lunedì 23 marzo 2020

SIMENON SIMENON. UN INVITO CHE NON POTETE RIFIUTARE

Dal commissario Maigret un appello alla responsabilità e alla calma in questo momento difficile

SIMENON SIMENON. UNE INVITATION QUE VOUS NE POUVEZ REFUSER
De la part du commissaire Maigret, un appel à la responsabilité et au calme en cette période difficile
SIMENON SIMENON. AN INVITATION YOU CANNOT REFUSE
From Chief Inspector Maigret, a call to responsibility and calm in this difficult time
Illustrazione di Giancarlo Malagutti

domenica 22 marzo 2020

SIMENON SIMENON "REPORT". SIMENON AL BISTROT : "LA VITA É TROPPO ESUBERANTE QUI"



Il Fatto Quotidiano - 20/03/2020 - Alessandro Ferrucci - [...] Questione di tatto, classe, capacità, intuito, orecchio, padronanza della vita. Chissà. Però c’ è un dato: nell’ epoca dei social, della sintesi, del linguaggio a spot, Georges Simenon negli anni Quaranta era in grado di racchiudere un romano in pochissime righe, di lanciare delle suggestioni con garbate pennellate costruite con tecnica sopraffina. Anche la sola ultima frase, “ Non osa pranzare in questo bistrot, dove la vita si manifesta con troppa esuberanza” , è già un racconto in sé, dove è possibile chiudere gli occhi e immaginare (o viaggiare) verso altri lidi, sentire l’odore del luogo, il chiasso, l’ atteggiamento distante del protagonista, il desiderio di manifestare fastidio per una realtà volutamente lontana da lui. Questo è Simenon, è unico, come è un gioiello anche l’ ultimo libro uscito per Adelphi, Il signor Cardinaud , piccolo in quanto a spessore (136 pagine) ma grande per la costruzione della vicenda; un condensato di generi, stili, tecniche: c’ è il giallo (la scomparsa di una donna), il romanzo (il rapporto tra il marito e la donna stessa), una sceneggiatura quasi pronta (tempo dopo ne hanno tratto un film, Sangue alla testa (con Jean Gabin protagonista) e anche un piccolo trattato di sociologia, sulla provincia francese nei primi anni Quaranta del novecento...>>>

venerdì 20 marzo 2020

SIMENON SIMENON. UNA PIPA CHIAMATA MAIGRET

Un modello della Chacom, dedicato al commissario.

UNE PIPE APPELÉ MAIGRET
Un modèle de la française Chacom, dédié au commissaire
A PIPE CALLED MAIGRET
A model of the French Chacom, dedicated to the inspector





Chacom Maigret Sablée. Eccola! Il modello che la celebre fabbrica di pipe di St.Claude (Francia), fondata quasi duecento anni fa', ha voluto chiamare con il nome del commissario simenoniano.
E' un modello massiccio, lungo quasi quindici centimetri. Spartano, con un cannello nero semplice e rastremato, guarnito da una vera metallica, senza fronzoli. Il fornello é di circa sei centimetri e con un diametro di oltre quattro centimetri. Per chi non è esperto di pipe, o non è un fumatore, diremo che queste misure identificano una pipa di dimensioni importanti. Insomma la pipa adatta alla grossa mano di Maigret. Altro elemento che la rende davvero "la pipa di Maigret" é la radica utilizzata, quella con finitura "sabbiata", cioé ruvida, una caratteristica apprezzata da molti, cui piace tenere saldamente in mano un fornello ben caldo e di buona presa. Peso circa settanta grammi.
Finita questa specie di scheda antropometrica... pensiamola in mano a Maigret. Mentre passeggia lungo la Senna. Oppure quando, riuscito a prendere un bus con la piattaforma esterna, si bea osservando il paesaggio urbano che passa, sbuffando nuvole di fumo, magari ripensando al caso di turno. O ancora quando nel suo ufficio organizza il lavoro con i suoi ispettori o durante i lunghi interrogatori notturni...
Insomma una pipa del genere costituisce il modello preferito dal commissario che ne fa una sua amica fedele, sia quando è stretta dai suoi denti, sia quando riposa (raramente) nelle profonde tasche del suo pesante cappotto e anche quando giace sul piano della sua scrivania, mischiata alle altre pipe, a carte di tutti i tipi, agli sfrizzoli di tabacco e alla cenere. Una pipa molto robusta e in grado di sopportare gli sbattimenti sul tacco delle scarpe, quando Maigret vuole vuotarla in fretta dalla cenere bruciata.
In più una pipa del genere è l'ideale per fumare quel tabacco cosiddetto "gris", un trinciato medio di aroma robusto, non aromatico e allora venduto in pacchetti cubici da venti grammi (curiosità: lo "Scaferlati Caporal" era un prodotto della Seita, società nazionale francese cui apparteneva anche una marca di calvados, un'altra passione di Maigret).
Insomma tutti gli appassionati lettori delle inchieste del commissario e contemporaneamente forti fumatori di pipa, hanno l'occasione di fumarla, sognando di provare le stesse emozioni che Simenon descrive nei suoi romanzi. Certo questo modello, molto classico, è prodotto da diverse marche di pipa, ma questa è francese e potrebbe essere proprio la stessa che usava Maigret. Anche se il condizionale é d'obbligo, perché lo scrittore non cita mai la marca (come d'altronde ha fatto con il calvados). Ma una volta trovata e sopratutto una volta trovato lo Scaferlati Caporal (cosa non facile in Italia, ma ormai con l'e-commerce non dovrebbe essere difficile) si può accenderla, fumare e, magari ad occhi chiusi, pensare di mettersi nei panni del commissario. (m.t.)

giovedì 19 marzo 2020

SIMENON SIMENON. THE NOVELIST AND THE CHIEF INSPECTOR: A STORY OF PIPES

Why Simenon and Maigret are pipe smokers 
 
SIMENON SIMENON. IL ROMANZIERE IL COMMISSARIO: UNA STORIA DI PIPE 
Perche Simenon e Maigret sono fumatori di pipa
SIMENON SIMENON. LE ROMANCIER ET LE COMMISSAIRE : UNE HISTOIRE DE PIPES 
Pourquoi Simenon et Maigret sont des fumeurs de pipe

Simenon and his famous Chief Inspector Maigret are two avid pipe smokers, but they smoke different pipes and different tobaccos. Simenon began to smoke pipe when he was very young, even before he worked for the Gazette de Liége, and he smoked all his life long. In one of his DictéesDe la cave au grenier (1975), he explained his attraction for the pipe: “the pipe is a true object, a personal object, which ends up being part of youI just dare say owning about three hundred pipes, even if I have only about twenty of them in my little pink house. Well, despite the number, I know all of them, as they were friends.” 
And in another Dictée, Vacances obligatoires (1976), he remembered “the day when I bought my first pipe. I was then about 13. It was at the beginning of autumn. The month before, during holydays, I had had my first sexual experience. I don’t know whether there is a relationship between the two events but I wouldn’t be surprised about that. Suddenly I felt or I believed I was a man and didn’t the pipe take its place in my life so to assert it?” 
Then he explained the choice of a pipe, which is a very delicate moment for a smoker: “I don’t buy a pipe by chance. Each of them marks an event, always, moreover a happy or at least joyful event. For example when I had finished a novel, a bit like, at some periods in the year, a child is given a toy.” 
Preference for a certain type of pipe is the hallmark of every smoker and Simenon claimed that “some people collect pipes of various models, various materials. Mine alike as brothers. They are all made of briar. Most of them are straight and I am perhaps the only one to recognize them from each other at first sight.” 
The pipes were also part of the kit that Simenon scrupulously prepared, when he was engaged in writing a novel for days. It is difficult to find a picture of the novelist without a pipe between his teeth or in the frame near him. It is rather obvious, since, as we said above, Simenon claimed he had bought his first pipe very early in his life, and had never stopped smoking since then. As he liked to say, the pipe had become a part of him. He didn’t like cigarettes, which he considered as an object to burn quickly and then to throw away. 
As for tobacco, he claimed having always smoked Dunhill, an English tobacco of great quality, but rather expensive. Yet we can think that, when he left Liège for Paris, at the times he was hungry in a poor little room of the Hotel de la Bertha, maybe it was not that kind of tobacco he could afford. Later on, when he became wealthy, he chose the Royal Yacht Club tobacco, a classic of Dunhill's finest blends. And when Simenon became famous, the English house made a mixture cut specifically for him, which was called "Maigret Cut's". 
Finally we can say that in some way it was unavoidable that his most famous character, who would accompany him for forty years of writing, could not but smoke the pipe. Moreover, this is one of the distinguishing features of the Chief Inspector; a feature which, in our opinion, was chosen by Simenon because he perfectly knew the habits, the foibles and even the tics of pipe smoker, and that would be a connotation that gave a true and concrete depth to Maigret. 
 
By Simenon-Simenon 

mercoledì 18 marzo 2020

SIMENON SIMENON. SIMENON-CINEMA


L’œuvre de Simenon est l’une de celles qui a connu le plus grand nombre d’adaptations au cinéma. Sans compter les romans Maigret, plus de 50 films ont été tirés des romans durs. Dans cette rubrique, nous vous proposons un choix parmi tous ces films 

L’opera di Simenon è una di quelle che ha conosciuto il più gran numero di adattamenti cinematografici. Senza contare i romanzi di Maigret, più di 50 film sono stati tratti dai romans durs. In questa rubrica, vi prponiamo una scelta tra tutti questi film. 

Simenon’s work is one of those that have seen the largest number of cinema adaptations. Without counting the Maigret novels, more than 50 movies have been adapted from the “romans durs”. In this column, we propose a choice among all those films. 


Le Chat 



D’après le roman éponyme. Réalisé par Pierre Granier-Deferre, sur un scénario de Pierre Granier-Deferre et Pascal Jardin. Produit par Lira Films, Cinétel, Gafer, Comacico, Ascot Cineraid. Sortie en avril 1971. Avec : Jean Gabin (Julien Bouin), Simone Signoret (Clémence Bouin), Annie Cordy (Nelly). 

Tratto dal romanzo eponimo. Diretto da Pierre Granier-Deferre, per la sceneggiatura di Pierre Granier-Deferre Pascal JardinProdotto da Lira Films, Cinétel, Gafer, Comacico, Ascot Cineraid. Uscito nelle sale nel aprile 1971Con: Jean Gabin (Julien Bouin), Simone Signoret (Clémence Bouin), Annie Cordy (Nelly). 

Based on the eponymous novel. Directed by Pierre Granier-Deferre, from a screenplay by Pierre Granier-Deferre and Pascal JardinProducted by Lira Films, Cinétel, Gafer, Comacico, Ascot Cineraid. Released in April 1971. With: Jean Gabin (Julien Bouin), Simone Signoret (Clémence Bouin), Annie Cordy (Nelly).

by Murielle Wenger 

martedì 17 marzo 2020

SIMENON SIMENON. UN PASSAGE DE LA LIGNE EN TROIS ETAPES

1929-1931 : Simenon donne naissance à Maigret et se fait un nom 

SIMENON SIMENON. UN PASSAGGIO DELLA LINEA IN TRE PASSI 
1929-1931: Simenon dà alla luce Maigret e si fa un nome 
SIMENON SIMENON. CROSSING THE LINE IN THREE STEPS 
1929-1931: Simenon gives birth to Maigret and makes a name for himsel


Simenon n’a eu de cesse de faire des « passages de la ligne » tout au long de son existence et de sa carrière littéraire. De l’auteur prolifique de romans populaires au concepteur d’un nouveau genre policier, puis au créateur des romans de la destinée. Du petit Liégeois au Parisien des quartiers populaires et chics, du provincial de Vendée au rancher américain, du résident des palaces cannois au retraité d’une modeste maison lausannoise. Du journaliste des chiens écrasés au personnage « people » donnant moult interviews… Pour le billet d’aujourd’hui, on va illustrer un de ces passages de la ligne, en trois étapes. 
En mars 1929, la construction de l’Ostrogoth est terminée. Simenon, qui a passé l’année précédente à naviguer sur les cours d’eau français, s’est senti une vocation de marin et s’est offert un bateau. Décidé à « vivre sur l’eau », il largue les amarres pour un long voyage, qui va le mener jusqu’aux confins nordiques. Sait-il déjà que cette étape va être décisive pour son avenir de romancier ? Peut-être pas, mais il doit déjà être conscient que quelque chose va changer. En effet, dans le texte La Naissance de Maigretévoquant la création légendaire de son personnage à Delfzijl, il écrit qu« depuis un certain temps, [il] pressentait la fin de [son] apprentissage, composé de nombreux contes et romans écrits sous […] pseudonymes. [Il] hésitait encore à aborder un genre plus difficile, sinon plus sérieux ». Ce mois de mars 1929, au moment où il quitte le chantier fécampois où a été construit son bateau, représente une étape, parce que c’est au cours du périple qui s’ensuit qu’il va mettre au point le personnage qui lui permettra d’accéder à la notoriété. 
A quelle date exactement Simenon est-il rentré de Hollande ? Les bibliographes parlent d’un ancrage à Morsang au printemps 1930, se basant sur les Souvenirs de Tigy, qui écrit que « presque jour pour jour » ils sont rentrés à Paris, ce qui daterait ce retour à fin mars ou début avril 1930Dans sa dictée Je suis resté un enfant de chœur, Simenon se souvient qu’alors qu’il se trouvait en Hollande, en plein hiver, il avait envoyé le manuscrit d’un roman policier à Fayard, et que celui-ci l’avait convoqué à Paris pour lui dire d’écrire encore d’autres textes de la même veine. Il est bien possible que ce soit du manuscrit de La Maison de l’inquiétude que le romancier ait discuté avec Fayard lors de cette entrevueMais l’éditeur ayant refusé la publication de ce roman, Simenon le proposa au journal L’Œuvre, qui l’édita en feuilleton dès le 1er mars 1930. Et donc, cette étape de mars 1930 est importante, puisque c’est la première fois que le personnage de Maigret apparaissait au public des lecteurs, même si « l’événement » allait passer probablement bien inaperçu, en comparaison de l’inauguration du Bal anthropométrique une année plus tard… 
En effet, en mars 1931, Simenon avait franchi une nouvelle étape, et cette fois c’était bien un véritable passage de la ligne. En effet, le Bal anthropométrique venait d’avoir lieu, qui avait consacré l’apparition de Maigret dans la littérature « officielle », et l’entrée de Simenon dans la « cour des grands », lui qui venait d’abandonner ses pseudonymes pour retrouver son véritable nom… En mars, le romancier écrivait Le Chien jaune, un des romans de la saga qui allait connaître le plus grand succès (à ce jour, il reste le roman qui a connu le plus grand nombre de traductions), et sans doute Simenon s’était-il attelé à la tâche en y mettant toute son énergie, car il s’agissait de confirmer le succès du lancement de la collection, et d’assurer cette parution mensuelle qu’il avait promise à Fayard. Et déjà apparaissaient ces allusions au « phénomène » que constituait la production simenonienne. Au cours de ce mois de mars, on pouvait lire dans plusieurs journaux cet entrefilet : « Qui n'a pas à son actif un record ? C'est pourquoi Georges Simenon veut en établir un nouveau. Après M. Gallet, décédé et Le Pendu de Saint-Pholien, qui remportèrent un brillant succès, déchaînant l'enthousiasme des lecteurs, paraît Le Charretier de « La Providence ». Trois romans en un mois, tel est ce record. Jusqu'où ira-t-il ? »… 

Murielle Wenger