“Comprendere e non giudicare” servirebbe a qualcosa con i kamikaze jihadisti?
L'argomento che affrontiamo oggi è decisamente delicato. Perché riguarda una delle più grandi tragedie del nostro tempo, che semina morte e distruzione nell'occidente e nei paesi mediorientali, lasciando famiglie disperate, cristiane o musulmane che siano, e dietro di sè devastazione di città, di monumenti patrimonio dell'umanità, un clima già violento ancor più avvelenato, che già ha messo in moto delle vere e proprie guerre e che ovunque colpisce chiunque indiscriminatamente. Stiamo parlando dell'attività terroristica dell'Isis che ha avuto un'escalation terribile negli ultimi tempi e che non sappiamo quando finirà. Quel giorno, o meglio negli anni che seguiranno, si potrà cercare di stabilire cause, colpe, errori, responsabilità, che non potranno essere addebitati solo ed esclusivamente al sedicente Califfato, ma l'analisi storica dovrà far luce anche sulle responsabilità dell'Occidente. Ma questo è un ragionamento assai complesso e difficile da portare avanti oggi e più che mai in questa sede. Rientriamo quindi nei nostri ambiti e cerchiamo di immaginare, lo ripetiamo con grande rispetto per tutte le vittime di questa immane tragedia, come tecnicamente le modalità d'indagine del commissario Maigret potrebbero o non potrebbero rivelarsi utili in questa caccia ai terroristi.
Prima di tutto, vorremmo sottolineare come, Simenon lo racconta spesso, il giudice Comeliau sarebbe spesso incline ad un uso massiccio di uomini, a grandi spiegamenti di forze, anche quando si tratta di catturare un omicida. Maigret è contrario a tutto questo chiasso. Soprattutto se si è alla caccia di un uomo solo in mezzo a milioni di parigini. Lui è quasi sempre propenso per prima cosa a studiare la situazione: famiglia, luogo di lavoro, moglie e/o amante, bar, brasserie e bistrot che è solito frequentare, abitudini quotidiane, vizi e debolezze... E, se si tratta di un pluriomicida, a maggior ragione, anche i precendenti e le motivazioni che lo hanno spinto su quella strada. Questa è una situazione abbastanza analoga a quella del terrorista che, organizzato o no, motivato da un fede estremista o solo, depresso e deluso dal mondo che lo circonda, può colpire nella folla, in un luogo qualsiasi, a qualunque ora. Anche un pluriomicida, che solo sospetti di essere braccato, può compiere gesti inconsulti e costituire un grave pericolo per la comunità, soprattutto se ritiene di non avere scampo e se, nella disperazione, non dà più nessun valore alla propria vita.
Informazioni. Ecco quello che Maigret cerca prima di passare all'azione vera e propria. Alcune sono costituite da quelle famose sensazioni che il suo fiuto riesce a percepire, informazioni impalpabili, potremmo chiamarle, ma che sono quelle che mettono in sintonia il commissario con il ricercato. Altre informazioni gli vengono dai suoi ispettori che conoscono il terreno palmo, palmo, che hanno rapporti confidenziali con bravi cittadini e delinquenti... e non solo informatori. Questo significa avere il controllo del territorio. Gli occhi e le orecchie degli ispettori, e quindi di Maigret, sono quelli di chi lavora in strada, che sa dintinguere un movimento insolito rispetto al consueto tran-tran quotidiano. Anche dai pettegolezzi di una portinaia, se ben utilizzati, si possono dedurre indizi preziosi.
Certo Maigret, a nostra memeoria, non si è trovato mai davanti a stragi come quelle del Bataclan, al 50 di Boulevard Voltaire, con una novantina di vittime. Quale sarebbe stata la sua reazione? Forse avrebbe dato più peso alle startegie eclatanti del giudice Comelieu, ma non tanto per catturare gli attentatori, ma per una qualche forma di deterrenza e per dare una maggiore (anche se non reale) sicurezza alla popolazione.
Il suo "comprendere e non giudicare" qui avrebbe avuto un'utilità molto ridotta in relazione al fenomeno dell'estremismo terroritico dell'Isis. Per comprendere invece i meccanismi di aggregazione di queste cellule, le modalità di collegamento con il centro organizzatore in Siria, la tecnica di preparazione di un attentato, la sua fame di capire gli sarebbe stata di grande utilità.
I sospetti, soprattutto i fiancheggiatori, andavano catturati, Maigret forse avrebbe voluto togliere l'acqua in cui i terroristi nuotavano. E se fosse riuscito a catturarli, l'interrogatorio sarebbe servito a qualcosa? Certo il famoso metodo "à la chansonnette" aveva piegato i più duri e resistenti, ma qui avrebbe a che fare con gente votata a morire, magari con il miraggio delle vergini che li aspettano nell'aldilà. Maigret avrebbe applicato delle varianti... magari fingendosi interessato alle loro idee e facendosi spiegare la loro fede, il come e il perchè arrivano a compiere quelle stragi. Poi, fingendo di non capire, avrebbe detto, con calma e traquillità, che non aveva compreso bene certi passaggi e avrebbe chiesto se potevano ricominciare da capo. Una, due, tre, quattro volte... poi con una scusa sarebbe uscito e uno dei suoi ispettori avrebbe ricominciato a farsi spiegare la stessa cosa, con una gran flemma e con l'aria di uno che ha tutto il tempo a disposizione. Si poteva andare avanti tutta la notte, il giorno dopo e tutta la notte seguente.... con il commissario e gli ispettori che si davano il cambio, dando la sensazione al sospettato che quel cantilentante e monotono interrogatorio avrebbe potuto non finire mai...
Certo spesso non si trattava di trovare gli autori della strage, che si facevano saltare insieme alle vittime. Ma qualcuno si sottraeva a questa prassi, o qualcosa non funzionava a dovere, e quindi uscivano vivi e fuggiaschi.
Fiancheggiatori e attentatori superstiti erano quindi l'obiettivo. Alcuni suoi amici direttori di quotidiani si sarebbero prestati a tendere una trappola? Titoloni ad effetto: "Bloccati due fiancheggiatori... confessioni clamorose" oppure "Dall'estero, un pentito dell'Isis rivela la rete dei terroristi in Francia" o anche "Scoperto il codice criptato di comunicazione, celullule dell'Isis allo scoperto". Certo a questa "trappola" dovevano dare il loro assenso anche la direzione della polizia, il magistrato incaricato, i responsabili dei servizi d'intelligence e su su fino al Ministro dell'Interno e al Presidente del Consiglio. Ma una trappola del genere, richiedeva coordinamento, massima riservatezza, tanto tempo, una grande pazienza, e occhi e orecchie ben aperti. E in più i risultati non erano assicurati. Maigret avrebbe avuto, forza, la perseveranza e le capacità di trascinare tutti sulle sue posizioni?
Anche se si tratta di una lotta che a volta sembra impari e dove, come una barca che affonda, non si fa a tempo a tappare un buco che se ne apre un'altro. Una storia che sembra non finire mai, che tiene sempre a nervi tesi e impone di essere pronti a scattare in qualsiasi momento.
E se Maigret non avesse accettato di imbarcarsi in un'indagine tanto più grande di lui?
Potrebbe darsi. Ma non ci sembra plausibile che il commissario si sarebbe sfilato da tutto, restando lui, commissario capo, un semplice spettatore di fronte ad una simile tragedia. Invece lo vedremmo bene ritagliarsi un proprio ambito nelle indagini, Quelle conoscitive sul territorio, senza scadenze e obiettivi prefissati, alla ricerca di quelle atmosfere, quegli umori, quelle soffiate a mezza bocca che, messi tutti insieme, potevano costruire un puzzle che forniva contorni, profili, modi di agire... insomma alla fine una direzione nella quale l'indagine sia sarebbe potuta muovere.
Maigret lo vediamo bene in giro per la città e per le banlieu, con la pipa e il suo pesante cappotto, a parlare con le famiglie delle vittime, con i parenti degli attentatori, con gli imam delle moschee, con i proprietari di bancarelle e gli accattoni nelle strade degli attentati... colloqui a volte inutili, più spesso motivi di spunti o di intuizioni, qualche volta davvero rivelatori.
Questo suo avvicinarsi alle persone, agli ambienti, questo entrare in certe mentalità, intuire cose che la ragione non gli avrebbe mai rivelato, gli appartiene davvero, e magari nel lungo periodo avrebbe potuto portare dei risultati interessanti. (m.t.)
SIMENON SIMENON. LA “MÉTHODE MAIGRET ” SERAIT-ELLE EFFICACE CONTRE LE
TERRORISME ISIS?
Est-ce que "Comprendre et ne pas juger" servirait à quelque chose avec les djihadistes?
SIMENON SIMENON. WOULD “MAIGRET’S METHOD” BE EFFECTIVE AGAINST ISIS
TERRORISM
Would “to understand and not judge” be of some use with the jihadist kamikazes? L'argomento che affrontiamo oggi è decisamente delicato. Perché riguarda una delle più grandi tragedie del nostro tempo, che semina morte e distruzione nell'occidente e nei paesi mediorientali, lasciando famiglie disperate, cristiane o musulmane che siano, e dietro di sè devastazione di città, di monumenti patrimonio dell'umanità, un clima già violento ancor più avvelenato, che già ha messo in moto delle vere e proprie guerre e che ovunque colpisce chiunque indiscriminatamente. Stiamo parlando dell'attività terroristica dell'Isis che ha avuto un'escalation terribile negli ultimi tempi e che non sappiamo quando finirà. Quel giorno, o meglio negli anni che seguiranno, si potrà cercare di stabilire cause, colpe, errori, responsabilità, che non potranno essere addebitati solo ed esclusivamente al sedicente Califfato, ma l'analisi storica dovrà far luce anche sulle responsabilità dell'Occidente. Ma questo è un ragionamento assai complesso e difficile da portare avanti oggi e più che mai in questa sede. Rientriamo quindi nei nostri ambiti e cerchiamo di immaginare, lo ripetiamo con grande rispetto per tutte le vittime di questa immane tragedia, come tecnicamente le modalità d'indagine del commissario Maigret potrebbero o non potrebbero rivelarsi utili in questa caccia ai terroristi.
Prima di tutto, vorremmo sottolineare come, Simenon lo racconta spesso, il giudice Comeliau sarebbe spesso incline ad un uso massiccio di uomini, a grandi spiegamenti di forze, anche quando si tratta di catturare un omicida. Maigret è contrario a tutto questo chiasso. Soprattutto se si è alla caccia di un uomo solo in mezzo a milioni di parigini. Lui è quasi sempre propenso per prima cosa a studiare la situazione: famiglia, luogo di lavoro, moglie e/o amante, bar, brasserie e bistrot che è solito frequentare, abitudini quotidiane, vizi e debolezze... E, se si tratta di un pluriomicida, a maggior ragione, anche i precendenti e le motivazioni che lo hanno spinto su quella strada. Questa è una situazione abbastanza analoga a quella del terrorista che, organizzato o no, motivato da un fede estremista o solo, depresso e deluso dal mondo che lo circonda, può colpire nella folla, in un luogo qualsiasi, a qualunque ora. Anche un pluriomicida, che solo sospetti di essere braccato, può compiere gesti inconsulti e costituire un grave pericolo per la comunità, soprattutto se ritiene di non avere scampo e se, nella disperazione, non dà più nessun valore alla propria vita.
Informazioni. Ecco quello che Maigret cerca prima di passare all'azione vera e propria. Alcune sono costituite da quelle famose sensazioni che il suo fiuto riesce a percepire, informazioni impalpabili, potremmo chiamarle, ma che sono quelle che mettono in sintonia il commissario con il ricercato. Altre informazioni gli vengono dai suoi ispettori che conoscono il terreno palmo, palmo, che hanno rapporti confidenziali con bravi cittadini e delinquenti... e non solo informatori. Questo significa avere il controllo del territorio. Gli occhi e le orecchie degli ispettori, e quindi di Maigret, sono quelli di chi lavora in strada, che sa dintinguere un movimento insolito rispetto al consueto tran-tran quotidiano. Anche dai pettegolezzi di una portinaia, se ben utilizzati, si possono dedurre indizi preziosi.
Certo Maigret, a nostra memeoria, non si è trovato mai davanti a stragi come quelle del Bataclan, al 50 di Boulevard Voltaire, con una novantina di vittime. Quale sarebbe stata la sua reazione? Forse avrebbe dato più peso alle startegie eclatanti del giudice Comelieu, ma non tanto per catturare gli attentatori, ma per una qualche forma di deterrenza e per dare una maggiore (anche se non reale) sicurezza alla popolazione.
Il suo "comprendere e non giudicare" qui avrebbe avuto un'utilità molto ridotta in relazione al fenomeno dell'estremismo terroritico dell'Isis. Per comprendere invece i meccanismi di aggregazione di queste cellule, le modalità di collegamento con il centro organizzatore in Siria, la tecnica di preparazione di un attentato, la sua fame di capire gli sarebbe stata di grande utilità.
I sospetti, soprattutto i fiancheggiatori, andavano catturati, Maigret forse avrebbe voluto togliere l'acqua in cui i terroristi nuotavano. E se fosse riuscito a catturarli, l'interrogatorio sarebbe servito a qualcosa? Certo il famoso metodo "à la chansonnette" aveva piegato i più duri e resistenti, ma qui avrebbe a che fare con gente votata a morire, magari con il miraggio delle vergini che li aspettano nell'aldilà. Maigret avrebbe applicato delle varianti... magari fingendosi interessato alle loro idee e facendosi spiegare la loro fede, il come e il perchè arrivano a compiere quelle stragi. Poi, fingendo di non capire, avrebbe detto, con calma e traquillità, che non aveva compreso bene certi passaggi e avrebbe chiesto se potevano ricominciare da capo. Una, due, tre, quattro volte... poi con una scusa sarebbe uscito e uno dei suoi ispettori avrebbe ricominciato a farsi spiegare la stessa cosa, con una gran flemma e con l'aria di uno che ha tutto il tempo a disposizione. Si poteva andare avanti tutta la notte, il giorno dopo e tutta la notte seguente.... con il commissario e gli ispettori che si davano il cambio, dando la sensazione al sospettato che quel cantilentante e monotono interrogatorio avrebbe potuto non finire mai...
Certo spesso non si trattava di trovare gli autori della strage, che si facevano saltare insieme alle vittime. Ma qualcuno si sottraeva a questa prassi, o qualcosa non funzionava a dovere, e quindi uscivano vivi e fuggiaschi.
Fiancheggiatori e attentatori superstiti erano quindi l'obiettivo. Alcuni suoi amici direttori di quotidiani si sarebbero prestati a tendere una trappola? Titoloni ad effetto: "Bloccati due fiancheggiatori... confessioni clamorose" oppure "Dall'estero, un pentito dell'Isis rivela la rete dei terroristi in Francia" o anche "Scoperto il codice criptato di comunicazione, celullule dell'Isis allo scoperto". Certo a questa "trappola" dovevano dare il loro assenso anche la direzione della polizia, il magistrato incaricato, i responsabili dei servizi d'intelligence e su su fino al Ministro dell'Interno e al Presidente del Consiglio. Ma una trappola del genere, richiedeva coordinamento, massima riservatezza, tanto tempo, una grande pazienza, e occhi e orecchie ben aperti. E in più i risultati non erano assicurati. Maigret avrebbe avuto, forza, la perseveranza e le capacità di trascinare tutti sulle sue posizioni?
Anche se si tratta di una lotta che a volta sembra impari e dove, come una barca che affonda, non si fa a tempo a tappare un buco che se ne apre un'altro. Una storia che sembra non finire mai, che tiene sempre a nervi tesi e impone di essere pronti a scattare in qualsiasi momento.
E se Maigret non avesse accettato di imbarcarsi in un'indagine tanto più grande di lui?
Potrebbe darsi. Ma non ci sembra plausibile che il commissario si sarebbe sfilato da tutto, restando lui, commissario capo, un semplice spettatore di fronte ad una simile tragedia. Invece lo vedremmo bene ritagliarsi un proprio ambito nelle indagini, Quelle conoscitive sul territorio, senza scadenze e obiettivi prefissati, alla ricerca di quelle atmosfere, quegli umori, quelle soffiate a mezza bocca che, messi tutti insieme, potevano costruire un puzzle che forniva contorni, profili, modi di agire... insomma alla fine una direzione nella quale l'indagine sia sarebbe potuta muovere.
Maigret lo vediamo bene in giro per la città e per le banlieu, con la pipa e il suo pesante cappotto, a parlare con le famiglie delle vittime, con i parenti degli attentatori, con gli imam delle moschee, con i proprietari di bancarelle e gli accattoni nelle strade degli attentati... colloqui a volte inutili, più spesso motivi di spunti o di intuizioni, qualche volta davvero rivelatori.
Questo suo avvicinarsi alle persone, agli ambienti, questo entrare in certe mentalità, intuire cose che la ragione non gli avrebbe mai rivelato, gli appartiene davvero, e magari nel lungo periodo avrebbe potuto portare dei risultati interessanti. (m.t.)
Temo proprio che neanche Maigret, con la sua grande umanità, potrebbe fare qualcosa contro la barbarie di una religione capace di instillare ed amplificare l'odio al punto da cancellare nell'uomo l'istinto di conservazione e trasformarlo in un ordigno per distruggere più vite possibile. E la cosa veramente agghiacciante è che la differenza tra radicali e moderati è solo nella nostra testa di occidentali. Quindi, come direbbe l'ottimo Maigret, il mostro potrebbe essere il vicino della porta accanto, e ormai non sono solo a Parigi, sono dappertutto.
RispondiEliminag
SEGNALAZIONE DI UN TESTO - REPUBBLICA.IT/CULTURA - 8 AGOSTO 2016 - di Paolo Rumiz
RispondiElimina... Ripenso spesso a quel giorno. Uscii dalla stazione angosciato, chiedendomi che succedeva in Francia. Leggevo segni che nessuna microspia rivelava, ma che il viaggiatore sentiva, fiutando l’aria e camminando. Oggi mi chiedo se molti disastri non nascano proprio dalla scomparsa del cammino. Se nelle banlieues di Francia, invece di videocamere e strumenti d’ascolto elettronico, funzionassero ancora commissari Maigret capaci di pattugliare il terreno e fermarsi ogni tanto per una tirata di pipa o una sorsata di birra per capire “l’aria che tira”, forse si eviterebbero molte stragi...
Perdonami Maurizio, ma io credo che il nostro Maigret ringrazierebbe il cielo di essere a capo della Omicidi e non della Squadra Politica. Se poi fosse proprio obbligato, a dar la caccia ad un attentatore o ad individuare una cellula pericolosa, lo farebbe esattamente come dici tu: cercando uomini fra gli uomini. La violenza politica era all'ordine del giorno anche a quei tempi, ma Simenon si è ben guardato dall'utilizzarla nei suoi romanzi. Forse un po' di calcolo c'è stato, che prendere posizione riduce i lettori, ma non credo fosse solo questione di vendite. Pedigree inizia proprio con un attentato dinamitardo a Liegi e Simenon non ha alcun imbarazzo a mostrare esecutori e mandanti. Non ha bisogno di molte pagine per ridurre la questione a quello che è nel concreto: un fanatico indifferente alla vita altrui e un mestatore, mezzo rivoluzionario e mezzo informatore della polizia, spingono un ragazzino illuso e deluso a compiere un atto violento. Poi lo lasciano al suo destino. Tre tipi umani ancora presenti ai giorno d'oggi la dove si uccide sparando nel mucchio. Simenon sembra dirci che anche le ideologie e, soprattutto, la loro realizzazione nel mondo, passano attraverso l'animo umano e i suoi abissi. Maigret indagherebbe con i suoi metodi. Sicuramente lamentandosi di non avere a che fare con veri delinquenti abituali, perché, come dice lui: "Con loro si gioca a carte scoperte".
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