sabato 23 aprile 2011

SIMENON. SOLDI & AUTOMOBILI

Dall'alto,  Chrysler Ghia - Facel-Vega - Mercedes 300 Sc
Simenon, periodo svizzero, gran villa di Epalinges. E' un periodo di grande ricchezza, Simenon raccoglie tutto quello che ha seminato.. E non solo fama e il riconoscimento della critica internazionale, ma anche tanti soldi. Basti pensare che la gran villa, sia pur di gusto discutibile, sul cancello d'ingresso aveva in rilievo una S. Penserete voi, S come Simenon. Solo che la lettera era attraversata da due barre verticali, che la trasformavano nel simbolo del dollaro... Richezza di solito vuol dire case, ma anche automobili di lusso. E Simenon, da quando se lo era potuto permettere, non aveva mai risparmiato sulle auto. Addirittura quando era un giovanissimo cronista della Gazette de Liège, scorazzava su potenti moto Indian o Harley Davidson, ma quelle di proprietà del giornale. Nel '31, all'epoca del lancio dei Maigret, s'era comprato un modello americano, una Imperial della Chrysler. Poi lo ritroviamo negli Usa nel '48, quando abitava in Florida, al volante di una Packard, poi l'anno dopo di una Buick e poi ancora di una Chrysler New Yorker.
Tornato in Europa nel '57, quando cercava in Svizzera un posto per sistemarsi adeguatamente, scorazzava per le strade elvetiche con una Mercedes 300 S cabriolet. Invece, quando tornava a Parigi, usava per spostarsi in città un 'auto che ritirava dal garage Duchamp, una Dodge station wagon bianca, la stessa con cui era sbarcato a Le Havre con tutta la famiglia, quando nel '55 aveva lasciato gli Usa per far definitivamente ritorno in Europa.
Invece una MG nera, quella personale di Denyse, che lei non la utilizzava quasi mai,  alla fine fu regalata al figlio di Georges, Marc, e alla moglie Francette.
Nel '61 Georges e Denyse fanno "shopping" al Salone dell'Auto di Ginevra. Denyse viene colpita da una Chrysler rossa carrozzata dall'italiano Ghia. Il modello è esclusivo.
Racconta lo scrittore in Memoire intimes: " Il prezzo è sconvolgente, ma non lo è anche la carrozzeria? La compro per D.; firmo un assegno e Ghia mi promette di consegnarci l'auto a Enchadens subito dopo la chiusura del salone. 
D. è raggiante. 
Compriamo un'altra macchina, più piccola e meno lussuosa per accompagnare i bambini a scuola, quando le condizioni atmosferiche non richiedano l'uso della meno comoda Land Rover. Passiamo davanti allo stand della Rolls Royce e D. mi sussurra nell'orecchio:
- Perché non te ne regali una?
Ci ho pensato più di una volta nel corso della via, attratto com'ero da quel motore così duttile e silenzioso, dai sedili morbidi e confortevoli. Ma non ho mai ceduto alla tentazione perché la Rolls è diventato un simbolo, il marchio di uno status e di una classe sociale, e io non appartengo ad alcuna classe, soprattutto non a quella dei proprietari di Rolls Royce.
- Ma no... lascia stare..."(é Denyse che parla)
Nessun uomo le ha mai resistito, lo ha detto, lo ha ripetuto, scritto. La Rolls costa poco più della Chrysler-Ghia e ha il vantaggio di durare dieci o vent'anni, di non passare mai di moda e di conservare intatto il suo valore... Come per caso, il rappresentante della Rolls per la Svizzera mi riconosce, probabilmente per via della televisione o delle fotografie sui giornali.
- Prego signor Simenon...Entri... Si accomodi al volante...
La tentazione si fà sempre più forte e questa volta cedo. Mi consegneranno anche quella alla chiusura del Salone. E dire che all'epoca il concessionario per la Svizzera aveva diritto a sole quattro macchine all'anno, e ci volevano in media sei mesi per ottenerne una.
Quel modello, che guiderò a lungo, che i miei autisti continueranno a guidare per me, che terrò per dieci anni senza un guasto e senza un problema, si chiama Blue Mist, nebbia azzura, per via del suo colore azzurro spento".
Ma torniamo al periodo d'oro di Epalinges. I visitatori raccontano di un garage dove brillavano una Jaguar, una Bentley, una Facel-Vega, una Chrysler e una Mercedes.

venerdì 22 aprile 2011

SIMENON E FELLINI. CARO, CARISSIMO AMICO, CARISSIMO GRANDE AMICO

Simenon, Giulietta Masina e Fellini
Sappiamo dell'amicizia tra Simenon e Fellini, iniziata da loro incontro nel 1960 a Cannes, durante il Festival Internazionale del Cinema, quando il romanziere era presidente della Giuria e il regista era in concorso con il suo film La dolce vita. Si intesero subito e rimasero colpiti vicendevolmente non solo a livello personale, ma anche dalle rispettive opere.
Tutto questo fu l'inizio di un amicizia che ebbe un côté nella fitta corrispondenza  tra i due, tanto da dar poi luogo alla pubblicazione di questo carteggio Fellini-Simenon (per l'Italia Adelphi - 1998).
Quello che troviamo emblematico di queste lettere sono le intestazioni e le chiusure che sono evidente simbolo della stima, dell'affetto e degli stretti legami che si erano stabiliti tra i due.
Per le intestazioni si va dai normali Caro Simenon al Carissimo Fellini,  ad un meno consueto Caro Fellini fratello fino ad un Carissimo Fellini Fratello. Il regista risponde con un Mio grande amico.
Lo scrittore alza il tiro con Caro grande Fellini e Caro ed unico Fellini. Il regista non vuol essere da meno e si lancia in un superlativo Carissimo, leggendario Simenon.
Sembrerebbe essere quasi all'insuperabile, ma il padre di Maigret ribatte con un Caro gigantesco Fellini. E il regista carica ancora: Carissimo, generoso, fedele Simenon con cui si tocca l'apice.
Non meno espansive e originali allocuzione per il saluto prima della firma. Si inizia con un distaccato, quasi professionale suo Federico Fellini, o suo Georges Simenon o anche vostro Federico Fellini. Poi si passa al tu: tuo Federico Fellini oppure a Il suo affezionatissimo Georges Simenon. Anche qui il tono si alza. Ci imbattiamo in un Il suo devoto ammiratore Georges Simenon,  con la variante  Il suo vecchio e devoto amico Georges Simenon. Il regista rispondeva più contenuto Il tuo fraterno amico Federico Fellini. Curiosità: una delle lettere dello scrittore finiva con un The Old Man Georges Simenon.
Ma si può capire un carteggio tra due artisti come Simenon e Fellini solo dalle intestazioni e dalle chiuse? No. Ma sono certamente significative dello stato d'animo in cui venivano scritte e rivelatrici del livello della loro relazione e dell'ammirazione della personalità e delle opere dell'altro.
Tutti indizi che al commissario Maigret certo non sarebbero scappati.

giovedì 21 aprile 2011

SIMENON. ROMANZIERE E NON SCRITTORE

Non se ne sai mai abbastanza su come e perché si scrivono libri. Ispirazione, idee, motivazioni, tecnica, stile, ritmo, regole... Ognuno ha un suo intimo stimolo e approccio alla scrittura. Questo ovviamente vale a maggior ragione per uno come Simenon che, non solo ha prodotto centinaia di romanzi, ma si è cimentato in vari generi.
E poi uno scrittore come vede sé stesso, come si percepisce?
Simenon non ha mai voluto essere definito un "uomo di lettere", cosa che a suo avviso assolutamente non si attagliava la suo profilo.
" Romanziere e uomo di lettere sono due termini totalmente differenti. Ci sono in Francia, come in tutti i Paesi, un certo numero di persone che si sono dedicate alla letteratura, come si dice, Presidenti, vice-presidenti, segretari...etc. della Società degli uomini di lettere, di centinaia di altre società letterarie e accademie, di Pen Club... che ogni tanto scrivano un libro, un saggio... Insomma sono degli spiriti polivalenti - spiega Simenon in un'intervista a Roger Stéphane del 1963 - Ebbene io non sono polivalente; sono un artigiano che fa solamente una cosa , che non sa fare che quella: dei romanzi. Sono incapace di scrivere un articolo, un racconto. Ho potuto farlo un tempo, ma adesso non potrei più farlo..."
Insomma la sua dedizione alla scrittura e in particolare solo ai romanzi e ai Maigret è una specificità che a quell'epoca Simenon rivendica con forza, anche se non può non ammettere che nel suo esordio  scriveva di tutto, articoli, novelle, romanzi brevi di tutti i generi e il tutto su commissione. Ma, lo sappiamo, già allora era conscio di come quello fosse un periodo di apprendistato, di letteratura alimentare, che gli serviva anche per sopravvivere. Ma già aveva in mente il passaggio alla semi-letteratura o letteratura semi-alimentare (con i Maigret) e quindi alla letteratuta tout-court con i romanzi. Ed ora era un romanziere e basta, non uno che scriveva. Ora si dedicava solo ai romanzi, tanto che, come è noto, nel suo passaporto fece specificare alla voce professione "romanziere" e non scrittore.

mercoledì 20 aprile 2011

SIMENON VISTO DA BODARD

La settimana scorsa sul sito francese http:bodard-caricatures.blogspot.com, nella sezione letteratura, è stata pubblicata, tra le altre, la caricatura di Simenon che vi mostriamo qui a sinistra. Christope Bodard (nella fotografia qui sotto), ha 48 anni, è un caricaturista francese, ed è considerato un vero artigiano della caricatura, vincitore di numerosi premi in Francia e che pubblica su diversi giornali non solo francesi (Planète Foot, Vendredi Hebdo, La Galipote, Westdeutsche Allgemeine Zeitung, MSN Sports, L'Est Republicain, L'Eclaireur du Gâtinais, La République du Centre).
Abbiamo voluto segnalare la sua versione "caricaturale" di Georges Simenon perché ci è sembrata particolarmente ben riuscita e fedele alla fisionomia del romanziere e anche perchè quella del ritratto caricaturale, ma senza intenti satirici o addirittura denigratori, è un genere che ci sembra sempre più raro. Cogliere esagerando alcuni tratti le componenti essenziali di una fisionomia non è facile. Insomma la matita di Bodard ci è piaciuta e il suo ritratto di Simenon ci ha dato l'occasione per parlarne.

SIMENON VISTO DA MAIGRET

Abbiamo scritto in un precedente post della lettera che Simenon scrisse nel '79 al suo personaggio più famoso, Maigret, apparsa sul giornale L'illustré de Lausanne, in cui si scusava per aver interrotto la serie delle sue inchieste senza nemmeno salutarlo e ringraziarlo. Allora Simenon, a settantasei anni, avverte un sentimento d'affetto nei confronti di un compagno con cui aveva diviso una considerevole parte della sua vita (dal 1931 al 1972). Questa era stata preceduta non proprio da una lettera, ma da uno vero e proprio libro (Les Mémoires de Maigret -1951) in cui è il commissario a parlare del suo autore. Simenon fa il ventriloquo insomma, dà la sua voce a Maigret che è un personaggio che lui ha creato e lo fa parlare di sè come se fosse un terzo che esprimesse un giudizio sullo scrittore. Insomma un specie di gioco che funziona, perchè in quarant'anni d'inchieste Maigret ha preso la consistenza di un personaggio quasi reale, e non solo nell'immaginario collettivo dei lettori, ma forse anche nella mente di Simenon. Il pretesto è l'incontro dei due a 36, Quai des Orfèvres.
Ecco qualche stralcio di questi ricordi raccontati da Maigret.
"... La giornata era così scura che l'abat-jour verde del commissario Xavier Guichard era accesa. Di fianco a lui, su un poltrona, vidi un giovane uomo che si alzò per tendermi la mano, quando fummo presentati l'un l'altro.
- Il commissario Maigret, M. Georges Sim, giornalista...
- No, non giornalista, romanziere - protestò il giovanotto, sorridendo.
Xavier-Guichard sorrise anche lui.....".
L'incontro era avvenuto.
"...Il commissario (Xavier-Guichard) mi parlava mi parlava molto seriamente, come si trattasse di un affare di una certa importanza o di un personaggio di riguardo.
- M. Sim, per i suoi romanzi, ha bisogno di conoscere il funzionamento della Polizia Giudiziaria. Come ha appena finito di dirmi, una buona parte dei drammi umani si svolgono proprio in questa sede. E mi ha spiegato anche che non sono tanto le tecniche della polizia che desidera apprendere, quanto l'ambiente in cui queste operazioni si svolgono..."
Ed ecco l'interesse più per l'atmosfera e l'aria che si respirava a 36 Quai des Orfèvres, che non ai metodi d'indagine usati dai poliziotti.
"...Io (Maigret) davo delle occhiate di sfuggita a quel giovnotto che non doveva avere più di veniquattr'anni, magro, capelli abbastanza lunghi, e il meno che potessi dire di lui era che pareva non avere dubbi su nulla, e ancor meno su sé stesso...."
E  Sim così inizia a seguire il commissario nelle sue attivita quotidiane, che così racconta.
"- Se volete, potremmo iniziare dal servizio antropometrico.
- A meno che questo non vi disturbi troppo, preferirei iniziare dall'anticamera.
Fu la prima sorpresa. D'altronde me lo chiedeva gentilmente, e per di più con uno sguardo disarmante, spiegandomi.
- Capitemi, vorrei seguire il percorso che i vostri "ospiti" seguono normalmente...."
La visita dura dei giorni e il commissario e il giornalista... cioè il romanziere, iniziano a scambiarsi anche delle informazioni non professionali, andando più sul personale, come se si fosse instaurata tra i due una certa confidenza.
Insomma un gioco di specchi, in cui però è interessante vedere come Simenon si racconta attraverso il filtro di Maigret e con oltre vent'anni di mezzo.

martedì 19 aprile 2011

SIMENON. PEDIGREE E ANDRE' GIDE

Ci pensava da tempo. Da quando aveva scritto Le Testament Donadieu (1937). Lanciato ormai nella letteratura ed entrato in Gallimard, la casa editrice più raffinata di Francia, anelava ad un'opera che lasciasse il segno, un romans, un journal, delle mémories... Non aveva ancora ben chiaro cosa, anche se pian piano si faceva strada l'idea di una grande opera che fosse un ritorno al mondo della sua infanzia. Siamo nel '40 è scoppiata la guerra e Simenon si è ritirato, nel suo castello a Fontanay-le-Comte, quasi isolato al mondo. E' il periodo in cui dopo che un medico avendogli scoperto una grave anomalia al cuore, gli aveva dato un paio d'anni di vita o poco più (diagnosi rivelatasi poi falsa). Lo spettro della morte (vero o creduto) è un'altro fattore importante di quel periodo. In più c'era la sollecitazione di André Gide a concentrarsi su un opera importante.
Autunno del '40. La coincidenza di questi fattori, fà scattare in Simenon quel famoso declic e si butta a corpo morto su quello che sarà poi Pedigree. Sa da dove partirà, ma non sa quell'impresa dove lo porterà e cosa quell'opera sarà alla fine.
L'intenzione dichiarata all'editore è quella di " ...un canzone di gesta della piccola gente, quelli che fanno quello che gli si dice, senza che sappiano dove andranno a finire e che provano lo stesso ad andare da qualche parte, e che si ostinano, arrampicandosi, e cadendo, aggrappandosi, disperandosi e poi sperando nuovamente... Partirò dal 1903 e arriverò... non si fino a quando... La mia  personale esperienza conterà poco, ma tutto sarà tragicamente vero, nomi compresi..."
Una prima stesura ancora non completa viene inviata all'editore senza neanche una rilettura. Forse Simenon è timoroso, ha perso qualcosa dell'entusiasmo iniziale. Ora iniziano ad affiorare i dubbi. Si sente come un debuttante e in qualche senso lo è per il tipo di opera che ha avuto l'ambizione di scrivere. E non è più sicuro di quello che ha creato.
In questi momenti di smarrimento, il non ancora quarantenne scrittore, si rivolge al suo maestro, Gide, che sembra l'unico in grado di capirlo e di dargli sicurezza. In una lettera gli chiede, però, un'analisi spietata:
"...Non è che scrivendo per il mio piacere,  per il gusto di liberarmi infine di ogni regola, ma anche dell'affanno di una pubblicazione immediata, sarò arrivato a scrivere solo per me stesso e vicende che hanno sapore e valore soltanto per me?... Forse dovreste riportarmi alla realtà...So che sarete sincero. Ve lo domando. Vi supplico....". Nel frattempo Gallimard ha girato la bozza a Gide.
Tutti sono in attesa delle sue parole.
"Mi è piaciuto il tono. I personaggi si stagliano immediatamente, la voglia di conoscerli maggiormente, di seguirli si rinnova ad ogni pagina - commenta Gide - Attendo con impazienza il seguito".
Ma a lettura finita il suo giudizio sarà impietoso. "E' toccante, ma confuso. Come non mai, è con le migliori intenzioni che si fa della cattiva letteratura". E ancora "...senza sostanza, senza arte... - e rivolgendosi all'editore - si rischia di andare incontro ad una catastrofe."
La posizione di Gide è molto severa, ma la sua stima per Simenon riamane, anche se si chiede "Ora quello che ci si aspetta da Simenon è di capire com'è diventato quello che è oggi; ma forse lui stesso non sarà capace di farlo".
Insomma parere negativo. Ora si tratta di farlo sapere a Simenon, questo è il problema di Gide e di Gallimard. L'editore decide per la via diretta. Gli fa pervenire la relazione integrale di Gide. Per Simenon è un colpo micidiale, ma è un buon incassatore, ribatte che è una prima stesura, materiale ancora grezzo che ha bisogno di essere rielaborato e integrato. Questa vota non scrive in état de romans, pianifica, organizza, non chiude tutto in dieci giorni... la strada e lunga e non si è dato scadenze. E infatti, in un modo assolutamente inconsueto, lavora per un anno intero al libro. Gide ne fà, a più riprese, una puntigliosa revisione. Il libro verrà faticosamente terminato, Simenon ha dato il meglio di sé stesso, di più non avrebbe potuto.
Gide chiuse la questione dichiarando che " Simenon vale più della sua reputazione". Gallimard alla fine pubblicherà il libro a guerra finita, nel '48.
Aldilà della sua riuscita artistica, Pedigree è sicuramente un libro che ha lasciato un segno, ha influenzato Simenon, positivamente, costringendolo a prendere maggior coscienza di sé e liberandosi anche di certi fantasmi che lo perseguitavano.

lunedì 18 aprile 2011

SIMENON RACCONTA COME NASCE MAIGRET

Georges Simenon intervistato dalla televisione canadese, nella trasmissione Prèmier Plan, parla di come è nato il personaggio di Maigret, dei suoi contrasti con l'editore Fayard e del lancio della serie delle inchieste del commissario di 36 Quai des Orfèvres.

domenica 17 aprile 2011

SIMENON. MAIGRET SBARCA SULLA TV ITALIANA

Era appena passato Natale. E anche Santo Stefano. Domenica 27 dicembre 1964 gli italiani sintonizzati su Rai Uno alle 21 assistettero alla prima puntata dell'adattamento televisivo delle inchieste del commissario Maigret.
Fu un successo. Circa quindici milioni di telespettatori seguirono "Un'ombra su Maigret" tratto dall'opera  di Georges Simenon, Cécile est morte (Gallimard 1942). La trasposizione tv prevedeva una seconda puntata venerdì 1 gennaio 1965 ed una finale la domenica 3. E fu il primo di quattro serie (1964/65 - 1966 - 1968 - 1972), per un totale di sedici sceneggiati e trentacinque puntate.
Insomma una bella produzione Rai che ebbe picchi d'ascolto di 18,5 milioni che contribuì non poco a far conoscere il commissario siemenoniano in Italia, anche se le sue inchieste erano apparse già nel 1932 per il tipi dell'Arnaldo Mondadori Editore (allora a Verona), nella collana I libri neri. Poi c'era stata anche una riduzione  televisiva antecedente che non aveva lasciato il segno, quella di Liberty Bar nel 1960, tratta da un lavoro teatrale andato in scena a Roma al Ridotto dell'Eliseo.
Ma torniamo alla serie che diede popolarità al commissario Maigret.
Gli ingredienti c'erano tutti perchè fosse un successo. Maigret era, come dire, un personaggio telegenico (tanto che oltre che in Francia ci furono sceneggiati prodotti anche in Inghilterra, Belgio, Germania e in altri paesi europei fino alla Russia ed extra-europei come il Giappone).
Telegenia a parte, dietro c'era la scrittura e la struttura narrativa di Simenon, sulla quale inseriva, tra gli sceneggiatore, un drammaturgo come Diego Fabbri,
un regista televisivo e cinematografico come Mario Landi, il tutto supervisionato da un tale Andrea Camilleri, allora delegato di produzione della Rai.
E poi c'era il cast che, oltre ad attori fissi nei ruoli come Andreina Pagnani in M.me Maigret, costituito attori di teatro anche di grosso calibro. Ecco qualche nome che dirà qualcosa agli ultracinquantenni, Mario Maranzana (ispettore Lucas), Franco Volpi (il giudice Comelieau), Giusy Raspani Dandolo, Andrea Checchi, Ugo Pagliai, Gian Maria Volontè, Marina Malfatti, Silvano Tranquilli, Ileana Ghione, Arnoldo Foà, Marisa Merlini, Cesco Baseggio, Vittorio Sanipoli, Angela Luce, Guseppe Pambieri, Oreste Lionello, Loretta Goggi.
Fu un fenomeno che coinvolse tutta l'Italia. Non solo ascolti altissimi, ma consguenze anche su altri fronti. Allora i cinema, pur di non perdere gli spettatori, quando era programmato Maigret, disponevano dei televisori in sala e, finita la puntata, tornavano a proiettare film. E la pipa? Bene, uno dei decani dei venditori di pipe a Roma, ricorda come in quel periodo ci fu un incremento di vendite delle pipe per il gran numero di neofiti evidentemente condizonati dalla moda Maigret. Insomma una serie tv che a distanza di 45 anni ancora attrae, visto che, tornata in edicola con una collezione di dvd, è andata esaurita.

sabato 16 aprile 2011

SIMENON. MAIGRET NON MOLLA IN CLASSIFICA

Maigret non molla la classifica. Parliamo come al solito di quella riportata da Tuttolibri de La Stampa di oggi. L'amico d'infanzia di Maigret  tiene infatti da qualche settimana la classifica tra la terza e la quinta posizione nella sezione della narrativa straniera.
L'inchiesta del commissario fu scritta da Simenon e pubblicata da Presses de la Cité nel 1968 con il titolo originale L'Ami d'enface de Maiget.

SIMENON. COMPLMENTI!

Gide, Faulkner, Symons, LeCarré, Camus, Miller, Fellini, Sepulveda
C'è una lunga lista di corrispondenza con i personaggi di spicco della cultura del suo tempo da Fellini, a Gide, da Chaplin a Henry Miller. in fondo all'epoca era (telefono e telegrafo a parte) l'unico mezzo di comunicare e nelle lettere ci si poteva dilungare, approfondire i concetti, inviare dei saluti o anche esprimere dei complimenti.
E di complimenti Simenon ne riceveva, soprattutto da un certo periodo in poi, non pochi.
Abbiamo detto in qualche post precedente che Dashiell Hammett (anche se non in una lettera) gli aveva fatto un gran complimento affermando che Simenon gli ricordava Edgard Allan Poe. André Thérive, critico letterario e giornalista, scrive su Temps:" Credo proprio di aver appena letto un capolavoro allo stato puro (Le locataire - Gallimard 1934)... Io protesterò sempre quando si accuserà Simenon di scrivere male. Scrive bene, cioè giusto, come necessita. Leggete Les Pitard (1935), un libro straordinario, così complesso e così semplice, e dite se la parola perfezione non è la più esatta per definirlo...".
Nel '32 Robert Brasillach, in un articolo, Pro e contro il romanzo poliziesco, loda la capacità di Simenon, anche nei Maigret, di descrivere un canale, di approfondire uno stato psicologico, e di sapere rendere così bene situazioni come la decadenza e l'avvilimento. Marcel Aymé, scrittore e drammaturgo, lo definisce addirittura "un Balzac senza lungaggini".
Le soddisfazioni arrivano anche dall'estero dove l'inglese Julian Symons, esperto critico in letteratura poliziesca, scrive così dell'opera simenoniana: "... E' più facile ammirare che amare i sui libri, romans durs o Maigret che siano. Il loro creatore é, in un certo senso, il più straordinario fenomeno letterario di questo secolo, ma il suo talento é più quello di un chirurgo letterario piuttosto che quello di un grande creatore...". E poi ci sono le frasi dei grandi.
Ad esempio Albert Camus: "Non avrei scritto Lo straniero se non avessi letto la Vedova Couderec". E André Gide, che l'aveva definito il Balzac del '900 affermò: "E' il più  grande di tutti... il più vero romanziere che abbiamo in letteratura...". E ancora il suo amico americano Henry Miller: "C'è una tenerezza che non trovo frequentemente tra gli scrittori francesi. Sarà il lato belga?...". Invece William Faulkner affermava "Adoro leggere Simenon. Mi fa pensare a Checov". Il regista Fellini, che era legato alla scrittore da una grande amicizia e anche da un idem sentire, sottolineava: "L'amico più grande che ciascuno vorrebbe avere, un compagno sul lavoro e nella vita, un punto di riferimento che non viene mai meno e che ti dà forza". E anche ai giorni nostri romanzieri come John le Carré spiega che Simenon: "E' uno scrittore a suo agio sia con la realtà che con la fantasia, con la passione e con la ragione. E soprattutto ispira quella particolare confidenza che i lettori riservano ai romanzieri che venerano". Anche Luis Sepulveda ha fatto notare che "Nulla vale un'inverno in compagnia di una buona scorta di cognac e dell'opera completa di Simenon".