venerdì 21 ottobre 2016

SIMENON SIMENON. GEORGES E TIGY UN DIVORZIO... "CONTROLLATO"

Patti e condizioni di un divorzio che lasciò un legame tra lo scrittore e la sua prima moglie

SIMENON SIMENON. GEORGES ET TIGY, UN DIVORCE... "CONTRÔLÉ"
Pactes et conditions d'un divorce qui laissait un lien entre l'écrivain et sa première femme
SIMENON SIMENON. GEORGES AND TIGY, A “CONTROLLED” DIVORCE
Pacts and conditions in the divorce that kept a bond between the writer and his first wife


"E' un ultimatum". Così ricorda Tigy, quello che Georges le disse, dal momento che lui voleva divorziare: lei doveva trovarsi un avvocato. In realtà, le condizioni erano già state stabilite dall'avvocato newyorkese di Georges e il legale di lei doveva solo ratificare un accordo già stabilito. 

Ormai erano anni che il loro matrimonio era finito. Rimasti sotto lo stesso tetto solo per il bene del figlio Marc, dall'ingresso di Denyse nella vita di Georges , la situazione si era inevitabilmente chiarificata. 
Le condizioni del loro accordo tenevano conto del fatto che Georges non voleva rinunciare a vedere Marc, lo voleva quotidianamente a portata di mano.
Il bambino veniva affidato quindi alla mamma a condizione però che i due abitassero a non più di tre miglia dal padre ed ex-marito. E questo significava seguire passo passo i vagabondaggi dello scrittore che ormai viveva con Denyse e il figlio John. 
Dal punto di vista economico Tigy ottenne anche un sostanzioso assegno di mantenimento, una buona assicurazione e la casa di Nieul-sur mer. 
Nel 1950 va in scena l'ufficializzazione di una situazione di fatto. Madame Simenon è ormai Denyse. E' il 21 giugno e a Reno (Texas) Georges divorzia da Tigy e il giorno successivo sposa Denyse.
Dopo un mese la destinazione è Lakeville nel Connecticut. Georges, Denyse et John, si sistemano in quella che per cinque anni sarà la loro casa "Shadow Rock Farm". Tigy, Marc e Boule trovano un appartamento in affitto a Lime Rock ad un primo piano. La casa viene arredata e come ricorda Tigy "...bisogna pensare ai mobili che dalla Francia sono arrivati prima in Arizona, ora in California e alcuni dei quali un giorno ripartiranno per la Francia..." 
Inizia un nuovo ciclo, a settembre Marc inizia a frequentare la l'Indian Mountain School mentre Boule ritorna a casa dello scrittore.
E' una tappa fondamentale per Georges che, se da una parte inizia una seconda vita con la donna che lo appassiona, che lo fà felice sessualmente e che gli darà ben tre figli, dall'altra non chiude mai la porta alla sua prima famiglia. Sarà pieno di attenzioni nei confronti di Marc, e con il passare del tempo anche il rapporto con Tigy andrà migliorando. Soprattutto quando, tornati in Francia, la crisi con una Denyse peggiora, con lei sempre più schiava dell'alcol, ma soprattutto sempre più lontana dal suo equilibrio mentale. Tigy costituirà un punto fermo per tutta la famiglia, anche per i figli di Denyse e una fonte di conforto per lo stesso Georges. (m.t.)

giovedì 20 ottobre 2016

SIMENON SIMENON. COLLABORATOR OR ANTAGONIST?

Was Simenon wearing two hats during the nazi’s rise and fall? 
SIMENON SIMENON. COLLABORATEUR OU ANTAGONISTE ? 
Simenon, portait-il deux casquettes pendant l’ascension et la chute des nazis ? 
SIMENON SIMENON, COLLABORATORE O OPPOSITORE?
Simenon faceva il doppio gioco durante l'ascesa e la caduta dei nazisti?


About halfway through Pierre Assouline’s Simenon, one runs smack into some ambiguity* about Simenon’s role as a collaborator with the Germans during the WWII period. Back in 1933, in the newspaper Voilà, the young reporter had written: “I saw him, the Messiah….” However, given that he wanted to “stay a Belgian above all else,” and had “refused the great [French] naturalization proposed to him” in 1935, it seems unlikely he would  later on have sided up to another country. 
Assouline approaches the question with a political portrait: “Hhad always been, was, and would remain viscerally a man of the right.” However, as a “populist and conservative rather than reactionary, he was not short on contradictions.” First describing a man who “could not get along without order,” one who “detested change and did not stop praising immobility,” Assouline then characterizes him as “a fundamentally unstable person.” 
Now, for some differing behavior: 1) After the war was over, Simenon would claim “he never missed an opportunity to remind of his refusal to let his novels be translated and published in Germany from Hitler’s coming into power until the end of the war.” However, Assouline contends “the reality was otherwise,” pointing out that “in fact, during 1938 and 1939, Simenon was quite willing to sell the rights to his books and articles to papers and publishers beyond the Rhine.” That this did not end up happening “was not for moral or political reasons,” rather it was because publishing “the entirety of [my] work” was what was important to Simenon. 
2) In contrast, when the war began, Simenon went a different way. The declaration of war by Britain and France in response to Hitler’s invasion of Poland on September 3, 1939 “stunned” Simenon. For starters, his personal response was to retreat to his writing. “What to do? Write.” But, while he was basking in his son Marc’s infancy, Simenon was also worrying about being called back into military service by Belgium. Although he did not intend to volunteer,” he ended up serving Belgium―and France―quite well! 
A foreigner and not a citizen, Simenon was restricted in movement within France, most importantly from the coast where he wrote to inland Paris where he could peddle his work. However, shortly after the May 1940 German invasion of Belgiumhe did go to its Paris embassy and wound up as a High Commissioner” responsible for welcoming the “flood of Belgian refugees” into La Rochelle and handling their affairs. “For the first time in his adult life, he was going to put himself into the service of others.” In fact, Simenon worked long and hard at the reception center he set up, often sleeping there instead of going home. Notably, the author “wasn’t writing anymore, for “his preoccupation was before anything else humanitarian.” Indeed, “for 18,000 Belgians, he was not the famous novelist, but the man they called upon [for help].” By August, however, when the refugees were able to go back home, “his mission was completed” and “he could return to his writing. 
After such conflicting behavior up to this point, will a collaborator emerge or not? 
David P Simmons 
* The preface to Bill Alder’s Maigret, Simenon and France: Social Dimensions of the Novels and Stories states, “Some thought Simenon was a collaborator, and he spent a number of years in the United States as an indirect result. Reflection suggests that a man of such strong feelings about human justice is very unlikely to have been a collaborator.”

David P Simmons

mercoledì 19 ottobre 2016

SIMENON SIMENON. DÉSIRÉ' UN UOMO DIGNITOSO, SAGGIO E... FELICE?

Suo padre, l'esempio che il romanziere ha portato nel cuore tutta la vita

SIMENON SIMENON. DÉSIRÉ, UN HOMME DIGNE, SAGE ET... HEUREUX ?
Son père, l'exemple que le romancier a porté dans son coeur pendant toute sa vie
SIMENON SIMENON. DÉSIRÉ, A WORTHY, WISE AND… HAPPY MAN?
His father, the example the novelist carried in his heart his whole life




























Il   piccolo Georges visse la sua infanzia in una famiglia dominata dalla presenza forte e volitiva della madre Henriette Brull, di cui suo fratello Christian era il pupillo. Poi c'era il padre Désiré Simenon. Era un uomo dal carattere tranquillo e in un ruolo recessivo nei confronti della moglie che teneva moltissimo all'immagine della famiglia che non era proprio povera, ma nemmeno benestante. Lei invece  faceva di tutto per salvaguardare l'immagine del nucleo familiare: metteva insieme il pranzo con la cena risparmiando su ogni cosa, cuciva i vestiti di tutti in modo che fossero il più presentabili possibile e cercava che "gli altri" giudicassero i Simenon più che dignitosi.
E per riuscire in questo intento ingaggiava quotidianamente la sua battaglia con il marito, impiegato in un piccola agenzia delle assicurazioni Génerale e Winterthur.
Un lavoro tranquillo, collaudato in cui Désiré si sentiva soddisfatto. Non aveva ambizioni di far carriera o di guadagnare di più. Ben due volte rifiutò delle occasioni che avrebbe dato una svolta alla sua carriera e alla sua vita. La prima quando rifiutò di occuparsi del nuovo ramo "assicurazioni-vita che avrebbe avuto un enorme sviluppo. La seconda quando disse no alla proposta di trasferirsi nella sede di Bruxelles, dove avrebbe goduto di un livello più alto e di una stipendio maggiore.
Ecco come Georges Simenon racconta e commenta questi fatti.
"...lui voleva rimanere tranquillo del suo angolo, non si sarebbe spostato mai di città. aveva bisogno del contatto con le persone che conosceva da sempre... era tranquillo nel suo cantuccio, nel suo rifugio, lontano dagli occhi della gente. Quindi io credo che mio padre fosse felice, equilibrato: un saggio...".
Sono parole di grande rispetto per un uomo che vive con dignità la sua  condizione, per mediocre che fosse, accontentandosi di quel, poco, che aveva.
Una filosofia che la moglie osteggiava apertamente,con scontri quasi quotidiani per il suo non essere interessato alla carriera e a salire i gradini della scale sociale.
Questi scontri ferivano il piccolo Georges che aveva sviluppato un amore e un solidarietà particolare con il padre 
Poi il padre si ammalò al punto di non poter più lavorare e le lamentele di Henriette aumentarono.Soprattutto accusava il marito di non essersi fatto un'assicurazione sulla vita, finché lavorava nell'agenzia. E' ancora Simenon che ci spiega come andarono le cose
"...la verità su questo fatto la seppi solo quando mio padre era ormai morto. Lui aveva tentato più volte di stipulare un polizza vita, ma i medici, gliela avevano rifiutata. Ebbene, per vent'anni mio padre si è lasciato violentemente rimproverare da mia madre... Ma lui non rispondeva mai, abbassava la testa e non ha mai detto - Non l'ho fatto perché sono malato -  E' poi morto a quarantaquattro anni di un infarto al miocardio...".
Nasce da qui il difficilissimo rapporto tra Georges e sua madre? Senz'altro questa situazione contribuì non poco a creare un baratro tra figlio e madre.  Ma anche lei non nascondeva affatto la sua preferenza per il fratello, cosa che non poteva non far soffrire il nostro.
Ma forse c'è qualcosa in più. Georges era, e soprattutto sarà, molto diverso da Desiré, ma nella sue varie aspirazioni c'era sempre un posto per il richiamo ad una vita semplice e morigerata... certo il contrario di quello che è invece stata la sua vita fino a...
Fino al suo addio alla grande villa d'Epalinges, a quasi settant'anni, quando lasciò tutto (arredi, automobili, libri, argenterie, quadri, etc...)  e andò a vive con la sua Teresa in un piccolo appartamento in un condominio. E da allora la sua vita subì una sterzata  notevole. Negli ultimi vent'anni della sua vita Simenon divenne, come diceva lui, "uno come gli  altri", diremmo noi uno come suo padre, che non aveva più tragaurdi da raggiungere, che viveva alla giornata, godendo delle piccole cose che lo circondavano, senza più aspirare a chissà cosa. E questo Georges è forse quello più simile e più vicino a papà Désiré. (m.t.) 

martedì 18 ottobre 2016

SIMENON SIMENON. COMMENT OUVRIR LA PORTE DE LA NRF…

Les étapes de la rencontre entre Simenon et Gallimard 

SIMENON SIMENON. COME APRIRE LA PORTA DELLA NRF... 
Le tappe dell'incontro tra Simenon e Gallimard  
SIMENON SIMENON. HOW TO OPEN THE DOOR OF THE NRF... 
The stages of the meeting between Simenon and Gallimard 

  
C'est un long chemin qui a mené à la signature, en octobre 1933, du premier contrat de Simenon avec Gallimard, lui ouvrant enfin la porte de la prestigieuse maison d'édition… Avant ce premier contact entre les deux hommes, Simenon a déjà eu affaire indirectement à l'éditeur. En effet, en 1929, Georges Sim signe une première nouvelle pour l'hebdomadaire Détective, que Gallimard vient de racheter sur les conseils de Joseph Kessel. Le journal s'est assuré la collaboration de plumes prestigieuses, comme Pierre Mac Orlan, Albert Londres, Marcel Achard, Jean Cocteau ou… SimenonCelui-ci a été sollicité parce qu'à cette époque, il est déjà connu comme un prolifique fournisseur de contes pour les journaux, dans de nombreux magazines "coquins", mais aussi, dans un autre genre, Le Matin ou L'Aventure. Pourquoi ne pas s'essayer au récit policier, dont il a déjà tâté dans quelques romans sous pseudonymes ? Pendant l'hiver 1928-1929, alors qu'installé place des Vosges il attend la fin de la construction de l'OstrogothSimenon rédige une première série de nouvelles, Les treize mystères; une deuxième série, Les treize énigmes, et une troisième, Les treize coupables, sont composées à bord de son bateau, l'une au printemps et l'autre pendant l'hiver 1929-1930. Ces trois séries paraîtront dans Détective entre mars 1929 et juin 1930 
Mais Simenon ne veut pas se cantonner au journal. Lui qui alimente depuis plusieurs années les éditeurs en romans populaires, il n'hésite pas à viser plus haut que Tallandier, Ferenczi ou Fayard. En 1928, il envoie donc à Gallimard deux manuscrits, Le tonnerre de Brest et L'homme à la cigarette, pensant qu'ils pourraient très bien s'intégrer à une nouvelle collection de l'éditeur, "Les chefs-d'œuvre du roman d'aventures", où paraîtront, entre autres, des romans de Dashiell Hammett ou Edgar Wallace. Mais le comité de lecture n'est pas convaincu… Cependant, comme l'écrit Assouline, "la porte de la NRF est entrouverte": en substance, on répond à Simenon que ses manuscrits ne sont pas encore au point, mais qu'on ne doute pas qu'il puisse faire mieux…  
Le romancier va donc devoir encore patienter, et pour le moment, il se contente de continuer à donner ses romans à ses éditeurs habituels. En attendant, le Simenon reporter va apporter sa collaboration à un autre magazine fondé par Gallimard, Voilàdans lequel vont paraître les comptes-rendus de son voyage en Afrique de 1932 et de son tour d'Europe de 1933.  
Mais, au retour de ces voyages, le romancier a mûri. Il a écrit, en avril 1933, L'écluse no 1, qu'il considère, à ce moment-là, comme le dernier tribut de ce qu'il doit à Maigret. Il a déjà réussi à convaincre Fayard de publier une série de romans non-Maigret, et il en écrit encore trois pour cet éditeurLes deux suivants, Le Locataire et Les suicidés, il veut les réserver à un autre but; cette fois, il est bien décidé à quitter Fayard, qui n'a pas compris sa volonté de laisser tomber le roman policier, et il lorgne du côté de Gallimard: la marque de la NRF permettrait au romancier de poser une estampille définitivement littéraire sur son œuvre… Après être entré par la "petite porte" du journalisme et des nouvelles policières, et tenté une première fois de passer le seuil, cette fois, Simenon sent que c'est la bonne… 
Grâce au rédacteur en chef de Voilà, Simenon se retrouve dans le bureau du grand patron. On pourrait l'imaginer intimidé, peu sûr de lui… Il n'en est rien. Désormais "maître de sa production", comme l'écrit Assouline, il se sent en position de force pour négocier, et c'est lui qui pose ses conditions. Gallimard lui propose d'aller déjeuner ensemble dans un restaurant renommé, et de discuter tranquillement des termes du contrat au cours du repas. Simenon refuse: il ne veut pas de "déjeuner d'affaires", mais il exige que la rédaction du contrat ait lieu dans le bureau de Gallimard, dans le temps minimum nécessaire. Et lors du renouvellement de ce contrat, c'est Gallimard qui aura à aller trouver Simenon chez lui. L'éditeur, qui tient à avoir le romancier dans son écurie, finit par se plier à toutes ses exigences, et le contrat est signé le 18 octobre 1933. Vont s'ensuivre près de vingt ans de collaboration entre les deux hommes, de relations avec des hauts et des bas. Gallimard va publier 46 "romans durs" de Simenon, 4 recueils de nouvelles, et il parviendra à convaincre le romancier de reprendre le personnage de Maigret, pour trois volumes, dont un recueil de nouvelles et deux collections de trois romans chacune. Simenon, lui, croit qu'il a réalisé son rêve en entrant chez Gallimard, le rêve d'être parvenu au bon échelon dans la littérature… Mais il ne se sentira jamais à l'aise dans l'atmosphère de la NRF, ayant l'impression de ne pas avoir été reconnu comme il pensait le mériter, et c'est probablement une des raisons qui le feront quitter Gallimard pour entrer aux Presses de la Cité, lorsqu'il décidera d'entamer une vie comme neuve en Amérique: à nouvelle existence, nouvel éditeur…  

Murielle Wenger