domenica 7 settembre 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET E LA QUESTIONE DELLA... BIRRA!

Un bel boccale di birra fresca. Quante volte appare nelle inchieste del commissario Maigret? E' un segno distintivo del commissario, come la pipa, la stufa a carbone del suo ufficio, come il pesante cappotto dal bavero di velluto.
Ma perchè proprio la birra? Certo ci sono altre bevande tra le sue preferite: il calvados, il bicchiere di vin blanc, per non tacere della prunella che beve a casa (quella casalinga fatta dalla cognata). Insomma Maigret beve parecchio, per alcuni critici più... igienisti beve fin troppo... per non parlare del fumo.
Ma non divaghiamo e torniamo alla questione della birra. La troviamo presente in momenti cruciali, come gli interrogatori che il commissario conduce nel suo ufficio a Quai des Orfévres. Però accompagna anche i suoi momenti di relax. Ad esempio quando, finita una faticosa inchiesta, invita i suoi ispettori giù alla Brasserie Dauphine a bere una bella birra fresca.
E' un argomento che Simenon deve aver affrontato diverse volte nelle interviste, tanto che nel '53 sentì il bisogno di scrivere un breve testo "Pourquoi Maigret boit-il de la biére?" poi pubblicato in uno dei Cahiers Simenon nel '94.
In questo curioso articolo l'autore cerca di dare una risposta. Da una parte afferma una cosa ovvia. "...beve birra perché non può far a meno di berla. Voi perchè avete una naso lungo? E perchè durante i vostri pasti il più delle volte mangiate delle patate fritte?...".
Ma poi scavando nei ricordi e forse anche nel subconscio, affiorano ricordi, situazioni e sensazioni che forniscono una spiegazione più profonda e che hanno a che vedere con i trascorsi della sua giovinezza a Liegi. Tutte cose che vanno più a fuoco dopo un viaggio nella città natale. E sono legate a tre luoghi... tre posti ben precisi.
"... uno era il caffè nel basso di Haute-Sauveniére, un caffè tranquillo e pulito frequentato da habitués, direi quasi degli iniziati, la maggior parte dei quali aveva in un armadio a vetri un bicchiere personale... nel quale degustava con concentrazione della birra limpida...".
Dopo questo, racconta Simenon, c'era un altro locale poco distante dal primo "... il Café de la Bourse dove i clienti, sempre gli stessi, agli stessi tavoli di marmo... e dove il padrone, in maniche di camicia, tutte le mattine passava più di un'ora a tirare a lucido con amore il tubo della spina della birra... e un giorno mi spiegò l'importanza di questa operazione..."
Completa il trittico di questi locali in cui la birra è protagonista un piccolo locale, poco frequentato dove non c'erano mai più di due o tre clienti. E' sempre Simenon che ricorda. "...la birra era servita da una bionda formosa, uscita da un quadro di Rubens che si sedeva al tavolo con voi e beveva con voi e rideva con indulgenza ai vostri scherzi...".
C'è ancora qualcuno che vuole altri motivi per cui Maigret beve la birra?

sabato 6 settembre 2014

SIMENON SIMENON. CINQUE APPUNTAMENTI PER SCOPRIRE LO SCRITTORE ARTIGIANO

RTS, la radio televisione svizzera, ha dedicato uno speciale radiofonico in cinque puntate, di cui l'ultima ieri mattina, a Georges Simenon, in occasione del  venticinquesimo anno dalla sua scomparsa. "Simenon, profession artisan", professione artigiano. La definizione che piaceva molto al romanziere, quella che rispondeva di più alla sua concezione dello scrivere... gli piaceva pensare che la sua fosse un'attività che aveva a che fare (anche) con le mani da cui uscivano i fogli che tutti insieme componevano i suoi libri.
E questo è anche il modo in cui vedeva in prospettiva il lavoro fatto nel primo periodo, gli anni in cui iniziava a scrivere  su commissione, i racconti, i romanzi brevi, i feuilletton, quella letteratura popolare per la quale raccoglieva gli ordini, poi confezionava il prodotto secondo le indicazioni del committente e infine arrivava il momento della consegna... proprio la modalità di lavoro di un falegname, un fabbro, ma anche di un pittore, di uno scultore... E questa visione accompagnava e rafforzava la sua aspirazione ad essere "un comme les autres", uno come tanti che svolgeva con umiltà e competenza il proprio lavoro, concretamente, creando qualcosa solido e di tangibile.
"...Ero un fabbricante, un artigiano. Come un artigiano passavo ogni settimana a prendere le comande da quegli industriali che sono gli editori di romanzi popolari - ricorda Simenon nel 1945 ne Le Romancier, una sua conferenza a New York  - E come un vero artigiano arrivavo a calcolare il costo del mio guadagno secondo il rendimento orario...".
Certo, passati quei dieci anni e arrivato al lancio di Maigret, Simenon aveva concluso quella fase. Era entrato, come diceva lui stesso, nel periodo della semi-letteratura, quella che lo svincolava dagli ordini degli editori. La situazione era ormai capovolta. Era lui che imponeva agli editori le sue idee, i suoi romanzi, e lo faceva per la prima volta con il suo vero nome e cognome. Ma questa storia del faticare come un artigiano persisteva. Nel 1956 in un'intervista al giornalista americano Carvel Collins dichiarava "... sono un artigiano; ho bisogno di lavorare con le mie mani. Mi piacerebbe scolpire il mio romanzo in un ciocco di legno...".
Perché questo attaccamento a una tale concezione del proprio lavoro? In realtà il suo era un lavoro di testa, che veniva dal suo animo, dal suo subcoscente addirittura. Insomma niente di più immateriale. E invece, almeno in queste (ma anche in altre) dichiarazioni, sembra voler contrapporre a questa spiritualità una certa materialità... E poi se vogliamo quella sua predilezione per le "mot-matiére", che Simenon ripete più volte, ha un collegamento con la scrittura-artigiana. Una scrittura che vuole avere a che fare con delle parole concrete, che rappresentino degli oggetti, quasi fosse una scrittura che utilizzava elementi tridimensionali. O forse elementi veri, realistici, cose che la gente utilizzava tutti i giorni, di uso corrente, che tutti conoscevano... e così torniamo alla apparente semplicità della sua scrittura, della sua letteratura, così vicina alla gente qualunque, alla vita di tutti i giorni, ma comunque così sofisticata da portarlo un paio di volte nella rosa dei possibili premi Nobel.
Ma l'idea dell'artigiano non lo abbandona. Nemmeno a settant'anni, quando ha ormai smesso di scrivere da un anno, e registra per il suo Dictée Des traces de pas "...in fondo non sono stato altro che un bravo artigiano che si metteva a lavorare alla propria macchina da scrivere...".

venerdì 5 settembre 2014

SIMENON SIMENON. IL 25° ANNIVERSARIO SI FESTEGGIA A SERRAVALLE NOIR

Domani pomeriggio apre l'ottava edizione di Serravalle Noir, che quest'anno è dedicata a Georges Simenon e al suo celeberrimo commissario, in occasione del 25° anniversario dalla scomparsa dello scrittore.
“L’apertura della manifestazione è alle 16.45, nell’Oratorio della Vergine Assunta (via San Lodovico) – ci informa Stefano Fiori, giornalista e membro del Club del Giallo di Pistoia - Il giornalista Maurizio Testa, esperto conoscitore del commissario francese, e Giuseppe Prevìti, presidente del Club del Giallo di Pistoia, condurranno i colloqui dal titolo “Maigret a Serravalle: un “caso” da non perdere”.
“Con il Noir il borgo di Serravalle chiuderà un’estate ricca di manifestazioni che hanno richiamato tantissime persone – spiega l’Assessore alla Cultura e Vice Sindaco, Simona Querci – Tutti gli eventi sono sempre a ingresso libero perché la cultura deve favorire l’aggregazione e la socializzazione tra la gente”.
Il programma della manifestazione è arricchito anche dalla presentazione del libro di Antonio Fusco "Ogni giorno ha il suo male" (Giunti). Inoltre è prevista la consegna dei premi "Serravalle Noir 2014", dove, possiamo anticipare, ci saranno nomi di spicco tra i quali Maurizio de Giovanni ed Eraldo Baldini. La chiusura è affidata ad un forum sul tema “Orrori familiari, quando gli assassini sono in casa”.
Per qualsiasi informazione ci si può rivolgere a cultura@comune.serravalle-pistoiese.pt.it

giovedì 4 settembre 2014

SIMENON SIMENON. UN 25° IN BUONA COMPAGNIA... IL 40° DEL "MAIGRET ITALIEN"

Oggi sono i 25 anni dalla scomparsa dello scrittore, ma non va dimenticato che il 3 gennaio cadevano anche i 40 dalla morte di Gino Cervi. Simenon-Simenon ha intenzione di ricordare, oltre al romanziere, anche il Maigret d'Italie, l'attore che occupa un posto privilegiato nel cuore di moltissimi italiani di una certa generazione (ma forse non solo). Inoltre cinquant'anni fa', (ed ecco un'altro anniversario) il 27 dicembre 1964, partiva la serie italiana con l'episodio Un'ombra su Maigret (tratto da '"Cécile est morte" - 1942), e con un Cervi che si muoveva davvero a suo agio nei panni del commissario, grazie alla sua consumata esperienza di attore (allora aveva 63 anni ed erano quarant'ani che calcava palcoscenici, recitava sui set cinematografici e si esibiva in televisione). Insomma il 2014 come un anno da segnare per tutti gli appasionati di Simenon e di Maigret.

SIMENON SIMENON. LO SCRITTORE E IL COMMISSARIO: UNO STRANO DIALOGO

In occasione del 25°anniversario 
della scomparsa di Georges Simenon, 
il nostro collaboratore Paolo Secondini 
ci propone un fulmineo dialogo tra autore 
e personaggio, come suo singolare tributo 
a questa ricorrenza. 
Come suo stile, Paolo ci presenta 
un Maigret e un Simenon davvero 
particolari  ed intriganti. Buona lettura.


Georges Simenon ride irrefrenabilmente, sprofondato in una poltrona di pelle scura.

Il commissario Maigret, seduto alla sua scrivania al Quai des Orfèvres, lo guarda allibito, un boccale di birra nella mano.



Maigret: Ma… perché ride? Ho detto qualcosa…

Simenon: No, no! Stavo pensando… (Si interrompe. Ride ancora.)

Maigret: A che cosa pensava? Su, avanti, me lo dica!

Simenon: Ecco… se invece di fare di lei un commissario di polizia, io l’avessi creata come il più grande fuorilegge di tutta Parigi o, addirittura, della Francia intera… Oh, ragazzi, c’è da morire dal ridere!

Maigret: (Crolla le spalle) Giuro che non la capisco. Cosa c’è di così divertente?

Simenon: Ma come, non riesce a immaginarlo?

Maigret: (Scuote la testa) Le confesso di no!... Lei crede, forse, che nei panni del malvivente sarei apparso troppo ridicolo?

Simenon: Non lei, commissario, non lei… ma sua moglie, la signora Maigret…

Maigret: Mia moglie?

Simenon: Ma certo!... Avrei dovuto fare anche di lei una temuta fuorilegge, per essere compagna del criminale più ricercato di Parigi… Invece che prepararle squisiti manicaretti, si sarebbe occupata, con l’abituale solerzia e dedizione, di oliare e pulire le sue armi: mitra e pistole, perché fossero sempre perfettamente funzionanti. Riesce a capirmi, ora? (Ride di nuovo.)

Maigret: Manicaretti… Armi… Oh!... È questa, dunque, la cosa che la diverte?

Simenon: Già, proprio questa! Non la trova alquanto bizzarra?

Maigret: (Beve un sorso di birra) Be’, in effetti…  La signora Maigret nei panni di una fuorilegge!... (Batte la mano sul piano della scrivania) A pensarci, è una cosa davvero grottesca, stravagante… Dalle padelle alle armi… Già! Una cosa assai buffa.

Simenon: Appunto. Che le dicevo?

Ridono tutti e due.  
Paolo Secondini

SIMENON SIMENON. COME AFFASCINA MAIGRET... IERI... OGGI...

Maigret e l’affare Picpus è il primo romanzo che ho letto di Georges Simenon. Ricordo che mi piacque moltissimo, tanto da ricercarne altri incentrati sulle inchieste del famoso commissario del Quai des Orfèvres.
Ma più leggevo, più l’indagine poliziesca assumeva per me un aspetto secondario, essendo attratto, peculiarmente, da altre caratteristiche della vicenda narrata: quelle umane, psicologiche, ambientali e perfino climatiche, che insieme davano idea di certe atmosfere parigine (come anche della provincia francese); della vita concreta, laboriosa dei frequentatori di bistrot nei momenti di sosta dal lavoro; della semplicità delle massaie recanti sporte piene di cibarie; della tristezza o solitudine delle portinaie all’interno delle loro anguste guardiole. 
 A mio avviso, i romanzi polizieschi di Simenon appartengono, prima ancora che a un preciso genere letterario, quello giallo, a una vera e seria letteratura che, con sobrietà e scioltezza stilistica, è volta a indagare l’animo umano, a rappresentarne gli aspetti più semplici o complessi, più sinceri o contraddittori e, comunque, più veri e reconditi.

Paolo Secondini