mercoledì 18 aprile 2012

SIMENON. BETTY, CASO UMANO ANCHE SUL GRANDE SCHERMO

Vent'anni fa' il famoso regista Claude Chabrol, uno dei padri della nouvelle-vague, uscì nelle sale con un film tratto da uno dei più famosi romanzi di Simenon: Betty. La tormentata storia di questa donna, che Simenon scrisse nel 1960, viene interpretata sullo schermo da un'altrettanto tormentata attrice, Marie Tritignant (figlia del famoso attore Jean Louis). Una donna sensibile dal fragile equilibrio. Ad esempio da piccola, alla morte della neonata sorella, cadde in un periodo di mutismo di orgine psicosomatica. E poi fu sempre timida e introversa al limite della patologia. Questo non le impedì di avere una vita molto movimentata e per certi versi disordinata. Vedi i quattro figli avuti da quattro compagni diversi, insomma una donna fuori dagli schemi, libera, ribelle, contestatrice, ma anche fragile. E la sua vita finirà in modo drammatico, uccisa dalle percosse del suo compagno sotto l'effetto della droga.
Qualcuno ha criticato questo film di Chabrol, imputandogli di aver realizzato una pellicola troppo contorta, ma l'interpretazione di Marie Tritignant è stata invece generalemente molto apprezzata.
Forse Betty e Marie avevano qualcosa o più di qualcosa in comune. C'è chi la definirebbe una sorta di tendenza all'autodistruzione. Come scrisse Roberto Escobar all'uscita del film "...per tutta la vita Betty ha rincorso un fantasma, un oggetto oscuro del desiderio. Lei stessa lo chiama la sua “ferita”. Il significato psicoanalitico di questo nome è evidente, ovvio: Betty vive la femminilità come privazione traumatica. Ma Claude Chabrol non è autore che ami l’ovvietà (non lo è neppure Georges Simenon, dal cui romanzo Betty il film è tratto). Quel fantasma e quella ferita vanno ben al di là di un qualunque luogo comune pseudofreudiano. Alludono piuttosto a una dimensione dell’anima, a una oscura, terribile dimensione dell’anima...". Chi può dire che queste parole non si attaglino anche alla Tritignant? Certo nel romanzo Betty trova alla fine la sua salvezza, grazie al suo uomo, Piero; nella realtà Marie troverà invece la sua fine a causa del suo compagno. Eppure la febbrile recitazione dell'attrice, già dieci anni prima della propria fine, rendeva molto bene il personaggio del romanzo di Simenon.

martedì 17 aprile 2012

SIMENON: LIEGI-PARIGI SOLO ANDATA

Un viaggio di sola andata. Sia per quanto riguarda quello del 10 dicembre 1922, sia per quanto riguarda la sua vita. Un Simenon non ancora ventenne, lascia la casa, la madre, la promessa sposa e il giornale in cui lavora. Non tornerà mai più a vivere in Belgio, nonostante si stabilirà in numerose abitazioni in diverse parti del mondo. 
Ma torniamo alla partenza da Liegi. Simenon ha più volte raccontato di essere partito dalla città belga con il treno notturno delle unidici e di essere arrivato a Parigi, a la Gare du Nord, alle sette del mattino successivo. Come sarà stata quella notte? Quanti sogni e quanti rimpianti si saranno rincorsi nella sua mente? Già, perché un conto erano i sogni di gloria che coltivava nei confronti della possibilità di diventare uno scrittore e altro è la cruda realtà che scopriva alle prime ore del mattino, quando il treno entrava nella squallida periferia parigina.
"... enormi mura con delle piccole finestre dietro le quali la gente si muoveva, si alzava, faceva colazione... le strade ancora deserte con qualche furtiva ombra che s'affrettava per recarsi al lavoro e infine la Gare du Nord che per me è la cosa più brutta di Parigi, ero disperato...". La prima impressione del giovane giornalista belga è quella di una Parigi fredda e inospitale, dove tutti corrono verso una meta senza guardare gli altri, con dei flussi di persone che, lì davanti alla stazione, lo urtano e lo spingono come se lui non esistesse. 
Racconta in un'intervista a Roger Stephane"... ho camminato, camminato lungo i boulevards di Montmartre, poi sono arrivato a place Clichy, ho voltato per les Batignoles e in una stradina ho trovato un piccolo albergo, l'Hotel de la Bertha. Esiste ancora. Era ben messo fino al quinto piano, con dei tappeti rossi sulle scale, questo mi piaceva, ma la camera che mi era stata assegnata, per il prezzo che avevo concordato, era ancora più in alto, era la mansarda...".
Poi sappiamo che i primi due anni furono duri perchè i racconti che riusciva a pubblicare erano pochi e pagati davvero poco.
Pensò mai di tornare a Liegi? Crediamo di no. La sua determinazione era notevole e dopo aver stretto la cinta per due anni, le cose inziarono ad andar meglio. Poi arrivò il successo economico con i racconti popolari e quindi il boom di Maigret. Simenon allora lasciò Parigi e visse per una decina d'anni in Vandea (sia pur cambiando più volte residenza). Poi ci fuorno i dieci anni in America. Quando tornò in Europa, non gli venne in mente nemmeno per un attimo di ristabilirsi in Belgio. E infatti, dopo un anno passato in varie zone nella Francia del sud, decise per la Svizzera e quella fu la sua ultima scelta, anche se continuò anche lì a cambiare di casa molto spesso.
Tornò in Belgio più volte, per farvi nascere Marc il primogenito, per ritirare premi e onoreficenze, per andare a trovare la vecchia madre. Ma non ebbe mai una casa in Belgio. Non aveva qualcosa contro il suo Paese, ma certo non ebbe mai voglia di tornare a vivere nella sua città natale. E questo doveva quindi significare qualcosa, anche se va considerato un altro fatto importante. Simenon rifiutò sempre di cambiare la propria nazionalità. Gli fu offerto dalla Francia, dagli Stati Uniti, dalla Svizzera, ma lui volle sempre rimanere un belga. In realtà, come ebbe a spiegare più volte, lui si sentiva un po' apolide e po' cittadino del mondo. Ma, partito da Liegi, non vi tornò più.

lunedì 16 aprile 2012

SIMENON. IL RITORNO DI BOULE

Primavera del 1947. Simenon è da un paio d'anno in America e in quell'anno si sta trasferendo da Bradenton Beach (Florida) a Tucson in Arizona. E' il momento in cui Boule riesce finalmente a raggiungere la famiglia. Quando lui, Tigy e Marc erano partiti per Londra, da dove poi dopo quache mese si sarebbero imbarcati per il nuovo continente, per Boule non c'era stato nulla da fare, non si riusciva ad ottenere il visto per gli Usa. Simenon ne era davvero dispiaciuto, sia pur con tutte le preoccupazioni che gli dava il Fronte di Liberazione Nazionale francese per quelle sue collaborazioni con la casa cinematografica nazista, la Continental, durantee gli anni dell'occupazione tedesca. Eppure partire lasciando Boule a place des Vosges, per lui era un pensiero. E infatti in Mémoires intimes (1981) racconta che una volta in America si rammaricava "... Penso a Boule, che non ha ancora otenuto il visto e non ha troppa speranza di ottenerlo a Parigi per via delle quote. Sono così numerosi gli stranieri che da utto il mondo vorrebbero trasferirsi qui, in questo Bnegosi, a indurre il governo americano a fissare delle quote. Questo significa che ogni paese ha diritto ad un tot di immigrati all'anno; la cifra varia a seconda della politica degli Stati di prvenienza e a seconda della razza...."
Simenon viene però a scoprire che tutto sarebbe più facile se la persona fosse già in un paese confinante. E' per questo che si spinsero verso il Messico, dove la Boule era arrivata e aspettava solo che "son petit Sim" l'andasse a prendere.
I due in quel perido di separazione si erano scritti regolaremente e questo dà l'idea di quanto lo scrittore tennesse alla sua femme de chambre/maitresse che ormai era considerata a pieno diritto una di famiglia.
Ormai la carovana è completa. Lo seguono in una macchina Tigy, sulla carta ancora la signora Simenon, il figlio Marc, Boule e l'istitutrice di turno. Nell'altra lui e la sua ex-segretaria perosnale, Denyse, ormai ufficiosamente la sua compagana che di lì a poco (nel giugno del '49) gli darà il suo secondo figlio, Johnny.
Questa  famiglia è ben strana soprattutto agli occhi degli americani degli stati del sud. Simenon non vive né a New York, né a Los Angeles. L'America più puritana e meno permissiva, soprattutto in campo sessuale, non capisce quelle femmine che ruotano intorno a Georges, una moglie di fatto non più tale, un'amante ufficiale e una femme de chambre che con lui ha una confidenza  che ha poco da invidiare alle altre due. Insomma è vito come una specie di... "trigamo".
E infatti quando Boule si ricongiunse alla famiglia, la relazione con Georges ritornò quella di un tempo, dal loro affetto reciproco ai loro rapporti sessuali quotidiani. Il ritorno di Boule sicuramente riconsegnò allo scrittore un senso di completezza dell'idea che lui aveva della sua famiglia allargata.

domenica 15 aprile 2012

SIMENON. PRIMA DEL COMMISSARIO L'ISPETTORE, SANCETTE

Continuano gli interventi degli "attachés" al Bureau Simenon Simenon. Se volete farne parte e pubblicare post o illustrazioni a vostra firma, scrivete a simenon.simenon@temateam.com



Roma - Dal nostro affezionato attaché Andrea Franco - Alla fine degli anni venti Simenon diede vita all'ispettore Sancette, che avrebbe potuto essere il protagonista di una serie di romanzi se qualche mese dopo non fosse nato Maigret. Sancette era molto diverso dal commissario: giovane, atletico e basava tutto sull'inutito.
E 'il personaggio seriale piu ricorrente, eccetto Maigret, ovviamente, nell'opera simenoniana (anche se scritto sotto piu pseudonimi)
Ecco un elenco delle sue apparizioni
1) Chair de beauté (1928 Fayard) - Il protagonista principale è Yves Jarry ma troviamo Sancette sotto il nome di L53
2) La femme qui tue (1930 - Fayard) - Anche qui il protagonista principale è Yves Jarry, ma vi troviamo anche Sancette
3) L53 - Raccolta rieditata poi col titolo Les sept minutes, (La nuit de sept minutes - La Croisiére invraisemblable - Le grand langoustier - 1938 - Gallimard)
4) Les Exploit de Sancette -14 racconti brevi (Ric e Rac - 1929/1930 - Fayard)
5) Captain S.O.S.* (1929 - Fayard)
6) L'homme qui tremble (1930 - Fayard)
7) Le document violet (1930 - La Jeunesse Illustrée - Fayard)
8) Les amants de malheur** (1930 - Ferenczi)
9) Matricule 12 (1932 - Tallandier)
10) Le chateau des sables rouges (1933 - Tallandier)
Infine lo ritroviamo con il nome di G7 in Les treize enigmes (1932, Fayard ), L'affaire du canal (1929 inedito, pubblicato in "Tout Simenon"), La folle d'Itteville (1931 - Fayard),  L'enigme de la Marie-galante.
 Tutti i romanzi citati sono firmati come Georges Sim, tranne quelli con gli asterischi: *Jean du Perry
**Christian Brulls

sabato 14 aprile 2012

SIMENON E DOISNEAU. DA ENTRAMBE, COME POCHI, LE IMMAGINI DI PARIGI

Oggi, cento anni fa' nasceva Robert Doisneau, grandissmo fotografo francese che, come Simenon con la scrittura, riuscì con la propria sensibilità fotografica a immortalare lo spirito e l'anima di Parigi. Le sue foto in bianco/nero ci restituiscono la città ai tempi de Les Halles, della gente comune, della vità notturna, con una magia che, secondo noi, ben si accorda con le pagine che sugli stessi soggeti ci ha lasciato Simenon.
Lo ricordiamo perché, aldilà del suo grande talento artistico, con il suo lavoro è entrato nell'immaginario collettivo e ha contribuito a fissare nella memoria una città che, in gran parte, oggi non esiste più.

SIMENON. DOVE ANDRANNO A FINIRE I SUOI DIRITTI?

Il giornalista economico Philippe Lawson scrive oggi sul quotidiano belga L'Echo un articolo in merito ad un progetto che vedrebbe John Simenon, figlio di Georges e la finanziaria ING Invest di Liegi intenzionati ad acquisire tutti i diritti cinematografici delle opere simenoniane oggi detenuti dal gruppo britannico Chorion che al momento è in stato di liquidazione. La Chorion detiene l'85% della Georges Simenon Limited, società inglese, che acquistò i diritti dai Simenon nel 2001. In famiglia è rimasto il 15%, diviso tra John (il 10%) e il fratello Pierre (5%).
Si tratta di un'operazione che dovrebbe ammontare (secondo una stima della Doilitte, società internazionale di consulenze e revisioni) a oltre due milioni e mezzo di euro.
Questa iniziativa, secondo John Simenon, avrebbe il merito di riportare in Belgio, e ancor più a Liegi, un patrimonio non solo finanziario, ma anche cuturale, che le appartiene di diritto. Per altro, tutto ciò si affianca ad un altro progetto che John sta portando avanti, quello di realizzare a Liegi un museo permanente dedicato al padre, alle sue opere, alla sua vita e ai suoi documenti  (come avevamo accennato in Simenon. 2015, un museo permanente a Liegi ).
Comunque, per acquisire i diritti, il figlio dello scrittore ha programmato la creazione della SA Georges Simenon Co. con siede a Liegi, che dovrebbe partire con un capitale di oltre un milione di euro. In questa iniziativa una finanziaria belga, la Meusinvest, si sarebbe detta disposta a mettere a disposizione 1,25 milioni di euro  (un milione in prestito e 250.000 euro di capitale). In più ci sarebbero il prestito di 700.000 euro della ING Bank e quote per 900.000 euro che dovrebbero mettere sul piatto John Simenon stesso e alcuni editori francesi, italiani e tedeschi.
Insomma l'operazione é di un certo livello e non certo conclusa, come a tale proposito ha confermato John: " La questione non è semplice, ma io sto ancora negoziando con il gruppo Chorion e le trattative continuano...".
Secondo chi ha sviluppato il business plan, si potrebbe tranquillamente ipotizzare un fatturato globale annuo di circa un milione di euro, partendo da cifre concrete come quelle del fatturato della Georges Simenon Limited che, ad esempio, nel 2008 è stato di circa 1,5 milioni di euro.

venerdì 13 aprile 2012

SIMENON. MAIGRET, SILHOUETTE IN BIANCO E NERO

Continuano gli interventi degli "attachés" al Bureau Simenon Simenon. Se volete farne parte e pubblicare post o illustrazioni a vostra firma, scrivete a simenon.simenon@temateam.com



Qui di seguito un contributo che riceviamo dalla nostra attachée francese Murielle Wenger che gestisce la sezione di Maigret del sito www.trussel.com e Les Enquetes du Commissaire Maigret . Si tratta di un contributo particolare che, come vedete, unisce forma grafica e versi in un ritratto del commissario davvero originale, suggestivo e poetico. (segue traduzione)


Maigret...
Disegnerò la tua silhouette...
Lungo soprabito nero che s'intravede nella nebbia
Bombetta nel retro-sala di un café
Finestra illuminata nella notte, ombra chinata sulla scrivania
Alba ai bordi della Loira, pescatore che va alla deriva con la sua barca
Giardino sbocciato sotto il sole, cappello di paglia in mezzo ai pomodori
Sedili di velluto rosso, nuvole di fumo nel fascio di luce dei fari
Passi pesanti tra le foglie d'autunno intorno allo stagno di Saint-Fiacre
Qualche traccia sulla neve, fiocchi che volteggiano in un cielo plumbeo
Contorno controluce di un sole che tramonta fiammeggiando sul mare
Gran camminatore a Parigi, brezza di marzo sotto gli ippocastani in fiore
Afa d'estate, bicchiere di birra appannato sulla terrazza di un café
Una coppia sottobraccio sotto un lampione
Passante sulla banchina, barche erranti sulla Senna
Luce di un fiammifero che brucia davanti a una pipa
Passeggero che resta sulla piattaforma aperta dell'autobus
Gocce di pioggia su un cappello bagnato
Croissant dorato davanti ad un caffé fumante
Un sandwich addentato in un angolo di un tavolo
Qualche riga scappata da un libro aperto sul mio letto (Murielle Wenger)

giovedì 12 aprile 2012

SIMENON. SPESE PAZZE DI M.ME DENYSE PER IL FESTIVAL DI CANNES

Denyse Ouimet Simenon
L'affiche del Festival
4 maggio 1960. S'inaugura il XIII Festival del Cinema di Cannes. Georges Simenon è il presidente della giuria. Lui e Denyse sono al centro dell'attenzione, un presidente come Simenon fà notizia, ma in effetti è più lui ad essere inseguito da giornalisti e fotografi. E poi non va scordata la folta schiera di star, anche hollywoodiane, che affollano la Croisette. Quell'edizione ospita tra attori e registi nomi come Anita Ekberg, Jeanne Moreau, Ingmar Bergman, Anouk Aimée, Jacques Becker, Robert Mitchum, Melina Mercouri, Peter Brook, Anthony Queen, Jean Paul Belmondo, Zsa Zsa Gabor, Vincent Minelli, senza scordare Grace Kelly e il principe Ranieri di Monaco.
Ekberg e Mastroianni ne La dolce vita
I Simenon alloggiano nella consueta suite al Carlton. Denyse in queste occasioni mondane patisce tutti quei riflettori puntati sul marito e sui vip dello star-system, mentre lei rimane spesso nell'ombra, in seconda linea. La sua insicurezza la spinge quindi a comporamenti eccentrici, a interminabili toilette che non devono passare inosservate e a dichiarazioni che facciano eco. Arriva a Cannes a bordo della Mercedes SL Cabriolet del marito, con il  nécessaire e la sua borsa, entrambe di pelle rossa, fatte confezionare espressamente da Hermès. Il suo chignon è tenuto insieme da pettini di tartaruga, impeziositi da perle vecchie, color oro, che vengono appositamente dall'India. Insomma Denyse, assecondata da Georges, questa volta in modo particolare, non bada a spese.
Monica Vitti ne L'avventura
La sua toilette, in occasione delle proiezioni serali, è quella di una diva.  Dura un paio d'ore tra parrucchiere, truccatrice, modiste e poi i gioielli, ogni sera diversi. E ancora, la gara ad essere l'ultima a presentarsi sul red carpet tra star, invitati eccellenti e personalità: un'altra fissazione per farsi notare. Tenta addirittura, anche per attrarre l'attenzione, di costituire una "giuria delle mogli dei giurati", ma anche questa iniziativa non viene seguita dalla stampa che manda invece i suoi fotografi a seguire delle sconosciute starlettes che sul lungomare si espongono in tutti i modi ai flash e alle cineprese. E così, mentre il marito è sempre sotto i riflettori, anche se al centro delle polemiche per aver fatto vincere La dolce vita di Federico Fellini, Denyse risistema il suo voluminoso bagaglio di spese pazze, prepara le lussuose valige di Hermès e aggiunge, a suo modo di vedere, un'altra "sconfitta" che costituirà un ulteriore spinta verso la perdita del suo equilibrio mentale. 

mercoledì 11 aprile 2012

SIMENON. UN INFORMATORE DA 10 E LODE

Debutta oggi la sezione dei contributi forniti dagli attachés del Bureau Simenon-Simenon (v. colonna a destra). Chi volesse farne parte e pubblicare i propri post firmati potrà inviare una domanda e le sue proposte a simenon.simenon@temateam.com

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Roma - dal nostro "attaché" Giorgio Muvi - Dieci e lode è il voto che questa settimana Antonio D'Orrico, nella rubrica La Pagella, nell'inserto La lettura del Corriere della Sera di domenica 8, ha attribuito all'ultima inchiesta del commissario edita da Adelphi: Maigret e l'informatore. Lo definisce uno dei Simenon più belli sia per la trama, come per l'atmosfera, che per i personaggi. Io aggiungerei che, man mano che passa il tempo, i personaggi dei Maigret sono sempre più complessi e hanno una forza che forse i primi non avevano. E' infatti lo stesso D'Orrico a ricordare che questa è la penultima inchiesta che Simenon scriveva. Ormai a questo punto non trovo più grandi differenze dai protagonisti dei romanzi: l'ipettore Louis detto il vedovo, "la Pulce" informatore in cerca di fama, i due fratelli Mori malviventi e Line, la moglie dell' ex-gangster ucciso Maurice Garcia, potremmo trovarli in uno dei tanti romanz simenoniani. Maigret e l'informatore l'ho letto tempo fa' in un'edizione degli Oscar Mondadori del 1991, che contiene anche, come post-fazione, uno scritto di Alberto Savinio, che definisce Simenon: "... un Dostojewsky minore..."  che descrive Maigret come "...un borghese grasso e bonario, una specie di papà senza figli, un moralista pagnottone, che fuma tabacco popolare... si sente a disagio negli ambienti di lusso... odia il cosmopolitismo, compie il suo lavoro di ricerca, più per dovere di funzionario che per diletto d'investigatore...". E conclude: "Racine ha imborghesito la tragedia. Ingres ha imborghesito la forma classica della pittura. Restava da imborghesire il romanzo poliziesco. Grace à Dieu, anche questo è fatto". (Parigi 23 agosto 1932)

SIMENON, UN MALOU "A LA RECHERCHE" DEL PROPRIO DESTINO

Debutta oggi la sezione dei contributi forniti dagli attachés del Bureau Simenon-Simenon (vedi sulla colonna a destra). Chi volesse farne parte e pubblicare i propri post firmati, potrà inviare una domanda e le sue proposte a simenon.simenon@temateam.com Iniziamo con due post. Questo primo è di Paola Cerana, una delle nostre più affezionate e attive "attachées".


Roma dalla nostra "attachée" Paola Cerana - Eugène Malou aveva ancora gli occhi spalancati. Era questa la cosa più inquietante. Uno dei due occhi, a dire il vero, era quasi completamente uscito dall’orbita, e i rantoli dalla bocca, insieme a tutto il sangue sparso sull’asfalto, facevano somigliare l’uomo a una povera bestia agonizzante. Una bestia moribonda, supplichevole del colpo di grazia.
S’era sparato con la pistola alla tempia, uscendo dall’abitazione del conte d’Estier, eppure Eugène Malou, caparbio com’era, sembrava deciso a non morire, quasi a soddisfare l’ultimo capriccio, l’ultimo dispetto rivolto a tutti quelli che gli volevano male. Resisteva come un gatto rognoso preso a sassate da una banda di balordi, in mezzo ai curiosi accorsi a frotte attorno al grottesco strazio. Una specie di vergogna collettiva si mescolava alla sofferenza dell’uomo, trasformando ognuno dei presenti in un involontario colpevole. Nessuno si aspettava un gesto simile da lui, anche se tutti, compresi i giornali, lo screditavano sfacciatamente augurandogli una brutta fine. Che almeno morisse in fretta, dunque!
Erano stati i debiti a spingere Eugène Malou al suicidio? Possibile che un uomo così ostinato e intraprendente avesse deciso di farsi fuori solo per questioni di denaro, forse per via di un prestito negato dal conte d’Estier? Qualcuno l’aveva visto fare una telefonata, poco prima di suicidarsi. A chi e perché?
Quel freddo pomeriggio d’inverno, sotto un cielo crepuscolare, Eugène Malou finalmente moriva sottratto alla penosa agonia, lasciando in eredità un enigma che sarebbe toccato al figlio minore, Alain, cercare di risolvere. Appena diciassettenne, Alain, che conservava ancora il pudore di un bambino, si trovava d’un tratto catapultato in una realtà troppo pesante per la sua naturale ingenuità. C’erano tante di quelle cose che lui non sapeva, tante di quelle domande che non aveva mai pensato di fare! Era solo uno studente, un bravo ragazzo, che faceva per la prima volta il suo ingresso nella vita adulta, arrivandoci impacciato e inesperto, armato solo del suo istintivo coraggio. La madre, la signora Malou, era invece una donna spregiudicata e avida, innamorata solo dei soldi e dei gioielli di famiglia. Sembrava fragile, con i lineamenti morbidi di una donna di quarantacinque anni che si prende cura del suo aspetto, eppure non aveva avuto neanche un attimo di cedimento di fronte alla morte del marito. La sorella Corine, così femmina, era una procace e impudica ragazza che aveva imparato presto a sfruttare la propria sensualità per ottenere ciò che desiderava. Tutto in lei era morbido, era solo carne e forme … possibile che non capisse quanto fosse imbarazzante per lui vederla sempre seminuda? E il fratellastro maggiore, Edgard, era solo un pecorone belante e stupido, nato per uno scherzo del destino in mezzo ai lupi.
Ma chi era, in realtà, Eugène Malou? Uno spericolato imprenditore che non ha lasciato alla famiglia nemmeno i soldi per il funerale. Un uomo che andava perennemente di fretta, al punto che veniva voglia di trattenerlo per il bavero della giacca. Ma che uomo era stato? Poco espansivo, silenzioso, ambiguo, misterioso, spesso assente e distratto con i figli, eppure a modo suo generoso e onesto con i pochi amici. Solamente ora, dopo la sua morte, Alain imparerà a conoscere l’estraneo con cui ha sempre vissuto, ricostruendo una storia inimmaginabile, che svelerà come le apparenze siano spesso velenosi inganni in grado di condannare a morte una persona senza possibilità di riscatto. Alain troverà il coraggio di sradicarsi definitivamente dalle ipocrisie e dai rancori della famiglia e, confortato dai consigli di poche, pochissime persone amiche, scoprirà un’altra verità che lo condurrà al suo destino. Il destino dei Malou.
Forse, in fin dei conti, quell’uomo che Alain aveva conosciuto appena, che non si era mai curato di conoscere perché non immaginava che potesse essere tanto diverso da come appariva, quell’uomo che era morto sul pavimento sporco di una farmacia di quartiere, ebbene quell’uomo era sempre stato solo! … Vero papà?
Così, se Eugène Malou aveva scritto i primi capitoli di una sordida storia di famiglia, Alain ne avrebbe firmato l’epilogo, giungendo a capire che essere un uomo è molto più difficile e raro che essere un uomo onesto. Adesso c’era un solo Malou, che di lì a poco si sarebbe avventurato nel suo futuro, senza odio e senza vergogna, forte delle proprie radici. Un Malou che ha saputo trovare la propria strada con la complicità e il silente affetto dell’unico compagno di viaggio degno di questa sofferta iniziazione alla vita. Il suo amato papà.