lunedì 8 agosto 2016

SIMENON SIMENON. THE NOVELIST IN TRAINING

On the young reporter sharpening his pencil for the future 

SIMENON SIMENON. LE ROMANCIER EN FORMATION 
A propos du jeune journaliste qui taille son crayon pour l’avenir
SIMENON SIMENON. IL ROMAZIERE IN FORMAZIONE
A proposito del giovane giornalista che affila la sua matita per il futuro 



Serving as a pisse-copie par excellence,” which translates as a writer producing quantity over quality better than all others, the budding reporter made himself “indispensable.” Georges was always ready to write anything on any topicIn fact, his three years as a reporter gave him vast experience, mostly because his subjects were “everything about everything.” He “appreciated all he saw and so he perceived and understood a host of realities on a daily basis. At the same time, he was able to develop a style on-the-job well beyond what had been that of a schoolboy. 
Within a year of joining the paper, Georges got the chance to write his own regular column. He responded to this promotion, which recognized the quality of his service and way of expressing himself, by churning out 784 installments. Although he was generally careful in their construction, he fell prone to fabrication.” For example, there was the “Scoop.” The eager columnist published a sensational interview with the illustrious Great War figure, Marshall Fochthat never took place. 
Young Georges “did not seem to be familiar with the notion of limits.” While, in general, even the “boldest and most explosive of his choices seemed to follow some logic, one in particular was and still is enigmatic. Entitled The Jewish Peril, his “crusade against Jews appeared as 17 articles over 4 monthsTo be fair, this sustained polemic also included “denunciations” of protestant Anglo-Saxons and Puritans, who apparently were in cahoots with “the Jewish octopus intending to “decimate the planet.” 
One might explain away these articles because the cub reporter was simply doing his job for a “conservative daily affirming its Christian anti-Judaism” or because the undertaking was no more than “a youthful mistake.” But, after asking if Georges was writing as “a convinced anti-Semite or an opportunist seizing his chance, Assouline answers by building a case for the first choice, pointing out how Jewish stereotypes occur all through Simenon’s works. (This observation is interesting because, while I do recall noting references to Jews in the Maigret series, I do not remember noting how anti-Semitic they were.) 
Moreover, by citing a series of anti-Semitic writings and statements, Assouline does not let the mature author off the hook. Nevertheless, Simenon denied all as stated in a 1985 letter: “Those articles in no way reflected my thoughts then or now.” And in another 1985 letter, he wrote: “Thus, I am in no way anti-Semitic.” One might accept some of Simenon’s defenses, which Assouline allows might help “to account” for the novelist, but this “does not excuse or justify” the reporterIn sumGeorges Simenon remains besmirched. 
Putting that uncomfortable issue aside, the reporter at age 18 was getting ready to publish his first novel. As the older Simenon would recall, “I had the need to express myself since childhood and felt malaise when I did not do it.” In other words, as he said in a 1981 interviewOne doesn’t become a writer, one is born a writer.” 

David P Simmons

domenica 7 agosto 2016

SIMENON SIMENON. IL METODO MAIGRET SAREBBE EFFICACE CONTRO IL TERRORISMO ISIS?

“Comprendere e non giudicare” servirebbe a qualcosa con i kamikaze jihadisti?

SIMENON SIMENON.  LA “MÉTHODE MAIGRET ” SERAIT-ELLE EFFICACE CONTRE LE 
TERRORISME ISIS?
Est-ce que "Comprendre et ne pas juger" servirait à quelque chose avec les djihadistes?
SIMENON SIMENON. WOULD “MAIGRET’S METHOD” BE EFFECTIVE AGAINST ISIS 
TERRORISM
Would “to understand and not judge” be of some use with the jihadist kamikazes?  



L'argomento che affrontiamo oggi è decisamente delicato. Perché riguarda una delle più grandi tragedie del nostro tempo, che semina morte e distruzione nell'occidente e nei paesi mediorientali, lasciando famiglie disperate, cristiane o musulmane che siano, e dietro di sè devastazione di città, di monumenti patrimonio dell'umanità, un clima già violento ancor più avvelenato, che già ha messo in moto delle vere e proprie guerre e che ovunque colpisce chiunque indiscriminatamente. Stiamo parlando dell'attività terroristica dell'Isis che ha avuto un'escalation terribile negli ultimi tempi e che non sappiamo quando finirà. Quel giorno, o meglio negli anni che seguiranno, si potrà cercare di stabilire cause, colpe, errori, responsabilità, che non potranno essere addebitati solo ed esclusivamente al sedicente Califfato, ma l'analisi storica dovrà far luce anche sulle responsabilità dell'Occidente. Ma questo è un ragionamento assai complesso e difficile da portare avanti oggi e più che mai in questa sede. Rientriamo quindi nei nostri ambiti e cerchiamo di immaginare, lo ripetiamo con grande rispetto per tutte le vittime di questa immane tragedia, come tecnicamente le modalità d'indagine del commissario Maigret potrebbero o non potrebbero rivelarsi utili in questa caccia ai terroristi. 
Prima di tutto, vorremmo sottolineare come, Simenon lo racconta spesso, il giudice Comeliau sarebbe spesso incline ad un uso massiccio di uomini, a grandi spiegamenti di forze, anche quando si tratta di catturare un omicida. Maigret è contrario a tutto questo chiasso. Soprattutto se si è alla caccia di un uomo solo in mezzo a milioni di parigini. Lui è quasi sempre propenso per prima cosa a studiare la situazione: famiglia, luogo di lavoro, moglie e/o amante, bar, brasserie e bistrot che è solito frequentare, abitudini quotidiane, vizi e debolezze... E, se si tratta di un pluriomicida, a maggior ragione, anche i precendenti e le motivazioni che lo hanno spinto su quella strada. Questa è una situazione abbastanza analoga a quella del terrorista che, organizzato o no, motivato da un fede estremista o solo, depresso e deluso dal mondo che lo circonda, può colpire nella folla, in un luogo qualsiasi, a qualunque ora. Anche un pluriomicida, che solo sospetti di essere braccato, può compiere gesti inconsulti e costituire un grave pericolo per la comunità, soprattutto se ritiene di non avere scampo e se, nella disperazione, non dà più nessun valore alla propria vita.
Informazioni. Ecco quello che Maigret cerca prima di passare all'azione vera e propria. Alcune sono costituite da quelle famose sensazioni che il suo fiuto riesce a  percepire, informazioni impalpabili, potremmo chiamarle, ma che sono quelle che mettono in sintonia il commissario con il ricercato. Altre informazioni gli vengono dai suoi ispettori che conoscono il terreno palmo, palmo, che hanno rapporti confidenziali con bravi cittadini e delinquenti... e non solo informatori. Questo significa avere il controllo del territorio. Gli occhi e le orecchie degli ispettori, e quindi di Maigret, sono quelli di chi lavora in strada, che sa dintinguere un movimento insolito rispetto al consueto tran-tran quotidiano. Anche dai pettegolezzi di una portinaia, se ben utilizzati, si possono dedurre indizi preziosi.
Certo Maigret, a nostra memeoria, non si è trovato mai davanti a stragi come quelle del Bataclan, al 50 di Boulevard Voltaire, con una novantina di vittime.  Quale sarebbe stata la sua reazione? Forse avrebbe dato più peso alle startegie eclatanti del giudice Comelieu, ma non tanto per catturare gli attentatori, ma per una qualche forma di deterrenza e per dare una maggiore (anche se non reale) sicurezza alla popolazione.
Il suo "comprendere e non giudicare" qui avrebbe avuto un'utilità molto ridotta in relazione al fenomeno dell'estremismo terroritico dell'Isis. Per comprendere invece i meccanismi di aggregazione di queste cellule, le modalità di collegamento con il centro organizzatore in Siria, la tecnica di preparazione di un attentato, la sua fame di capire gli sarebbe stata di grande utilità.
I sospetti, soprattutto i fiancheggiatori, andavano catturati, Maigret forse avrebbe voluto togliere l'acqua in cui i terroristi nuotavano. E se fosse riuscito a catturarli, l'interrogatorio sarebbe servito a qualcosa? Certo il famoso metodo "à la chansonnette" aveva piegato i più duri e resistenti, ma qui avrebbe a che fare con gente votata a morire, magari con il miraggio delle vergini che li aspettano nell'aldilà. Maigret avrebbe applicato delle varianti... magari fingendosi interessato alle loro idee e facendosi spiegare la loro fede, il come e il perchè arrivano a compiere quelle stragi. Poi, fingendo di non capire, avrebbe detto, con calma e traquillità, che non aveva compreso bene certi passaggi e avrebbe chiesto se potevano ricominciare da capo. Una, due, tre, quattro volte... poi con una scusa sarebbe uscito e uno dei suoi ispettori avrebbe ricominciato a farsi spiegare la stessa cosa, con una gran flemma e con l'aria di uno che ha tutto il tempo a disposizione. Si poteva andare avanti tutta la notte, il giorno dopo e tutta la notte seguente.... con il commissario e gli ispettori che si davano il cambio, dando la sensazione al sospettato che quel cantilentante e monotono interrogatorio avrebbe potuto non finire mai...
Certo spesso non si trattava di trovare gli autori della strage, che si facevano saltare insieme alle vittime. Ma qualcuno si sottraeva a questa prassi, o qualcosa non funzionava a dovere, e quindi uscivano vivi e fuggiaschi.
Fiancheggiatori e attentatori superstiti erano quindi l'obiettivo.  Alcuni suoi amici direttori di quotidiani si sarebbero prestati a tendere una trappola? Titoloni ad effetto:  "Bloccati due fiancheggiatori... confessioni clamorose" oppure "Dall'estero, un pentito dell'Isis rivela la rete dei terroristi in Francia" o anche "Scoperto il codice criptato di comunicazione, celullule dell'Isis allo scoperto". Certo a questa "trappola" dovevano dare il loro assenso anche la direzione della polizia, il magistrato incaricato, i responsabili dei servizi d'intelligence e su su fino al Ministro dell'Interno e al Presidente del Consiglio. Ma una trappola del genere, richiedeva coordinamento, massima riservatezza, tanto  tempo, una grande pazienza, e occhi e orecchie ben aperti. E in più i risultati non erano assicurati. Maigret avrebbe avuto, forza, la perseveranza e le capacità di trascinare tutti sulle sue posizioni?
Anche se si tratta di una lotta che a volta sembra impari e dove, come una barca che affonda, non si fa a tempo a tappare un buco che se ne apre un'altro. Una storia che sembra non finire mai, che tiene sempre a nervi tesi e impone di essere pronti a scattare in qualsiasi momento.
E se Maigret non  avesse accettato di imbarcarsi in un'indagine tanto più grande di lui?
Potrebbe darsi. Ma non ci sembra plausibile che il commissario si sarebbe sfilato da tutto,  restando lui, commissario capo, un semplice spettatore di fronte ad una simile tragedia. Invece lo vedremmo bene ritagliarsi un proprio ambito nelle indagini, Quelle conoscitive sul territorio, senza scadenze e obiettivi prefissati, alla ricerca di quelle atmosfere, quegli umori, quelle soffiate a mezza bocca che, messi tutti insieme, potevano costruire un puzzle che forniva contorni, profili, modi di agire... insomma alla fine una direzione nella quale l'indagine sia sarebbe potuta muovere.
Maigret lo vediamo bene in giro per la città e per le banlieu, con la pipa e il suo pesante cappotto, a parlare con le famiglie delle vittime, con i parenti degli attentatori, con gli imam delle moschee, con i proprietari di bancarelle e gli accattoni nelle strade degli attentati... colloqui a volte inutili, più spesso motivi di spunti o di intuizioni, qualche volta davvero rivelatori.
Questo suo avvicinarsi alle persone, agli ambienti, questo entrare in certe mentalità, intuire cose che la ragione non gli avrebbe mai rivelato, gli appartiene davvero, e magari nel lungo periodo avrebbe potuto portare dei risultati interessanti. (m.t.)

SIMENON SIMENON DOMENICA - SIMENON SIMENON DIMANCHE - SIMENON SIMENON ON SUNDAY










"Maigret au cinéma dans le roman Cécile est morte"

"Maigret al cinema nel romanzo Cécile è morta"

"Maigret at the movies in the novel Cécile is dead"