giovedì 24 agosto 2017

SIMENON SIMENON. NOT LIKE OTHERS/ 1

On how the man was unlike all other men 

SIMENON SIMENON. PAS COMME LES AUTRES/ 1 
En quoi l'homme était diffèrent de tous les autres 
SIMENON SIMENON. NON COME GLI ALTRI/1
In che cosa l'uomo era differente da tutti gli altri



The English translation of Assouline’s French biography Simenon oddly omits the 30-page chapter “A Man Unlike Others that provides details of  “contradictions, paradoxes, and enigmas” the biographer identified in the man as he approached his 70th year. It’s an inventory of his likes and dislikes, a catalogue of his personality traits and strong convictions in 20+ categories that contribute to the complexity of his subject’s “indecipherable” character. Many strike me as worthwhile items for Anglophones, so they follow here as condensed, translated extracts. 
On money, Simenon, always needed a significant quantity of it. To reassure himself by spending it and not by hoarding it.” 
On religion, “neither practicing or believing, he stuck to baptizing all his children and giving his three sons the middle name Christian.” 
On culture, full of “distrust for knowledge, he had “a taste for mocking the intelligentsia” as “belly button contemplators,” and his novels “were practically free of any direct cultural references.” 
On novelshe did not “read any contemporary French novelists after 1928,” but he “consecrated” the “Great Russians. 
On his librarieshe “always needed to set out his complete works in all language versions” and never forgot to show them to each of his visitors.” 
On honors, prizes, and medals, “officially, he stopped believing in them after he was 12,” but his boasting “At 45, I will have the Nobel Prize” revealed a different attitude. 
On music, he said he adored it although “attending a concert never occurred to him. 
On painting, he was “responsible” for the “cliché” he was an impressionist” novelist. 
On tobacco, he smoked a pipe “without interruption from adolescence on.” 
On clothes, he had a “sartorial preoccupation with them. 
On food, he “bragged he was a connoisseur, but best liked “dishes for little folk.” 
On hotels, one in Paris, one in London, and two in New York topped his list. 
On colors, he loved yellow and hated mauve, a color associated with his mother.” 
On flowers, he liked “tulips, yellow or red, not in bouquets” but “single. 
On sportshe liked “walking from the beginning right to the end” and had “a passion” for horseback riding and golf. 
On card games, it was bridge “above all.” 
On materials, they “must be noble and primary” like wood, iron, and paper. He “detested gemstones.” 
On his biological rhythm, “whatever the place,” it was always his “siesta.” 
On his motto, “understand and not judge.” The idea of being a juror “terrified” him. 
On his vanity and bravado, they were matched only by his intransigency in business.” 
Thus, Assouline underscores how “paradox” made Simenon elusive.” Yet he had contagious quality that meant “the majority of those who knew him well as a monster of egotism nevertheless “retained full admiration” of him. 

David P Simmons 

mercoledì 23 agosto 2017

SIMENON SIMENON. IL ROMANZIERE E IL JAZZ EUROPEO DEGLI ANNI '20-'45 E QUELLO AMERICANO ANNI '45-'55

Il jazz di quegli anni e il rapporto di Simenon con quella musica

SIMENON SIMENON. LE ROMANCIER ET LE JAZZ EUROPEEN DES ANNEES '20 A '45 ET LE JAZZ AMERICAIN DES ANNEES '45 A '55
Le jazz de ces années-là et le rapport de Simenon avec ce genre de musique
SIMENON SIMENON. THE NOVELIST AND EUROPEAN JAZZ FROM '20 TO '45 AND AMERICAN JAZZ FROM '45 TO '55
Jazz in those years and Simenon’s relationship with this music genre























"Simenon e il jazz" non è un argomento che possa fornire molti spunti di riflessione e di discussione in quanto lo scrittore, anche se non ha manifestato una dichiarata avversione per questo genere musicale, non ha comunque mai esternato nessun entusiasmo.
Eppure, sopratutto nei primi anni della sua permanenza a Parigi, specialmente quando si era trasferito a Place des Vosges e iniziava ad organizzare le prime feste in casa sua, i frequentatori erano spesso artisti, pittori amici di Tigy... insomma gente all'avanguardia in tutti i campi... Simenon stesso, allora, seguiva la moda del tempo per quanto riguardava il suo abbigliamento e l'arredamento della casa. Non è impensabile quindi che, in quelle baldorie, la musica fosse il jazz che si suonava intorno al 1927. Anche perché, al di là di quello che arrivava dall'America, in Francia in quel periodo c'era un certo fiorire di musicisti di livello internazionale, basta citare il violinista Stephane Grappelli o il chitarrista Django Reinhardt (che in realtà era nato anche lui in Belgio). In quel periodo alcuni musicisti più coraggiosi e innovativi iniziarono a suonare il jazz che in Francia trovò non pochi appassionati.
Nel jazz Simenon si ritrovò invece immerso fino al collo quando nel '25 conobbe quel sex-symbol di Josephine Baker, che veniva dagli Usa, proprio al seguito dell'orchestra del sassofonista jazz Sidney Bechet. La danzatrice americana era il jazz fatto seduzione, e Georges non le poté resistere. La loro fu una storia breve ma molto intensa e potremmo dire... a ritmo di jazz.  
Quella suonata nel febbraio del '31 al Bal Anthropométrique (per il lancio della serie dei Maigret) non era propriamente musica jazz, ma musica della Martinica, suonata alla boite Boule Blanche, ma le cui radici non erano molto diverse da quelle che dettero poi vita al primo jazz. 
Facciamo un salto di qualche anno e ci catapultiamo nell'America degli anni '45, quando lo scrittore arriva a New York in fuga dalla Francia.
In quel periodo (1945-1952) il jazz vive negli Usa un periodo d'oro. Quella musica  passava dall'epoca del bebop al cool jazz, all'hard bop. E a traghettare c'erano personaggi che segnarono la storia del jazz e in qualche caso anche della musica tout court, Lester Young, Miles Davis, Gil Evans, Lee Konitz, Charlie Parker, Charlie Mingus... solo per citarne qualcuno.
Questo avveniva nel decennio in cui Simenon visse negli Usa ma, come abbiamo detto più volte, lui si teneva lontano dalle metropoli, non frequentava locali notturni, e non tutto quello che era americano si andava rivelando proprio di suo gusto, almeno rispetto al suo generale entusiasmo iniziale. 
Ma il jazz in America arrivava dappertutto, e quindi, anche se non si frequentavano i locali giusti, anche se non si andava ai concerti, c'erano le stazioni radio che non era raro trasmettessero della musica jazz. Insomma qualcosa dovrebbe essere comunque passata.
E d'altronde quella caratteristica rottura delle regole, della tradizione e dei canoni musicali che facevano del jazz la vera musica nuova del '900, non era poi così lontano da certe peculiarità della scrittura di Simenon. Il nostro infatti non solo aveva rivoluzionato il genere poliziesco, ma era un autore che si poneva al di fuori delle categorie classiche e scriveva con grande trasporto sia la letteratura alta che quella popolare, spiazzando la critica e la casta letteraria più paludata. Utilizzava strumenti romanzeschi dell'800 piegandoli alla sua espressività e al secolo che stava vivendo. Così come il jazz utilizzava gli strumenti musicali del genere classico, suonandoli però in una modalità assolutamente atipica per generare una musica che spesso non rispettava la teoria classica.
Insomma anche se Simenon non seguiva il jazz, lo spirito che animava le sue produzioni letterarie non era poi così lontano da quello da cui scaturiva quella musica che scosse profondamente il '900 e le concezioni musicali di allora. (m.t.

martedì 22 agosto 2017

SIMENON SIMENON. UN PETIT AIR DE FECAMP…

Les souvenirs du romancier décantés dans le roman "Au rendez-vous des Terre-Neuvas" 

SIMENON SIMENON. UNA PICCOLA ARIA DA FECAMP… 
I rIcordi del romanziere decantati nel romanzo "Al Convegno dei Terranova" 
SIMENON SIMENON. A LITTLE AIR FROM FECAMP... 
The novelist's memories decanted in the novel "The Grand Banks Café" 


Si l'on faisait une liste des lieux dans lesquels Simenon envoie son commissaire enquêter, dans les romans de la période Fayard, on remarquerait que le romancier ne cesse de faire des va-et-vient entre la capitale parisienne et les endroits qu'il a connus jadis et naguère. Comme s'il s'agissait de les faire découvrir à son héros, l'obligeant à mettre ses pas dans ceux de son créateur… 
Pietr le Letton voit son intrigue osciller entre Paris et Fécamp; Le charretier de la Providence se déroule sur les canaux que Simenon a parcourus en 1928; Monsieur Gallet, décédé se passe surtout sur les bords de la Loire, tandis que Le pendu de Saint-Pholien emmène Maigret sur les souvenirs d'enfance du petit Sim. On retourne à Paris dans La tête d'un homme (et en particulier dans le mythique Montparnasse de La Coupole), puis Le chien jaune nous emmène en Bretagneet La nuit du carrefour dans la grande banlieue parisienne. En somme, Simenon nous invite à un "tour de France" élargi, pour ces six premiers romans de la série.  
Puis le romancier va emmener son personnage sur d'autres lieux de ses souvenirs, d'abord à Delfzijl, berceau légendaire du commissaire (Un crime en Hollande), puis à Fécamp (Au rendez-vous des Terre-Neuvas), et ensuite de nouveau à Liège (La danseuse du Gai-Moulin), avant de retrouver Paris et Morsang dans La guinguette à deux sous, Ouistreham dans Le port des brumes, puis de nouveau Paris dans L'ombre chinoise (et la place des Vosges où Simenon avait son domicile), et ensuite l'Allier et les réminiscences du comte de Tracy (L'affaire Saint-Fiacre), puis la frontière franco-belge (Chez les Flamands), le sud-ouest (Le fou de Bergerac), et enfin la Côte d'Azur (Liberty Bar), pour cette première série de dix-sept romans écrits quasiment à la chaîne.  
Par la suite, à part quelques escapades plus rares, Maigret enquêtera pour l'essentiel en France, et le plus souvent à Paris, lorsque son créateur, donnant un ton de véracité plus grand à sa fiction, cantonnera son commissaire dans ses attributions officielles de commissaire rattaché à la Police judiciaire parisienne. Ce qui n'empêchera d'ailleurs pas celui-ci de se permettre quelques enquêtes officieuses, en particulier lorsqu'il sera en vacances, ou à la retraite. Mais force est de remarquer que c'est dans les romans de la période Fayard que Simenon promène davantage son héros aux quatre coins de la France, et ceci dans des lieux qui sont toujours en relation avec des souvenirs du romancier.  
Intéressons-nous plus particulièrement au roman Au rendez-vous des Terre-Neuvas, qui se déroule, comme nous l'avons dit plus haut, à Fécamp. Plusieurs souvenirs de l'auteur sont liés à ce port normand. C'est d'abord là que Simenon a fait construire son bateau, sur le modèle des chalutiers fécampois, "un cotre solide et trapu […] Un bon gros bateau de mer capable de résister aux coups de tabac." (Un homme comme un autre). Le romancier se rend donc à plusieurs reprises à Fécamp pour surveiller la construction de l'Ostrogoth, et il descend "dans une petite auberge où il n'y avait que deux chambres et que, le soir, fréquentaient les pêcheurs de l'endroit qui sentaient encore la marée" (ibid.), et dans laquelle on pourrait reconnaître une inspiration pour le café du port dans le roman.  
Mais Simenon connaissait déjà la région auparavant, car il y avait passé des vacances à l'été 1925, à Etretat. C'est alors qu'il fit la connaissance d'une famille de pêcheurs du petit village de Bénouville, et qu'il engagea une de leurs filles comme servante. C'est ainsi qu'Henriette Liberge, bientôt baptisée "Boule", entra dans la vie de Georges. Dans son ouvrage Simenon et les femmes, Michel Carly a tracé un très joli portrait de Boule, et nous y renvoyons nos lecteurs pour plus de détails. Mentionnons cependant, comme le relève Michel Carly, que Simenon a adressé plusieurs clins d'œil à Boule à travers son œuvre, et en particulier dans deux romans maigretiens: d'une part, Maigret et la vieille dame, où la famille Trochu, des pêcheurs d'Yport, est inspirée de la famille Liberge; comme l'est celle des Laberge dans Au rendez-vous des Terre-Neuvas 
Et, pour qui veut découvrir comment les souvenirs du romancier se mêlent, entre ce qu'il a vécu à Fécamp et ce qu'il en a écrit dans ce roman, il suffit de lire ces quelques lignes de ses Mémoires intimes, à propos de la construction de l'Ostrogoth: "Je me précipite à Fécamp dont on respire, dès la gare, la forte odeur de morue et de hareng et où il ne reste que quelques terre-neuvas à voiles parmi les coques de métal noir qui s'entrechoquent dans le port en attendant le grand départ. Le village de Boule n'est qu'à quelques kilomètres, perché au bord de la falaise blanche. Son père a vécu une vingtaine de campagnes sur Terre-Neuve à bord d'une goélette qui ne rentrait au port qu'au bout de huit mois. […] Je [descends] dans un bistrot du port, fréquenté par les marins où on ne trouve que deux ou trois chambres assez primitives. […] Parfois, je vais seul à Fécamp, et couche deux ou trois nuits consacrées à ma passion pour les femmes qui égale mon récent amour pour la mer."… 

Murielle Wenger