giovedì 24 novembre 2016

SIMENON SIMENON. SOCIAL DIMENSION IN THE MAIGRET SHORT STORIES 1/ THE CONTEXT

The main differences between the novels and the short stories

SIMENON SIMENON. DIMENSION SOCIALE DANS LES NOUVELLES MAIGRET 1/ LE CONTEXTE
Les principales différences entre les romans et les nouvelles 
SIMENON SIMENON. LA DIMENSIONE SOCIALE NEI  RACCONTI DI MAIGRET 1/ IL CONTESTO
Le principali differenze tra i romanzi e i racconti


In a recent post, Murielle Wenger recounted the re-appearance of Maigret after an absence of over two years in a series of short stories published in ‘Paris-Soir-Dimanche’ from 1936-1937. The most obvious contrast between these Maigret inquiries and the 1931-1934 Fayard texts is that the former are short stories while the latter are full-length novels, albeit not particularly long ones. This change in form has important implications for Simenon’s approach. A short story necessarily concentrates on a smaller group of characters and deals with a shorter period of time. Inevitably, this allows less possibility for the development of characters or for the creation of social context by the accumulation of descriptive detail. It might, therefore, be thought that the short story form is particularly appropriate for the deductive sub-genre of crime fiction, focusing on an enigma to be solved rather than the social causes of crimes.
Simenon had already written a number of detective short stories in the period preceding the publication of the first Maigret novels. These originally appeared in 1929 in Détective magazine under pseudonym but were collected and republished under Simenon’s own name in 1932 as Les 13 Coupables, Les 13 Enigmes and Les 13 Mystères. The stories are short and have little by way of characterization or social context. The methods of inquiry used in the ‘13’ series are much closer to the short story model of Poe or Doyle than to what would become the ‘Maigret method’: the ‘detectives’, Froget, G-7 and Leborgne, act by reasoning and deduction, unlike Maigret, one of whose catch-phrases is ‘I don’t think anything’, and their cases are usually narrated in the first-person by an admiring
‘straight man’.    
The impact of the change in format from novel to short story in the 1936-1937 Maigret narratives is immediately obvious in three areas: first, the duration of the inquiries; secondly, the limitation of Maigret’s physical movements; thirdly, the implications for Maigret’s method in solving cases. Typically, the Fayard novels span a period of between five days and a week; most of the short stories are restricted to a period of twenty four hours or less: the action of ‘La fenêtre ouverte’ occupies an afternoon and an evening; ‘Rue Pigalle’ and ‘Les larmes de bougie’ a morning and an afternoon; ‘Jeumont, 51 minutes d’arrêt!’ a single day; ‘La péniche aux deux pendus’ a single evening and night. The novels often involve Maigret in travel from one location to another; in contrast, most of the short stories unfold in a single setting: the lock at Coudray in ‘La péniche aux deux pendus’; an office building in the rue Montmartre in ‘La fenêtre ouverte’; a nightclub in ‘Rue Pigalle’; a railway coach in ‘Jeumont, 51 minutes d’arrêt!’.
The short time span and the confinement of the commissaire to a single location have important consequences for his method of working. In the novels, Maigret works by what might be termed ‘progressive penetration’, gradually immersing himself in the social context in which the crime has been committed. Although Maigret does not spurn conventional clues or the use of techniques such as forensics and handwriting analysis, his approach is based on atmosphere and instinct and his sensitivity to people and places. In short, it is a social rather than a logical or technical approach to police investigation.
In the short stories there is insufficient time for the deployment of such a method. Maigret relies much more on conventional clues, such as an analysis of the seating plan of the victim’s train compartment and the details of which passengers got off and back on the train at different stations in ‘Jeumont, 51 minutes d’arrêt!’. Logic and deduction play a much greater part in the resolution of many of these cases than they do in the Fayard novels, as both Maigret and the narrator note: ‘It’s like this! I’ve been looking for the only logical explanation of the facts. It’s up to you to prove it or get somebody to confess.’ (‘Jeumont, 51 minutes d’arrêt!’/’Jeumont, 51 Minutes’ Stop!’); ’This was one of those rare cases which might have been solved from diagrams and documents, by deduction and by scientific police methods. Indeed, when Maigret left the Quai des Orfèvres he was already acquainted with every detail.’ (‘Les larmes de bougie’/‘Death of a Woodlander’)
Does this mean, therefore, that the social dimension of the Fayard Maigret texts is absent and that a sensitivity to social class and environment plays no part in Maigret’s approach in these stories?  In a subsequent post, I will contend that, despite the restrictions of the short story format, social class continues to be an important feature of many of the inquiries in that it often provides the background to the crime as well as determining the behavior of the protagonists.

William Alder

mercoledì 23 novembre 2016

SIMENON SIMENON FESTEGGIA I SUOI SEI ANNI

Dagli inizi alla versione internazionale

SIMENON SIMENON FETE SES SIX ANS
Des débuts à la version internationale
SIMENON SIMENON CELEBRATES ITS SIX YEARS
From its beginnings to the international version

Fine novembre del 2010. L'idea mi frullava in testa da qualche tempo. Avevo già scritto due o tre libri che giravano attorno alla figura dello scrittore e già da anni lavoravo all'informazione on line, sin dal 1998, creando e dirigendo dei quotidiani su internet, primo tra tutti NewsOre13. Insomma la passione per Simenon, il mestiere di giornalista e l'interesse per l'informazione in tempo reale, tipica del web, si andavano intrecciando.
E in quel momento scrivere una biografia, cartacea o digitale, sullo scrittore, mi sembrava un forma d'espressione e/o d'informazione superata.
Il fenomeno di Facebook era in piena espansione, l'Italia all'epoca registrava circa venti milioni di utenti, come pure la realtà dei blog andava crescendo anche nel nostro paese (alcune stime di quegli anni parlavano di mezzo milione di blog).
Ma quello che si andava delineando nella mia mente era qualcosa di un po' diverso.
Sì, un blog su Georges Simenon, un blog culturale come ce n'erano  già moltissimi. 
Ma questo avrebbe avuto qualcosa in più. 
Oltre ad essere monotematico, sarebbe stato contraddistinto dal ritmo quotidiano. Sì, un post al giorno. Almeno un post quotidiano. Le prime reazioni di chi mi era vicino, amici o colleghi, furono negative. Come potevo realizzare da solo un blog che parlasse di un unico autore, trovando ogni giorno un argomento nuovo e delle illustrazioni adeguate? 
Sembrava che mi stessi imbarcando in un progetto destinato a naufragare di lì a poco. In realtà qualche perplessità ce l'avevo anche io. Anche perché, per quanto cercassi, non trovavo in tutto il web un blog o un sito così verticale nell'argomento trattato e che per di più vantasse una cadenza quotidiana. Figuriamoci poi su Georges Simenon. 
Ma alla fine un po' la passione, un po' l'incoscienza, un po' la mia tendenza alle sfide, ma soprattutto la spinta a cercare di creare sempre qualcosa di inedito, mi dettero la forza di iniziare.
E così a fine novembre 2010 partii. 
Il nome del blog? Lo volli semplice, esplicito e incisivo: il cognome dello scrittore ripetuto due volte, Simenon Simenon. Registrato il dominio, scelta come piattaforma Blogger, era il momento di mettersi a scrivere... ogni giorno. In questo i miei, allora, trent'anni di giornalismo e di scrittura, ma anche la complessità e la ricchezza della vita di Georges Simenon nonché la sua sterminata opera letteraria, furono un aiuto indispensabile.  
E ben presto la quotidianità divenne una sorta di imperativo categorico. E allora post anche il sabato e la domenica, post anche durante le feste, Natale, Capodanno, Pasqua, Ferragosto... e, con un po' di organizzazione, anche durante le ferie estive. Devo dire che dopo il primo anno Simenon Simenon ha iniziato ad avere dei collaboratori occasionali, e poi negli anni successivi qualcuno di questi iniziò a non essere così saltuario, quindi esperti come Murielle Wenger diventarono un insostituibile aiuto quotidiano.
Qualche pausa in questi anni c'é stata. Talvolta dei problemi tecnici, qualche volta problemi di salute, alcune pause dovute a comprensibili momenti di stanchezza...
Dall'ultima di queste pause, circa nove mesi fa', Simenon Simenon é uscito molto cambiato. 
I suoi post sono da allora regolarmente pubblicati non solo in italiano, ma anche in francese e in inglese. La squadra che sta dietro alla realizzazione dei post è quasi una redazione, con Murielle (Svizzera) che oltre a scrivere regolarmente, svolge un lavoro assimilabile a quello di un caporedattore di un giornale tradizionale. Ci sono collaboratori competenti e organici, come David (Stati Uniti) e Andrea (Italia), che insieme a Murielle e me formano una sorta di redazione e poi ci sono anche firme  illustri, come William Alder (Gran Bretagna), che ogni mese danno il loro prezioso contributo al blog.
Simenon Simenon ormai è divenuto una consuetudine per gli appassionati dello scrittore e la sua "anzianità" e la sua cadenza quotidiana lo hanno portato nei primissimi posti nelle indicizzazioni dei motori di ricerca. Giusto per fare qualche numero possiamo citare che in questi anni abbiamo oltrepassato le centomila visualizzazioni al mese, totalizzando in totale oltre un milione e centomila visualizzazioni, che abbiamo pubblicato più di duemila post, nella nostra rassegna stampa internazionale su Georges Simenon abbiamo segnalato oltre settecento link ad articoli che parlano dello scrittore, della sua vita e delle sue opere.
Con il tempo Simenon Simenon ha allargato la sua presenza anche nei social network, come ad esempio, Facebook, Twitter, Pinterest, Google+.... Ma quello che ci ha fatto enormemente piacere è che Simenon Simenon  è diventato il blog del sito ufficiale dello scrittore, "simenon.com", voluto e ideato da John Simenon, il figlio secondogenito di Georges. 
Ma un grazie va a tutti voi visitatori che nel corso di questi anni, non solo perché avete dato vita e autorevolezza a quello che sembrava un progetto un po' pazzo, ma perché fate sentire a Simenon Simenon il vostro sostegno e la vostra vicinanza. Grazie, grazie di cuore a tutti, perché proprio voi avete permesso ad un sogno di diventare realtà.

Maurizio Testa 

martedì 22 novembre 2016

SIMENON SIMENON. SVEN NIELSEN, UN AMI ET UN PARTENAIRE D'EDITION

En novembre 1944, Simenon signe une préface pour le roman Traqué, et inaugure ainsi son amitié avec Sven Nielsen 

SIMENON SIMENON. SVEN NIELSEN, UN AMICO E UN SOCIO D'EDIZIONE 
Nel novembre 1944 Simenon firma una prefazione per il romanzo Traqué e quindi inaugura la sua amicizia con Sven Nielsen 
SIMENON SIMENON. SVEN NIELSEN, A FRIEND AND A PUBLISHING PARTNER 
In November, 1944 Simenon signs a preface for the novel Traqué, and thus inaugurates his friendship with Sven Nielsen 


Simenon chez Fayard: dix-neuf romans Maigret et une petite dizaine de "romans durs"; Simenon chez Gallimard: six romans Maigret et plus de quarante "romans durs"; Simenon aux Presses de la Cité: cinquante romans Maigret et une soixantaine de "romans durs". Cechiffres sont une bonne illustration des rapports que le romancier entretenait avec ces trois maisons d'édition. Si nous souscrivons entièrement aux propos de Pierre Assouline quand il dit que l'influence de l'éditeur était nulle sur le style de Simenon, et que l'évolution dans son écriture n'est imputable en rien au changement de maison d'édition, il n'en reste pas moins qu'il faut relever ce rapport entre Maigret et "romans durs", et comment celui s'est modifié au fil du temps. Fayard, c'est avant tout l'éditeur des romans policiers, celui avec lequel Sim devient Simenon, et chez qui le romancier réussit à placer ses premiers romans hors de la saga maigretienne, mais ceci toujours avec une certaine réluctance de la part de l'éditeur. Raison pour laquelle Simenon décide de passer une nouvelle ligne éditoriale en entrant à la NRF de Gallimard. Cet éditeur-ci est pour Simenon celui qui permet le véritable passage à la "littérature tout court", et le rapport entre romans Maigret et "romans durs" est plus que significatif: c'est l'époque où le romancier a choisi de se passer de son commissaire, qu'il ne retrouve qu'épisodiquement, en partie pour des besoins "alimentaires". Mais les rapports entre Gallimard et Simenon étant loin d'être simples, ce dernier va s'éloigner du milieu des "gens de lettres" pour trouver sa propre voie. Et c'est avec Sven Nielsen qu'il va pouvoir établir une autre relation. Comme l'écrit encore Assouline, Nielsen, en plus d'être éditeur, se révèle aussi un ami et un partenaire pour Simenon.  
En novembre 1944, Simenon, qui réside aux Sables-d'Olonne, reçoit une lettre d'un éditeur encore inconnu, Sven Nielsen, qui veut lancer sa propre maison, et qui lui adresse le manuscrit d'un auteur norvégien, Arthur Omre, portant le titre Traqué, et pour lequel il lui demande d'écrire une préface. Simenon n'a pas trop l'habitude de ce genre d'exercice, mais il lit le manuscrit d'Omre, et, convaincu, rédige une préface: "les êtres créés par Omre […] je les ai reconnus tout de suite […] Auparavant, j'avais plutôt une sensation d'isolement; je peinais, seul dans mon coin, à animer un monde tel que je le concevais […]. C'est alors que des hasards successifs, des traductions […] m'ont appris qu'ici et là, séparés par des milliers de kilomètres, sans contact entre eux, des isolés comme moi poursuivaient, chacun dans son coin, une tâche parallèle. […] c'est une nouvelle façon de regarder l'homme. Et, par le fait, c'est le roman d'aujourd'hui, de demain […] qui se cherche, qui tâtonne, mais qui naît".  
Simenon ayant refusé d'être payé pour cette préface, Nielsen lui offre une pipe et du tabac, un geste qui consacre une amitié. Dès que le romancier peut se rendre à Paris, il rencontre Nielsen, et il se rend compte que leurs idées sur l'édition se rejoignent. Un premier contrat est signé en juillet 1945, dans l'optique d'un "win-win", comme on dit aujourd'hui: Simenon conserve le copyright et les droits de traduction et d'adaptation, et Nielsen gagne le renom d'un romancier qui va lui permettre de lancer les Presses de la Cité avec un succès assuré. Si Simenon traite "d'égal à égal", toujours selon les mots d'Assouline, avec Nielsen, celui-ci réussit le tour de force de convaincre le romancier d'alterner la parution des Maigret et des "romans durs", étoffant ainsi le catalogue de publication. Et c'est ainsi que pendant plus de 35 ans, les Presses de la Cité vont éditer toute l'œuvre de Simenon d'après-guerre, romans, nouvelles et récits autobiographiques, tandis que les deux hommes approfondissent leur amitié. "J'ai pour Sven Nielsen une affection profonde car je crois le comprendre", écrit Simenon dans Quand j'étais vieux. Nielsen, lui, gardera toute sa vie la fierté d'avoir réussi à attirer Simenon dans sa maison d'édition.  
Les deux hommes étaient faits pour s'entendre"l'usine Simenon" rejoignant "l'usine Nielsen": celui-ci a su bâtir un empire d'édition grâce à ses qualitéscomme l'écrit Edmond Dubois dans le journal Feuille d'Avis de Lausanne en date du 11 mai 1965, "le flair, le goût du risque mesuré, l'adaptation aux besoins du jour. Editer des livres à des prix abordables, présentés sous jaquettes attractives et multiplier les points de vente". Ne peut-on voir un écho de ce que voulait Simenon avec ses premiers Maigret, lorsqu'il proposa à Fayard des couvertures photographiques et une bonne publicité ? Le 31 décembre 1976, au lendemain de la mort de Nielsen, Simenon, dans sa dictée Au-delà de ma porte-fenêtre, évoque cette disparition: "tout ce que je peux faire, c'est de lui redire quel ami j'ai perdu et combien il me manquera".  
Quant à nous, nous lançons une fois de plus l'appel: à quand la publication de la correspondance entre ces deux hommes, qui pourrait éclairer le romancier autant que l'ont fait d'autres correspondances déjà éditées  

Murielle Wenger

lunedì 21 novembre 2016

SIMENON SIMENON. COLLABORATOR OR ANTAGONIST/3

Some after-the-war opinions on Simenon’s two hats 

SIMENON SIMENON. COLLABORATEUR OU ANTAGONISTE/3 
Quelques opinions d'après-guerre sur ces deux casquettes de Simenon 
SIMENON SIMENON. COLLABORAZIONISTA O ANTAGONISTA/3
Qualche opinione del dopo-guerra su queste due facce di Simenon



18 months into WWII, while Simenon was donating money to destitute military families, sending his books to prisoners of war, and donating many for wartime charity sales, he wrote his mother: “For my part, I have confidence in the [German] offensive, and I hope the English will not hold out much longer.” If not the words of a potential collaborator, they sound at least like those of a sympathizer. 
Although Paris was liberated in August 1944, fighting in France continued into the early months of 1945. Charles de Gaulle announced the end of World War II in France on May 8, 1945, 18 days after Simenon was cleared of the collaboration charges against him. However, he was destined to dance on coals heating the controversy for years and years to come.
For example, on the first day of her 2002 murder trial, Dr. Geneviève Simenon testified that her great-uncle Georges had collaborated during the war and she had the documents to prove it. (To my knowledge, they were never produced.) More recently, Patrick Roegiers - inaccurately and inappropriately, according to his critics - fanned the almost extinguished coals in his 2014 book, L’autre Simenon. That the work is a novel suggests a defense.
My take on the collabo matter at this point, just over halfway through Pierre Assouline’s biography Simenon, is that Simenon did not cooperate traitorously with the enemy, rather he profited nicely from the wartime situation.
But what do the experts think? For starters, Assouline states that Simenon was “neither really collaborative nor completely resistant, even if he flirted successively with both tendencies between the start and the end of the Occupation.” His opinion seems to be that “Simenon remained Simenon: an opportunist above all.” 
And the following is what Mr. Google, my good friend, told me: 
Fenton Bresler (1983)Two reviewers of his biography seem to concur that, although Bresler apparently referred to Simenon’s “tunnel vision” regarding the realities of the war, he “avoided the subject of collaboration.” 
Patrick Marnham (1992):  one reviewer’s summary says, Simenon weathered World WarIInicely in his rural home, performing some minimal civic functions which were later (and probably not quite justifiably) construed as collaboration with the Vichy regime.” Another indicates, “The novel explores the fine line artists sometimes trod when it came to collaboration with the Nazis. 
Michel Carly (2005): after his published investigation in response to Assouline’s “certain ambiguity, he comments, If I had found tangible proof of collaboration with the enemy, I would certainly have published it. But the investigation testimonies clearly show that ‘Simenon the collaborator’ simply never existed.” 
Stephen Knight (2012): in a Simenon book forward, he states, “It is much more likely that, as Maigret does in the novels, Simenon kept his head down, did the right thing at close quarters, and, like many French, waited for the storm to pass…. and so could be picked on afterwards by enemies. 

David P Simmons