lunedì 3 maggio 2021

SIMENON SIMENON - 120° ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI GINO CERVI

3 maggio 1901, nasce a Bologna, Luigi figlio di un famoso critico teatrale, Antonio Cervi, e animatore della scena culturale del tempo. Luigi (diventato Luigino e poi Gino) dunque ha vissuto, fin dai primi anni, un'atmosfera molto particolare in casa, con letterati, intellettuali e discussioni infinite anche molto accese, tanto che una volta il padre dovette intervenire per rappacificare Carducci con D'Annunzio la cui disputa stava prendendo brutte pieghe.
Gino seguirà, fin dalle scuole elementari, il padre nelle sale teatrali, conoscendo di persona attori e registi, ma anche figure della cultura come Pascoli e Testoni. E, inevitabile conseguenza, quando arrivò al liceo, iniziò a frequentare le filodrammatiche. Diplomato, dopo la morte del padre, la sua carriera teatrale decollò. Nel '25 recita nei "Sei personaggi..." sotto la direzione di Pirandello e continua le sue performances a teatro fino al '35, quando debuttò al cinema con due film: Amore di Bragaglia e Aldebaran di Blasetti. Da allora arrivarono successi sia dalle tavole del palcoscenico che dal grande schermo, collaborando con registi come Zavattini, Camerini, Fellini (allora soggettista e sceneggiatore). Nel dopoguerra vinse il Nastro d'Argento e la Coppa Volpi come miglior attore al Festival del Cinema di Venezia nel 1945 con il film Monsù Travet di Mario Soldati.
Il grandissimo successo, nonostante i trionfi e la fama, arrivò nel '52, come al solito, con un'opera popolare, produzione italo-francese diretta da Julien Duvivier, Don Camillo e l'onorevole Peppone, a fianco di Fernandel, film che furoreggiò in Italia e in Francia. La storia (poi divenuta una serie di cinque film), tratta dai romanzi di Giovannino Guareschi, fotografano le vicende di un paesino della bassa emiliana, Brescello, dove un parroco zelante e coriaceo sostenitore della Democrazia Cristiana (Fernandel) e un sindaco convinto comunista del PCI (Cervi), si fronteggiano in un susseguirsi di vicende tragicomiche che rappresentvano bonariamente lo scontro di due ideologie che si verificava realmente in Italia.
Ma adesso facciamo un bel balzo, perché se dovessimo parlare di tutte le tappe importanti della carriera di Cervi, avremmo bisogno di almeno tre/quattro post.
E' Gino Landi, regista televisivo, a proporgli all'inizio del 1964 d'interpretare per conto della Rai il commissario Maigret. Cervi accetta e da professionista inizia a prepararsi. Si legge tutte le inchieste del commissario simenoniano, fa un trasferta a Parigi, che per altro già conosceva bene, durante la quale nella quale andò a trovare anche l'ex-commissario Massu (quello cui Simenon s'ispirò per Maigret), e così in primavera è pronto a girare per tutta l'estate i primi quattro sceneggiati. Si ritrova a recitare con l'attrice Andreina Pagnani nel ruolo di Mme Maigret, un'attrice che aveva affiancato al teatro fin dal 1939 in numerose rappresentazioni. Il 27 dicembre debutta la prima puntata (Un'ombra su Maigret). Il grandissimo successo lascia sorpresi un po' tutti, dal regista, all'interprete, agli sceneggiatori tra cui spicca Diego Fabbri e ad Andrea Camilleri, allora delegato di produzione della Rai. 
Mai tanto successo per Cervi. Servizi televisivi, copertine di giornali, la pubblicità che lo reclama, le interviste, addirittura le copertine dei libri di Mondadori adottarono la sua faccia per raffigurare il commissario. E' un evento eccezionale, anche per gli ascolti che per quel debutto arrivano a oltre tredici milioni di telespettatori. E così sarà anche per la seconda serie nel '66 con quasi quattordici milioni di spettatori, come per la terza nel '68. Il quarto e ultimo ciclo nel '72 fece schizzare il numero di telespettatori a diciotto milioni e mezzo.
Insomma per la tv di quegli anni fu un fenomeno mediatico come non ce n'erano mai stati. I cinematografi mettevano in sala degli apparecchi tv, altrimenti gli spettatori sarebbero rimasti a casa per vedere il Maigret di Cervi. In quegli anni, dicono gli esperti del settore, si vendettero pipe e tabacchi come mai era successo (nemmeno poi con il Presidente Pertini o l'allenatore della nazionale di calcio Bearzot). Quindici episodi (alcuni in più puntate) in otto anni, scolpirono l'immagine del Maigret-Cervi nell'immaginario collettivo degli italiani, la generazione del boom economico, ma l'imprinting fu così forte che questo fenomeno influenzò anche qualche generazione successiva.
Il Messaggero di Roma pubblicò un pezzo di Angelo Gangarossa che diceva che"... Cervi si era calato in Maigret con tutte le scarpe e i calzini..." L'attore mandò un biglietto di ringraziamento al giornalista in cui scriveva "... ha ragione, il fatto è che nella mia lunga carriera non mi sono innamorato mai di un personaggio, come di questo. Io a Maigret voglio un bene dell'anima. Mi piace tutto di lui, anche quello che mangia e quello che beve. Forse Maigret é un oriundo emiliano...".
Purtroppo Gino Cervi morì il 3 gennaio a 73 anni, proprio alla vigilia di girare un nuovo sceneggiato per la tv, sempre con la regia di Mario Landi... fosse vissuto più a lungo avremmo avuto una quinta serie delle inchieste del commissario Maigret?

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