venerdì 24 febbraio 2017

SIMENON SIMENON. MA DAVVERO SIMENON ERA UN SCRITTORE COSI' VELOCE...?

Facciamo un po' di conti sulla sua velocità di scrittura e scopriamo che...

SIMENON SIMENON. SIMENON ETAIT-IL VRAIMENT UN ECRIVAIN SI RAPIDE QUE CELA… ?
Faisons quelques calculs sur sa rapidité d'écriture, et nous découvrirons que…
SIMENON SIMENON. SIMENON WAS HE REALLY A WRITER AS SPEEDY AS THAT…?
Let’s make some calculations of the speed of his writing, and we will discover that…



La domanda è scontata...o no? Beh uno scrittore che scrive in sette/dieci giorni un romanzo come volete definirlo se non veloce? E inoltre era anche prolifico, ma questo è un altro tema che qui non affronteremo.

Restiamo su quella velocità di scrittura che prima era tanto vituperata (per la critica addirirttura foriera di una mancanza di qualità) e poi invece, acclarata la qualità della sua narrativa, veniva ammirata con un certo stupore.

Ci è venuto in mente di andare a fare qualche calcolo (ma per carità non prendetelo come un serio studio statistico) per vedere se questa tanto conclamata rapidità di scrittura fosse realtà o fino a che punto lo fosse o magari non fosse una delle tante leggende che aleggiavano intorno al romanziere.
Bene, qui ci occupiamo dei romans durs e partiamo da quello che ci dice Simenon in merito. Ci racconta che la mattina si svegliava molto presto e iniziava subito la sua seduta di scrittura. Diciamo che alle 6.30 era già al suo tavolo di lavoro e iniziava a scrivere. Prima di pranzo aveva finito e aveva il tempo di farsi una doccia... quindi ipotizziamo che finisse di scrivere intorno alle 12.30.
Altra indicazione che ci viene da Simenon, è quella relativa alla quantità di testo che produceva in queste sedute: un capitolo al giorno.
Bene, con queste premesse abbiamo preso un campione di una decina di romans durs dal '36 al '65, da i più voluminosi "Il primogenito dei Fercheaux" (363 pagine) a quelli più brevi "Le signorine di Concarneau" (136 pagine) tutti nell'edizione Biblioteca Adelphi.
Il primo consta di 20 capitoli, l'altro di soli 8. Le pagine a capitolo sono quindi rispettivamente 18,5  e 17. Questo sembrerebbe dimostrare che, lungo o corto che fosse il romanzo, il numero di pagine per capitolo non cambiava molto. Se andiamo a fare la media del nostro campione infatti abbiamo proprio un valore di 18 pagine, ad esempio con un minimo di 15,2 pagine per capitolo per "Cargo" ed un massimo di 21,85 per "La Camera Azzurra".
Siamo quindi a 18 pagine a seduta di scrittura per ogni giorno. Abbiamo visto che la seduta durava circa sei ore. Certo poi sarà andato al bagno, si sarà acceso quattro o cinque pipe, avrà bevuto, avrà consultato gli elenchi del telefono e anche la famosa busta gialla con gli appunti. Possiamo valutare che tutte queste operazioni potevano, tutte insieme, portar via all'incirca un'ora. Quindi le ore di scrittura si riducono a cinque.
Il conto è presto fatto: 3,6 pagine all'ora, 1,8 pagine ogni 30 minuti, quasi una pagina ogni 15 minuti.
Ecco il problema. Una pagina ogni 15 minuti è tanto o poco? 
Come abbiamo detto, il conto lo abbiamo fatto sulla collana Bibiloteca Adelphi in lingua italiana con una gabbia tipografica che conta 37 righe x 53 battute a pagina. Questo significa che ogni pagina contiene circa 1950 battute (spazi inclusi).
Moltiplicate queste battute per le 18 pagine che compongono mediamente un capitolo, arriviamo a 35.100 battute al giorno. Se le vogliamo tradurre in fogli dattiloscritti (la convenzione è di 30 righe x 60 battute, cioè 1800 battute) abbiamo 19,5 fogli dattiloscritti. E ritorniamo a poco meno di quattro fogli scritti in un ora, che ci confermano un foglio ogni quarto d'ora.
Adesso abbiamo voluto fare un test di confronto. L'autore di questo post ha iniziato a scrivere un breve testo che aveva in mente. Una scrittura di getto, senza star molto lì a pensare o a correggere gli errori, badando solo a seguire il filo narrativo. Tre prove per avere numeri un po' attendibili
Risultato: si va dalle 4800 alle 5100 battute ogni quindici minuti, ben oltre quindi le 1800/2000 battute di Simenon.
Questo non significa che siamo veloci il doppio di Simenon! 
Il nostro test è durato un quarto d'ora, altro invece è scrivere per cinque ore di fila...
Comunque una piccola indicazione questi conti e questi test ce la danno. 2000 battute in quarto d'ora, per uno come Simenon che sosteneva di scrivere in état de roman e che doveva sbrigarsi perché altrimenti quella specie di trance creativa rischiava di finire, non sono poi così tante. 
Va detto che chi scrive ha sulle spalle una quarantina d'anni di scrittura quotidiana, come giornalista, e quindi (aldilà della qualità) ha un certo allenamento al ritmo di scrittura, ma anche Simenon aveva una grande pratica di giornalismo. Certo noi abbiamo fatto il test con il nostro computer portatile, mentre Simenon scriveva su delle macchine per scrivere meccaniche che consentivano una minore velocità.
Quindi rispetto alla velocità giudicate voi. Forse non avrete tutti gli elementi, ma certamente più di prima.
Qualche dubbio ci è venuto sul fatto che terminasse un libro in otto/dieci/dodici giorni, con il ritmo appunto di un capitolo a giorno.... dovevano esserci delle eccezioni.
Ad esempio abbiamo parlato de ""Il primogenito dei Ferchaux"  che consta di 20 capitoli... vuol dure ch avrà impiegato 20 giorni a finirlo? e lo stesso si può dire di "Cargo" (350 pagine - 23 capitoli), lo avrà tenuto occupato per 23 giorni? E "Pedigree"? Sono 553 pagine nella versione "Biblioteca Adephi 176" (che abbiamo confrontato con una Mondadori del 1954 collana "La Medusa - 344". Anche qui qualche differenza di gabbia tipografica: 37 righe x 53 battute Adelphi - 33 righe x 47 battute Mondadori).
"Pedigree" che costa di 553 pagine nella edizione Adelphi e 556 in quella Mondadori, conta tre parti per un totale di 33 capitoli. Significa 33 giorni di scrittura?
Insomma un impegno non da poco, anche se poi il ritmo orario, per uno come lui, non doveva essere poi così elevato, Simenon guidava per le strade della letteratura ad una velocità considerevole, sorpassando moltissimi altri scrittori. 
Ma forse ai lettori tutta questa analisi importa relativamente, soprattutto rispetto al risultato che Simenon raggiungeva: la qualità della sua narrativa che attraeva allora e che attrae ancor oggi, cosa che succede in almeno una cinquantina di paesi.
Termino qui questo post, forse un po' troppo zeppo di numeri e di conti, ma per i più curiosi, qui sotto, cito i romanzi su cui ho basato i mei calcoli. (m.t.)  
    
Cargo (1936) -  23 capitoli - 350 pagine  15,2 pagine/capitolo 
Le signorine di Concarneau  (1936) - 8 capitoli - 136 pagine - 17 pagine/capitolo
Maria del porto - (1938) - 8 capitoli - 141 pagine - 17,25 pagine/capitolo
Gli intrusi - (1940) - 12 capitoli - 198 pagine - 16,5 pagine/capitolo
Il Primogenito dei Ferchaux (1945) 20 capitoli - 363 pagine - 18,15 pagine/capitolo
Finestre dei Rouet (1945) - 10 capitoli - 177 pagine - 17,7 pagine/capitolo
Lettera al mio giudice  (1951) - 10 capitoli - 206 pagine - 20,6 pagine/capitolo
La morte di Belle (1952)  9 capitoli - 176 pagine - 9 - 19,5 pagine/capitolo
Tre camere a Manhattan (1946) -11 capitoli - 181 pagine - 16,45 pagine/capitolo
La camera azzurra (1965) - 7 capitoli - 153 pagine - 21,85 pagine/capitolo

giovedì 23 febbraio 2017

SIMENON SIMENON. TWO TAKEAWAYS FROM “RED LIGHTS”

Some thoughts on this typical American road trip novel by the Belgian writer 

SIMENON SIMENON. DEUX CHOSES A RETENIR DE “FEUX ROUGES” 
Quelques pensées sur ce roman, typique road trip américainde l’écrivain belge. 
SIMENON SIMENON. DU COSA DA RICORDARE DI "LUCI NELLA NOTTE"
Qualche riflessione su questo romanzo tipico "on the road" americano dello scrittore belga


Expecting a road trip novel that portrayed an alcoholic going down the chute hopelessly, I found this was not the case for two reasons:

1) Steve Hogan starts with a single martini after work. When he goes to gas up the car for an upcoming trip with his wife Nancy, he downs a glass of rye (which “he did not like) because it’s stronger than scotch―the first clue he’s heading for troubleWhen he stops on the road because he needs “to go to the bathroom, he drinks a double martini in two gulps “because his wife would probably not let him stop anymore.” When he does stop again without voicing a reason, he polishes off three ryes in 15 minutes. While he’s in the next bar where it’s a beer plus three ryes, his wife abandons him. Driving deeper into hell, he chugs a half-pint of brandyAfter sleeping in the car and being robbed of his wallet, he has enough bills left in his pocket for a bottle of scotch. Swig, swig, gulp, gulp….
If Steve wasn’t totalldrunk before, he is now, yet he’s not actually a chronic alcoholic. Indeed, his wife agrees he’s not a “drunk.” (He asks, “Do I drink often?” and she replies, “It’s rare.”) Steve’s just on a drunken bender. “Hadn’t he announced it was his night?” As he tells the interrogating cop, “I’m not a drunk, not even what one calls a drinker.” Thus, the novel doesn’t treat chronic alcoholism as a subject, but it certainly warns about the drug. This is binge drinking, and although it’s one time only, it’s an abuse problem all by itself. 
2) Expecting an inevitable dismal ending, I found this was not the case, either. Sort of aautomobile movie script, the story starts with the inevitability of Thelma and Louise, drives on a trip through hell, and emerges with the hope of National Lampoon’s Vacation. Although perhaps not as happy as Kees Popinga in the insane asylum watching the trains go by, Steve Hogan gets the chance to achieve a fairly happy life. When Steve finally meets up with “terrified” Nancy, she speaks about “their past happiness” and tells him things will never be the same: she has become 10 years older. She will never be his wife. She expects him to leave her. Believing “she is responsible for what happened to her,” she asks his forgiveness. 
But Steve protests, knowing he’s guilty for the damage to her because he ignored her efforts to stop him from going into the bar for a drink. “She, in the end, paid.” First, he confesses he “betrayed” her and asks her forgiveness. “I’m sorry. …I blame myself for my stupidity.” Next, he moves to combat her misconceived guilt and shame plus the difficult life lying ahead for her by arguing, “It’s not yesterday that we were happy.” Standing “naked” in “total sincerity,” he contends they were not at all happy in their “daily routine” and “circle of little habits.” He asks, “Do you understand it’s only today we’re going to begin to live?” and asserts, “There will be another life. (Steve “intends to never touch another glass of alcohol in his life” and he’s believable.) Seemingly because his greater guilt and shame mollifies her guilt and shame, she accepts: “Perhaps we can try.” So, within this “oasis of peace and silence” they have hope and foresee happiness. 

David P Simmons

mercoledì 22 febbraio 2017

SIMENON SIMENON. I MAIGRET INIZIANO CON IL "BAL" E INVECE I ROMANS DURS?

Il romanziere organizzò un gran battage pubblicitario per il suo commissario ma per i "romans" per lui molto importanti, iniziò in sordina

SIMENON SIMENON. LES MAIGRET COMMENCENT PAR UN "BAL"...QU'EN EST-IL POUR LES ROMANS DURS ?
Le romancier organisa un grand battage publicitaire pour son commissaire, mais pour les "romans", plus importants pour lui, il commença en sourdine
SIMENON SIMENON. THE MAIGRETS BEGIN WITH A “BALL”… WHAT ABOUT THE ROMANS DURS?
The novelist organizes a publicity fanfare for his Chief Inspector, but for the “novels” more important to him, he began quietly.
























Vi siete mai chiesti come mai, Simenon inaugurò la sua seconda fase letteraria, spingendo così tanto sul versante promozionale e sulla comunicazione extra-giornalistica? E invece per i romans durs, che pure erano l'obiettivo di tutta la sua vita, frutto di sacrifici spesso fonte di amarezza per le critiche malevole... beh, è possibile che, con tutto questo, i romans durs partano in sordina, quasi alla chetichella e soprattutto un po' schiacciati dal grande successo dei Maigret? Tra l'altro le inchieste del commissario avevano appiccicato addosso a Simenon un'altra etichetta. Già, dopo essere stato il fenomeno della letteratura popolare, adesso era l'asso della narrativa poliziesca, sia pure rivisitata e con elementi assolutamente originali. Ora il pubblico e la critica lo vedeva così, con la pipa in bocca e la sua figura sovrapposta a quella di Maigret (o viceversa, se vi pare).
Iniziamo a capirci qualcosa. 
I Maigret intanto non furono solo il salto dalla letteratura-alimentare, come la chiamava lo scrittore, pure utile come periodo di apprendistato, ai romans-romans. Infatti un elemento molto importante fu la firma. Con i Maigret, dopo duecento e più titoli firmati con oltre una ventina di pseudonimi, lo scrittore trovò la sua identità letteraria: finalmente firmava i suoi libri come Georges Simenon e come tale il pubblico iniziava a conoscerlo. Tutto il can can de Le Bal Anthropométrique non era stato solo per Maigret, ma anche, e forse, soprattutto per lui stesso. Ed fu una tappa non da poco.
Ma doveva durare giusto il tempo di quella ventina di titoli per cui aveva un contratto con l'editore Fayard e poi sarebbe stato libero e padrone di dedicarsi ai romans durs.
Acquisita un'identità letteraria, sia pure ancora legata al genere poliziesco, Simenon si dedicò già nel '31 al suo primo romanzo che però non uscirà prima del '33. Lo scrittore era ancora giovanissimo, aveva appena trent'anni, e già alle spalle una storia come scrittore molto varia, ricca di aneddoti, successi in diversi campi. Ma una storia non del tutto gradita alla critica che, soprattutto, non digeriva la sua velocità di scrittura che, gli veniva rimproverato, non si poteva conciliare con la qualità del testo.
E' vero che Simenon era abbastanza impermeabile alle critiche, che non badava granché alle etichette che gli affibbiavano, non aveva, e non ambiva, ad avere una qualsiasi contiguità con il mondo letterario. Però.... però quella trasformazione in romanziere doveva portare con sé anche un cambiamento di immagine. Basta scoop, basta exploit, basta record... ora doveva essere un romanziere e basta. E, come tale, lontano dai clamori della cronaca mondana, delle strategie promozionali, dalle passerelle di qualsiasi tipo... Ora era venuto il momento che la sua letteratura si facesse strada da sola, per la sua qualità e per le sue doti. E allora ecco il profilo basso del romanziere, che quasi finiva in secondo piano rispetto alle sue opere. Ed ecco perché non ci fu nessun "Bal" per inaugurare la fase del "romanziere".  Ormai la sua letteratura era partita e non si sarebbe fermata per quarant'anni, procedendo con un ritmo impressionante, e sfornando una produzione imponente. Un'opera che avrebbe avuto la migliore campagna pubblicitaria realizzata dai suoi lettori (m.t.)