Ci pensava da tempo. Da quando aveva scritto Le Testament Donadieu (1937). Lanciato ormai nella letteratura ed entrato in Gallimard, la casa editrice più raffinata di Francia, anelava ad un'opera che lasciasse il segno, un romans, un journal, delle mémories... Non aveva ancora ben chiaro cosa, anche se pian piano si faceva strada l'idea di una grande opera che fosse un ritorno al mondo della sua infanzia. Siamo nel '40 è scoppiata la guerra e Simenon si è ritirato, nel suo castello a Fontanay-le-Comte, quasi isolato al mondo. E' il periodo in cui dopo che un medico avendogli scoperto una grave anomalia al cuore, gli aveva dato un paio d'anni di vita o poco più (diagnosi rivelatasi poi falsa). Lo spettro della morte (vero o creduto) è un'altro fattore importante di quel periodo. In più c'era la sollecitazione di André Gide a concentrarsi su un opera importante.
Autunno del '40. La coincidenza di questi fattori, fà scattare in Simenon quel famoso declic e si butta a corpo morto su quello che sarà poi Pedigree. Sa da dove partirà, ma non sa quell'impresa dove lo porterà e cosa quell'opera sarà alla fine.
L'intenzione dichiarata all'editore è quella di " ...un canzone di gesta della piccola gente, quelli che fanno quello che gli si dice, senza che sappiano dove andranno a finire e che provano lo stesso ad andare da qualche parte, e che si ostinano, arrampicandosi, e cadendo, aggrappandosi, disperandosi e poi sperando nuovamente... Partirò dal 1903 e arriverò... non si fino a quando... La mia personale esperienza conterà poco, ma tutto sarà tragicamente vero, nomi compresi..."
Una prima stesura ancora non completa viene inviata all'editore senza neanche una rilettura. Forse Simenon è timoroso, ha perso qualcosa dell'entusiasmo iniziale. Ora iniziano ad affiorare i dubbi. Si sente come un debuttante e in qualche senso lo è per il tipo di opera che ha avuto l'ambizione di scrivere. E non è più sicuro di quello che ha creato.
In questi momenti di smarrimento, il non ancora quarantenne scrittore, si rivolge al suo maestro, Gide, che sembra l'unico in grado di capirlo e di dargli sicurezza. In una lettera gli chiede, però, un'analisi spietata:
"...Non è che scrivendo per il mio piacere, per il gusto di liberarmi infine di ogni regola, ma anche dell'affanno di una pubblicazione immediata, sarò arrivato a scrivere solo per me stesso e vicende che hanno sapore e valore soltanto per me?... Forse dovreste riportarmi alla realtà...So che sarete sincero. Ve lo domando. Vi supplico....". Nel frattempo Gallimard ha girato la bozza a Gide.
Tutti sono in attesa delle sue parole.
"Mi è piaciuto il tono. I personaggi si stagliano immediatamente, la voglia di conoscerli maggiormente, di seguirli si rinnova ad ogni pagina - commenta Gide - Attendo con impazienza il seguito".
Ma a lettura finita il suo giudizio sarà impietoso. "E' toccante, ma confuso. Come non mai, è con le migliori intenzioni che si fa della cattiva letteratura". E ancora "...senza sostanza, senza arte... - e rivolgendosi all'editore - si rischia di andare incontro ad una catastrofe."
La posizione di Gide è molto severa, ma la sua stima per Simenon riamane, anche se si chiede "Ora quello che ci si aspetta da Simenon è di capire com'è diventato quello che è oggi; ma forse lui stesso non sarà capace di farlo".
Insomma parere negativo. Ora si tratta di farlo sapere a Simenon, questo è il problema di Gide e di Gallimard. L'editore decide per la via diretta. Gli fa pervenire la relazione integrale di Gide. Per Simenon è un colpo micidiale, ma è un buon incassatore, ribatte che è una prima stesura, materiale ancora grezzo che ha bisogno di essere rielaborato e integrato. Questa vota non scrive in état de romans, pianifica, organizza, non chiude tutto in dieci giorni... la strada e lunga e non si è dato scadenze. E infatti, in un modo assolutamente inconsueto, lavora per un anno intero al libro. Gide ne fà, a più riprese, una puntigliosa revisione. Il libro verrà faticosamente terminato, Simenon ha dato il meglio di sé stesso, di più non avrebbe potuto.
Gide chiuse la questione dichiarando che " Simenon vale più della sua reputazione". Gallimard alla fine pubblicherà il libro a guerra finita, nel '48.
Aldilà della sua riuscita artistica, Pedigree è sicuramente un libro che ha lasciato un segno, ha influenzato Simenon, positivamente, costringendolo a prendere maggior coscienza di sé e liberandosi anche di certi fantasmi che lo perseguitavano.
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