lunedì 4 luglio 2016

SIMENON SIMENON. “THE LITTLE DOCTOR” SERIES HAS ITS UPS AND DOWNS

How success and letdown combine for Simenon’s doctor-detective 

SIMENON SIMENON. LE RECUEIL“LE PETIT DOCTEUR” A SES HAUTS ET SES  BAS. 
Comment succès et échec s'entremêlent pour le docteur-détective de Simenon 
SIMENON SIMENON. LA SERIE DEL "PETIT DOCTOR" CON I SUOI ALTI E BASSI
Come successi flop per il dottor-detective di Simenon
In The Little Doctor collection’s tenth story, The Disappearance of the Admiral, Simenon throws lots of curve balls. For example, right off the bat, Dollent’s car, Tin Lizzie, breaks down on his way to find a missing person plus, once he’s at the crime scene, he discovers the anonymous letter challenging him to investigate the case is just someone’s stingy way to avoid paying for his efforts. 
A resident of a tiny village way off in Provence far from Marsilly, old Admiral Fignol has vanished. (He’s not an admiral at all; he’s a former ship’s cook who always wears a naval officer’s hat.) Last observed taking his customary daily stroll, halfway down the village’s 300-yard single main street, Fignol suddenly disappears. All the witnesses sing the same song at first, but many are eager to confide in Dollent about what really goes on in the village. As he pieces their various secrets together, the plot thickens: A burglar steals Fignol’s meager belongings right after his disappearance, but they quickly show up, floating down the river. Fignol gets exposed as a petty thief. A strange letter, handwritten by the missing man and postmarked in the village, gets delivered. Fignol’s niece vanishes without a trace until the doctor detects the sweet smell of chloroform…. Despite this bewildering confusion, Dollent solves the case brilliantly, and there is a happy outcome: dirt poor Fignol becomes a millionaire! 
Distinctly unlike the preceding nine stories, in the end Dollent himself gets nothing positive for his work. Although many benefit from his investigation, nobody appreciates what he has done. No one admires his cleverness. Indeed, they considered him no more than a pain. The village throws a party to celebrate what has turned into good fortune for the previously unlucky Fignol, but they don’t invite Dollent to attend. The local cop gets credit for the solution although all he did was scoff while observing Dollent at work. Lamenting that Maigret’s Inspector Lucas isn’t around (for surely he would appreciate the triumph) the doctor-detective is denied his usually achieved “inner joy and public acclaim. So, he returns to Marsilly with nothing―except a damn good suntan. Depressed Dollent won’t even confide in Anna, his loyal supporter if grumpy critic, about what took place. 
On the other hand, Simenon does ensure that his “Little Doctor character holds true to form in many personal aspects. He abandons his medical practice to take on the case. Pastis and white wine sustain him while investigating. His aggressive self is ever present when quizzing witnesses and suspects. He feels jealous and alone “among so many lovers.” He is the only one capable of interpreting seemingly meaningless observations like a broken radio and an outdated poster as the valuable clues they really are. 
Oddly enough in final analysis, instead of continuing the Maigret-like style on display in the collection so far, Simenon gives us a portrait and story that reads more like one of his romans durs. It will be interesting to see if the final three tales follow this trend or not. 
  
David P Simmons

domenica 3 luglio 2016

SIMENON SIMENON. TERESA L'ULTIMA COMPAGNA VISTA ATTRAVERSO "LES DICTEES"


Considerazioni, riflessioni e immagini di Teresa Sburelin, tratte da uno dei vari Dictées
SIMENON SIMENON. TERESA, LA DERNIERE COMPAGNE, VUE A TRAVERS LES DICTEES
Remarques, réflexions et images de Teresa Sburelin, empruntées aux textes des Dictées
SIMENON SIMENON. TERESA, HIS LAST COMPANION, AS SEEN IN “LES DICTEES”
Remarks, thoughts and images of Teresa Sburelin, borrowed from “Les Dictées”

Sappiamo che a partire dalla metà degli anni ’60 inizia un periodo di una dozzina d’anni che per Simenon significa il definitivo allontanamento da Denyse dalla famiglia, il progressivo abbandono dei figli della grande villa di Epalinges, il suo trasferimento a Losanna, l’ultima fase letteraria come romanziere. In questo contesto inizia il suo rapporto con Teresa Sburelin.
Teresa era italiana ed era entrata in casa Simenon come femme de chambre, consigliata a Denyse dalla moglie di Arnoldo Mondadori, editore simenoniano in Italia.
La storia tra Georges e Teresa iniziò in un modo classico per il romanziere: sesso.  Tra i due ben ventitre anni di differenza. Poi quel sesso si trasformò negli anni qualcosa d'altro. Complici forse anche altri fattori. L'età più matura di Simenon, il decennio dai sessant'anni ai settanta (e un sessantenne di allora non era come uno d'oggi), la solitudine (i figli, tranne il piccolo Pierre-Nicholas, erano tutti via), un progressivo distacco dalla vita mondana e sociale anno per anno.
Quando nell'ottobre del '72 i due abbandonarono Epalinges (prima di andare nella piccola casa rosa di rue des Figuiers, quella con l'enorme cedro del Libano in giardino) si trasferirono in un piccolo appartamento all'ottavo piano di un grosso condominio alla periferia di Losanna. Fu uno stacco forte. A Epalinges rimasero tutti i libri, anche i suoi, automobili di lusso, quadri che valevano una fortuna, mobilio pregiato. Tutto per trasferirsi in un dozzinale appartamento. Come mai? Simenon sembra aver perso progressivamente interesse per la letteratura (non scrive più) per i rapporti sociali (non viaggia più), per quella vita  sfarzosa che conduce va negli anni precedenti (cancellata ogni mondanità). Il suo universo è il piccolo mondo della vita quotidiana, gli acciacchi della vecchiaia, i numerosi ricordi, ma soprattutto Teresa. Questa donna è stata a lungo vicino a Simenon (28 anni) e ricopriva dal ruolo di compagna a quello di badante (soprattutto negli ultimi anni) e possiamo dire che Simenon ne era via via più dipendente.
Molti hanno detto e scritto che era la compagna che più si avvicinava al suo sogno di moglie: madame Maigret. Altri hanno scritto che, in un'insicurezza sempre maggiore , Teresa rappresentava l'àncora umana cui lo scrittore si attaccava. Era il suo filtro con la realtà esterna. Era la mamma sollecita e dolce che non aveva avuto... Insomma su Teresa sono state espressi parecchi giudizi, ma noi oggi vogliamo tratteggiarne un sintetico ritratto attraverso gli occhi di Simenon, attraverso le parole che lui stesso scriveva negli anni '70 sui Dictées. Per la precisione il settimo della serie A l'abri de notre arbre "Stiamo vivendo, Teresa ed io,comodamente, armoniosamente e soprattutto con tutta calma il nostro ultimo dell'anno di questo 1975... abbiam mangiato cme gli altri giorni
e ci siamo coricati alle nove e mezza come sempre... Stasera alle nove e mezza  nel momento d'addormentarci ci siamo mormorati - Buon anno Teresa... - Buon anno Georges..."
E' una vita morigerata, vissuta con ritmi calmi in cui neanche le tradizionali feste  riescono a cambiare le abitudini. Simenon è molto cambiato e Teresa si adatta alla sua scelta di essenzialità e minimalista più o meno consapevole.
"... insomma Teresa ed io conduciamo la stessa vita, quasi minuto per minuto, e questo non ci crea nessuna tristezza, al contrario.Piuttosto un sentimento di intimità, di fiducia l'un l'altro nella vita...".  
Una delle attività quotidiane che la coppia svolge sono le passeggiate, anche piuttosto lunghe... ma Simenon senza Teresa l'avrebbe fatte e con tale regolarità?
"... alla fine ho capito il modo vaudoise di ordinare dei piccoli bicchieri di  vino bianco, molto leggero, e mi sono quasi abituato alla dose nazionale di consumazione: ordinae un tre  preciso, perchè qui le caraffe sono graduate , come pure i bicchieri. Un tre preciso è giusto per due persone. Questo fà  il nostro caso, per Teresa e per me,  signfica  un bicchiere pieno più un quarto. questo ci permette di farci due o tre bistrot ( qui li chiamano "pintes"). Siccome facciamo quotidianamente delle lunghe camminate,  a volte molto lunghe,  questo ci consente delle soste  in cui abbiamo qualche minuto per far riposare le nostre gambe..."
Passeggiate. Un modo semplice di passare il tempo, di vedere le persone il paesaggio, di fare queste soste ristoratrici per la gola e per i muscoli. Un Simenon molto lontano  dai suoi ruggenti anni '60 quando la sua popolarità lo portava addirittura a Cannes a fare il presidente della giuria del Festival del Cinema.
E invece  ora si parla di ospedali e cliniche... malato lui, malata lei.
"... Teresa m' accompagnava passava i giorni e le notti con me  e mi circondava di premurose attenzioni, che non si sarebbero potute chiedere ad un'infermiera. Stavolta è Teresa malata... sono restato con lei ed ho cercato di renferle le giornate meno tristi...".
Insomma una reciproca attenzione, una mutua assistenza  anche se tra i due la differenza d'età non è poca, e questo è l'unico cruccio del Simenon ultrasettantenne: vorrebbe una Teresa ancora più matura. "...se ho un rimpianto è che Teresa non abbia cinque o dieci anni di più, in altre parole, che noi sia in un'età più prossima alla mia... Ma è una considerazione che sparisce così come è nata. Infatti mai, da quando è iniziata la nostra vita in comune, la questione dell'età siè mai posta tra noi, né nei rapporti quotidiani, né in quelli sessuali. Al contrario la nostra armonia non ha smesso di regnare e va aumentando con gli anni, invece di diminuire....".
Insomma l'attacamento e la considerazione che Simenon nutre per Teresa è fuori di dubbio e nel giorno del suo cinquantesimo compleanno scrive:
"...oggi vorrei sussurrare all'orecchio di mia figlia, solo per noi due, che a ventitre anni lei è meno giovane, sia nel cuore che nell'anima, di Teresa...".
E Marie-Jo era la figlia per la quale Simenon stravedeva.(m.t.)

SIMENON SIMENON DOMENICA - SIMENON SIMENON DIMANCHE - SIMENON SIMENON ON SUNDAY



"Maigret avait son coin, près de la fenêtre, d'où il apercevait la Seine et les bateaux qui passaient." A la Brasserie Dauphine, dans Maigret et l'indicateur

"Maigret had his place, near the window, whence he could see the Seine and the boats passing by." At the Brasserie Dauphine, in Maigret and the informer

"Maigret aveva il suo posto, vicino alla finestra, da dove vedeva la Seine e le barche che passavano." Alla Brasserie Dauphine, in Maigret e l'informatore

sabato 2 luglio 2016

SIMENON SIMENON. A LA DECOUVERTE DE LA P.J.

Questions à propos de la première visite de Simenon au Quai des Orfèvres 

SIMENON SIMENON. ALLA SCORPERTA DELLA POLIZIA GUIDIZARIA 
Domande a proposito della prima visita di Simenon al Quai des Orfèvres 
SIMENON SIMENON. ON A TOUR OF THE DEPARTMENT OF CRIMINAL INVESTIGATION  
Questions about Simenon's first Quai des Orfèvres visit 

En 1933, l'éditeur Ferenczi, à qui Simenon a fourni un grand nombre de romans populaires, décide de créer un journal illustré intitulé Police et Reportage. Dans chaque numéro, on trouve un grand reportage, un roman policier, et des faits divers illustrés de photographies. Le reportage du premier numéro, qui sort le 27 avril, est signé d'un certain Georges Caraman, et s'intitule L'Afrique qu'on dit mystérieuse. Derrière ce pseudonyme se cache en réalité Simenon, et on va retrouver Georges Caraman au fil des numéros suivants: le 25 mai, c'est Les grands palaces européens, le 22 juin Police judiciaire, et le 24 août Cargaisons humaines. Simenon avait encore en réserve deux autres reportages, Pays du froid et Les gangsters du Bosphore, qui ne parurent ni l'un ni l'autre, car le journal avait cessé d'exister en automne 1933. Tous ces textes ont été édités par Omnibus en 2001 dans le recueil Mes apprentissages 
Dans Police judiciaire, Simenon emmène le lecteur à la découverte des locaux du Quai des Orfèvres. Après avoir traversé la "grande cour pavée", on visite le service des garnis, puis on prend "le grand escalier à rampe de fer qui conduit au premier étage". Le "corridor immense avec des portes des deux côtés" conduit à une "grande antichambre carrée. Avec sa banquette de velours rouge et l'huissier dans une cage vitrée. Autour, chaque porte est ornée d'un nom de commissaire." Simenon nous fait ensuite pénétrer dans le bureau du directeur de la P.J., à l'heure du rapport, puis dans les bureaux des autres commissaires, histoire de suivre par-ci par-là un bout d'interrogatoire. Ensuite il nous emmène, par des "escaliers dérobés, étroits et raides", dans les locaux de l'Identité judiciaire, puis aux Sommiers. Suit une longue explication sur le mécanisme d'une enquête, et Simenon finit son article en rendant hommage aux policiers, qui "n'essayent pas de ressembler à des héros de roman", et qui font "leur métier en toute conscience". 
Tout cela vous rappelle peut-être quelque chose ? Ce n'est pas un hasard, bien sûr, car toutes ces descriptions, Simenon va s'en servir pour rendre plus vraisemblables les enquêtes de son héros à la pipe…  
Après la parution des premiers Maigret, Xavier Guichard, alors directeur de la P.J., prend contact avec Simenon pour lui dire qu'il trouve ses romans intéressants, mais bourrés d'inexactitudes, et il propose de lui faire visiter la P.J. et rencontrer les hommes qui y travaillent. Cette visite au Quai des Orfèvres a été relevée par les biographes de Simenon, mais on ne trouve pas d'information sur la date exacte où elle a eu lieu. Et pour cause: lorsque Simenon en parle dans ses interviews, il n'est jamais très précis: par exemple, à Roger Stéphane qui l'interroge en 1963, il dit: "Quand j'ai écrit les six ou sept premiers Maigret – je ne vous garantis pas le chiffre exact – je n'avais jamais mis les pieds à la P.J. […] Paraissent les premiers Maigret et un jour je reçois une lettre […] de Xavier Guichard […] qui m'a demandé d'aller le voir." En 1957, sur les ondes de la radio suisse, c'est à Roger Nordmann qu'il confie: "Lorsque j'ai écrit les deux premiers Maigret […] je n'avais jamais mis les pieds à la Police judiciaire; [après la parution des deux livres] j'ai eu la curiosité d'aller voir […] je me suis rendu compte […] qu'il y avait beaucoup d'erreurs dans mes deux premiers romans, et ce n'est qu'à ce moment-là que j'ai vu la P.J. pour de bon" et d'évoquer alors Xavier Guichard qui lui a montré "tous les rouages, [lui] a présenté le commissaire Guillaume" et c'est comme ça, ajoute-t-il, "que j'ai appris la réalité après en avoir déjà écrit plusieurs. Les Maigret étaient déjà parus quand j'ai commencé seulement à voir la réalité".  
Ces indications – plutôt vagues – nous montrent que cette visite peut avoir eu lieu au plus tôt en 1931, mais comme on sait que pendant cette année-là Simenon a surtout passé du temps à écrire ses romans, on peut se demander s'il a vraiment eu l'occasion de se rendre à la P.J…. En 1932, Simenon navigue entre le sud de la France et la Charente, dans la première partie de l'année, puis de juin à août il accomplit son périple africain, avant de passer l'automne à Marsilly. A-t-il pu visiter la P.J. cette année-là ? Plusieurs auteurs pensent que c'est en 1933 qu'il faut faire remonter cette découverte du Quai des Orfèvres. Or, si le reportage est paru en juin, la visite est nécessairement antérieure. Simenon a-il eu le temps pour "caser" cette visite entre son tour d'Europe en février et son départ pour la Turquie en mai ?  
Le doute demeure donc, et les seuls indices qu'on peut relever sont ceux qu'on trouve à la lecture des Maigret: on remarque qu'effectivement, les descriptions des locaux de la P.J. sont fort sommaires dans les romans de la cuvée Fayard, et les quelques détails qu'on y trouve peuvent correspondre à ceux que le romancier pouvait avoir lus dans des comptes-rendus de journaux, voire puisés dans ses souvenirs de journaliste à Liège, lorsqu'il allait collecter les faits divers dans les locaux de la Sûreté locale… Par contre, il est à remarquer que la description des locaux de la P.J. parisienne se fait beaucoup plus précise dans le dernier roman de la série Fayard, Maigret, qui a été écrit probablement en février 1934, donc postérieurement, dans tous les cas, au reportage paru dans Police et Reportage 

Murielle Wenger

venerdì 1 luglio 2016

SIMENON SIMENON. LE CALDE VACANZE DI MAIGRET A SABLES D'OLONNE


Un romanzo adatto alla voglia di vacanze di questo periodo... Ma una vacanza "complicata" per il commissario...

SIMENON SIMENON. LA CHALEUR DES VACANCES POUR MAIGRET AUX SABLES-D'OLONNE
Un roman approprié au désir de vacances de cette période…. Mais des vacances compliquées pour le commissaire…

 SIMENON SIMENON. VACATION HEAT FOR MAIGRET IN SABLES-D’ORLONNE
A novel suited to desired vacations for this period…. But a complicated vacation for the inspector…

Ci siamo. Luglio è iniziato e, come un riflesso condizionato, il profumo delle vacanze torna, come ogni anno, a stuzzicarci.  C'è ancora da lavorare, ma il caldo ormai è arrivato... i primi weekend al mare o in montagna non sono altro che degli aperitivi che ci stimolano quella fame di ferie che ogni anno ci assale in questo periodo.
Anche per Maigret è così. Le vacanze le sogna tutto l'anno, sotto la pressione del lavoro, immerso nella nebbia o coperto di neve. Anche il commissario, che non è certo un fanatico del mare, dei bagni e dell'abbronzatura, vagheggia il pigro passare delle ore, rifrerscandosi di tanto in tanto la gola con un bianco ben freddo, in giornate scandite da colazioni, sonnellini pomeridiani, aperitivi, una distratta lettura dei giornali, pranzi e cene nel ristorante preferito e lunghe passeggiate dopo cena, con l'aria ormai più fresca, gustandosi l'ultima pipata della giornata.
Ma questo è quello che pensa d'inverno nel suo ufficio, con la stufa a carbone che diventa incandescente, in mezzo alle carte del caso di turno, tra telefonate, interrogatori e discussioni con il giudice Comeliau.
Ma poi le vacanze arrivano e non sono proprio così. Un po' perché durante i giorni di ferie Maigret deve cambiare le sue abitudini, gli orari, deve cercare di riempire una giornata che se a Quai des Orfèvres sembra non bastare mai, nella località di vacanza si dilata al punto che non riesce a riempirla come è abituato a fare. Poi c'è lo zampino di Simenon che sembra godere, ridendosela sotto i baffi, a far sì che dovunque Maigret arrivi succeda un crimine, un omicidio, una sparizione, tutte cose comunque che in qualche modo finiscono per coinvolgerlo.
Oggi abbiamo in mente Les vacances de Maigret (scritto a Tucson in Arizona, nel '47), titolo che come nessun altro si attaglia a questo periodo dell'anno.
E' agosto e Maigret decide con la propria signora di passare qualche giorno a Sables d'Olonne ma, dopo nemmeno tre giorni, che sono arrivati lei si ammala. E' appendicite, sentenziano i medici, operazione d'urgenza e poi una convalescenza in clinica per almeno una settimana.
Vacanze rovinate? Sì e no. Quello che si prospettava un periodo di vuoto totale, (solo mezz'ora al giorno gli era concessa per vistare la convalescente madame Maigret) viene ben presto riempito da ciò che verrà scatenato da un bigliettino pervenutogli in clinica, una breve missiva in cui qualcuno lo pregava di andare a visitare la malata del letto numero 15. Il commissario non aveva preso molto sul serio quella richiesta e soprattutto aveva pensato che, se gli facevano vedere la propria moglie solo mezz'ora al giorno, figurarsi se gli avrebbero permesso di andare dalla malata che occupava quel letto senza nessun motivo serio, se non un anonimo pezzo di carta. 
E invece la paziente del letto numero 15, ricoverata per una trauma cranico a seguito di un incidente automobilistico, il giorno dopo muore. Il forzato e annoiato riposo di Maigret è il miglior combustibile per accendere la sua curiosità, soprattutto nei confronti di un certo medico, il dottor Bellamy, congnato della giovane deceduta e conducente della vettura su cui la sventurata si trovava ed era stata ferita mortalmente. 
Fatalità oppure omicidio? 
Questa sfida intriga Maigret che, incapace di star con le mani in mano, si fa pian piano assorbire dall'indagine, benché quella località non sia di sua giurisdizione e alla faccia delle sue fantasticherie invernali sulle vacanze.
E il tutto avviene in clima un caldo che spesso lo intorpidiva, tra una visita a sua moglie (che intanto migliorava giorno dopo giorno) e un passo avanti in quell'indagine che si svolgeva lontano da Quai des Orfèvres, con modalità del tutto irrituali, tra omicidi, suicidi e la gelosia a fare da fil-rouge di tutta la vicenda. (m.t.)