica assai più diffusa rispetto ad oggi. Non solo, ma ricordiamo che anche altri famosi detective letterari erano fumatori di pipa: da Sherlock Holmes a Philip Marlowe ad Auguste Dupin solo per fare qualche nome famoso... Questo ci  fà supporre che quando Simenon  pensò alla pipa come un'appendice naturale del commissario, non voleva certo dare a questo elemento un'importanza particolare, nè caricarlo di un'originalità speciale. 
E allora? E' a noi umani degli anni 2000 che questo attrezzo sembra così importante e così preponderante per il profilo di Maigret  o invece sotto c'è dell'altro?
Propendiamo per la seconda ipotesi. 
Immaginiamo un commissario letterario nell'anno 2016, con tutti i divieti sul fumo che abbiamo citato più sopra. Cosa potrebbe avere sempre in mano? Ad esempio un telefono cellulare. Questo device mobile è talmente diffuso e utilizzato da così tanta gente che è divenuto un oggetto comune e comunque tale da non poter caratterizzare nessun personaggio.
Allora non verso è la pipa che dobbiamo guardare. Forse va osservato il rapporto che Maigret ha con il gusto e l'odorato. E' fuor di dubbio che il personaggio del commissario manifesti una predilezione per il cibo, pur non essendo un cultore della cucina raffinata come  Nero Wolfe (che invece fuma sigari costosi). Maigret è legato ai sapori semplici e talvolta decisi della tradizionale cucina francese campagnola ed è un gran mangiatore. Ma è anche un forte bevitore: birra, quella soprattutto che viene dalla Brasserie Duphine; calvados e les blancs (i bicchieri di vino bianco) nei bistrot e nei bar che incrocia sulla strada delle sue inchieste; addirittura la prunella, preparata dalla cognata alsaziana, sorbita a casa sua. E certo la pipa  (lo sa chi la fuma) ha differenti gradi di gusto. Quello che si percepisce in bocca, ad ogni tirata, è di un certo tipo, ma quello che si annusa nell'aria è tutto un'altro aroma. 
Quindi la pipa unisce palato e narici, gusto e odorato. E la voluttà con cui il commissario fuma (ma anche la frequenza) insieme alla sua indole di bevitore e di mangiatore, indica, secondo noi, una voglia di affondare nei piaceri più semplici della vita, condividendoli con altri milioni di persone, E questa comunanza la facciamo discendere dal fatto di fumare la pipa?In parte sì, ma non così in modo così esclusivo.Crediamo ad esempio che per uno concreto e diretto come Simenon (anche lui forte fumatore di pipa) Maigret fumi la pipa perché gli piace. Ma forse anche perché lo scrittore ha trasposto nel personaggio il proprio rapporto quotidiano con la pipa, un modo per rendere più naturale e più vero il personaggio.
Comunque se dobbiamo tirare le fila di queste ipotesi, il ruolo della pipa è, sotto sotto, quello di rappresentare il rapporto con i suoi piaceri della vita  (il sesso è fuori dall'orizzonte... ma prima o poi riparleremo anche di questo...). E come potremmo concepire un Maigret che beva solo Perrier, mangi carne bianca, e sorbisca tazze di brodino vegetale?
E come potremmo concepire un Maigret senza la sua pipa accesa tra i denti? (m.t.)    

giovedì 18 agosto 2016

SIMENON SIMENON. THE LITTLE DOCTOR AT ARSENIC HALL

The doctor practices medicine while the detective investigates murder. 

SIMENON SIMENON. LE PETIT DOCTEUR AU CHATEAU DE L’ARSENIC 
Le docteur pratique la médecine pendant que le détective enquête sur des meurtres
SIMENON SIMENON, IL PICCOLO DOTTORE AL CASTELLO DELL'ARSENICO
Il dottore si dedica alla medicina mentre il detective indaga su degli omicidi


The twelfth case in The Little Doctor collection, Arsenic Hall (Le Chateau de l’arsenic) breaks the mold of its predecessors in four ways: although its opening is fast-moving, it soon slows to a plodding investigation with little action. Dollent does more ‘doctoring’ in his ‘detecting” than seen in the past. Simenon plays the sex up, harking back to what characterized many of his early romans populaires. Finally, Dollent does not drink at all while investigating as one usually sees. 
1) When the exhumation of three bodies laced with arsenic draws Dollent to an isolated country chateau, a “multitude of dogs” attack the gate. His counterattack is aggressive, too, for as soon as he meets their owner, he strikes out: “I am here… to find out if you poisoned your aunt…. your wife… and your niece.” His unflinching host responds with “perfect courtesy” to the “crude” question: “You are quite right in speaking frankly... May I offer you something to drink and “unhesitatingly” adds the reassurance that “I will drink before you do.” Dollent gradually ferrets out that the three poisoned women, who had ostensibly died “of heart problems” during the preceding eight years, could have been victims of any one of the four surviving chateau residents: Monsieur Mordaut, his son Hector, his housekeeper Ernestine, or his maid Rose. Dollent advances to worrying that any or all four may become unwitting victims. Despite life insurance covering all the dead women with Mordaut as their beneficiary, Dollent projects he is a most unlikely suspect. 
2) The doctor proceeds to methodically examine the four suspects in sequenceIn assessing them psychologicallyDollent draws on tips about characteristics and behaviors of poisoners he gleaned from Chief Inspector Lucas from the Maigret era, at last more complimentary than competitive: “A man such as you, with a little luck, might….” Dollent’s thoroughgoing physical examinations are important in this case. His doctor/detective goal is to search for findings consistent with low-grade chronic arsenic poisoning. Two are clean as whistles, one is ominously afflicted, and one dies of acute arsenic poisoning―right under his nose. 
3) Simenon’s familiar technique of “conveying the act of lovemaking without writing it” sprinkled with elements of voyeurism and exhibitionism is prominent here. Attracted from the get-go, the doctor examines the two womenthoroughly inspecting and palpating their naked bodies. “Wanting to see her stripped,” he first examines the older Ernestine. “Finding her figure still shapely, he spends an incredible “good quarter of an hour” just listening to her chest! He goes next to examine the younger Rose, who is “even more seductive with her “appealing feminine curves. Already disrobing and exposing “a majestic bosom” of “white, abundant flesh, she taunts: “Is it my turn? Must I undress too?” The doctor’s exam, although shorter, is pruriently more active: “Bend forward” and “Breathe” and “Lie back. 
4) Also different this time is the fact that Dollent does not drink any alcohol during this dry―in terms of alcohol consumption―story until he solves the crime. Only then does he serves himself white wine, glass after glass, to be sure. 

David P Simmons

mercoledì 17 agosto 2016

SIMENON SIMENON. PRIGIONIERO DI UNA GABBIA DI VETRO. VERO O FALSO?

Una leggenda metropolitana: quella del romanzo scritto in una gabbia. Ma altre gabbie ne limitarono la libertà...

SIMENON SIMENON. PRISONNIER D'UNE CAGE DE VERRE. VRAI OU FAUX ?
Une légende urbaine: celle du roman écrit dans une cage. Mais d'autres cages en limiteront la liberté…
SIMENON SIMENON. PRISONER IN A GLASS CAGE. TRUE OR FALSE?
An urban legend: that of a novel written inside a cage. But other cages will restrict freedom...


Eugene  Merle spregiudicato editore di successo nella Parigi degli anni '20, aveva messo nel suo mirino un giovanissimo scrittore belga da poco trasferitosi nella capitale francese e che aveva appena iniziato a scrivere su quotidiani, per vari feuilletton e a compilare libri su ordinazione. Non è famoso tra il pubblico (anche perché usava una ventina di pseudonimi) ma nell'ambiente dell'editoria popolare il suo nome, o il suo pseudonimo più conosciuto, Georges Sim, iniziava a girare. Questo esordiente scriveva benino almeno per quel che serviva, era velocissimo infatti collaborava con diversi editori, aveva una fantastica inventiva ed era estremamente duttile riguardo ai generi: amoroso, avventura, licenzioso, poliziesco, viaggi e scoperte, western...
Insomma Merle, che aveva fiuto per la promozione e che era sempre stato alla ricerca di azioni eclatanti e originali per promuovere i suoi giornali, stavolta credeva proprio di aver fatto centro.
Infatti aveva avuto un'idea spregiudicata e aveva sottomano il personaggio giusto per metterla in atto. Scrivere un romanzo davanti ad un pubblico, su indicazioni dei lettori dei propri giornali. L'individuo più adatto a questa sceneggiata era quel Sim, che aveva una gran voglia di farsi notare e l'idea, scommetteva Merle, gli sarebbe piaciuta e gli sarebbero piaciuti anche i 50.000 franchi che avrebbe guadagnato. 
L'idea però prende una piega troppo esibizionista. Il romanzo dovrà essere scritto in una settimana e dentro una gabbia di vetro di sei metri per sei, posizionata sulla terrazza del Moulin Rouge.
Simenon prima entusiasta, pian piano si convince che è una performance da circo che nulla a che vedere con la letteratura, e molto con i guadagni di Eugene Merle.
Comunque ci pensa la prefettura a bloccare tutto, negando i permessi per quell'installazione.
Niente "cage au verre" dunque, ma per Simenon non fu facile scuotersi di dosso critiche e addirittura il dubbio che invece la performance fosse stata portata a termine. E ancora anni dopo si favoleggiava che il fatto fosse avvenuto davvero. 
Una gabbia che lo etichettava come narratore che dà spettacolo.
Altra gabbia in cui Simenon si trovò a lungo, era dovuta alla sua velocità di scrittura. Anche quando arrivò il successo dei Maigret, anche quando iniziò a scrivere i romans durs, questo fatto che in poco più di dieci giorni scrivesse un romanzo di dodici capitoli, faceva storcere il naso a più di un critico. Questo faceva inarcare il sopracciglio a più d'uno, con il sottaciuto giudizio che "un romanzo scritto in dieci giorni cosa può valere?"
Alla fine degli anni '20 Simenon pensava che il suo "apprendistato", come lo chiamava lui, si poteva considerare concluso. Aveva scritto di tutto,in tutti gli stili, secondo le indicazioni più varie e per lettori molto diversi tra loro. Ora la tecnica non gli mancava (oltre alla naturale predisposizione e all'esperienza di scrittura giornalistica a "La Gazette de Liége"). Era il momento di togliersi di dosso la gabbia di scrittore popolare e produrre qualcosa di originale. E venne Maigret che ebbe il successo che aveva sempre sperato, soprattutto un successo che finalmente era targato con il suo vero nome Georges Simenon.
Ma sappiamo bene che il suo obiettivo era quello di diventare un romanziere tout court e che la sua apirazioni erano i cosiddetti romans durs.
Ma dopo i diciannove successi delle "Inchieste di Maigret" (edite d Fayard) nel marzo del '34 Simenon, smise di scrivere le indagini del commissario, per vari motivi.
Primo. Quello era stato il contratto con Fayard, diciannove Maigret, Ed ora il contratto era scaduto. 
Secondo. Ormai Simenon era etichettato come scrittore di romanzi polizieschi, mentre nelle sue intenzioni quello del poliziesco-seriale era solo un trampolino per raggiungere la letteratura dei romanzi.
Terzo. Non voleva distrazioni, nel  periodo in cui iniziò i romans durs, voleva essere concentrato solo su quelli e essere additato come giallista gli dava fastidio, lo limitava, era un'altra gabbia.
La sospensione auto-imposta dei Maigret dura circa quattro anni. Anni in cui andò affermandosi come romanziere, in cui si riuscì a sfilare l'ormai stretto vestito del narratore poliziesco ed entrare in quello a lui più consono di romanziere per di più della scuderia Gallimard. A quel punto il successo, il prestigio, cominciavano a far piazza pulita dei vari stereotipati cliché che nel tempo gli erano stati cuciti addosso. Ora si sentiva libero e nella piena realizzazione delle proprie aspirazioni, ma...
Ma in realtà potremmo dire che le gabbie non finiscono mai. Non sentì come una gabbia l'ambiente sofisticato ed esclusivo della Gallimard, che alla fine lasciò per un piccolo editore in erba come Presses de La Cité?
Non si sentiva in gabbia nella Francia del dopo guerra, quando nel 1945 decise di emigrare negli Stati Uniti?
E all'inverso il ritorno in Europa dopo dieci anni, non è imputabile al fatto che per vari motivi ormai negli Usa si sentiva come in gabbia e aveva bisogno della libertà che gli offriva il vecchio continente?
E anche quella meravigiosa e travolgente storia d'amore iniziata a New York con Denyse, poi sua seconda moglie e madre di tre dei suoi figli, negli ultimi tempi non era diventata una gabbia che si aprì solo con il definitivo abbandono della donna dalla villa di Epalinges in Svizzera?
E chi ci dice che in quei giorni del settembre del '72, quando si arrabbattava sugli appunti di quel romanzo "Victor" che non voleva saperne di decollare e per il quale non riusciva ad entrare in état de roman.... chi ci dice che Simenon dopo cinquant'anni di fuoriosa scrittura non si sentisse in gabbia di quella definizione che lo seguiva passo passo: romanziere a tutto tondo. Entrare nella vita dei suoi personaggi oltre che estremamente faticoso ormai la vivesse come un obbligo, in definitiva un'altra gabbia? (m.t.)