sabato 4 maggio 2013

SIMENON. IL CASO PER CASO

Continua la nostra rubrica di short-stories del weekend.
Questa volta un'immaginaria indagine del commissario Maigret tra un caso politico e storie di ordinaria criminalità dove il caso infila il suo perfido zampino e fa vedere gli avvenimenti con una falsa luce. 
Ricordiamo che chiunque voglia scrivere un racconto portrà farlo inviandolo all'indirizzo:
simenon.simenon@temateam.com






 IL CASO PER CASO
di Oreste Bosetti


Il commissario era di cattivo umore. La pipa sbuffava come una ciminiera. Stava per arrivare sul luogo del delitto. Avrebbe incontrato il collega della squadra Politica. Già... l'omicidio era di quelli che fanno clamore. Marguerite Renard era stata uccisa o forse si era suicidata. Soffocamento con un laccio di cuoio... ma difficilmente poteva essere scambiato per un suicidio. Una distinta signora di trentasei anni che, a questo punto non era più un segreto, era l'amante del ministro degli esteri. La prima ipotesi, era ovviamente, che l'obiettivo fosse proprio lui. Forse, ricattato per qualcosa, aveva resistito al ricatto. In questo caso gli avevano ucciso l'amante, contemporaneamente rendendo pubblico anche il suo segreto sentimentale...
L'auto stava facendo una lunga fila per le strade trafficate che portavano alla centrale piazza dove si trovava l'appartamento della vittima.
Quando arrivò, al portone gli sbarrarono la strada.
- Si identifichi.
- Maigret, commissario divisionale della PJ.,
- Oh... prego commissario entri... al secondo piano...
Salì pesantemente le scale, mentre si accendeva la pipa. Un'atmosfera elettrica si respirava sin dall'androne. Un vociare concitato e teso si avvertiva più in alto. Incrociò un paio di funzionari azzimati, che scendevano velocemente le scale.
Arrivato alla porta, altro sbarramento.


Questi sono i servizi di sicurezza... pensò il commissario. Non gli andava di parlare. Tirò fuori il suo documento. Stessa scena di due piani più sotto.
Entrò nell'appartamento, trovò poliziotti, agenti in borghese, eleganti funzionari del ministero degli esteri, strani tipi che classificò come agenti dei servizi.
- Commissario... finalmente!
Era il suo capo il giudice istruttore che era a braccetto con il commissario François Lazard, capo della polizia politica.
- Giudice... oh... François... - il commissario fece un cenno di saluto.
- Siamo in un bel pasticcio...
- Già... ma giù, sotto, non ho visto la stampa.
- Quella l'abbiamo per fortuna scampata. Pensa la coincidenza, questa donna si chiama Renard, proprio come il ministro. Abbiamo detto che era una cugina, affetta da manie suicide...
- Quanto reggerà?
- I servizi ci stanno lavorando... vecchie catelle di dimissione da case di cura psichiatriche, certificati di psicoterapeuti, il tipo di medicine che diremo di aver trovato in casa... insomma si fà quel che si può...
Era Lazard che aveva spiegato con una smorfia di compiacimento.
- Giudice io allora che posso fare? - disse il commissario con l'aria di dire "allora qui non servo - vedo che ci sono anche i servizi segreti...
- Quelli fanno il loro lavoro. Ma lei con Lazard dovrà trovare l'esecutore materiale e poi vedremo per i mandanti... ma credo che quelle saranno gatte da pelare per i servizi...
Il commissario emise un brontolìo che poteva essere inteso con un segno di assenso o come disapprovazione... Già a lui competeva il lavoro di bassa lega... trovare il killer, motivazioni e mandanti era compito di altri. Ma tutto sommato, non gli dispiaceva. Non gli era congeniale trovarsi nei contorti, fumosi e falsi circoli viziosi della politica, anzi dello spionaggio...
- Allora mettiamoci al lavoro.. Caro François raccontami tutto dall'inizio.
- Antoine Renard, 56 anni, figlio del filosofo Pierre Renard, carriera diplomatica in varie ambasciate in tutto il mondo, poi entra nel partito socialista. Intelligente, colto, grandi esperienze all'estero, non molto compromesso con i giochi della politica, diventa ministro nell'attuale governo. Sposato, con una psichiatra, la dottoressa Michelle Benoit, due figli, vive in una tenuta di campagna appena fuori Parigi. Ha un piccolo appartamento in centro, dove per esigenze di lavoro passa quasi tutta la settimana...
- E la "cugina"?
- Ah..ah! La "cugina"... beh mademoiselle Marguerite, 36 anni, era la sua amante da quattro, si vedevano spesso in questa casa il cui contratto d'affitto è intestato a lei... ma è lui ovviamente che provvede a pagare tutto...
- Ipotesi sul movente?
- Per ora solo il ricatto... la Marguerite sembra non avesse grandi rapporti sociali, nè amanti precedenti, né strani giri... ma stiamo ancora controllando.
- Magari il ministro porebbe averle detto qualcosa che lei non avrebbe dovuto sapere... non c'è solo il ricatto...
- Il giudice ha parlato con il ministro che, a detta sua, é stato molto collaborativo e niente affatto preoccupato che questa storia extraconiugale diventi pubblica... 
- Torniamo alla vittima... sapete già chi era, cosa faceva fino a quattro anni fa', prima di diventare l'amante del ministro?
- Era segretaria di produzione in una casa cinematografica. Con il ministro si sono ufficialmente conosciuti a Cannes, durante un'edizione del Festival Internazionale del Cinema...
- Perché dici "ufficialmente"?
- Perché è quello che afferma il ministro, ma non abbiamo ancora verificato...
- E questa coincidenza dello stesso cognome?
- Beh... Renard è assai comune e poi all'anagrafe di Montpellier così risulta...
- Ah lei è di Montpellier?
- Sì, si è trasferita a Parigi per fare la scuola di cinematografia a vent'anni...
Maigret aveva ricominciato a fumare. La scientifica aveva completato i suoi rilievi e anche i diplomatici erano spariti. Restavano un paio di uomini in borghese, sicuramente dei servizi che frugavano qua e là e parlottavano tra loro.
- Allora io vado... - disse Lazard ad alta voce. Poi rivolto a Maigret - Ci sentiamo presto...
Il commissario si era piazzato davanti alla finestra da cui si vedeva la bella piazza des Vosges, con il suo giardino, i suoi portici... c'erano un paio di tizi che andavano su e giù con un'aria che voleva essere indifferente. Ma Maigret aveva capito che erano colleghi di quelli che ancora erano nell'appartamento.
Strano... era il primo caso in cui gli capitava di vedere così tanti agenti dei servizi segreti. Aveva già svolto indagini in casi che vedevano coinvolti politici, ma mai uno spiegamento tale da parte del Deuxième Bureau. Certo ora si trattava di un ministro, per di più degli esteri, ma tutta quella agitazione gli sembrava comunque insolita.
Poi i due se ne andarono borbottando un saluto.
Maigret rimase solo nell'appartamento. Si sedette sul divano. C 'erano due o tre cose che gli giravano per la testa.
Innanzitutto quella strana identità di cognomi... Come aveva affermato Lazard era un cognome molto diffuso, ma comunque le probabilità che due amanti avessero lo stesso cognome erano molto poche.
Poi, come aveva detto il commissario della Politica del ministro?... "niente affatto preoccupato che questa storia extraconiugale diventi pubblica..."
Altra cosa strana. Se era sposato, aveva una famiglia... insomma almeno qualche imbarazzo... a meno che... la moglie non sapesse già tutto, che la famiglia felice fosse una rappresentazione per non rovinare l'immagine del ministro...
E poi tanta attenzione da parte dei servizi poteva implicare qualche segreto cui il commissario ben difficilmente avrebbe avuto accesso... eppure quella era un elemento centrale... da considerare o da escludere...
Fece un giro nell'appartamento, ma con la sensazione che lì c'era poco o nulla da  tirar fuori.... Osservò a lungo una fotografia della vittima, Una bella donna, ma non appariscente, signorile, dava l'impressione di una persona molto riservata... forse era davvero una vittima estranea a chissà quali intrighi....
Si avviò giù per le scale convinto che anche questa volta, come in altri casi politici, lui sarebbe rimasto con un pugno di mosche in mano.
Passò in ufficio. Non parlò del caso con i suoi ispettori. Fece un paio di telefonate a dei suoi informatori. Poi salutò tutti e tornò a casa.
Appena infilate le chiavi nella toppa M.me Maigret gli aprì la porta.
Gli prese il cappotto e il cappello, mentre lui andava in cucina a vedere cosa era in cottura per la cena.
- Sei tu che ti occupi dell'omicidio di quella donna?... E' vero che era un cugina del ministro degli esteri... Quel bell'uomo...
- No... cioè dovrei...  ma c'è di mezzo la sezione Politica, i servizi segreti... un politico, una donna del cinema e chissà quale segreto... no... ho intenzione di tenermene alla larga... sì, farò vedere che mi muovo... Sono quei casi in cui alla fine non si approda mai a nulla o ti mettono il bavaglio con il pretesto del segreto di stato... No, non mi va proprio di averci a che fare...
Si mise in poltrona a sfogliare il giornale, mentre la moglie apparecchiava. Poi fece onore alla soupe d'oignons, al piatto di formaggi e alla crema alla vaniglia. Andò a letto presto e la mattina seguente si alzò altrettanto presto.
Arrivò ad un ora in cui Quai des Orfévres era ancora deserta.
Si era seduto da qualche minuto alla sua scrivania quando suonò il telefono.
Era uno degli informatori chiamati la sera prima.
- Commissario...
- Lapin...
- Posso parlare?
- Vai tranquillo.
- Il mio contatto alla Cine Star Production, mi ha detto che la Renard vi ha lavorato solo per sei mesi, poi fu licenziata per una storia di droga...
- Ma in  quell'ambiente non mi pare che sia un problema...
- Certo che no, commissario... ma questa Marguerite aveva coinvolto il figlio del produttore, Charles Sollier, che poi finì in un clinica...
- E non ci fu una denuncia?
- No. Vollero evitare lo scandalo e forse anche che la polizia mettesse il naso negli affari di famiglia...
- ... e allora che faceva per vivere la Renard?
- La mantenuta... prima con un vecchio barone che finanziava qualche film, poi con un deputato della commissione cultura e quindi con il ministro... ma...
- Ma?
- Ma quando ancora non era ministro.
- Quindi ben più di quattro anni fa'...
- Eh sì, almeno dieci...
- Più che un'amante, una seconda moglie....
- Ma i suoi colleghi tutte queste cose non le hanno scoperte?
- Forse sì, forse no... ma di sicuro nessuno mi ha detto nulla.
- Io non so dirle altro...
- ... Lapin sei stato prezioso come al solito. Vanti un bel credito a questo punto... eh?
- Commissario, al suo buon cuore...
- Tanto prima o poi ne avrai bisogno, caro Lapin... come vanno i tuoi traffici con le vecchie monete rare...
- Beh... ne parliamo magari un'altra volta... ad un tavolino con due bicchieri di calvados...
- Alla prossima allora
- Alla prossima, commissario.
Aveva appena chiuso la comunicazione che bussarono.
Era il piantone.
- Commissario, hanno portato questa per lei... c'è scritto "urgente".
- Chi l'ha portata?
- Un ragazzino...
- Grazie.
Capì che gliela mandava il "Consigliere". Era l'altro suo informatore, tuttofare di un sottosegretario agli interni. Riusciva a cavare informazioni anche dai marmi del suo ministero. L'aprì. Era telegrafica.
"Il ministro Renard non risulta sposato, con la dottoressa Benoit. I figli sono adottivi. E' una copertura per la psichiatra che è in realtà è un agente in forza ai servizi segreti fedeli al Presidente. Renard doveva rimanere un semplice deputato. Ma spalleggiato dal primo ministro, che era sotto il mirino dei servizi e aveva voluto tutelarsi, l'aveva nominato agli esteri. Sembra sia in collegamento con altre potenze straniere amiche del primo ministro, nemiche del Presidente. Questo ha creato problemi tra il dottor Renard e la dottoressa Benoit. Ma la messa in scena deve continuare. Marguerite Renard non era coinvolta. Voci dicono che senza la copertura che obbliga il ministro, i due si sarebbero anche sposati. L'uccisione della Renard non rientra nella guerra sotterranea tra Presidente e primo ministro. Firmato: il Consigliere".
Doveva pensare. Decise di scendere giù alla Brasserie Dauphine per prendere un caffé. Nel corridoio incontro i suoi ispettori che arrivavano.
- Buongiorno capo... Così presto... Problemi?
- No... solo qualche grattacapo. Tra mezz'ora riunione nel mio ufficio.
Seduto alla brassserie cercò di mettere insieme le informazioni ricevute. Un amore vero, almeno così sembrava, tra il ministro e la vittima. Una famiglia finta a scopi politici. Una guerra sotterranea tra Presidente e il primo ministro, di cui però non conosceva i motivi e mai li avrebbe conosciuti.
Ma perchè l'assassinio della Marguerite che sembrava estranea al tutto? Sembrava proprio un avvertimento ad Antoine Renard. Colpivano l'amante e non la finta moglie. Era un omicidio mirato di gente che sapeva.
Rientrò in ufficio. Fece la riunione con i suoi ispettori cui affidò compiti di ordinaria amministrazione. Poi come preso da una strana sensazione, decise di tornare alla casa di Marguerite Renard.
Arrivò al portone e si fermò. Iniziò a far su e giù per place des Vosges. Iniziò ad osservare i palazzi. Alcuni di essi si somigliavano... Poi la sua attenzione si spostò sui portoni. Sotto i portici, anche i portoni non erano poi così diversi. Piano piano si fece un'idea. Iniziò a guardare i campanelli dei citofoni e i relativi nomi. Ad un certo punto fece un salto.
Marcelline Renard.
Senza nemmeno pensare suonò.
Nessuno rispose.
Suonò ancora. Ancora niente.
Si avviò a passo spedito verso il caffé più vicino. Entrò come un treno. Davanti al bancone tirò fuori il tesserino
- Commissario Maigret della polizia giudiziaria. Mi serve subito il telefono.
Il banchista, senza dire una parola, si asciugò le mani sul grambiule e gli fece strada verso un corridoio buio, con un lampadina fioca proprio sopra un apparecchio telefonico.
- E' Maigret che parla, passatemi Lucas.
Dopo qualche secondo la voce del suo ispettore.
- Capo...
- No. Stammi bene a sentire. Tu vieni subito qui a places des Vosges, al n° 163. Invece Torrence e Janvier devono fare ricerche su Marcelline Renard, residente all'indirizzo che ti ho detto....
- No... non so altro... Tra mezz'ora richiamo per sapere informazioni. E tu sbrigati.
Tornò davanti al portone. Civico 163, Marcelline Renard. Civico 136, Marguerite Renard. Palazzi molto simili. Portoni di legno massiccio, marroni, targhette dei nomi incorniciate dello stesso luccicante ottone.
Dopo una ventina di minuti arrivò Lucas su una piccola vettura nera che gommava sull'asfalto.
- Eccomi capo.
- Allora dobbiamo entrare in casa di questa Marcelline Renard. Suono da mezz'ora ma non risponde nessuno...
- Crede sia morta?
- Ma no...  Non lo so... non credo a niente. Voglio solo vedere.
- Lucas suonò ad un campanello a caso.
- Chi è?
- Polizia giudiziaria... Aprite!
La serratura del portone scattò e i due si gettarono sulle scale.
- Qualcosa mi dice che è al secondo piano.
All'interno 4 trovarono infatti la targhetta con scritto Marcelline Renard.
Suonarono, ma nel contempo Lucas si mise ad armeggiare con dei passpartout. Dopo qualche minuto la serratura si sbloccò.
Entrarono in un'appartamento arredato lussuosamente. Fin troppo. Broccati, argenterie, specchi, mobili lucidi, tappeti morbidi. Lucas accese le luci e la casa apparve in tutto il suo splendore. Dopo il vasto ingresso, un grande salone con diversi divani, una vetrata a parete e una vista su un giardino interno. Dall'altra parte della casa un lungo corridoio portava ad una sorta di appartamento. una stanza da letto, un bagno, una cucina con sgabuzzino e una sorta di studio.
- Sembra una  casa di rappresentanza... pensata per ricevere... - mormorò Lucas un po' frastornato - certo qui è tutto in disordine mentre all'entrata regna un'ordine...
- Già hai detto bene.... una casa per ricevere... per appuntamenti...
- Una prostituta?
Magret aveva adocchiato un telefono. Alzò la cornetta... funzionava. Si fece passare Janvier.
- Salve capo...
- Cosa hai scoperto?
- La Renard riceve in casa. Non è una prostituta da strada, solo una volta per caso è incappata in una retata, era in un bistrot con un amico e fu presa insieme alle altre...
- Ha un protettore?
- Sì e no. Diciamo che per le notizie racolte dal commissariato di quartiere, prima era la mantenuta di un ricco industriale. Questo poi è caduto in disgrazia ed è diventato il suo protettore che ora riceve in un appartamento a Place des Vosges.
- Nessuno ne ha denunciato la scomparsa... no?
- No, non risulta...
- Hai altre informazioni?
- Solo che gli inquilini hanno protestato più volte con il commissariato di quartiere per il viavai di uomini e poi ultimamente sono stati chiamati per un violento litigio, urla, rumori....
- E che hanno trovato?
- Erano la Renard e il suo protettore che litigavano furiosamente... sono stati portati in commissariato, identificati e poi rilasciati.
- E lui come si chiama?
- Rocard, Philp Rocard, quello della ex-fabbrica di lucidi da scarpe Rocard...
- Bene, cercatelo e, appena trovato, portatelo nel mio ufficio.
Lucas lo guardava con curiosità. Erano tanti anni che lavorava con Maigret e aveva imparato a seguire i ragionamenti del suo capo, anche quando questi li teneva per sè. Ma adesso non si raccapezzava.
I due finirono in un bistrot a bere una birra e poi tornarono in taxi a Quai des Orfèvres.
Maigret non dovette attendere a lungo. Poco più di un'ora. Nel frattempo era arrivato il referto del medico legale.
Rocard era stato trovato a giocare in una bisca clandestina, o meglio l'aveva beccato una retata. La polizia teneva d'occhio da tempo quel retrobottega e  aspettava solo il momento giusto. E in quel momento anche Rocard era lì a tentare, invano, la fortuna.
Quando fu portato nell'uffcio di Maigret ancora protestava, si divincolava. Lo misero seduto davanti al commissario.
- Silenzio! Lucas, manette!
Quell'inizio calmò i suoi ardenti spiriti.
- Allora da quanto tempo sei il protettore di Marcelline?
- Ma quale protettore... io sono il suo benefattore... L'ho mantenuta...
- Sì lo sappiamo, ma ora è lei che mantiene te, con il mestiere più antico del mondo...
- Ma cosa ha capito, signor commissario... il nostro è un rapporto tutto particolare io e Marcelline...
- Perchè litigavate? Se non sbaglio siete finiti in commissariato?
- Ma era una sciocchezza...
- Qui c'è la deposizione di Marcelline, dice che la volevi uccidere...
- Ma che stupidaggini... Le pare che potrei... la mia amata Marcelline...
- Già ma da questo rapporto risulta che la sua amata Marcelline aveva trovato un'altra persona... un ricco comerciante di stoffe...
Rocard finse di cadee dalle nuvole.
- Non è vero che la tua "amata" voleva smettere di fare la prostituta?
- Prostituta... ma che dice? Riceveva di tanto in tanto qualche amico...
- Rocard non ho tempo da perdere e non mi va di essere preso in giro da uno come te...
- Ma le posso spiegare...
- No, sono io che te lo spiego. Tu eri il protettore e Marcelline faceva la prostituta. Adesso lei aveva conosciuto questo ricco signore e voleva tornare a fare la mantenuta come ai vecchi tempi, quando tu eri ricco e titolare della fabbrica. Insomma ti voleva lasciare e tu non ci stavi a rinunciare alla tua gallina dalle uova d'oro...
- Ma io, commissario...
- Taci. Tu, Rocard, l'hai minacciata di ucciderla se si fosse messa con quel commerciante di stoffe. E vero o non è vero? Pensaci bene prima di rispondere perchè abbiamo delle prove...
- Ma quando si litiga si dicono delle cose che non si pensano, come avrei potuto...
- Con un killer, Rocard... non mi dirai che non avresti saputo dove trovarlo?
Rocard tacque.
- E infatti sono un po' di giorni che ti fai vedere in case da gioco clandestine, alle corse dei cavalli, nelle balere... come se avessi deciso di metterti in bella vista...
- Ma cosa c'entra questo?
- C'entra, c'entra. Perché hai assoldato qualcuno per uccidere Marcelline, ma preoccupandoti del tuo alibi. Ci sarebbe sempre stato qualcuno che avrebbe testimoniato a tuo favore...
- Ma lei non ha le prove...
- E invece sì... Abbiamo preso il killer perchè tu ti sei affidato a un poveraccio come te e non un ad professionista. E quell'imbecille invece di andare al 163 di place des Vosges, è andato al 136. Per una coincidenza c'era una Renard, che abitava pure al secondo piano e il suo nome iniziava per M, ma non poteva essere Marcelline, infatti era Marguerite.
Ma il tuo killer era troppo dilettante e troppo agitato per rendersi conto delle differenze, figuriamoci con quella coincidenza... Un tipo così cosa ci vuole a prenderlo...
- Allora Richou ha ammazzato un'altra persona... Marcelline è viva?... L'avete preso... ha fatto il mio nome.... e così?
Maigret lo guardava imperturbabile. Una pesante cappa era calata sulla stanza.
Rocard si guardava in giro. Maigret, Torrence, Janvier... si sentiva ormai in trappola....
Maigret gli mise sotto il naso un foglio e una penna.
- Scrivi tutto, come è successo, i nomi, i giorni... non ti scordare nulla... chissà che il giudice non creda che tua abbia collaborato.
Maigret si alzò e uscì dall'ufficio, mentre Rocard già stava scrivendo alacremente la sua confessione.
Mentre tornava a casa Maigret pensò, con un risolino malizioso, a come avrebbe smontato davanti al giudice il complesso caso politico. Un poco di buono, una banale coincidenza di cognomi e la fatalità di un destino da cui non c'è quasi mai scampo.

venerdì 3 maggio 2013

SIMENON E IL CASO CENTRAL HOTEL


Isola di Porquerolles. Maggio del 1933. Simenon di ritorno dal suo tour africano inizia a scrivere. Primo romanzo  Le coup de lune (Fayard) tratto dalle esperienze di quel viaggio. Seguiranno, 45° à l'ombre (1936) e Le Blanc à lunettes (1937).
Ma torniamo alla primavera del '33, quando nella sua amata isola, Simenon completa la stesura del romanzo in cui racconta tra l'altro la sua sosta nel Gabon, a Libreville, durante la quale alloggiò al Central Hotel.
Nel romanzo la parte che riguarda questa esperienza è quasi un diario. Simenon non é solo ricco di particolari, ma utilizza gli stessi nomi e anche quello dell'albergo che chiama appunto Central.
Ma il problema è che questa descrizione è abbastanza sferzante. Di certo in linea con il suo parere sui coloni europei in Africa, di cui non perdeva occasione di stigmatizzarne i comportamenti, per ridicolizzarne le abitudini e per condannarne la mentalità. E anche in questo caso non ci andò certo leggero: nel romanzo se la prende un po' con tutta la comunità, parlando di gente senza scrupoli, di dubbia moralità, che per i propri scopi non si sarebbe fermata  di fronte a nulla, gentaglia di facili costumi...
Quando il romanzo iniziò a uscire sul settimanale di casa Fayard, Le Candide, creò un certo scompiglio nella comunità di Libreville, sfociando in un'azione legale per diffamazione, che fu capeggiata dalla vedova Mercier, proprietaria del Central Holtel, dove appunto Simenon aveva soggiornato.
Gli elementi c'erano tutti. Il romanziere, come abbiamo detto, non solo era andato giù persante, ma era stato dettagliato al punto di non cambiare nemmeno certi nomi. Questo rendeva facile l'azione legale con cui si reclamavano 200.000 franchi tra danni e interessi e anche il sequestro del manoscritto.
Il processo andò un po' per le lunghe tra l'accusa che spingeva sulla diffamazione data l'indubbia riconoscibilità delle persona e dei luoghi nel romanzo di Simenon, la difesa che batteva sul tasto del diritto di cronaca, cioè la libertà dello scrittore di descrivere quello che aveva realmente visto, i magistrati che non avevano avuto tempo e voglia di leggere il libro e l'assenza per un periodo del Presidente.
Insomma la suspense c'era tutta. Simenon per la prima volta si trovava a trattare con la giustizia in veste di imputato. Alla fine arrivò la sentenza.
La signora Mercier non era stata diffamata dato che il suo nome  non appariva mai nel libro. Simenon era prosciolto e la querelante condannata a pagare le spese processuali.
Un po' di fortuna, la bravura del suo avvocato, Maurice Garçon, la benevolenza della corte... insomma tutto concorse alla migliore conclusione del processo. Ma lasciò un segno su Simenon che divenne molto più prudente e accorto nel nominare posti e persone e iniziò ad esplicitare sempre che si trattava di vicende e personaggi di pura fantasia.


martedì 30 aprile 2013

SIMENON. IL METODO MAIGRET E' IL METODO DEI ROMANZI?

"Non c'é nulla che assomigli ad un romanzo quanto un'inchiesta di polizia".
Questa frase detta a Roger Stephan nel '63 è forse la chiave per capire perchè, per passare dalla letteratura popolare al romanzo, Simenon scelse come fase intermedia proprio ll romanzo poliziesco. Visto che nella produzione che va circa dal '22/'23  fino al '30/31 lo scrittore scriveva su commissione e aveva dovuto cimentarsi praticamente con tutti i generi letterari, la sua scelta poteva cadere sui romanzi sentimentali. Anche lì avrebbe potuto approfondire lo spessore psicologico dei personaggi e narrare vicende di passioni umane come poi avrebbe fatto nei romanzi.
Quindi perchè il poliziesco, anche se estremamente sui generis?
Ma poteva optare anche per i racconti di viaggio che prima scriveva con l'atlante Larousse davanti agli occhi, mentre poi sarebbero stati supportati dall'esperienze di viaggio in tutto il mondo che avrebbe fatto negli anni successivi. Anche lì avrebbe potuto sviluppare una galleria di personaggi diversi da tutti gli angoli del mondo ... una sorta di preparazione alla famosa "ricerca dell'uomo nudo".
E invece no, il poliziesco.
La frase che abbiamo riportato all'inizio è una buona spiegazione. Soprattutto riferita al poliziesco di Simenon.
Diciamo forse meglio che le inchieste come ce le racconta lui sembrano lo specchio di come lui stesso scriverà i propri romanzi. Il suo Maigret non ha un metodo ben preciso, anzi il suo metodo e di non averne affatto. E' come quando Simenon si metterà a scrivere con una vaga idea di partenza e alcuni appunti fissati sulle  famose buste gialle. Non saprà mai dove lo porterà la vicenda e il suo protagonista e non immaginerà quale sarà il finale.
Simenon vivra ogni volta una sua trance creativa, del tutto inconscia, entrando nel famoso état de roman
Il commissario, quando giunge sul luogo del delitto, non fà nulla. Si guarda in giro, osserva la gente, presta distrattamente ascolto alle fasi degli altri poliziotti e se qualcuno gli chiede cosa pensa, risponde "Nulla." E a chi gi chiede di chi sospetta risponde "Di tutti.". Un modo come un altro per non farsi disturbare perché in realtà in quella fase Maigret non è che non faccia proprio nulla ma, come dice il suo stesso creatore, si sta impregnando... Della mentalità del posto, del modo di vivere dei locali, delle dinamiche che intercorrono tra familiari, amici e colleghi della vittima. Non deve capire nulla. Deve arrivare a pensare come loro e quindi poi come il colpevole. Lo stesso procedimento che lo scrittore userà entrando nella pelle del protagonista del suo romanzo.
Altri tratti comuni. Il famoso "capire e non giudicare" del commissario Maigret, viene dalle profonde convinzioni di Simenon che l'uomo non è poi così responsabile delle sue azioni, vincolato da un destino ineluttabile. Che i giudici non sono i migliori "giudicanti", giungendo alcune volte a sostenere addirittura  che a suo avviso a presiedere i tribunali dovrebbero essere degli pischiatri o gli psicaoterapeuti e non i magistrati. E Maigret non a caso è soprannominato "l'aggiustatore dei destini", perché quando crede che la giustizia, con i suoi strumenti, non potrà  capire e non potrà quindi essere "giusta", quando può mette le sue mani al posto giusto e le vicende prendono un'altra piega.
Insomma il poliziesco alla Maigret sembra procedere proprio come Simenon procederà nella stesura dei suoi romanzi futuri. Una preparazione non solo letteraria quindi quella "semi-letteratura" dei Maigret, ma un vero e proprio
paradigma del futuro metodo per scrivere i propri romans-durs
Sono aperte le confutazioni a questa teoria!

lunedì 29 aprile 2013

SIMENON. NOVITA': UN FILM DA "LA CHAMBRE BLEUE"

Poche notizie al riguardo. Un annuncio fatto dal settimanale francese Les Inrockuptibles. Nessuna traccia sulla bibbia on line del cinema mondiale, www.imdb.com, e nemmeno sul nostrano MYovies. Insomma la notizia è confermata solo dalla presenza della produzione del film sul sito della Alfama Films.
Stiamo parlando della trasposizione cinematografica de La chambre bleue, scritto da Simenon nel 1963, uno dei romans-durs che lo scrittore portò a termine ad Epalinges (Losanna).
Secondo le scarse notizie raccolte, la coppia impegnata in questa produzione sarebbe composta dal produttore Paulo Branco e l'attore e regista Mathieu Alamric (produzione la già citata Alfama Films). Nulla si sa del cast, della location e delle date (forse le riprese avranno inizio ai primi di luglio). L'unico elemento  trapelato riguarda il fatto che dovrebbe essere un film low-budget, da girare in pochi giorni (il romanzo fu scritto in tredici giorni) senza nemmeno attendere i finanziamenti statali, svincolando la produzione da tutte le regole e le pastoie burocratiche, secondo le intenzione di produttore e regista.
Il romanzo è una storia nera di due "amanti sfrenati", come li definisce il romanziere, persi nel piacere totale "... senza retro-pensieri, al quale non segue né il disgusto, né imbarazzo, nè stanchezza..." che si dipana tra le morti dei ripettivi mariti e moglie, e si conslude con l'inevitabile epilogo giudiziario.
Questa è una breve anticipazione e seguiremo con attenzione gli sviluppi, per un film che dovrebbe riportare le storie di Simenon sul grande schermo dopo una quindicina d'anni.

domenica 28 aprile 2013

SIMENON. LOCANDA CON VISTA SULLE... CLASSIFICHE

E' il più recente Maigret, uscito circa un paio di settimane fa'. Come al solito le classifiche iniziano a registrarlo.
Lo troviamo infatti sul TuttoLibri de La Stampa di ieri, dove nella sezione Tascabili, occupava il nono posto. Altro debutto su La Lettura del Corriere della Sera odierno, stavolta alla decima posizione nella Narrativa Straniera.
Se passiamo ai libri venduti sul web troviamo che nella classifica I.B.S. La Locanda degli annegati occupa il secondo posto della Top Ten. Su Amazon, invece è ben più indietro e occorre arrivare sino al 22° posto. Buona invece la quarta posizione occupata sulla classifica di Feltrinelli.it. Appuntamento al prossimo weekend, per un aggiornamento.

venerdì 26 aprile 2013

SIMENON... NE HO SEMPRE UNO SUL COMODINO

Siamo su un terreno che ben poco ci compete e nemmeno tanto congeniale. Ma un breve post abbiamo deciso di scriverlo lo stesso. Ebbene sì, si tratta di politica. E per di più di un tema che in questi giorni gode, come si dice, di una sovraesposizione mediatica. Lui é Enrico Letta. Il motivo per cui si parla di lui (lo sanno tutti) è perchè riveste la funzione di Presidente del Consiglio incaricato di formare un nuovo governo, tema in cui non vogliamo addentrarci, soprattutto qui, in questa sede.
Citiamo il forse-futuro premier perchè, tra i vari profili che giornali, radio e tv hanno tracciato di lui, abbiamo scorto anche un paio di righe sul suo coté personale in un articolo che ieri gli ha dedicato Il Mattino di Napoli, a firma Gigi di Fiore.
"... l’autore che ha sempre sul comodino è Georges Simenon. Non solo per Maigret, ma anche per i suoi romanzi non gialli...".
Insomma Enrico è uno di noi. Prima di prendere sonno, prende un... Simenon. Non suoni questo come un endorsement, come è di moda dire oggi in politica, è solo una semplice constatazione. D'altronde abbiamo sentito e letto di altri politici che, nel bene e nel male, per un verso sono anche persone normali, con preferenze e passioni, culinarie, calcistiche, musicali e letterarie e anche appassionati simenoniani. E visto la popolarità di Simenon, la cosa non ci sorprende più di tanto.
Girano delle voci. Anzi occorrerebbe specifiare delle malelingue. Sembra, ma non c'è nessuna conferma, che in questi giorni il libro di Simenon che è sul comodino di Letta, sia un romanzo, scritto  nel novembre del '55, a Cannes, En cas de malheur, che in italiano suona In caso di disgrazia.

giovedì 25 aprile 2013

SIMENON, DURRENMATT... LA PROMESSA DEL DESTINO


Simenon e Dürrenmatt, ne abbiamo già parlato tempo fa' in un post intitolato Simenon, il polar e Dürrenmatt. Oggi vorremo occuparci di un'analogia di fondo che ci si è riproposta rivedendo la versione cinematografica de La promessa dell'attore-regista Sean Penn che nel 2001 portò sul grande schermo una seconda versione dell'omonimo romanzo. La prima in realtà era stata un film tedesco del regista Ladislao Vajda Il mostro di Mägendorf del '58, per cui lo scrittore drammaturgo svizzero aveva scritto la sceneggiatura. Da quella poi  nascerà il romanzo Das Versprechen che è uno dei più significativi titoli dello scrittore e drammaturgo svizzero. Dürrenmatt mette in campo l'assoluta preminenza del caso, o del caos, rispetto alla razionalità con cui l'uomo vorrebbe spiegare e alla quale vorrebbe ridurre le vicende umane.
Nel romanzo infatti una giusta intuizione di un ex-poliziotto, contro le convinzioni dei suoi ex-colleghi, porterebbe alla cattura di un pedofilo, stupratore e omicida seriale. La sua intuizione è corretta. Ha dei riscontri che la rendono valida. E la sua sensazione, la sua esperienza gli dicono che è sulla pista giusta.
Riesce anche a convincere i colleghi a fare un appostamento per catturare quel mostro, ma... ma ecco che il caso vanifica tutto. Il pedofilo che effettivamente stava recandosi all'appuntamento con una bambina, ha un'incidente sulla strada, la sua auto brucia completamente e lui stesso arde nel rogo. L'appostamento dura più del previsto e quindi i poliziotti, convinti che il loro ex-collega sia ormai fuori di testa, abbandonano l'operazione e tornando indietro incrociano l'incidente in cui il pedofilo è morto, senza accorgersi di essere passati così vicini alla verità. Il caso quindi sovrano. E in questo rientra anche la follia in cui pian piano il protagonista scivola, prigioniero di una razionalità che il caso vanifica e scombina, facendo sembrare errate e senza senso le pur giuste convinzioni dell'ex-poliziotto e portandolo fuori di senno.
Se alla parola caso, sostituiamo "destino", ci ritroviamo subito in territorio simenoniano, dove una gran parte delle vicende dei suoi romanzi vedono i protagonisti nelle mani del destino, senza che possano far valere la propria volontà e spesso vittime di un meccanismo che li travolge e che si mette in moto per una stupida coincidenza, o in conseguenza di un fatto senza valore.
Ma a fare da denominatore comune tra Simenon e Dürrenmatt c'è anche la considerazione della giustizia che per entrambe spesso non riesce a cogliere il vero senso delle vicende umane, le motivazioni psicologiche del reato, troppo spesso indipendente dalla volontà dell'accusato, il quale non di rado diventa vittima prima del destino e poi di un giustizia, perlomeno miope. Simenon mette in campo il suo commissario Maigret che viene soprannominato "aggiustatore dei destini" che quando può, per quello che può, cerca di raddrizzare le cose secondo una sua idea di giustizia nata dalla conoscenza dell'accusato, spesso grazie alla sua identificazione con questo. Dürrenmatt è più pessimista: "il caso", scompagina ogni pretesa di logica e di razionalità.
D'altronde Simenon ebbe parole d'elogio per lo scrittore svizzero, soprattutto dopo la lettura de Il giudice e il suo boia (Der Richter und sein Henker
- 1950), prevendo per lui un interessante futuro. Sia pure in modo diverso, i due sono due giallisti sui generis e, come abbiamo visto, con diversi punti in comune, non ultima la vicinanza geografica visto che vivano entrambe in Svizzera, Dürrenmatt per lungo tempo a Neuchatel fino alla sua morte (1990) e Simenon a nemmeno 100 chilometri più a sud, Losanna e dintorni, dal 1957 fino alla sua scomparsa (1989).

mercoledì 24 aprile 2013

SIMENON... ADIEU A L' ETAT DE ROMAN....

Simenon è prossimo ai settant'anni. Oramai vive con la sua ultima compagna Teresa, nella grande villa di Epalinges. La sua attività letteraria procede con il solito ritmo. Un Maigret e un roman dur, diverse interviste, qualche  conferenza... A febbraio del '72 è uscito il suo romanzo Les Innocents, come al solito con Presses de La Cité e a luglio l'inchiesta del commissario Maigret et M. Charles. Passata l'estate, lo scrittore si accinge a iniziare il suo prossimo romanzo. Era la mattina del 18 settembre quando entrò nel suo studio e si mise  a lavorare sul personaggio che avrebbe potuto chiamarsi Oscar o Hector... ma he alla fine divenne Victor, che sarebbe potuto essere anche il titolo del romanzo, ma queste erano questioni che avrebbe deciso a stesura conclusa. D'altronde si trattava di un nome che gli piaceva. Già l'aveva utilizzato per altri personaggi dei suoi romanzi, anche se mai per un protagonista. 
Evidentemente non era ancora il momento dell'état de roman. Siamo nella fase di preparazione, il nome, le indicazioni principali dei legami familiari, alcune caratteristche, l'ambiente della vicenda... Tutte appuntate come al solito in quelle buste gialle, con rimandi, sottolineature, frecce, cancellature...
Abbiamo qualche indicazione di quegli appunti. C'è un Gabriel Cavelli, figlio di un'ispettore di polizia e sua moglie Nerthe Chandolin. Il loro figlio (1908) Raymond  a 27 anni sposa Martine de Brass. La vicenda si svolge a Parigi e l'ambiente è quello di una famiglia di legali. C'é di mezzo un omicidio, una moglie che quindi sconta dieci anni di prigione per aver ucciso il marito...
Ma Simenon aspetta il famoso declic, quello che fà scattare l'état de roman e iniziare la stesura della storia. Non solo non arriva il declic, ma giunge la telefonata di Denyse che lo irrita e lo indispone. Simenon in un primo momento arriva a spiegare che proprio questo è il motivo per cui la storia non riesce a partire. Ma poi ammette che ci sono altri motivi. Ad esempio, una stanchezza accumulata in quarant'anni di scrittura, in quarant'anni in cui entrava nella pelle dei suoi personaggi, quarant'anni di sedute di scrittura tirata che duravano dai sette ai dieci giorni, in cui dimagriva sette/otto chilogrammi. Una stanchezza che forse già si era manifestata, ma che ora esplodeva in tutta la sua pesantezza e che non lo rendeva più capace di sostenere quegli sforzi. Insomma dopo un paio d'ore c'era ancora soltanto un nome "Victor", per il resto nulla.
Quel giorno andò così. In quello successivo le cose non cambiarono e Simenon pensò che era ora di smettere. Non sarebbe stato più un romanziere. Fu una decisione rapida, soprattutto rispetto alla sua attività inziate nel 1922 cioè mezzo secolo prima. Come sarebbe stata la sua vita? Simenon si pose questa domanda? Non lo sappiamo. Certo è che un periodo della sua vita, anzi potremmo dire che tutta la sua vita di scrittore finiva lì. Simenon non sapeva che sarebbe morto dopo diciassette anni. Doveva superare ancora prove terribili come il suicidio di sua figlia Marie-Jo nel '78, ma avrebbe scritto ancora due libri importanti. Non romanzi, ma opere autobiografiche che ci dicono molto di lui e della sua vita: Lettre à ma mére (1974) e Mémoires intimes (1981).

martedì 23 aprile 2013

SIMENON SIMENON E LA GIORNATA MONDIALE DEL LIBRO

Buon libro a tutti! Simenon-Simenon non poteva mancare di ricordare la giornata mondiale del libro, parlando tutti i giorni di un signore che di libri ne ha scritti e ne ha fatti stampare in moltissimi paesi del mondo e ne ha fatti leggere a centinaia di milioni di persone.
Già per secoli i libri sono stati più o meno gli stessi. Sono cambiati i sistemi per stamparli, è cambiata la carta di cui sono fatte le loro pagine, si sono sperimentati nuovi materiali per le copertine, nuovi sistemi per la rilegatura. Ma l'oggetto finale è rimasto più o meno lo stesso o quasi lo stesso. Poi nei primi degli anni '90 la rivoluzione. Il libro si è smaterializzato o forse meglio si è dematerializzato, passando dallo stato cartaceo a quello digitale. Nasce l' ebook, cioè il libro digitale, fruibile da ereader, pc, notebook, tablet, smartphone... Meglio? Peggio? Nè meglio nè peggio, solo un'inevitabile evoluzione?
Gli schieramenti sono sostanzialmente questi.
Noi pensiamo che l'ebook sia un libro a tutti gli effetti. Capiamo la nostalgia per la carta, il suo odore, la sensazione tattile di sfogliare le pagine... ma la fruizione (magari attraverso lo strumento più adatto, cioè l'ereader) è uguale, anzi migliorata.
Si legge tenendolo in mano come un libro, in più si possono "conservare" un migliaio di ebook in un stesso ereader. E ognuno di questi lettori elettronici è dotato di vocabolari, dizionari, vi offre la possibilità si annotare tutto come desiderate... insomma se non conoscete già l'ereader, informatevi...
Daltronde anche Simenon era un innovatore in fatto di editoria.
Pensate al lancio dei Maigret. Una sfrenata festa notturna per lanciare un personaggio che di sfrenato e mondano non aveva propio nulla. Ma la novià della cosa contribuì alla visibilità e quindi anche al successo. E poi quelle copertine interamente fotografiche (stessa foto dalla copertina alla costa fino alla quarta di copertina) fu un'innovazione assoluta voluta proprio da Simenon.
E oggi le inchieste del commissario Maigret sono state proposte anche in formato ebook ed hanno avuto un immediato successo.
Poi, a nostro avviso, non significa che i libri spariranno. Oggi moltissimi di noi per scrivere qualcosa ad un amico o alla fidanzata utilizzano il computer e l'e-mail, ma nessuno vieta di andarsi a comparare busta e foglio di carta (magari anche pergamenata) di caricare una vecchia penna stilografica e di vergare il proprio messaggio. Chiudere tutto, compilare l'indirizzo sulla busta, poi andare alla posta e spedirla. 
Crediamo davvero che lo stesso succederà con i libri.

SIMENON. IL GRANDE INCROCIO TRA NOIR E ROMANZO

La nuit du Carrefour (tradotto in italiano con "Il mistero del crocevia" 1934 e "La casa delle tre vedove" 1961 da Mondadori e poi con "Il crocevia delle Tre vedove" nel 1996 da Adelphi) è uno dei primissimi Maigret, quelli, per intenderci, della serie Fayard, scritta ottantadue anni fa', nell'aprile del '31 da un Simenon, fresco fresco del lancio dei Maigret e del loro iniziale successo. Lo scrittore si trovava nello Chateau de Minaudiére a Guigneville (presso le Ferté Alais) e una volta tanto non su un canale a bordo di una delle sue imbarcazioni.
L'atmosfera che Simenon ricostruisce in questo incrocio di strade nei pressi di Arpajon, nella Seine-et-Oise meridionale, è surreale e spettrale.
Come se quei due nastri di asfalto che si incrociano fossero stati messi lì apposta per separare pompa di benzina con annesso garage-officina, la spettrale villa di fratello e sorella nobili decaduti e stravaganti quanto misteriosi, e l'abitazione borghese di un coppia borghese, con un lui borghesissimo agente assicuratore.
Poi il nulla. Nel senso che oltre un filare di alberi e una serie di pali della luce no ci sono altri elementi nello scenario di questa inchiesta, in cui Maigret di trova allo scoperto, anche fisicamente in questa landa desolata, facendo la spola tra il benzinaio, i due nobili decaduti e la coppia di borghesi. Mondi lontanissimi che costituisono un triangolo che Simenon è bravissimo a rendere, squallido, ma anche pericoloso... Siamo quasi nel noir, dove si muovono personaggi ambivalenti, atmosfere cupe, donne intriganti e indecifrabili, follie che prendono corpo e, ovviamente, omicidi.
Personalmente troviamo La nuit du Carrefour una delle inchieste del commissario Maigret, più riuscite, più spettrali e scarne nelle descrizioni, nella costruzione del paesaggio, ma con una profondità di descrizione nella psicologia a volte complessa e addirittura paranoica di certi protagonisti. Insomma un prova magistrale di Simenon che già a 29 anni dà la misura dello suo spessore di romanziere.
La vicenda è poi così intrigante che Simenon racconta questo fatto.
"... un giorno a giugno, mentre ero sul mio Ostrogoth a scrivere, vidi scendere da una Bugatti un signore. Questi senza tanti cerimoniali mi chiese se i diritti cinematografici de "La nuit du Carrefour" fossero ancora liberi. Nessuno mai mi aveva proposto un adattamento cinematografico... Mi batteva forte il cuore.
Ovviamente gli dissi di sì. Quel signore era il famoso regista Jean Renoir, di cui poi sarei diventato grande amico e che già allora, prima di conoscerlo, ammiravo più di tanti altri registi... gli avrei dato i diritti anche per nulla....".
Il film uscì nell'aprile del '32. Fu il primo adattamento cinematografico di un romanzo di Simenon. Maigret fu interpretato dal fratello di Jean, Pierre Renoir, affiancato da Winna Winfried, Georges Koudria, Lucie Vallat, Jean Gehret e Jane Pinson.
E non a caso anche la critica segnalò che questo poteva essere considerato un po' il precursore dei film noir... ma questa è un'altra storia e sarà un altro post.