mercoledì 18 aprile 2012

SIMENON. BETTY, CASO UMANO ANCHE SUL GRANDE SCHERMO

Vent'anni fa' il famoso regista Claude Chabrol, uno dei padri della nouvelle-vague, uscì nelle sale con un film tratto da uno dei più famosi romanzi di Simenon: Betty. La tormentata storia di questa donna, che Simenon scrisse nel 1960, viene interpretata sullo schermo da un'altrettanto tormentata attrice, Marie Tritignant (figlia del famoso attore Jean Louis). Una donna sensibile dal fragile equilibrio. Ad esempio da piccola, alla morte della neonata sorella, cadde in un periodo di mutismo di orgine psicosomatica. E poi fu sempre timida e introversa al limite della patologia. Questo non le impedì di avere una vita molto movimentata e per certi versi disordinata. Vedi i quattro figli avuti da quattro compagni diversi, insomma una donna fuori dagli schemi, libera, ribelle, contestatrice, ma anche fragile. E la sua vita finirà in modo drammatico, uccisa dalle percosse del suo compagno sotto l'effetto della droga.
Qualcuno ha criticato questo film di Chabrol, imputandogli di aver realizzato una pellicola troppo contorta, ma l'interpretazione di Marie Tritignant è stata invece generalemente molto apprezzata.
Forse Betty e Marie avevano qualcosa o più di qualcosa in comune. C'è chi la definirebbe una sorta di tendenza all'autodistruzione. Come scrisse Roberto Escobar all'uscita del film "...per tutta la vita Betty ha rincorso un fantasma, un oggetto oscuro del desiderio. Lei stessa lo chiama la sua “ferita”. Il significato psicoanalitico di questo nome è evidente, ovvio: Betty vive la femminilità come privazione traumatica. Ma Claude Chabrol non è autore che ami l’ovvietà (non lo è neppure Georges Simenon, dal cui romanzo Betty il film è tratto). Quel fantasma e quella ferita vanno ben al di là di un qualunque luogo comune pseudofreudiano. Alludono piuttosto a una dimensione dell’anima, a una oscura, terribile dimensione dell’anima...". Chi può dire che queste parole non si attaglino anche alla Tritignant? Certo nel romanzo Betty trova alla fine la sua salvezza, grazie al suo uomo, Piero; nella realtà Marie troverà invece la sua fine a causa del suo compagno. Eppure la febbrile recitazione dell'attrice, già dieci anni prima della propria fine, rendeva molto bene il personaggio del romanzo di Simenon.

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