lunedì 18 aprile 2011
SIMENON RACCONTA COME NASCE MAIGRET
Georges Simenon intervistato dalla televisione canadese, nella trasmissione Prèmier Plan, parla di come è nato il personaggio di Maigret, dei suoi contrasti con l'editore Fayard e del lancio della serie delle inchieste del commissario di 36 Quai des Orfèvres.
domenica 17 aprile 2011
SIMENON. MAIGRET SBARCA SULLA TV ITALIANA
Era appena passato Natale. E anche Santo Stefano. Domenica 27 dicembre 1964 gli italiani sintonizzati su Rai Uno alle 21 assistettero alla prima puntata dell'adattamento televisivo delle inchieste del commissario Maigret.
Fu un successo. Circa quindici milioni di telespettatori seguirono "Un'ombra su Maigret" tratto dall'opera di Georges Simenon, Cécile est morte (Gallimard 1942). La trasposizione tv prevedeva una seconda puntata venerdì 1 gennaio 1965 ed una finale la domenica 3. E fu il primo di quattro serie (1964/65 - 1966 - 1968 - 1972), per un totale di sedici sceneggiati e trentacinque puntate.
Insomma una bella produzione Rai che ebbe picchi d'ascolto di 18,5 milioni che contribuì non poco a far conoscere il commissario siemenoniano in Italia, anche se le sue inchieste erano apparse già nel 1932 per il tipi dell'Arnaldo Mondadori Editore (allora a Verona), nella collana I libri neri. Poi c'era stata anche una riduzione televisiva antecedente che non aveva lasciato il segno, quella di Liberty Bar nel 1960, tratta da un lavoro teatrale andato in scena a Roma al Ridotto dell'Eliseo.
Ma torniamo alla serie che diede popolarità al commissario Maigret.
Gli ingredienti c'erano tutti perchè fosse un successo. Maigret era, come dire, un personaggio telegenico (tanto che oltre che in Francia ci furono sceneggiati prodotti anche in Inghilterra, Belgio, Germania e in altri paesi europei fino alla Russia ed extra-europei come il Giappone).
Telegenia a parte, dietro c'era la scrittura e la struttura narrativa di Simenon, sulla quale inseriva, tra gli sceneggiatore, un drammaturgo come Diego Fabbri,
un regista televisivo e cinematografico come Mario Landi, il tutto supervisionato da un tale Andrea Camilleri, allora delegato di produzione della Rai.
E poi c'era il cast che, oltre ad attori fissi nei ruoli come Andreina Pagnani in M.me Maigret, costituito attori di teatro anche di grosso calibro. Ecco qualche nome che dirà qualcosa agli ultracinquantenni, Mario Maranzana (ispettore Lucas), Franco Volpi (il giudice Comelieau), Giusy Raspani Dandolo, Andrea Checchi, Ugo Pagliai, Gian Maria Volontè, Marina Malfatti, Silvano Tranquilli, Ileana Ghione, Arnoldo Foà, Marisa Merlini, Cesco Baseggio, Vittorio Sanipoli, Angela Luce, Guseppe Pambieri, Oreste Lionello, Loretta Goggi.
Fu un fenomeno che coinvolse tutta l'Italia. Non solo ascolti altissimi, ma consguenze anche su altri fronti. Allora i cinema, pur di non perdere gli spettatori, quando era programmato Maigret, disponevano dei televisori in sala e, finita la puntata, tornavano a proiettare film. E la pipa? Bene, uno dei decani dei venditori di pipe a Roma, ricorda come in quel periodo ci fu un incremento di vendite delle pipe per il gran numero di neofiti evidentemente condizonati dalla moda Maigret. Insomma una serie tv che a distanza di 45 anni ancora attrae, visto che, tornata in edicola con una collezione di dvd, è andata esaurita.
Fu un successo. Circa quindici milioni di telespettatori seguirono "Un'ombra su Maigret" tratto dall'opera di Georges Simenon, Cécile est morte (Gallimard 1942). La trasposizione tv prevedeva una seconda puntata venerdì 1 gennaio 1965 ed una finale la domenica 3. E fu il primo di quattro serie (1964/65 - 1966 - 1968 - 1972), per un totale di sedici sceneggiati e trentacinque puntate.
Insomma una bella produzione Rai che ebbe picchi d'ascolto di 18,5 milioni che contribuì non poco a far conoscere il commissario siemenoniano in Italia, anche se le sue inchieste erano apparse già nel 1932 per il tipi dell'Arnaldo Mondadori Editore (allora a Verona), nella collana I libri neri. Poi c'era stata anche una riduzione televisiva antecedente che non aveva lasciato il segno, quella di Liberty Bar nel 1960, tratta da un lavoro teatrale andato in scena a Roma al Ridotto dell'Eliseo.
Ma torniamo alla serie che diede popolarità al commissario Maigret.
Gli ingredienti c'erano tutti perchè fosse un successo. Maigret era, come dire, un personaggio telegenico (tanto che oltre che in Francia ci furono sceneggiati prodotti anche in Inghilterra, Belgio, Germania e in altri paesi europei fino alla Russia ed extra-europei come il Giappone).
Telegenia a parte, dietro c'era la scrittura e la struttura narrativa di Simenon, sulla quale inseriva, tra gli sceneggiatore, un drammaturgo come Diego Fabbri,
un regista televisivo e cinematografico come Mario Landi, il tutto supervisionato da un tale Andrea Camilleri, allora delegato di produzione della Rai.
E poi c'era il cast che, oltre ad attori fissi nei ruoli come Andreina Pagnani in M.me Maigret, costituito attori di teatro anche di grosso calibro. Ecco qualche nome che dirà qualcosa agli ultracinquantenni, Mario Maranzana (ispettore Lucas), Franco Volpi (il giudice Comelieau), Giusy Raspani Dandolo, Andrea Checchi, Ugo Pagliai, Gian Maria Volontè, Marina Malfatti, Silvano Tranquilli, Ileana Ghione, Arnoldo Foà, Marisa Merlini, Cesco Baseggio, Vittorio Sanipoli, Angela Luce, Guseppe Pambieri, Oreste Lionello, Loretta Goggi.
Fu un fenomeno che coinvolse tutta l'Italia. Non solo ascolti altissimi, ma consguenze anche su altri fronti. Allora i cinema, pur di non perdere gli spettatori, quando era programmato Maigret, disponevano dei televisori in sala e, finita la puntata, tornavano a proiettare film. E la pipa? Bene, uno dei decani dei venditori di pipe a Roma, ricorda come in quel periodo ci fu un incremento di vendite delle pipe per il gran numero di neofiti evidentemente condizonati dalla moda Maigret. Insomma una serie tv che a distanza di 45 anni ancora attrae, visto che, tornata in edicola con una collezione di dvd, è andata esaurita.
sabato 16 aprile 2011
SIMENON. MAIGRET NON MOLLA IN CLASSIFICA
Maigret non molla la classifica. Parliamo come al solito di quella riportata da Tuttolibri de La Stampa di oggi. L'amico d'infanzia di Maigret tiene infatti da qualche settimana la classifica tra la terza e la quinta posizione nella sezione della narrativa straniera.
L'inchiesta del commissario fu scritta da Simenon e pubblicata da Presses de la Cité nel 1968 con il titolo originale L'Ami d'enface de Maiget.
L'inchiesta del commissario fu scritta da Simenon e pubblicata da Presses de la Cité nel 1968 con il titolo originale L'Ami d'enface de Maiget.
SIMENON. COMPLMENTI!
Gide, Faulkner, Symons, LeCarré, Camus, Miller, Fellini, Sepulveda |
E di complimenti Simenon ne riceveva, soprattutto da un certo periodo in poi, non pochi.
Abbiamo detto in qualche post precedente che Dashiell Hammett (anche se non in una lettera) gli aveva fatto un gran complimento affermando che Simenon gli ricordava Edgard Allan Poe. André Thérive, critico letterario e giornalista, scrive su Temps:" Credo proprio di aver appena letto un capolavoro allo stato puro (Le locataire - Gallimard 1934)... Io protesterò sempre quando si accuserà Simenon di scrivere male. Scrive bene, cioè giusto, come necessita. Leggete Les Pitard (1935), un libro straordinario, così complesso e così semplice, e dite se la parola perfezione non è la più esatta per definirlo...".
Nel '32 Robert Brasillach, in un articolo, Pro e contro il romanzo poliziesco, loda la capacità di Simenon, anche nei Maigret, di descrivere un canale, di approfondire uno stato psicologico, e di sapere rendere così bene situazioni come la decadenza e l'avvilimento. Marcel Aymé, scrittore e drammaturgo, lo definisce addirittura "un Balzac senza lungaggini".
Le soddisfazioni arrivano anche dall'estero dove l'inglese Julian Symons, esperto critico in letteratura poliziesca, scrive così dell'opera simenoniana: "... E' più facile ammirare che amare i sui libri, romans durs o Maigret che siano. Il loro creatore é, in un certo senso, il più straordinario fenomeno letterario di questo secolo, ma il suo talento é più quello di un chirurgo letterario piuttosto che quello di un grande creatore...". E poi ci sono le frasi dei grandi.
Ad esempio Albert Camus: "Non avrei scritto Lo straniero se non avessi letto la Vedova Couderec". E André Gide, che l'aveva definito il Balzac del '900 affermò: "E' il più grande di tutti... il più vero romanziere che abbiamo in letteratura...". E ancora il suo amico americano Henry Miller: "C'è una tenerezza che non trovo frequentemente tra gli scrittori francesi. Sarà il lato belga?...". Invece William Faulkner affermava "Adoro leggere Simenon. Mi fa pensare a Checov". Il regista Fellini, che era legato alla scrittore da una grande amicizia e anche da un idem sentire, sottolineava: "L'amico più grande che ciascuno vorrebbe avere, un compagno sul lavoro e nella vita, un punto di riferimento che non viene mai meno e che ti dà forza". E anche ai giorni nostri romanzieri come John le Carré spiega che Simenon: "E' uno scrittore a suo agio sia con la realtà che con la fantasia, con la passione e con la ragione. E soprattutto ispira quella particolare confidenza che i lettori riservano ai romanzieri che venerano". Anche Luis Sepulveda ha fatto notare che "Nulla vale un'inverno in compagnia di una buona scorta di cognac e dell'opera completa di Simenon".
SIMENON. TRE EDITORI PER LA VITA
FAYARD |
Il rapporto tra Arthème Fayard, produttore cinematografico di successo, inventore del settimanale Candide era iniziato ai tempi dei romanzi popolari ed era abbastanza amichevole.
"... Arthème era un bell'uomo, tempie brizzolate... un tipo che aveva del fiuto... era un uomo di successo - ricorda Simenon in uno dei suoi Dictées - molto sicuro di sé stesso, che esprimeva giudizi anche 'tranchant' su tutto quello che riguardava il giornalismo o la letteratura..."
GALLIMARD |
"In realtà Gaston Gallimard era un timido, ma io pure ero altrettanto timido, ed é il motivo per cui ho potuto trattare con lui in un modo così autoritario - Simenon racconta come firmò il suo contratto con il patron - Il risultato è che un'ora dopo il nostro accordo era firmato... io non sono più tornato, salvo eccezionalmente, negli uffici di rue Sébastien-Bottin. E' lui che ogni anno, allo scadere del nostro contratto, veniva a trovarmi a Nieul-sur-mer. Una solida amicizia si instaurò poco dopo tra noi. Io d'altronde la condivido ancora oggi con suo figlio Claudio, che allora era un adolescente..."
NIELSEN |
"Io gli ero molto affezionato, allora viaggiavo ancora e quindi spesso io andavo a Parigi e lui veniva a Losanna e avevamo dei lunghi discorsi che ci prendevano molto - Simenon ricorda nei suoi Dicteés - Ci scrivevamo ogni settimana per un lungo periodo, lettere che mi arrivavano regolarmente il sabato o il lunedì..."
giovedì 14 aprile 2011
SIMENON. ANCHE PER LUI ADELPHI CONTA SUGLI SCONTI
In tempi di crisi "sconto" è un termine che risuona frequentemente quasi come il "compra adesso e pagherai dopo". Mentre quest'ultima formula non è utilizzata in editoria, lo sconto sta invece prendendo piede. Certo, sempre limitamente ad alcune collane e per un periodo di tempo ben preciso. Ad esempio l'Adelphi ha deciso di rinunciare ad un 25% dei suoi incassi sui titoli delle collane tascabili, a favore degli eventuali acquirenti, fino al 16 maggio (operazione iniziata la settimana scorsa). Si tratta di un bel lotto di titoli quasi mille (972 per la precisione). Ma la notizia che qui ci interessa e che ben 85 sono romanzi e Maigret di Simenon. Troverete i titoli delle opere simenoniane scontate alla fine del post. Un'occasione per fare incetta soprattutto delle inchieste del commissario che, manco a dirlo, fanno la parte del leone. Ma magari per chi si è addentrato da poco nell'universo simenoniano è un occasione per fare un po' di scorta. In fin dei conti anche quella del libro è un'industria come quella dei saponi, certo compri cinque e paghi quattro suona un po' "detersivo", ma oltre alle tasche, alla fine fa bene alla mente e allo spirito. Ecco i titoli:
- L'amico d'infanzia di Maigret
- Maigret e il produttore di vino
- Maigret a Vichy
- Maigret è prudente
- Maigret e il caso Nahour
- L'orologiaio di Everton
- Maigret e il fantasma
- Il ladro di Maigret
- Maigret si difende
- Memorie intime
- La pazienza di Maigret
- Maigret e il barbone
- Maigret e le persone per bene
- Maigret e i vecchi signori
- Maigret perde le staffe
- Maigret e il cliente de sabato
- Maigret e il ladro indolente
- Maigret si confida
- Maigret si mette in viaggio
- Gli scrupoli di Maigret
- Maigret si diverte
- Maigret in Corte d'Assise
- Maigret e i testimoni recalcitranti
- La casa sul canale
- Maigret e la giovane morta
- Maigret e il ministro
- Maigret prende un granchio
- Maigret e il corpo senza testa
- Maigret si sbaglia
- La neve era sporca
- La trappola di Maigret
- Maigret e l'uomo della panchina
- Maigret ha paura
- Lettera al mio giudice
- Maigret a scuola
- Maigret e la stangona
- La rivoltella di Maigret
- Maigret, Lognon e i gangster
- L'amica della signora Maigret
- Maigret e l'affittacamere
- Pioggia nera
- Le finestre di fronte
- La furia di Maigret
- Le memorie di Maigret
- Maigret al Picratt's
- La prima inchiesta di Maigret
- La verità su Bébé Donge
- Maigret va dal coroner
- Félicie
- Cécile è morta
- Il morto di Maigret
- Maigret a New York
- Maigret e la vecchia signora
- I Pitard
- L'uomo di Londra
- L'ispettore Cadavre
- Il mio amico Maigret
- Le vacanze di Maigret
- Firmato Picpus
- Maigret
- I sotterranei del Majestic
- La chiusa n.1
- La casa del giudice
- Carissimo Simenon • Mon cher Fellini
- Il cavallante della "Providence"
- Liberty Bar
- Pedigree
- L'ombra cinese
- All'insegna di Terranova
- Il crocevia delle tre vedove
- Il caso Saint-Fiacre
- La casa dei fiamminghi
- Un delitto in Olanda
- Il cane giallo
- La balera da due soldi
- Il Pazzo di Beregrac
- Una testa in gioco
- Il porto delle nebbie
- Il defunto signor Gallet
- La ballerina del Gai-Moulin
- Pietr il Lettone
- L'impiccato di Saint-Pholien
- Betty
- L'uomo che passava guardare i treni
- Lettera a mia madre
mercoledì 13 aprile 2011
SIMENON INTERVISTATO DA BERNARD PIVOT
Intervista storica quella di Bernard Pivot, l'autore e conduttore della celeberrima trasmissione televisiva culturale francese Apostrophe, allo scrittore Georges Simenon di cui qui vi proponiamo un estratto, tratto da Youtube.
SIMENON. TITOLI, PUZZLE, FANTASIA...
"Je me souviens... Les inconnus dans la maison, la maison du canal... des traces de pas... et le suspect!".
Oncle Charles s'est enfermé derrière les volets verts de la chambre bleu. Les inconnues de la maison comme l'ombre chinoise ou la tete d'un homme?... Le frères Rico? Les Pitard?... Ou les fantomes du chapelier? Il etait au bout du rouleau, aprés (les) quatres jours du pauvre homme chez les Flamands quand Cécile est morte. Après le rapport du gendarme et la fuite de monsieur Monde, a quoi bon jurer? Quand vient le froid, la neige était sale et, en cas de malheur, le déménagement est le chemin sans issue.
L'homme qui regardait passer les trains est un homme comme un autre, un nouveau dans la ville qui, comme le clients d'Avrenos, ceux de la soif, voit le fond de la bouteille. Il est le prisonnier de la rue, il est le client le plus obstiné du monde du Liberty Bar mais avec un coupe de vague il arrive, après le haut mal, à un vie comme neuve ou il y encore des noisetiers.
E' un gioco, non sappiamo quanto divertente, ma abbiamo voulto tentare. Scrivere un testo a volte un po' surreale, a volte un po' ermetico, con delle licenze poetico-lessicali costruito però con i titoli dei romanzi di Simenon. Per facilitarvi il compito del riconoscimento abbiamo messo in rosso le parole aggiunte che servono a dare un vago senso compiuto al tutto. Qui di seguito potrete leggere la traduzione in italiano. Bilancio. Su 365 parole di testo, 26 le abbiamo aggiunte noi, poco più del 23%, le altre 339 sono proprio quelle dei titoli dei romanzi e dei Maigret di Simenon.
"Io mi ricordo... gli sconosciuti nella casa, la casa del canale... delle tracce di passi ... e il sospetto!". Zio Charles si era rinchiuso dietro le persiane verdi della camera azzurra. Gli sconosciuti nella casa come l'ombra cinese o la testa di un uomo?... I fratelli Ricò? I Pitard?... O i fantasmi del cappellaio? Era allo stremo, dopo (i) quattro giorni del pover'uomo dai Fiamminghi, quando Cecilia è morta. Dopo il rapporto del gendarme e la fuga del signor Monde, a che serviva giurare? Quando viene il feddo, la neve era sporca e, in caso di disgrazia, la fuga é una strada senza uscita.
L'uomo che passava guardare i treni è un uomo come un'altro, uno nuovo nella città che, come i clienti d'Avrenos, quelli della sete, vede il fondo della bottiglia. E' il prigioniero della strada, é il cliente più ostinato al mondo del Liberty Bar, ma con un colpo di vento arriva, dopo il grande male, ad una vita come nuova dove esistono ancora i nocciòli.
Oncle Charles s'est enfermé derrière les volets verts de la chambre bleu. Les inconnues de la maison comme l'ombre chinoise ou la tete d'un homme?... Le frères Rico? Les Pitard?... Ou les fantomes du chapelier? Il etait au bout du rouleau, aprés (les) quatres jours du pauvre homme chez les Flamands quand Cécile est morte. Après le rapport du gendarme et la fuite de monsieur Monde, a quoi bon jurer? Quand vient le froid, la neige était sale et, en cas de malheur, le déménagement est le chemin sans issue.
L'homme qui regardait passer les trains est un homme comme un autre, un nouveau dans la ville qui, comme le clients d'Avrenos, ceux de la soif, voit le fond de la bouteille. Il est le prisonnier de la rue, il est le client le plus obstiné du monde du Liberty Bar mais avec un coupe de vague il arrive, après le haut mal, à un vie comme neuve ou il y encore des noisetiers.
E' un gioco, non sappiamo quanto divertente, ma abbiamo voulto tentare. Scrivere un testo a volte un po' surreale, a volte un po' ermetico, con delle licenze poetico-lessicali costruito però con i titoli dei romanzi di Simenon. Per facilitarvi il compito del riconoscimento abbiamo messo in rosso le parole aggiunte che servono a dare un vago senso compiuto al tutto. Qui di seguito potrete leggere la traduzione in italiano. Bilancio. Su 365 parole di testo, 26 le abbiamo aggiunte noi, poco più del 23%, le altre 339 sono proprio quelle dei titoli dei romanzi e dei Maigret di Simenon.
"Io mi ricordo... gli sconosciuti nella casa, la casa del canale... delle tracce di passi ... e il sospetto!". Zio Charles si era rinchiuso dietro le persiane verdi della camera azzurra. Gli sconosciuti nella casa come l'ombra cinese o la testa di un uomo?... I fratelli Ricò? I Pitard?... O i fantasmi del cappellaio? Era allo stremo, dopo (i) quattro giorni del pover'uomo dai Fiamminghi, quando Cecilia è morta. Dopo il rapporto del gendarme e la fuga del signor Monde, a che serviva giurare? Quando viene il feddo, la neve era sporca e, in caso di disgrazia, la fuga é una strada senza uscita.
L'uomo che passava guardare i treni è un uomo come un'altro, uno nuovo nella città che, come i clienti d'Avrenos, quelli della sete, vede il fondo della bottiglia. E' il prigioniero della strada, é il cliente più ostinato al mondo del Liberty Bar, ma con un colpo di vento arriva, dopo il grande male, ad una vita come nuova dove esistono ancora i nocciòli.
martedì 12 aprile 2011
SIMENON. SODDISFAZIONI MADE IN USA
La permanenza decennale di Simenon negli Stati Uniti, oltre a dargli spunti per continuare a ritmo serrato la sua produzione di romanzi e di Maigret, gli regalò più di una soddisfazione.
Possiamo iniziare dal paragone fatto dal Dashiell Hammett sul Los Angeles Times a proposito del suo La neige était sale (1948) : "...perché é intelligente (Simenon). Per certi versi mi fa pensare a Edgard Poe...". Ottobre 1949, Little Brown, l'editore dell'Ellery Queen's Magazine, gli assegna il primo premio per il racconto poliziesco. Per Simenon è una graticazione notevole, anche per non era in lizza, e quindi totalemtne inaspettto, una sorta di riconsocimento alla sua letteratura di genere.
Nel 1952 viene accolto dalla Accademy of arts and Letters e successivamente nominato addirittura Presidente della Mystery Writers of America. Questo conferma quello che scrisse il giornalista Brendam Gill nel ritratto di Simenon sul New Yorker:"...E' amato da quelli che cercano verità estreme, e non da quelli immobili in una normalità destabilizzante. E' preferito dagli intellettuali, ma i lettori dei tascabili nutrono nei suoi confronti la medesima considerazione che hanno per Spillane o Caldwell...".
Interviste e commenti lusinghieri escono anche sul New York Times, sul Saturday Review, su Life e su Look. Insomma l'europeo Siemenon colpisce e conquista l'America colta che con le sue attenzioni lo coccola. E per lo scrittore è importante, molto importante, almeno a stare a quello che aveva scritto in Problèmes du roman nel 1943 "...gli americani, che sono forse i più autentici romanzieri di questo periodo..."
Possiamo iniziare dal paragone fatto dal Dashiell Hammett sul Los Angeles Times a proposito del suo La neige était sale (1948) : "...perché é intelligente (Simenon). Per certi versi mi fa pensare a Edgard Poe...". Ottobre 1949, Little Brown, l'editore dell'Ellery Queen's Magazine, gli assegna il primo premio per il racconto poliziesco. Per Simenon è una graticazione notevole, anche per non era in lizza, e quindi totalemtne inaspettto, una sorta di riconsocimento alla sua letteratura di genere.
Nel 1952 viene accolto dalla Accademy of arts and Letters e successivamente nominato addirittura Presidente della Mystery Writers of America. Questo conferma quello che scrisse il giornalista Brendam Gill nel ritratto di Simenon sul New Yorker:"...E' amato da quelli che cercano verità estreme, e non da quelli immobili in una normalità destabilizzante. E' preferito dagli intellettuali, ma i lettori dei tascabili nutrono nei suoi confronti la medesima considerazione che hanno per Spillane o Caldwell...".
Interviste e commenti lusinghieri escono anche sul New York Times, sul Saturday Review, su Life e su Look. Insomma l'europeo Siemenon colpisce e conquista l'America colta che con le sue attenzioni lo coccola. E per lo scrittore è importante, molto importante, almeno a stare a quello che aveva scritto in Problèmes du roman nel 1943 "...gli americani, che sono forse i più autentici romanzieri di questo periodo..."
lunedì 11 aprile 2011
SIMENON VA AL CINEMA. SUBITO.
I romanzi di Simenon, si sa, sono risultati assai adeguati al linguaggio cinematografico, oltre che molto telegenici. Ad oggi sono oltre sessanta film in vari paesi i cui soggetti sono tratti dai suoi romanzi e dai Maigret .
L'avventura nel cinema iniziò molto presto e con l'ingresso dalla porta principale, visto che il regista si chiamava Jean Renoir. Era il 1932 il film La nuit de Carrefour tratto dall'omonima inchiesta di Maigret. Quello che stupisce è la velocità di realizzazione tipica delle creazioni che riguardano Simenon. Il libro lo scrisse nell'aprile del 1931. Fayard glielo pubblicò nel luglio dello stesso anno. Il film debuttò nelle sale nell'aprile del 1932. Nemmeno nove mesi dopo l'uscita del libro e appena ad un anno dalla fine della sua scrittura. Insomma sempre lo stesso ritmo infernale della macchina Simenon.
Infatti, stesso anno, il 2 luglio, esce Le chien jaune, stavolta diretto da Jean Tarride, scritto invece nel marzo del '31, pubblicato il mese sucessivo. La catena di montaggio tiene sempre lo stesso ritmo. Per il terzo occorre aspettare ben sette mesi. Febbraio 1933, La tête d'un homme, altro nome di spicco alla regia, Julien Duvivier, uscito però con "calma", quasi tre anni dopo essere stato scritto e quasi due dopo la sua pubblicazione. Ma come avrebbero detto i giovani francesi di qulache decennio fa', ce n'est qu'un debut....
Il cinema lo affascinava, però l'opinione sull'ambiente di Simenon era piuttosto severa. Così il set.
"...Una folla fatta di gente che nella vita fà il rigattiere, lo scroccone, il banchiere o di brava gente che si agita, correndosi incontro, discutendo e affaccendandosi intorno ad un libro, che trasformeranno in soggetto, poi in sceneggiatura e quindi (ma non sempre) in un film... - racconta lo scrittore in un articolo del '32 - E poi un'altro tipo di persone, di cui nessuno conosce il mestiere, che legge, cancella, consiglia, stabilisce dei dialoghi, taglia scene e personaggi...". E infatti dopo questo terzo film occorrerà aspettare dieci anni per veder proiettata un pellicola tratta da un suo romanzo (La maison des sept jeunes filles - Albert Valentin - 1942).
"Io firmo un minimo di cinque contratti a settimana. Cinque produttori, in dieci giorni si battono per avere i diritti de La Chambre blue, un romanzo di cui si è parlato troppo poco - rispondeva Simenon in un'intervista del 1981 - Altri quattro si disputano Le fantome du chapelier che deve essere realizzato da Chabrol con Aznavour...." E' fin troppo evidente che la storia di Simenone e il cinema è troppa lunga e complessa per ridurla in un post. Ci torneremo sopra, magari con altri post o magari come abbiamo fatto per Maigret, dedicandogli uno speciale per tutta una settimana. Seguiteci.
"
L'avventura nel cinema iniziò molto presto e con l'ingresso dalla porta principale, visto che il regista si chiamava Jean Renoir. Era il 1932 il film La nuit de Carrefour tratto dall'omonima inchiesta di Maigret. Quello che stupisce è la velocità di realizzazione tipica delle creazioni che riguardano Simenon. Il libro lo scrisse nell'aprile del 1931. Fayard glielo pubblicò nel luglio dello stesso anno. Il film debuttò nelle sale nell'aprile del 1932. Nemmeno nove mesi dopo l'uscita del libro e appena ad un anno dalla fine della sua scrittura. Insomma sempre lo stesso ritmo infernale della macchina Simenon.
Infatti, stesso anno, il 2 luglio, esce Le chien jaune, stavolta diretto da Jean Tarride, scritto invece nel marzo del '31, pubblicato il mese sucessivo. La catena di montaggio tiene sempre lo stesso ritmo. Per il terzo occorre aspettare ben sette mesi. Febbraio 1933, La tête d'un homme, altro nome di spicco alla regia, Julien Duvivier, uscito però con "calma", quasi tre anni dopo essere stato scritto e quasi due dopo la sua pubblicazione. Ma come avrebbero detto i giovani francesi di qulache decennio fa', ce n'est qu'un debut....
Il cinema lo affascinava, però l'opinione sull'ambiente di Simenon era piuttosto severa. Così il set.
"...Una folla fatta di gente che nella vita fà il rigattiere, lo scroccone, il banchiere o di brava gente che si agita, correndosi incontro, discutendo e affaccendandosi intorno ad un libro, che trasformeranno in soggetto, poi in sceneggiatura e quindi (ma non sempre) in un film... - racconta lo scrittore in un articolo del '32 - E poi un'altro tipo di persone, di cui nessuno conosce il mestiere, che legge, cancella, consiglia, stabilisce dei dialoghi, taglia scene e personaggi...". E infatti dopo questo terzo film occorrerà aspettare dieci anni per veder proiettata un pellicola tratta da un suo romanzo (La maison des sept jeunes filles - Albert Valentin - 1942).
"Io firmo un minimo di cinque contratti a settimana. Cinque produttori, in dieci giorni si battono per avere i diritti de La Chambre blue, un romanzo di cui si è parlato troppo poco - rispondeva Simenon in un'intervista del 1981 - Altri quattro si disputano Le fantome du chapelier che deve essere realizzato da Chabrol con Aznavour...." E' fin troppo evidente che la storia di Simenone e il cinema è troppa lunga e complessa per ridurla in un post. Ci torneremo sopra, magari con altri post o magari come abbiamo fatto per Maigret, dedicandogli uno speciale per tutta una settimana. Seguiteci.
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domenica 10 aprile 2011
SIMENON FA IL CASTELLANO
La Richardière |
Una costruzione, solida, come piacevano a Simenon, con un torretta, un cortile interno e tanto spazio, anche per il suo studio e per l'atelier di Tigy, che ancora dipingeva.
"Una cosa mi attraeva molto de La Rochelle - racconta Simenon - come d'altronde ho scritto in molti miei romanzi. Ho trovato nella regione de La Rochelle, soprattutto verso il nord, esattamente la stessa luminosità dell'Olanda, una luminosità del cielo alla Vermeer. Una luminosità eccezionale".
Chateau de Terre-Neuve Simenon e il figlio Marc | |
sabato 9 aprile 2011
SIMENON. PIOVONO LE CRITICHE
Non tutto è sempre stato facile per Simenon. Soprattutto all'inizio quando la sua fama nella letteratura popolare lo condizionava pesantemente sulla produzione dei Maigret, i cui più accaniti critici ritenevano fosse un polar che non rispettava le regole del genere e che sarebbe risultato poco gradito a chi cercava quel tipo di letteratura.Poi quando il successo della serie delle inchieste del commissario fu palpabile ed indiscutibile, e Simenon prese a scrivere quelli che lui chiamava romans durs, gli veniva consigliato più o meno sarcasticamente di tornare alla letteratura poliziesca, perché quella del romanzo non era davvero la sua strada.
Ma ci voleva ben altro per smontare Simenon, che aveva convinto Fayard a pubblicare i Maigret anche se l'editore era convinto che ci avrebbe rimesso un bel po' di soldi.
Robert Brasillach nel '32 su L'Action Francaise commentava: "Più attento , liberato dal suo pubblico, dalle sue strutture che era obbligato a utilizzare, se monsieur Simenon scrivesse meno velocemente, chissà se ci regalerebbe un giorno un romanzo che ci sorprenderebbe?.... Semmai monsieur Simenon acquisisse la cultura letteraria che gli manca, siamo sicuri che non potremmo attenderci qualcosa da lui?..."
Non passano due anni che dal 'piano' Fayard Simenon sale diversi gradini ed entra dalla porta principale alla maison Gallimard, accompagnato nientemeno che da André Gide. Ma le critiche sono anche di ordine... economico. Infatti il patron Arthéme Gallimard gli rimprovera: "...E' certo che l'aver abbandonato da parte vostra il genere poliziesco (Maigret) ha diminuito, come era facile prevedere, la vendita dei vostri libri...".
Anche l'uscita di titoli importanti come "Il testamento Donadieu" (1937) suscita delle critiche. Su Le Figaro André Rousseax scriveva:"...La frittata alla cipolla ha fatto carriera. Il piccolo bistrò diventa così un ristorante alla moda... E' un 'capolavoro' grezzo, una specie di 'capolavoro' sospeso. Così si scopre l'oro in certe sabbie. Occorre soltanto sapere se l'oro potrà essere mai estratto un giorno da queste sabbie..."
Ancora nel '38 altre rampogne economiche, gliele rivolge ancora Gallimard: "...Pensate che se faccio un bilancio del Simenon alla NFR, devo constatare che vi ho versato a tutt'oggi 500.000 franchi di diritti, non ammortizzati dalle vendite, e che i costi industriali rappresentano altri 400.000 franchi e che così arrivo ad un deficit totale di circa un milione...".
E anche nel '45, quando è negli Stati Uniti, arrivano staffilate come quelle di Andrè Billy su La Bataille:" Su cosa scherza Simenon? Cosa lo autorizza a proferire sciocchezze così gravi? Il romanzo classico dopo di lui, sarebbe il romanzo-crisi, e il romanzo-crisi starebbe al romanzo, come la drammaturgia di Shakespeare sta al teatro?...".
Ma nemmeno questo spaventa Simenon che risponde a tutti: "Io sono un romanziere. E resterò un romanziere. Ho lasciato i reportage e le pubblicazioni delle mie opere sui giornali, perchè tengo prima di tutto alla mia completa indipendenza... Venderò le mie opere quando vorrò, al prezzo che riterrò equo, perché solo io sono responsabile della mia reputazione...".
E, come è noto, alla fine ebbe ragione lui, sui critici e sugli editori.
Ma ci voleva ben altro per smontare Simenon, che aveva convinto Fayard a pubblicare i Maigret anche se l'editore era convinto che ci avrebbe rimesso un bel po' di soldi.
Robert Brasillach nel '32 su L'Action Francaise commentava: "Più attento , liberato dal suo pubblico, dalle sue strutture che era obbligato a utilizzare, se monsieur Simenon scrivesse meno velocemente, chissà se ci regalerebbe un giorno un romanzo che ci sorprenderebbe?.... Semmai monsieur Simenon acquisisse la cultura letteraria che gli manca, siamo sicuri che non potremmo attenderci qualcosa da lui?..."
Non passano due anni che dal 'piano' Fayard Simenon sale diversi gradini ed entra dalla porta principale alla maison Gallimard, accompagnato nientemeno che da André Gide. Ma le critiche sono anche di ordine... economico. Infatti il patron Arthéme Gallimard gli rimprovera: "...E' certo che l'aver abbandonato da parte vostra il genere poliziesco (Maigret) ha diminuito, come era facile prevedere, la vendita dei vostri libri...".
Anche l'uscita di titoli importanti come "Il testamento Donadieu" (1937) suscita delle critiche. Su Le Figaro André Rousseax scriveva:"...La frittata alla cipolla ha fatto carriera. Il piccolo bistrò diventa così un ristorante alla moda... E' un 'capolavoro' grezzo, una specie di 'capolavoro' sospeso. Così si scopre l'oro in certe sabbie. Occorre soltanto sapere se l'oro potrà essere mai estratto un giorno da queste sabbie..."
Ancora nel '38 altre rampogne economiche, gliele rivolge ancora Gallimard: "...Pensate che se faccio un bilancio del Simenon alla NFR, devo constatare che vi ho versato a tutt'oggi 500.000 franchi di diritti, non ammortizzati dalle vendite, e che i costi industriali rappresentano altri 400.000 franchi e che così arrivo ad un deficit totale di circa un milione...".
E anche nel '45, quando è negli Stati Uniti, arrivano staffilate come quelle di Andrè Billy su La Bataille:" Su cosa scherza Simenon? Cosa lo autorizza a proferire sciocchezze così gravi? Il romanzo classico dopo di lui, sarebbe il romanzo-crisi, e il romanzo-crisi starebbe al romanzo, come la drammaturgia di Shakespeare sta al teatro?...".
Ma nemmeno questo spaventa Simenon che risponde a tutti: "Io sono un romanziere. E resterò un romanziere. Ho lasciato i reportage e le pubblicazioni delle mie opere sui giornali, perchè tengo prima di tutto alla mia completa indipendenza... Venderò le mie opere quando vorrò, al prezzo che riterrò equo, perché solo io sono responsabile della mia reputazione...".
E, come è noto, alla fine ebbe ragione lui, sui critici e sugli editori.
venerdì 8 aprile 2011
SIMENON. DA POLICE MAGAZINE A DÉTECTIVE
Lo abbiamo già detto, spesso negli anni '30 i romanzi di Simenon uscivano in anteprima in "feuilletton". Cioè a puntate sui giornali, prima che rilegati in un libro. Questo può sembrarci strano oggi, ma non lo era certo per quei tempi, anzi si trattava di una prassi ben consolidata. Dalla letteratura russa a quella francese non c'erano quasi eccezioni. Qui però vogliamo puntare l'attenzione su un tipo di pubblicazioni, che avevano il loro analogo negli Stati Uniti, anche lì negli anni '30, i cosiddetti pulp-magazine, giornali con una veste editorale modesta, una grafica, come si dice, urlata, dove però pubblicavano quelli che poi sarebbero diventati i padri dell'hard-boiled-school, su Black Mask, gente come Dashiell Hammett, Raymond Chandler, Cornwell Woolrich. In Francia Georges Simenon scriveva sui due più famosi corrispondenti francesi di questi pulp-magazine come Police Magazine e Détective. Erano anche qui giornali con copertine ad effetto, con la solita miscela donne-poliziotti-malviventi, riviste con molte foto e su cui si parlava di fatti di cronaca nera, ma dove venivano anche pubblicati in anteprima, e a puntate, i romazi. Qui vediamo un'esempio della copertina di Police Magazine con La folle d'Ittiville.
Détective invece era una pubblicazione di Gallimard, che risentiva dell'autorevolezza della casa editrice, ma che stuzzicava lo stesso la curiosità della gente sugli omicidi e spesso chiamava a scrivere su casi irrisolti anche firme famose come quella di Simenon. Una letteratura popolare, nella quale ovviamente Simenon si muoveva a suo agio, che avvicinava comunque molta gente alla lettura e poi magari alla lettura dei libri della "Série Noir"(sempre di Gallimard). Questo a conferma che, continuando la tradizione dell'800 di Balzac, c'era in Francia anche nel '900 una letteratura non alta, ma che allargava la base dei lettori che poi man mano raffinavano il loro palato e magari pian piano passavano a letture pù impegnative. Al contrario dell'Italia dove la letteratura popolare è quasi sempre stata segnata a dito dagli intellettuali e non mai avuto respiro per esapandersi. Con la conseguenza che la letteratura alta è rimasta tradizionalmente patrimonio per pochi e l'Italia si è ritrovata ad essere uno dei paesi in cui si legge di meno. Ma questa è un'altra storia.
Détective invece era una pubblicazione di Gallimard, che risentiva dell'autorevolezza della casa editrice, ma che stuzzicava lo stesso la curiosità della gente sugli omicidi e spesso chiamava a scrivere su casi irrisolti anche firme famose come quella di Simenon. Una letteratura popolare, nella quale ovviamente Simenon si muoveva a suo agio, che avvicinava comunque molta gente alla lettura e poi magari alla lettura dei libri della "Série Noir"(sempre di Gallimard). Questo a conferma che, continuando la tradizione dell'800 di Balzac, c'era in Francia anche nel '900 una letteratura non alta, ma che allargava la base dei lettori che poi man mano raffinavano il loro palato e magari pian piano passavano a letture pù impegnative. Al contrario dell'Italia dove la letteratura popolare è quasi sempre stata segnata a dito dagli intellettuali e non mai avuto respiro per esapandersi. Con la conseguenza che la letteratura alta è rimasta tradizionalmente patrimonio per pochi e l'Italia si è ritrovata ad essere uno dei paesi in cui si legge di meno. Ma questa è un'altra storia.
giovedì 7 aprile 2011
SIMENON IN "ETAT DE ROMANS" E MAIGRET "EN TRANSE"?
Sappiamo che Simenon prima di scrivere un romanzo passava un periodo di lieve malessere, che poi si tramitava in état de romans (detto anche "état de grace"), cioé quello stato di vuoto che gli permetteva di far posto al protagonista del suo romanzo e così iniziava la sua convivenza con lui. E quando ha iniziato a scrivere le inchieste di Maigret forse istintivamente ha messo in testa al commissario un siestema di indagare che non era molto dissimile.
"Ci siamo il capo è in trance". Questo è un'affermazione che leggiamo nei Maigret e che viene pronunciata dai suoi ispettori che commentano la fase preliminare allo stato in cui il loro capo inizia a immedesimarsi nei personaggi che gravitano intorno al reato o ai sospettati. Quando sarà in grado di pensare e reagire come loro, saprà in quale direzione avviare l'inchiesta e allora il colpevole non avrà più molto tempo.
Insomma la creazione di un romanzo un po' come la preparzione di un'inchiesta. Metodi analoghi anche perchè sono simili le motivazioni. Simenon cerca il perché i suoi protagonisti si comportino in un quel determinato modo e li portino poi alle estreme conseguenze. E pure Maigret non é solo interessato a chi ha commesso il reato, ma molto di più al perché, a quali sono i motivi che hanno portano quell'individuo a quel gesto.
Qui non si tratta tanto di analogie tra Simenon e Maigret, quanto piuttosto di un modo di concepire la scrittura che non differisce granché quando l'autore si accinge a comporre un roman dur o un Maigret. D'altronde lo confessa anche lo stesso Simenon in un 'intervista a Bernard Pivot : "... alla fine ho un po' confuso, e sono andato più in là con i miei personaggi, Maigret con gli altri... i romanzi...".
Questo anche se, nelle dichiarzioni ufficiali dell'autore, i seriali continuavano ad essere "semi-letteratura", che lui scriveva per divertirsi, gli altri erano invece "letteratura" che gli costavano sforzi e una gravosa concentrazione.
"Ci siamo il capo è in trance". Questo è un'affermazione che leggiamo nei Maigret e che viene pronunciata dai suoi ispettori che commentano la fase preliminare allo stato in cui il loro capo inizia a immedesimarsi nei personaggi che gravitano intorno al reato o ai sospettati. Quando sarà in grado di pensare e reagire come loro, saprà in quale direzione avviare l'inchiesta e allora il colpevole non avrà più molto tempo.
Insomma la creazione di un romanzo un po' come la preparzione di un'inchiesta. Metodi analoghi anche perchè sono simili le motivazioni. Simenon cerca il perché i suoi protagonisti si comportino in un quel determinato modo e li portino poi alle estreme conseguenze. E pure Maigret non é solo interessato a chi ha commesso il reato, ma molto di più al perché, a quali sono i motivi che hanno portano quell'individuo a quel gesto.
Qui non si tratta tanto di analogie tra Simenon e Maigret, quanto piuttosto di un modo di concepire la scrittura che non differisce granché quando l'autore si accinge a comporre un roman dur o un Maigret. D'altronde lo confessa anche lo stesso Simenon in un 'intervista a Bernard Pivot : "... alla fine ho un po' confuso, e sono andato più in là con i miei personaggi, Maigret con gli altri... i romanzi...".
Questo anche se, nelle dichiarzioni ufficiali dell'autore, i seriali continuavano ad essere "semi-letteratura", che lui scriveva per divertirsi, gli altri erano invece "letteratura" che gli costavano sforzi e una gravosa concentrazione.
SIMENON CI METTE LA FACCIA... IN COPERTINA
Un personaggio tanto famoso e così a lungo come Georges Simenon, è normale che abbia avuto dedicate molte copertine, soprattutto quelle dei settimanali e dei magazine che spesso si interessavano allo scrittore, ma sovente puntavano a soddisfare la curiosità dei lettori in merito alla sua movimentata vita privata, alle sue uscite mondane, ai suoi trionfi e alle sue tragedie. Insomma come ogni personaggio pubblico oneri e onori e paparazzate o servizi concordati facevano parte della sia vita e di quelli che gli vivevano accanto.Qui di seguito riportiamo qualche esempio di prime pagine dedicategli
mercoledì 6 aprile 2011
SIMENON. MAIGRET, MAGRITTE E' O NON E' UNA PIPA?
"Ceci n'est pas une pipe". Chi non conosce questa allocuzione divenuta famosa perchè messa dall'autore come didascalia del famoso dipinto La Trahison des images (1928) di Magritte (belga pure lui)? Maigret-Magritte, una pipa che non è un pipa e un commmissario che la fuma continuamente. La fuma così tanto da essere talmente connaturata al personaggio da permetterle di rappresentare il tutto con una parte. Basta la pipa per pensare a Maigret? E allora nemmno questa é una pipa? E' solo una forma che ci rimanda all'idea del personaggio? E' personaggio lei stessa, quindi. E allora é vero, non è più una pipa.
Non è un gioco di parole, né un circolo artificioso. Ma una riflessione che ci sottopone Alain Bertrand nel suo Georges Simenon (1988) dove afferma "...Boutade? Punto d'incontro, semmai. Perché lo scrittore approfitta del rapporto metonimico stabilito nel corso della serie tra il commissario e questo attributo per appropriarsi per analogia dell'allocuzione di Magritte....". Ma se la pipa è Maigret, la pipa è anche Simenon.
Qualcuno ha fatto caso che, salvo in quelle scattate da bambino, nelle fotografie di Simenon non manca mai una pipa? O è in bocca allo scrittore, oppure in mano, altrimenti é lui a posare davanti ad una parte della sua collezione di pipe o a quelle tutte in fila già pronte e caricate sul suo tavolo di scrittura. Simenon era molto attento alla comunicazione, figuriamoci a quella visiva. Le fotografie dovevano sempre suggerire qualcosa di quel suo istante di vita, del posto in cui si trovava, di chi era vicino a lui in quel momento e, diciamo noi, del suo maniacale rapporto con la pipa.
E' davvero difficile trovare una foto in cui si faccia beccare senza un pipa che almeno gli spunti dal taschino.
Nel '78 in un'intervista, unidici anni prima di morire, confidò "...Ho iniziato a fumarla a tredici anni e non ho più smesso...". Il che significa che a settantacinque anni erano già 63 anni che fumava la pipa. Come poteva allora un personaggio come Maigret nascere senza pipa?
Qualcuno ha fatto caso che, salvo in quelle scattate da bambino, nelle fotografie di Simenon non manca mai una pipa? O è in bocca allo scrittore, oppure in mano, altrimenti é lui a posare davanti ad una parte della sua collezione di pipe o a quelle tutte in fila già pronte e caricate sul suo tavolo di scrittura. Simenon era molto attento alla comunicazione, figuriamoci a quella visiva. Le fotografie dovevano sempre suggerire qualcosa di quel suo istante di vita, del posto in cui si trovava, di chi era vicino a lui in quel momento e, diciamo noi, del suo maniacale rapporto con la pipa.
E' davvero difficile trovare una foto in cui si faccia beccare senza un pipa che almeno gli spunti dal taschino.
martedì 5 aprile 2011
SIMENON. MA QUANTE PAGINE PER UN ROMANZO?
Oggi non è più un tabù. Forse è il frutto una spinta dell'industria editoriale, più che l'esigenza espressiva degli autori contemporanei? Su questo andrebbe fatta una riflessione più profonda in una sede più idonea di questa. Ci riferiamo alla lunghezza dei romanzi. Ormai 500/600 pagine sono quasi la regola e se non proprio la regola sicuramente una media per i libri che affollano le librerie. Non sono un'eccezione nemmeno le 800/900 pagine. E addirittura il superamento del muro delle 1000 pagine non sono più casi che si contano sulle dita di una mano.
A questa regola però, ai suoi tempi, non scappò neanche uno come Simenon che con Mémoires intimes (più Le livre de Marie Jo) arrivò poco oltre le 1200 pagine. Ma fu davvero un'eccezione. Di solito i suoi romans durs sono tra le 150 e le 200 pagine, con poche punte fino a 250 pagine ed oltre. A parte Mémoires intimes, vanno fuori media Long cours (1935) con 380 pagine e Le testament Donadieu (1936) con oltre 390.
Però come dicevamo sopra, la stragrande produzione simenonia dei romans durs si attesta tra le 150 e le 200 pagine. E, nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di romanzi cui non manca nulla: trama, atmosfera, personaggi, considerazioni, descrizioni, dialoghi... insomma tutto quello che serve, né di più, né di meno, e tutto ad un certo livello, spesso ad alto livello. E sono quelli che gli hanno valso il riconoscimento della critica e la celebrità tra il pubblico e che ancora oggi, ad ogni riedizione, costituiscono dei titoli da classifica, non solo Francia, ma anche da noi, in Italia, e pure in altri paesi.
Però in Simenon c'era talvolta il sogno di scrivere in modo diverso, romanzi differenti, magari anche di maggior respiro, come afferma in una lettera del '62 al suo editore, Sven Nielsen, in cui specifica "...Per esempio sogno da molto tempo di scrivere un romanzo davvero lungo pieno di personaggi che s'incrociano. E' probabile che non lo scriverò mai. E' come credere che io sia stato costruito per correre su una certa lunghezza, per esempio i cento metri, se non addirittura i 60 metri, come per gli junior!..."
A questa regola però, ai suoi tempi, non scappò neanche uno come Simenon che con Mémoires intimes (più Le livre de Marie Jo) arrivò poco oltre le 1200 pagine. Ma fu davvero un'eccezione. Di solito i suoi romans durs sono tra le 150 e le 200 pagine, con poche punte fino a 250 pagine ed oltre. A parte Mémoires intimes, vanno fuori media Long cours (1935) con 380 pagine e Le testament Donadieu (1936) con oltre 390.
Però come dicevamo sopra, la stragrande produzione simenonia dei romans durs si attesta tra le 150 e le 200 pagine. E, nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di romanzi cui non manca nulla: trama, atmosfera, personaggi, considerazioni, descrizioni, dialoghi... insomma tutto quello che serve, né di più, né di meno, e tutto ad un certo livello, spesso ad alto livello. E sono quelli che gli hanno valso il riconoscimento della critica e la celebrità tra il pubblico e che ancora oggi, ad ogni riedizione, costituiscono dei titoli da classifica, non solo Francia, ma anche da noi, in Italia, e pure in altri paesi.
Però in Simenon c'era talvolta il sogno di scrivere in modo diverso, romanzi differenti, magari anche di maggior respiro, come afferma in una lettera del '62 al suo editore, Sven Nielsen, in cui specifica "...Per esempio sogno da molto tempo di scrivere un romanzo davvero lungo pieno di personaggi che s'incrociano. E' probabile che non lo scriverò mai. E' come credere che io sia stato costruito per correre su una certa lunghezza, per esempio i cento metri, se non addirittura i 60 metri, come per gli junior!..."
SIMENON. QUANDO CREDETTE (O FECE CREDERE) DI ESSERE QUASI MORTO
Lo spettro della morte cambia la prospettiva. Estate 1940. Simenon riceve un colpo violento al petto, dovuto alla percossa di un ramo nella foresta vicino Fontenay dove s'era recato a fare legna. I dolori del giorno dopo, e il dubbio di essersi rotto una costola, lo indussero a farsi una radiografia al petto.
Nessuna costola rotta, ma molte brutte notizie.
Il medico che aveva consultato gli diagnosticò un stato niente affatto tranquillizzante riguardo il suo cuore che riultava affaticato, stressato e logorato come quello di un vecchio. Difficilmente, secondo il medico, avrebbe potuto andar avanti per più di due anni.
La mente di Simenon tornò immediatamente alla sorte del padre Desiré che, proprio a causa del cuore, era morto a 43 anni dopo essersi ammalato tre anni prima. La storia praticamente pareva ripetersi. Georges all'epoca aveva 37 anni con la prospettiva di arrivare sì e no a 40. Una sorta di identificazione con il destino del paterno che gli faceva psicologicamente sentire la propria fine assai vicina.
Ovviamente gli fu vietato l'alcol, dovette smettere di fumare la pipa, sesso nemmeno a parlarne, cibo leggero e razionato. Quanto allo scrivere, visto lo stress che produceva in Simenon, gli fu intimato di sospendere immediatamente l'attività. Tutto questo con lo scopo di allungare un po' la speranza di vita.
Georges era atterrito. A casa la moglie Tigy si irrigidì nella propria tensione, la Boule scoppiò a piangere.
Il commento di Simenon al proposito fu significativo: " Sono stato l'uomo che ha fatto qualsiasi cosa, adesso mi si chiede di essere l'uomo che non farà nulla..."
Inizia a scrivere Pedigree de Marc Simenon (poi intitolato Je me souviens) per lasciare al figlio memoria dei suoi nonni. Ma questa è la versione che dà Francis Lacassine, uno dei suoi biografi, ma ci sono altri studiosi che danno versioni diverse. Per Pierre Assouline, invece Simenon già stava già scrivendo il libro che forse finì per condizionarlo. Simenon credette davvero di dover morire e, scrive Assouline quando riporta la versione di Simenon, che dovette aspettare tre anni, quando consultando il miglior cardiologo di Parigi, ebbe la certezza che il suo cuore era perfettamente sano e che il radiologo di Fontany era perfettamente incompetente. Altro biografo, Stanley G. Eskin, altra versione. Dopo il verdetto di Fontenay, passarono quattro anni e solo per caso, incontrando un medico ad una partita a bridge, gli fu consigliato di farsi visitare da un cardiologo che gli rivelerà il suo ottimo stato di salute. Per Patrick Marnham, invece Je me souviens sarà scritto come reazione alla pessima notizia, che però sarebbe stata subito smentita. Infatti racconta che Tigy, scettica, anche per la buona salute del marito e per il ritmo della sua attività fisica, non credeva ad una situazione così tragica. Tanto che decise di andara a consultare il famigerato radiologo, il quale parlò di un malinteso, affermando che il marito era in realtà in buona salute. Allora? Tutto inventato? E nel caso, perché? Sembra, sempre secondo Marnham, che la famosa visita dal cardiologo parigino non ebbe luogo dopo tre o quattro anni, ma subito, nell'autunno del '40. Questo viene confermato anche da Assouline che, quando ricostruisce la verità con testimonianze di chi gli stette accanto in quegli anni, compresi alcuni medici, accredita la versione per cui quello che fu una preoccupazione di qualche mese, nel racconto di Simenon diventa una sofferenza di anni.
Falso allarme quindi, dove la fantasia dello scrittore, l'influenza della vicenda paterna e forse anche la continua, forse in questo caso inconscia, necessità di essere al centro dell'attenzione concorsero tutti a creare questa immaginaria prossimità alla morte.
Anche perchè in quei famosi anni di angoscia e di inattività, dall'estate del '40 al '43, Simenon scrive tre Maigret e otto romans durs, tra cui Pedigree (gennaio 1943) davvero impegnativo. Inoltre, proprio in quegli anni, il suo stato di salute non gli impedisce di portare a termine fruttuosi trattative ed affari con la società di produzione Continental (quella di proprietà dei nazisti) vendendo vari soggetti per la sceneggiatura di diversi film.
Altro che inattività completa!
Nessuna costola rotta, ma molte brutte notizie.
Il medico che aveva consultato gli diagnosticò un stato niente affatto tranquillizzante riguardo il suo cuore che riultava affaticato, stressato e logorato come quello di un vecchio. Difficilmente, secondo il medico, avrebbe potuto andar avanti per più di due anni.
La mente di Simenon tornò immediatamente alla sorte del padre Desiré che, proprio a causa del cuore, era morto a 43 anni dopo essersi ammalato tre anni prima. La storia praticamente pareva ripetersi. Georges all'epoca aveva 37 anni con la prospettiva di arrivare sì e no a 40. Una sorta di identificazione con il destino del paterno che gli faceva psicologicamente sentire la propria fine assai vicina.
Ovviamente gli fu vietato l'alcol, dovette smettere di fumare la pipa, sesso nemmeno a parlarne, cibo leggero e razionato. Quanto allo scrivere, visto lo stress che produceva in Simenon, gli fu intimato di sospendere immediatamente l'attività. Tutto questo con lo scopo di allungare un po' la speranza di vita.
Georges era atterrito. A casa la moglie Tigy si irrigidì nella propria tensione, la Boule scoppiò a piangere.
Il commento di Simenon al proposito fu significativo: " Sono stato l'uomo che ha fatto qualsiasi cosa, adesso mi si chiede di essere l'uomo che non farà nulla..."
Inizia a scrivere Pedigree de Marc Simenon (poi intitolato Je me souviens) per lasciare al figlio memoria dei suoi nonni. Ma questa è la versione che dà Francis Lacassine, uno dei suoi biografi, ma ci sono altri studiosi che danno versioni diverse. Per Pierre Assouline, invece Simenon già stava già scrivendo il libro che forse finì per condizionarlo. Simenon credette davvero di dover morire e, scrive Assouline quando riporta la versione di Simenon, che dovette aspettare tre anni, quando consultando il miglior cardiologo di Parigi, ebbe la certezza che il suo cuore era perfettamente sano e che il radiologo di Fontany era perfettamente incompetente. Altro biografo, Stanley G. Eskin, altra versione. Dopo il verdetto di Fontenay, passarono quattro anni e solo per caso, incontrando un medico ad una partita a bridge, gli fu consigliato di farsi visitare da un cardiologo che gli rivelerà il suo ottimo stato di salute. Per Patrick Marnham, invece Je me souviens sarà scritto come reazione alla pessima notizia, che però sarebbe stata subito smentita. Infatti racconta che Tigy, scettica, anche per la buona salute del marito e per il ritmo della sua attività fisica, non credeva ad una situazione così tragica. Tanto che decise di andara a consultare il famigerato radiologo, il quale parlò di un malinteso, affermando che il marito era in realtà in buona salute. Allora? Tutto inventato? E nel caso, perché? Sembra, sempre secondo Marnham, che la famosa visita dal cardiologo parigino non ebbe luogo dopo tre o quattro anni, ma subito, nell'autunno del '40. Questo viene confermato anche da Assouline che, quando ricostruisce la verità con testimonianze di chi gli stette accanto in quegli anni, compresi alcuni medici, accredita la versione per cui quello che fu una preoccupazione di qualche mese, nel racconto di Simenon diventa una sofferenza di anni.
Falso allarme quindi, dove la fantasia dello scrittore, l'influenza della vicenda paterna e forse anche la continua, forse in questo caso inconscia, necessità di essere al centro dell'attenzione concorsero tutti a creare questa immaginaria prossimità alla morte.
Anche perchè in quei famosi anni di angoscia e di inattività, dall'estate del '40 al '43, Simenon scrive tre Maigret e otto romans durs, tra cui Pedigree (gennaio 1943) davvero impegnativo. Inoltre, proprio in quegli anni, il suo stato di salute non gli impedisce di portare a termine fruttuosi trattative ed affari con la società di produzione Continental (quella di proprietà dei nazisti) vendendo vari soggetti per la sceneggiatura di diversi film.
Altro che inattività completa!
lunedì 4 aprile 2011
SIMENON CI RACCONTA SE' STESSO
Se facciamo qualche eccezione, come ad esempio L'Aventure (1937), Je me souviens (1940) o Quand j'étais vieux (1963), gli scritti autobiografici appartengono al Simenon della terza età. Basta pensare ai Mes Dictées tutti quei libri mai scritti, a dettati al registratore come Un homme comme un autre (1973), oppure Lettre à ma mére (1974). Un libro dedicato al rapporto con la propria genitrice, sempre molto difficile, che lo ha condizionato per tutta la vita e che, con ogni probabilità, in buona parte spiega l'atteggiamento di Simenon rispetto alle donne e forse anche al sesso. Altri dettati sono A l'abri de mon arbre (1976), o anche Je suis resté un enfant de choeur (1977) e ancora On di que j'ai soixante-quinze ans (1978) e Destinées (1979). Fa eccezione un caposaldo dell'opera simenoniana scritto invece ancora di suo pugno, é Mémoires intimes (1980). Un libro davvero speciale, le memorie fondamentali della sua vita, l'ultima sua opera, cui è peraltro annesso il Livre de Mari-Jo, quello della sua figlia, morta suicida a venticinque anni. Un fatto davvero molto condizionante degli ultimi dieci anni della sua vita.
Ma sentiamo cosa dice in proposito lo scrittore stesso, durante una conversazione con Francis Lacassin.
"...Ho smesso di scrivere romanzi il giorno in cui ho capito (avevo settant'anni) che era troppo faticoso mettermi nella pelle degli altri e creare ancora dei personaggi. Allora sono diventato io il mio personaggio. E siccome in tutta la vita non sono riuscito a sapere tutto degli altri, mi sono detto: Ebbene, cercherò di farlo studiando me stesso. Non è che lo abbia deciso... poco a poco è successo, così, da solo...Sono delle piccole storie di ogni giorno che si intrecciano con vicende vecchie di cinquant'anni....Se volete - ma credo di essere un po' pretenzioso - è una sorta di psicanalisi di me stesso...".
Psicoanlisi, ricordi, piccoli piaceri della vecchiaia, tutto si miscela in questi utimi libri di Simenon che ci dicono molto di lui e soprattutto di come lui vedesse la sua vita.
Ma sentiamo cosa dice in proposito lo scrittore stesso, durante una conversazione con Francis Lacassin.
"...Ho smesso di scrivere romanzi il giorno in cui ho capito (avevo settant'anni) che era troppo faticoso mettermi nella pelle degli altri e creare ancora dei personaggi. Allora sono diventato io il mio personaggio. E siccome in tutta la vita non sono riuscito a sapere tutto degli altri, mi sono detto: Ebbene, cercherò di farlo studiando me stesso. Non è che lo abbia deciso... poco a poco è successo, così, da solo...Sono delle piccole storie di ogni giorno che si intrecciano con vicende vecchie di cinquant'anni....Se volete - ma credo di essere un po' pretenzioso - è una sorta di psicanalisi di me stesso...".
Psicoanlisi, ricordi, piccoli piaceri della vecchiaia, tutto si miscela in questi utimi libri di Simenon che ci dicono molto di lui e soprattutto di come lui vedesse la sua vita.
domenica 3 aprile 2011
9/SPÉCIAL-MAIGRET. IL COMMISSARIO CONTRO SANCETTE
Spècial-Maigret. Per tutta questa settimana dedicheremo il post di ogni giorno al personaggio del commissario Maigret che proprio quest'anno festeggia l'ottantesimo anniversario dal suo lancio.
Forse Simenon lo considerava una sorta di "piano-B". In caso di disgrazia...cioè nell'eventualità di un flop editoriale di Maigret, poteva essere l'alternativa... L'outsider era lì pronto. Stiamo parlando di un altro investigatore, tale Sancette, che era ovviamente l'antitesi di Maigret. Giovanile, zazzera rossa, un eroe cui nulla e nessuno poteva resistere. Ma in che senso era pronto? Intanto era già stato abbozzato in qualche romanzo di quelli popolari, e poi era già comparso in oltre una ventina di racconti pubblicati. Tutto sommato era un epigono di quel Rouletabille, che aveva incantato Simenon fin da giovane (creato da Gaston Leroux nel 1907).
Jean Joseph Sancette è giovane, nel pieno delle forze, gran seduttore, capace di innumerevoli camuffamenti, ma la sua fortuna letteraria non volge a suo favore. Nel momento di scegliere tra lui e Maigret per fare il salt dalla letteratura popolare alla semi-letteratura, Simenon sceglie il commissario. Perchè? In realtà fu il pubblico a scegliere, con un gran successo di vendite. Maigret. Sancette, attraverso un'altro suo appellativo andò a finire in un esperimento di Simenon nella collana Photo-texte, una serie di pubblicazioni che avrebbe dovuto collocarsi a metà tra il romanzo e il foto-romanzo, dove la fotografia doveva avere una sua funzione narrativa alternandosi con il testo. Più facile a dirsi che a farsi. Intanto il personaggio non era nient'affatto originale, l'impaginazione non troppo felice penalizzava il testo e mortificava le fotografie (di Germaine Krull), una carta non adatta e una stampa che aveva avuto qualche problema... insomma tutto concorse alla confezione di un prodotto editoriale scadente. E come abbiamo detto il pubblico lo ignorò... forse non lo comprese? Qualcosa di troppo avanti per dei romanzi tutto sommato ancora popolari? Oppure un'idea che non poteva proprio funzionare?. Fatto sta che Fayard fermò la pubblicazione degli altri Photo-texte e riunì i restantii racconti di Sancette-G7 in un solo libro. Che fu per il personaggio una sorta di pietra tombale e la pietra su cui Maigret costruì la sua vittoria.
Forse Simenon lo considerava una sorta di "piano-B". In caso di disgrazia...cioè nell'eventualità di un flop editoriale di Maigret, poteva essere l'alternativa... L'outsider era lì pronto. Stiamo parlando di un altro investigatore, tale Sancette, che era ovviamente l'antitesi di Maigret. Giovanile, zazzera rossa, un eroe cui nulla e nessuno poteva resistere. Ma in che senso era pronto? Intanto era già stato abbozzato in qualche romanzo di quelli popolari, e poi era già comparso in oltre una ventina di racconti pubblicati. Tutto sommato era un epigono di quel Rouletabille, che aveva incantato Simenon fin da giovane (creato da Gaston Leroux nel 1907).
Jean Joseph Sancette è giovane, nel pieno delle forze, gran seduttore, capace di innumerevoli camuffamenti, ma la sua fortuna letteraria non volge a suo favore. Nel momento di scegliere tra lui e Maigret per fare il salt dalla letteratura popolare alla semi-letteratura, Simenon sceglie il commissario. Perchè? In realtà fu il pubblico a scegliere, con un gran successo di vendite. Maigret. Sancette, attraverso un'altro suo appellativo andò a finire in un esperimento di Simenon nella collana Photo-texte, una serie di pubblicazioni che avrebbe dovuto collocarsi a metà tra il romanzo e il foto-romanzo, dove la fotografia doveva avere una sua funzione narrativa alternandosi con il testo. Più facile a dirsi che a farsi. Intanto il personaggio non era nient'affatto originale, l'impaginazione non troppo felice penalizzava il testo e mortificava le fotografie (di Germaine Krull), una carta non adatta e una stampa che aveva avuto qualche problema... insomma tutto concorse alla confezione di un prodotto editoriale scadente. E come abbiamo detto il pubblico lo ignorò... forse non lo comprese? Qualcosa di troppo avanti per dei romanzi tutto sommato ancora popolari? Oppure un'idea che non poteva proprio funzionare?. Fatto sta che Fayard fermò la pubblicazione degli altri Photo-texte e riunì i restantii racconti di Sancette-G7 in un solo libro. Che fu per il personaggio una sorta di pietra tombale e la pietra su cui Maigret costruì la sua vittoria.
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