giovedì 25 luglio 2013

SIMENON, ULTIMA VACANZA A BURGENSTOCK... CINQUANT'ANNI FA'


Burgenstock. Non so quanti di voi la conoscano. E' una località di villeggiatura di montagna al centro della Svizzera. Abbiamo detto montagna, ma non sono le Alpi, non è Saint-Moritz o Gstaad , bensì un promontorio alto poco più di mille metri che si spinge fino quasi al centro del Lago di Lucerna. Dal paese di Burgenstock si gode un'incredibile vista sul lago sottostante. E un ascensore conduce su, fino alla vetta della montagna a poco meno di 1200 metri. E' inutile dire quanto esclusiva sia stata questa località tra l'altro frequentata negli anni da personaggi come Audrey Hepburne, Sergej Rachmaninow, Sofia Loren, Konrad Adenauer, Shirley MacLaine, Henry Kissinger, Charlie Chaplin...
Insomma proprio cinquant'anni fa' la famiglia Simenon, come d'altronde era consuetudine da qualche stagione, prenota le vacanze estive in questo pezzetto di paradiso. Anzi della prenotazione se ne occupa Denyse, che è appena uscita da una delle sue crisi, anche se non è completamente ristabilità. Come ci racconta Simenon in Mémoire intimes "... Nei giorni seguenti sarà eccitata e depressa a fasi alterne. Tuttavia, con grande gioia di Maire-Jo, fa prenotare per il 12 luglio la nostra solita suite al Burgenstock. Acconsento ad andare, ma mi preoccupa il viaggio lungo...".
Strana questa preoccupazione per uno come Simenon abituato a viaggiare in ogni dove e con ogni mezzo. Per altro oggi c'è più di un'autostrada e si può addirittura a scegliere e in due ore e mezza di media da Echandens si arriva a Burgenstock. Mettiamo che nel '63 la situazione stradale fosse più disagiata, potrebbero esserci volute tre ore, tre ore e mezza... il problema era Denyse. Infatti, data la quantità di bagagli, sarebbero dovuti partire con due automobili. E certo le condizioni psicofisiche di Denyse non erano certo l'ideale per fare due/trecento chilometri di guida.
"...Trovo la soluzione: affitto due aerotaxi da sei posti ciascuno, dove potranno essere sistemati anche i bagagli... Ma c'è una complicazione: a Lucerna non esiste aeroporto civile. C'è solo un campo d'aviazione militare a dieci chilometri dagli alberghi - racconta Simenon in "Mémoires intimes" - Col pretesto della moglie ammalata (e non é una bugia), mi dò da fare per ottenere il permesso di atterrare lì. Me lo concedono a patto che i due aerei ci depositino con discrezione ai margini del campo, dal quale, non meno discretamente, ci allontaneremo in macchina, senza aver alcun contatto con le autorità militari...".
Come accennavamo prima, Burgenstock è meta di personaggi famosi di tutti i campi. Quell'anno in agosto arriva anche Claude Gallimard (figlio di Gaston). Vacanza o affari?
C'era una vecchia controversia tra lui e Simenon sulla pubblicazione di certe opere. Ma nella trattativa vuole entrarci Denyse, come faceva quando vivevano in America, estromettendo lo stesso Georges.
Le giornate passano giocando a golf (Georges e Johnny), a ballare il Tennessee Waltz (Georges e Marie-Jo), Denyse invece si isola e partecipa poco alle attività degli altri.
Questa vacanza al Burgenstock non va ricordata solo perchè avvenne cinquant'anni fà (come abbiamo detto i Simenon frequentarono per diversi anni quella località), ma per il fatto che fu l'ultima vacanza in quel posto. La famiglia Simenon infatti iniziò a disgregarsi. Nel 1964 con un ennesimo ricovero in un casa di cura, Denyse, uscirà definitivamente dalla vita di Simenon.
Marc ormai ha il suo lavoro nel cinema ed è sistemato a Parigi. Johnny è in America per completare i suoi studi in legge e Mari-Jo più tardi si trasferirà anche lei a Parigi. La famosa villa di Epalinges dove erano entrati tutti insieme nel 1963, quindi man mano si svuoterà, lasciando infine solo Georges, Teresa Sburelin e Pierre il figlio più piccolo appena decenne. E non ci saranno più vacanze in famiglia nè a Burgenstock, né altrove.

mercoledì 24 luglio 2013

SIMENON, INUTILE CONTRAPPOSIZIONE TRA ROMANS-DURS E MAIGRET


Qualche giorno fa' abbiamo letto una recensione di Faubourg in un quotidiano di Verona. L'articolista fa precedere la trattazione sul libro da una frase d'introduzione "...Non occorre il commissario Maigret a Georges Simenon per indagare sull'ambiguità dell'animo umano, che il grande autore sembra conoscere fin nelle intime fibre. Lo dimostra in Faubourg...".
Nel post dell'altroieri abbiamo accennato ad alcune idee sbagliate che da tempo inveterato corrono su Simenon, sulla sua opera e sui suoi personaggi. Qui non viene affermato qualcosa di errato, ma viene posto in un contesto che ne modifica il significato.
Sembra, e non solo in questo articolo, che i Maigret e i cosiddetti romans-durs siano due filoni che procedono in due tunnel isolati e senza nessuna comunicazione tra loro. E' vero come si dice nell'articolo che Simenon non ha bisogno di Maigret per indagare sull'animo umano. Ma è vero anche il contrario. Maigret è una tappa fondamentale per arrivare a quei suoi romanzi psicologici che scavano dentro l'uomo.
Già, infatti la tradizionale divisione che si fà dei periodi letterari di Simenon è almeno in parte artificiosa e, come spesso accade, di comodo. E' vero che una prima parte, dal '33/'23 fino al '31, fu un periodo di apprendistato in cui scriveva su commissione, sia per genere che per lunghezza, e consegnava un testo così come gli veniva richiesto e nei tempi stabiliti. Ma questo decennio servì anche a maturare Simenon e non solo da un punto di vista della padronanza della scrittura, ma anche in relazione ad una progressiva presa di coscienza sia delle proprie capacità, che del tipo di letteratura che voleva praticare.
Maigret, analizzato bene, è certo un'evoluzione rispetto al cosidetto periodo popolare, ma d'altra parte ne è la naturale conseguenza, è "anche" il risultato dell'esperienza fino ad allora maturata. Caratteristiche psicogiche, mentalità, visione della vita, ideali che contraddistinguono Maigret, sono frutto della libera scelta di Simenon e non di rado sono una traslazione più o meno diretta dello scrittore stesso. E per di più alcuni temi che vengono trattati nelle indagni del commissario Maigret, con un altro taglio, e talvolta con maggiori approfondimenti, li ritroviamo nei romans-durs, come se l'autore li avesse saggiati prima per svilupparli poi.
Ma allo stesso modo dobbiamo dire che argomenti o situazioni dei romans-durs li ritroviamo sovente nei Maigret.
E questo è dovuto anche al fatto che dal '31 al '72 Simenon alternò uno all'altro, un romanzo e un Maigret e nel tempo i Maigret, in media, crescevano di qualità (poi anche per loro, ma come pure per i romanzi, ogni tanto capitava il titolo più fiacco, non all'altezza degli altri. Ma con una produzione così corposa, lo definiremmo un fenomeno fisiologico).
E d'altronde, ci è sempre riuscito molto difficile pensare che, quando Simenon si metteva a scrivere un'indagine del commissario di Quai des Orfèvres, tutto il suo bagaglio letterario, il suo particolare stile, la scrittura cui era abituato con i romanzi... tutto venisse chiuso ermeticamente in qualche parte e la stesura dei Maigret era come fosse affidata ad un'altra mano e a un'altro cervello.  
Noi invece, se facciamo qualche passo indietro e guardiamo all'interezza della sua opera, vediamo sì degli alti e dei bassi, dei chiari e degli scuri, ma tutto all'interno di un'omogeneità assolutamente naturale, forse non del tutto conscia da parte dello scrittore?... Ma la lettura (e a volte rilettura) di oltre duecento titoli, ad oltre quarant'anni di quel fatidico 1972 in cui decise di non scrivere più, ci dà più che mai la sensazione di un cursus unicum che si svolge armoniosamente, senza fratture o livelli diversi.
Certo va considerato che Maigret è una letteratura di genere e per di più seriale e questo mette dei paletti che lo scrittore deve necessariamente osservare. Ma se riusciamo ad andare aldilà di questo elemento, non possiamo non accorgerci quanto poca sia la differenza (e a volte ci è difficile trovare una differenza) tra il mondo che nei romanzi ci descrive Simenon dalla Parigi alla provincia francese, un mondo popolato da figure anonime, meschine, da grandi sbruffoni o da padroni delle ferriere, dagli ambienti e dagli individui che Maigret incontra nelle sue indagini. Pensateci.

martedì 23 luglio 2013

SIMENON. MAIGRET A BRATISLAVA CON... CREMER


Ieri, come ci informava www.port.sk, la televisione della capitale slovacca, Bratislava, mandava in onda una puntata della serie franco-svizzero-belga di Maigret, quella interpretata da Bruno Crémer. E' la più recente (se non calcoliamo la serie trasmessa da Canale partita nel 2004 e fermatasi al secondo episodio), iniziata nel '91 e conclusasi, dopo 54 episodi, nel 2005. La fama di questo Maigret, in Francia considerato "più Maigret" del suo predecessore, l'attore Jean Richard (serie del 1967- 1990 - ben 88 episodi) è arrivata in varie televisioni dell'Europa dell'est. Quell'est Europa di cui Simenon ci racconta nella sua infanzia. Già, perchè quando il padre, ammalato di cuore, non potè più lavorare, la casa dei Simenon, in seguito all'inizativa della madre Henriette, diventò un pensionato per gli studenti russi, polacchi, e dell'est Europa in genere, che arrivavano a Parigi per frequentare l'università. Questo dette al piccolo Georges delle conoscenza in più, venendo in contatto con culture così diverse da quella belga. Tuto ciò si riverbererà poi anche nelle sue letture, facendolgi amare quei classici russi, peraltro in un età in cui i bambini leggono tutt'altro. Ma fu anche un'esperienza dolorosa. Lui e il padre erano sempre messi in secondo piano, sulle stanze da poter occupare, all'ora di pranzo o di cena quando dovevano cedere il posto (e talvolta il pasto) ai pensionanti che pagavano. D'altronde Henriette era una donna dura che rimproverava al marito di non aver fatto carriera finchè lavorava e forse arrivava a fargli addirittura una colpa per il fatto di essere malato. Georges, invece, sebbene fosse il primogenito, veniva sempre dopo Christian, il fratello minore che era il preferito dalla madre, la quale non si preoccupava di nascondere questa predilezione (e di questo se ne trova traccia anche il "Lettre à ma mére" che Simenon scrisse, ormai anziano, nel 1974).
E così il cerchio si chiude. Quel piccolo belga che nel 1910 si stringeva in casa propria per far spazio ai ragazzi dell'est, diventato romanziere di successo è stato cooptato dalle tv di mezzo mondo per produrre delle serie di Maigret  in Francia, come in Russia e fino in Giappone. E le traduzioni delle produzioni in lingua francese delle avventure del suo personaggio di Quai des Orfèvres arrivano anche in paesi come la Slovacchia.
Ieri gli abitanti di Bratislava hanno così visto Maigret e le port des brumes, andato in onda in Francia con Crémer protagonista, nel febbraio del 1966, basato sul romanzo uscito nel maggio del 1932, per i tipi di Fayard, il dodicesimo della prima serie.

lunedì 22 luglio 2013

SIMENON, UN ROMANZIERE... TROPPE IDEE SBAGLIATE...


L'ambizioso. Così spesso si sente definire Simenon. E poi giù a sciorinare il numero incredibile di racconti popolari, romanzi, Maigret, novelle, saggi, articoli che ha scritto nella sua vita nella convinzione che questi numeri siano una dimostrazione della sua ambizione.
In realtà la sua vera ambizione era tendere all'essenziale. Non solo nella scrittura, ma anche nella vita. Certo non si fece mai mancare comodità e talvolta anche il lusso del superfluo, ma per esempio cercò sempre di sistemarsi in luoghi non alla moda, dove non dovesse "sostenere" la parte dello scrittore di successo (e non gli piacevano ricevimenti, cerimonie e festeggiamenti letterari). Da Parigi, fuggì nel '32 per andare a vivere in Vandea, a La Rochelle, dove visse per dieci anni in piccoli paesini, se non in campagna. Poi L'America, ma mai a New York, Chicago, Los Angeles, Boston... no. Sempre piccoli centri o in ranch come quello dove passò gli utlimi cinque anni (Shadow Rock Farm), in Connecticut, nei pressi di Lakeville. E quando tornò in Europa si stabilì definitivamente nei dintorni di Losanna. Si dirà, ma spesso la sistemazione era in castelli principeschi (o in quella villa un po' megalomane ad Epalinges, progettata da lui stesso...). Certo, ma non scordiamoci che visse anche in un appartamento in un palazzone, all'ottavo piano, prima di traferirsi definitivamente nella piccola casa rosa di rue de Figuiers. E a tal proposito disse a Fellini: "... sogno di avere una piccola stanza in una via piena di negozi, e scrviere senza che questo mi renda più di quello che mi serve per mangiare... non sono mai stato ambizioso...".
Qualcuno  obbietterà che questa frase non è stata pronunciata a cinquant'anni, ma quai a settantacinque, quando ormai aveva smesso di scrivere romanzi da tre anni ed era entrato in fase di declino.
Ma anche a 58 anni aveva un atteggiamento particolare, ad esempio sul denaro: ".. dico spesso che il denaro non è altro che l'uomo in conserva... perchè una qualsiasi somma rappresenta tante ore di lavoro, giorni, mesi di vita dell'uomo. Chiuderli in una cassaforte, questi che rappresentano uno spaccato di vita... E' una cosa che mi fà orrore Al puno tale che certe volte mi è capitato di fare degli acquisti folli per ritrovarmi a zero ed essere costretto a ricominciare a lavorare...".
Altra idea molto diffusa. Le atmosfere di Simenon... "il romanziere d'atmosfera! Ma porca miseria, se non ci fosse un'atmosfera il romanzo sarebbe mutilato. - si lamenta Simenon in un'intervista del '55 con André Parinaud -  E ' un po' come se, parlando di un uomo, si dicesse: Respira! Se non respirasse sarebbe morto, no? Un romanzo senza atmosfera sarebbe un romanzo nato morto...".
I Maigret, sarebbero stati scritti, perché più popolari e con vendite superiori ai romans-durs. Simenon ne avrebbe scritti così tanti per questioni ecnomiche.
"... non scriverei mai dei Maigret  per far soldi, in fretta e costi quel che costi - spiegava il romanziere nel '48 al suo ultimo editore Sven Nielsen di La Presse del CitéIo continuo tranquillamente secondo la mia ispirazione. E' un'opera che ho iniziato 25 anni fa' con convinzione, e se ci sono dei "bassi" saranno compensati da "alti", sia per me come per il mio editore. Non chiedo di partire a razzo. Non produco né del sapone, nè del dentifricio...".
E ci vogliamo fermare qui.

domenica 21 luglio 2013

SIMENON. FAUBOURG SEMPRE IN CLASSIFICA


Ancora tiene. Il Faubourg di Simenon, da alcuni considerato un capolavoro, da altri un romanzo difficile e non certo popolare, continua ad essere presente nelle classifiche dei libri più venduti.
Forse, ma di solito il libri firmati Simenon non ne hanno poi così bisogno, l'attenzione della stampa ha dato il suo contributo. Se pensate che in una dozzina di giorni sono ultimamente usciti articoli e recensioni su Corriere della Sera, il Giornale, L'Arena, La Gazzetta di Lucca, La Repubblica, ma poi anche su diversi siti e blog (Europaquotidiano.it,  Daring to do, Sololibri.net, etc...), ed è già passato quasi un mese dalla sua uscita.
L'attenzione dei media quando si parla di Simenon e/o Maigret, in qualche modo si manifesta e quell'efficiente circuito di passaparola degli appassionati simenoniani ci mette pochissimo a mettersi in moto e trasmettere velocemente la notizia.
Comunque, dicevamo, a un mese dalla sua uscita su TuttoLibri del La Stampa (sabato 20) lo  vediamo scalare un posto e salire alla 6a posizione della Narrativa Straniera. Su La Lettura del Corriere della Sera (oggi 21) presiede saldamente il 13° posto come lla settimana scorsa, stessa sezione. Su R2Cult de La Repubblica (oggi 21) anche qui non si muove dalla 9a posizione degli stranieri. Per quanto riguarda i libri più venduti su internet, ci accorgiamo che se perde qualche posizione (sei per l'esattezza) sulla piattaforma I.B.S. scendendo al 19° posto, invece sulla Feltrinelli.it sale due posizioni, classificandosi all'11° posto. Su Rizzoli.it non compare nella Top Ten e su Amazon non si trova nemmeno tra i primi cento.

sabato 20 luglio 2013

SIMENON. NON PIU' ROMANZIERE... L'ALTRA VERSIONE DE "LA FIN"...


Siamo alle solite. L'universo simenoniano è talmente vasto e variegato che non si finisce mai di scoprire nuovi fatti e nuove versioni. Qui parliamo di un momento fondamentale, nel 1972, quando Simenon decise di smettere di scrivere. C'è la storia che tutti, lui compreso, raccontano. Quella del romanzo nemmeno iniziato, quel Victor, di cui ci sarebbero solo alcuni appunti su una delle solite buste gialle. Ma quello che sarebbe mancato, secondo la versione accreditata anche da Simenon, era l'état de roman... quella trance creativa che, a detta dello scrittore, era l'indispensabile stato per scrivere le sue opere. Quel 20 settembre non c'era verso che quel état arrivasse e dopo qualche ora, c'erano solo quegli scarabocchi e quel probabile titolo. Era il sgnale della fine.
Le cose sono andate davvero così? O perlomeno questa causa-effetto (mancanza di "ètat de roman" e fine della carriera di romanziere) é spiegabile così semplicemente?
C'è una intervista concessa nel '73 ad un giornalista svizzero, Henry-Charles Tauxe, che scriveva per 24 heures - Feuille d'avis de Losanne in cui le cose sono raccontate in modo diverso.
"....da novembre del '71 soffrivo molto frequentemente di vertigini. Era molto spiacevole e volevo sapere se fossero curabili e si potesse guarirne. Perciò mi ricoverai in una clinica. Sono riusciti a diminuire questo mio fastidio, lo hanno ridotto a cinque minuti, mentre prima durava circa un'ora. Solo che, per scrivere i miei romanzi, occorreva che io fossi al cento per cento in piena forma. Soprattutto con il passare del tempo, i romanzi diventavano sempre più difficili da redigere. Fu allora che presi la decisione di smettere...".
Quindi le sue non buone condizioni fisiche furono il motivo vero dell'abboandono della scrittura? Va ricordato che in altri contesti Simenon aveva lamentato che scrivere in quell'ètat de roman era sempre più faticoso, e che lo stress di mettersi completamente nella mente di un suo protagonista diventava sempre meno sopportabile. Quell'entrare nella testa di un'altro e di uscirne era un'operazione sempre più gravosa. E per dimostrarlo citava la lunghezza dei suoi romanzi: all'inizio erano composti da dodici capitoli, ma alla fine non arrivavano che a sette (ricordiamo che lui di media scriveva un capitolo al giorno).
Mancanza di ètat de roman e problemi fisici forse erano complementari. Magari costituivano due facce di una situazione che lo vedeva impegnato da oltre quarantina d'anni. E, arrivato alla soglia dei settant'anni, Simenon era probabilmente logorato e non solo dal suo sforzo creativo, ma anche da una vita in cui non si era mai risparmiato su nessun fronte.
"... io vivo nella pelle dei miei personaggi. Almeno ogni due mesi, c'erano dei personaggi che volevano nascere... Ora, all'improvviso, voglio vivere la mia vita per me, mi sento liberato, mi sento felice, una serenità completa - continuava a spiegare Simenon a Tauxe - Ero divenuto schiavo dei miei personaggi. Era molto faticoso. Ora non gli permetto d'impormi la loro presenza. Li tengo a distanza... sono rintrato nella mia pelle, nella mia personale vita e non ho più la forza di creare dei personaggi...".
Quello che emerge sempre più chiaramente è la presenza di varie concause, il logoramento, l'età, la salute... Ma, quello che non smette di stupire, é come sia possibile che un personaggio il quale dello scrivere aveva fatto per oltre cinquant'anni la sua ragione di vita, potesse smettere così all'improvviso, ma soprattutto senza evidenti rimpianti.
E sono ancora le sue parole in quell'intervista che non lasciano spazio ad altre interpretazioni.
"...E' un lato del mio carattere: quando io tronco con qualcuno o con qualcosa, non torno mai indietro, non ci penso più. E' chiuso...Quando ripenso ai romanzi questo non mi dice più nulla: è come se tutto questo fosse stato scritto da qualcun'altro. Ho consacrato tutta la mia mia vita ai romanzi, ne ho scritti 214, adesso provo il bisogno di tirare un respiro - e tanto per essere più chiaro - ... Se avessi continuato, mi sarei ucciso nel giro di due o tre anni...".

venerdì 19 luglio 2013

SIMENON E IL CINEMA, DUE EVENTI IN USA: "DARK NIGHTS" A BERKLEY E "CINE-SIMENON" A NEW YORK





















L'informazione la prendiamo dall'edizione europea on-line del Wall Street Journal. Ieri infatti ha pubblicato un articolo, a firma Kristin M.Jones, con un titolo molto intrigante Visions of the Dark. L'intervento è lungo e ripercorre alcune delle tappe salienti della vita e dell'opera di Simenon. E' l'occasione per la Jones per sottolineare il rapporto piuttosto stretto tra i romanzi del nostro e il cinema, sia per i romans-durs come per i Maigret, tanto che alcune volte, afferma la giornalista, sembra di vedere proiettato quello che si sta leggendo. E per la Jones è anche una questione di come la scrittura di Simenon evochi i colori e le luci, gli stessi che in un film fanno l'atmosfera e danno il taglio alla scena. E' la visione "dark" citata nel titolo e indicata per romanzi come Trois Chambre à Manhattan, o Feux Rouges oppure Les Frères Rico... e a volte è il chiaro-scuro della nebbia, altre invece la luce particolare di un piccolo bistrot... Insomma una lettura molto cinematografica dell'opera di Simenon che tra luglio e agosto avrà due momenti importanti negli States. Infatti in questi giorni è in corso a Berkley (California) Dark Nights (11 luglio - 29 agosto), una retrospettiva dei flim tratti dai romanzi simenoniani al "Berkley Art Museum & Pacific Film Archive di Berkley". Verranno proiettati una dozzina di film di pretigiosi registi come, tra gli altri, Marcel Carné, Claude Chabrol, Bertrand Tavernier, Bèla Tarr e Julien Duvivier.
Invece dall'8 al 21 agosto a New York si svolgerà Ciné-Simenon: Georges Simenon on Film presso l'Anthology Film Archives a New York. Il programma dei film ricalca un po' quello di Berkley, anche qui dodici film e quasi gli stessi registi: La Marie du Port (Marcel Carné), The Clockmaker (Bertrand Tavernier), Three room in Manhattan (Marcel Carné), The man of the Eifel Tower (Burgess Meredith),  A Man's nek (Julien Duvivier), The Man from London (Belà Tarr), Monsieur Hire (Patrice Le Conte), A life in the balance (Harry Horner & Rafael Portillo), The men who watched the trains go by (Harlod French), The bottom of the bottle (Henry Hataway), Betty (Claude Chabrol), The brothers Rico (Phil Karlson), Red Lights (Cédric Kahn), The last train (Pierre Granier-Deferre).
Un'estate americana all'insegna delle storie di Simenon, delle sue vicende cupe che gli americani chiamano noir o dark e che fanno concludere l'articolo alla Kristin M.Jones "...non importa quanto sia perso nel buio, il protagonista delle storie di Simenon potrebbe essere uno qualsiasi di noi".

giovedì 18 luglio 2013

SIMENON. UN AUTOREVOLE SAGGIO SU MAIGRET ATTRAVERSO... LE SUE COPERTINE

Alcune delle copertine di Maigret, frutto della ricerca di Murielle Wenger e oggetto del suo interessantissimo studio

Murielle. E' un nome che dice molto ai nostri lettori più affezionati. Murielle Wenger, per chi non lo sapesse, è una delle più competenti ed assidue attachées del Bureau Simenon-Simenon. La sua maggiore specializzazione è Maigret, argomento per cui è un'attiva e importante colonna del sito www.trussel.com. E, non ultimo, é l'ideatrice e l'autrice del sito Enquetês de Maigret (www.enquetes-de-maigret.com).
Oggi vogliamo segnalare l'ultima fatica di Murielle, intitolata De monsieur Gallet à monsieur Charles, enquêtes en images. Si tratta di un vero e proprio saggio sul significato delle copertine, sulla scelta degli editori, francesi e stranieri, del loro rapporto con i contenuti. A questo proposito vogliamo utilizzare alcune delle parole che Murielle ha scritto nell'introduzione di questo studio: "...Ci è parso quindi giusto occuparci delle illustrazioni proposte per i romanzi Maigret, in lingua francese, come per le edizioni in lingua straniera, e vedere come gli editori e gli illustratori hanno operato le proprie scelte, quali sono stati i criteri utilizzati per fornire al lettore la voglia di aprire il romanzo. Che cosa traggono dal titolo o dalla trama per illustrare una copertina. Qual è la scelta più utilizzata per un dato titolo? Come il titolo in sè stesso influenza le scelte? L'illustratore quali indici testuali utilizza? Cosa ci dicono queste scelte sulla conoscenza che ha l'illustrtore (o il suo committente) del libro stesso e del mondo di Maigret? A queste e ad altre domande cercheremo modestamente di rispondere, senza pretendere di essere esaustivi...".
La nostra Murielle è molto modesta. Qui si tratta invece di uno studio ponderoso che si snoda attraverso una trentina di pagine, con la pubblicazione di centinaia e centinaia di copertine di tutti i paesi del mondo, frutto di una ricerca durata anni (e che ad avviso di Murielle non è ancora terminata). L'analisi, il confronto e la comparazione di copertine, diverse per epoca, per editore, per paese, ci dicono molto del mondo del commissario Maigret e di come gli editori di tutto il mondo hanno inteso trasmettere questo personaggio ai propri lettori. 
Per quello che è a nostra conoscenza, si tratta di un saggio unico e che costituisce un vero e proprio punto di riferimento sia per gli appassionati che per gli studiosi. E' una panoramica delle varie interpetazioni della copertina che Simenon stesso riteneva molto importante, tanto da riuscire ad imporre a Fayard, delle inedite scelte fotografiche che occupavano tanto la prima quanto la quarta di copertina. E il risultato di Murielle è davvero straordinario. Consigliamo di scorrere queste trenta pagine, anche a chi non conosce la lingua francese, infatti già la sola visione di tutte quelle copertine è di per sè estremamente eloquente e significativa. 
Comunque non possiamo non farle i complimenti perché, ancora una volta, ha dimostrato la sua estrema competenza, la sua capacità di elaborare saggi corposi e approfonditi e originali... ma soprattutto il suo grande amore per Jules Maigret. 

mercoledì 17 luglio 2013

SIMENON. COME VOLEVASI DIMOSTRARE, IL FOGLIO SVOLAZZA IN RETE E LE SUE BAGGIANATE... FARANNO DANNI

Torniamo brevemente sul post scritto ieri e postato oggi che, andatelo a rileggere, riguardava l'ennesima baggianata su Simenon, citando un inesistente pamphlet contro il "razzismo" dello scrittore, articolo apparso due o tre giornai fa' su Il Foglio... sì proprio quello diretto da Giuliano Ferrara. Oggi è ben visibile in rete, su Google News, alla voce Le nuove streghe (stesso titolo dell'articolo). Qui non ci interessa chi è l'articolista, se è conosciuto o un'oscuro stagista, qui non ci interessa se è bravo o solo incostante e non ci interessa nemmeno pubblicare il suo nome.
Ci interessa che quanto ha scritto nel suo articolo produce oggi la sua prima conseguenza. Non solo è da giorni sul sito del giornale, ma ora è anche riportato da Google News... Fà il suo effetto...eh?
E chi lo andasse a leggere, e magari fosse incuriosito da questa citata pubblicazione di Pierre Assouline che attacca il "razzista" Simenon, perderebbe tempo e fatica a cercarlo, perchè semplicemente non esiste, né in italiano né tantomeno in francese.
Ma intanto prima e poi si sentirà lo stesso dire"... ma lo sai che ho letto su internet che Simenon era un razzista? Eh... sì..sì... ci hanno scritto anche un libro... e lo diceva anche un giornale... non sono mica chiacchiere...".
Beh... non saranno chiacchiere... ma chi lavora così, e aspirerebbe magari a scrivere di cultura, se scrive a questi livelli finisce per solo a sguazzare nella palude della disinformazione, goffo, sciatto e superficiale. Contenti loro... Si vede che a Il Foglio si contentano di poco... anzi, di così poco.

SIMENON-SIMENON FA' POLEMICA, E QUESTA VOLTA CON "IL FOGLIO"

Basta. Non se ne può più. Capiamo che la popolarità porta molti a parlare e scrivere a proposito o a sproposito dei personaggi famosi. Basta un sentito dire o una voce per imbastire un paragone, per inserire qualcuno in una lista, per sostenere, con parole estrapolate da un discorso più complesso, una tesi o un'altra sua opposta.
Quante volte abbiamo letto, nella presentazione di un nuovo scrittore di gialli italiano o straniero "... in questo personaggio si ritrova un po' del Maigret di Simenon...". E' ormai stucchevole. Basta che non ci sia azione forsennata, e sia presente una minima vena psicologica, ecco che scatta il paragone con il commissario simenoniano. Non parliamo poi della dicitura "atmosfere simenoniane" di cui pullulano le presentazioni, le critiche delle novità librarie...
Nel caso che prendiamo in esame però la cosa è più grave. In data 15 luglio Il Foglio pubblicava un articolo intitolato Le nuove streghe, dove il sommario recitava "Bigotta e islamofoba: i guardiani del politicamente corretto accusano Joyce Carol Oates. E non salvano Mark Twain né Pippi Calzelunghe".
E nell'articolo una sfilza di citazioni di personaggi che sono stati perseguitati dai politicamente corretti, secondo il giornale diretto da Giuliano Ferrara: Roald Dahl,  il drammaturgo elisabettiano Christopher Marlowe, Tolkien, Martin Amis, George Steiner, Scott Turow, e in mezzo a questi e altri nomi affastellati, capita anche Georges Simenon. Di cosa è accusato? Razzismo. Chi lo accusa?... Pierre Assouline. Queste le parole dell'articolo "Per l’editore Julliard, in Francia, è uscito un duro attacco anche al “razzista Georges Simenon” a firma di Pierre Assouline".
Allora per chi non lo sapesse, (e l'articolista evidentemente non lo sa) Pierre Assouline è uno dei biografi più autorevoli di Simenon. Per la casa editrice Juillard, ha scritto una biografia che noi riteniamo (ma siamo in buona compagnia) la più completa, quella più approfondita e la più affidabile. Ma si tratta di un'opera del 1992, quindi di più di vent'anni fa'. Non è una pubblicazione, recente, o di qualche anno fa' come con lo sbrigativo accenno fà supporre l'articolista de Il Foglio. E, per di più, non si tratta affatto di un pamphlet di accuse di razzismo a Simenon. Si tratta invece di una biografia di 650 pagine, più un altro centinaio di pagine tra appendici, note e apparati vari. Certo tra le innumerevoli vicende viene anche raccontata l'accusa di "collaborazionismo" con il governo filo-nazista di Parigi, le difese dell'autore, i meccanismi dell'incriminazione. Ma non si può scrivere che è uscito "un duro attacco al razzista Georges Simenon"... non è solo disinformazione, è una "toppa" troppo grossa, e anche la dimostrazione che, pure quando non si è sotto la pressante fretta che a volte impone la cronaca, non si "perde" tempo a controllare. Chi scrive fà il giornalista da quarant'anni e quindi sa bene che le pagine culturali sono "precotte", cioé preparate prima, talvolta molto prima, soprattutto quando non hanno a che fare con l'attualità, come l'articolo in questione.
E' quindi solo sciatteria, poca professionalità, abitudine a dare le notizie in questo modo, orecchiando i "si dice" e appigliandosi agli stereotipi... e il gioco è fatto.
Male... è fatto male.
Ma questo è un segno, soprattutto per un quotidiano spesso di sole quattro pagine, di quale cura e attenzione venga posta nel lavoro redazionale. E il lettore di fronte a questi casi si domanderà leggittimamente: ma per gli altri articoli potrò fidarmi? E il Direttore se ne accorge di certe cose? E cosa dirà di tutto questo?