giovedì 16 febbraio 2017

SIMENON SIMENON. PIPA TRA I DENTI: NON VUOL DIRE SOLO FUMARE

Il fatto che Simenon e il suo più famoso personaggio fumano la pipa significa che....

SIMENON SIMENON. LA PIPE ENTRE LES DENTS: CELA NE VEUT PAS DIRE SEULEMENT FUMER
Le fait que Simenon et son personnage le plus célèbre fument la pipe signifie que…
SIMENON SIMENON. PIPE IN TEETH: THIS DOES NOT MEAN JUST SMOKING
The fact that Simenon and his most famous character smoke pipes signifies…



Questo non sarà un post facile. Infatti prima di scriverlo dovrò considerare che tra i potenziali lettori ci sono le seguenti categorie:
1) chi non fuma e non tollera il fumo di qualsiasi natura e origine
2) chi non fuma ma è tollerante almeno verso i cosiddetti "fumator cortesi", cioé quelli 
attenti a disturbare meno possibile i non-fumatori (aldilà degli obblighi di legge)
3) chi non gradisce il fumo delle sigarette e dei sigari, ma sopporta quello della pipa (anche a seconda dei tabacchi)
4) chi fuma sigari e/o pipa e gli da fastidio il fumo secco delle sigarette.
Alle difficoltà di rivolgersi a questo così composito corpo di eventuali lettori, si somma il fatto che chi non fuma la pipa non ha un'idea che cosa significhi, non solo l'atto in sè, ma anche tutto quello che questo presuppone.
Dobbiamo risalire alla metà del '800 per trovare le pipe in radica come le conosciamo e le utilizziamo noi adesso, (ma già dal 1600 c'era un gran proliferare di pipe di argilla, legno e porcellana, molto ricercate queste ultime e quasi oggetti di "status").
Insomma nel '900 i fumatori di pipa erano moltissimi e numerosi anche molto famosi, come Baudelaire, Ungaretti, Conan Doyle, Rimbaud, Joyce, Hemingway, Chandler, Faulkner, Bertrand Russel, Einstein, Freud, Chomsky, B.B. King, Hesse, Rodolfo Valentino, Tolkien... tanto per citare qualche nome di una qualche risonanza...
Insomma fumare la pipa era una pratica molto diffusa ai primi del secolo scorso, al punto che non possiamo dire che nell'atto di configurare il commissario Maigret, Simenon attribuendogli la caratteristica di fumatore di pipa, gli abbia conferito un'attributo particolarmente originale o distintivo.
Allora è come dire che beveva il calvados o la birra?
No. Non proprio. Intanto è un fumatore di pipa che potremmo definire "seriale". Poi per uno taciturno come lui "sentire" e "fumare" sono due attività che vanno di pari passo. Ma sono anche complementari. 
Sappiamo che, quando arriva sul luogo di un delitto, Maigret si aggira senza meta, osservando persone, ambienti e oggetti che lo circondano, ma senza l'aria di dar loro troppa importanza. E spesso tra i denti c'è la sua pipa che sbuffa come una ciminiera. Conosciamo anche cosa succede in questa fase: il commissario s'impregna dell'ambiente e degli umori circostanti, per entrare in sintonia con la mentalità e le dinamiche del luogo. E la pipa? Beh... ci piace immaginare che la pipa sia uno strumento che lo mette in collegamento con l'esterno. E' una sorta di catalizzatore che favorisce questa osmosi. oltre a contribuire alla concentrazione.
E' un po' lo stesso che faceva Simenon quando iniziava una seduta di scrittura. Una componente della ritualità era avere un certo numero di pipe, già caricate e pronte per essere fumate. Come se dover smettere di scrivere, nel suo état de roman, per pulire e caricare il fornello di una pipa favorisse un perdita di concentrazione, quella stessa concentrazione che invece era evidentemente aiutata dal fumare la pipa durante la scrittura.
Chi non fuma poi riesce difficilmente a capire il rapporto che si instaura tra il fumatore  e le sue pipe. Anche avendo centinaia di esemplari, ce ne sono un certo numero che vengono fumate per un periodo... poi vengono soppiantate da altre e poi da altre ancora. Spesso per lungo tempo, pur avendone a disposizione tantissime, si finisce per fumare sempre le stesse. E' qualcosa che magari ha a che fare con il tipo di tabacco che si sta fumando in quel periodo, oppure con la voglia di fare fumate più lunghe o più brevi. Oppure si preferisce una fumata "fresca" o una che si riscaldi bene le mani e il palato e allora si sceglie un modello di pipa piuttosto che un altro.. 
Ma non è solo questo. Ogni pipa ha una storia a sé, il rapporto con ognuna è diverso e ci sono motivi sentimentali, ci sono ricordi, ci sono pipe che all'inizio non si riusciva a fumare bene e poi pian piano diventano invece le preferite, Con alcune il rapporto é difficile, magari ci è subito piaciuta, l'abbiamo comprata ma poi non ci ha soddisfatto, poi a distanza di tempo ci si riprova una, due, tre volte, ma non c'é nulla da fare con quella pipa non si riesce a fumare e rimane lì inutilizzata in mezzo alle altre.
Insomma crediamo che tanto per il romanziere che per il commissario fumare la pipa possa aver significato non solo usare un oggetto, non solo bruciare tabacco, ma entrare in contatto con qualcosa che li metteva in contatto con quello che andavano cercando... l'ispirazione per un personaggio o la motivazione di un reato. Lo so che per chi non fuma è un po' difficile da digerire, ma credetemi è così, Non sono un romanziere né un commissario, ma, fumando la pipa da quarant'anni, ve lo posso assicurare. (m.t.)

mercoledì 15 febbraio 2017

SIMENON SIMENON. A TIME OF GREAT PRODUCTIVITY

Some observations on his writing period from 1950 to 1955 

SIMENON SIMENON. UNE EPOQUE DE GRANDE PRODUCTIVITE 
Quelques observations sur sa période d’écriture de 1950 à 1955
SIMENON SIMENON. UN PERIODO MOLTO PROLIFICO
Alcune osservazioni sugli anni di scrittura da 1950 al 1955


Biographer Pierre Assouline recounts how, shortly after settling down in Connecticut, Simenon was tempted, even pressured to become a naturalized American citizen, but something imperceptible, perhaps intuitive, restrained him. Notably, Simenon was at the same time under consideration for election to the Royal Academy of Belgium and he wondered if being an American writer and a Belgian academician might be incompatible. It seems that the discrimination he observed directed against Jews, Blacks, and Communists eventually influenced him to “renounce becoming an American. Definitively.” Nevertheless, Simenon would later on describe the 10 years he spent in America as “the only years I would love to relive.” 
While contently in residence at Shadow Rock Farm, Simenon really put his nose to the grindstone and his daily writing ritual was immutable.” (He broke this schedule once a month to travel to New York City for restaurant and nightclub hopping with Tigy.) As a result, the author was extremely prolific, writing 26 novels during those five years. Contrary to what one might have expected, only four distinctively ‘American’ novels resulted1. Belle 2. The Brothers Rico 3Red Lights/Danger Ahead/The Hitchhiker 3. The Clockmaker/The Watchmaker. There were two other novels that fell somewhat short: 1. Maigret, Lognon and the Gangsters,which involves Americans in France during the story. 2. The Fugitive/Account Unsettled, which shows non-Americans in America toward the end. 
A substantial number of the novels written during Simenon’s Connecticut period were Maigrets, actually 13 of 26 or 50%. The contrasting ‘American’ novels were like romans durs, featuring familiar themes that evolved “in accordance with the same logic, based on an inner need and sense of fate, sometimes disrupted by personal events.” Ironically, Anglophones can only envy Francophones because 15 of Simenon’s “romans américains” are available to them in a 2009 two-volume Omnibus collection. They begin with Les Destinées, written in 1929, years before living in America, and end with La Main, written in 1968, years after he left America. 
Some Americanization of the Belgian author is visible in his choice of words in the ensuing books. Indeed, as he became more proficient in English, he begaplaying a role in verifying the translations of his works. “Before, he didn’t care. From that time on, he nitpicked.” I understand Simenon having been irritated, even angered by those translations. Personally, I found the Maigrets (prior to the current modern Penguin series) way too British. For example, petrol in translation for essence harshly inserted another foreign word into my American mind. As I saw it, gas would have fit right in and not destroyed the French atmosphere. A similar problem occurred with the translation of le commissaire Maigret. The British translator used Superintendent Maigret whereas Simenon wanted Inspector Maigretthink Chief Inspector Maigret was (and is) an even better choice, at least for Americans, because it more clearly describes his position within the French police system. I wonder if the translations chosen now consider where the most books will be bought. America or Britain?  
David P Simmons 

martedì 14 febbraio 2017

SIMENON SIMENON. L'ENQUETE DE LA SAINT-VALENTIN

Combien de temps les fiançailles de Maigret et Mme Maigret ont-elles duré ?

SIMENON SIMENON. L'INCHIESTA DI SAN VALENTINO
Quanto tempo è durato il fidanzamento di Maigret e Mme Maigret ?
SIMENON SIMENON. THE INVESTIGATION OF VALENTINE'S DAY
How long did Maigret's and Mme Maigret's engagement last ?

On sait que Simenon, quand il écrivait les romans de son commissaire, ne s'embarrassait pas beaucoup de chronologie, et qu'il n'en était pas à une contraction près quand il évoquait la biographie et la carrière de son héros…
Aujourd'hui, à l'occasion de la Saint-Valentin, nous allons illustrer l'une de ces contradictions en nous penchant sur le "cas" de la rencontre entre Louise et Jules. Les premiers événements de la vie commune du couple Maigret sont évoqués çà et là dans les romans, parfois par une simple allusion: la première fois qu'ils se sont embrassés (sur un banc de la place des Vosges, comme Mme Maigret le rappelle dans La folle de Maigret), ou la première fois que Louise a passé son bras sous celui de Jules (au sortir de Carmen, comme Mme Maigret l'évoque dans Les scrupules de Maigret). A noter que ce sont des épisodes dont Mme Maigret se souvient, et qu'elle doit rappeler à son mari, qui semble les avoir oubliés… Attitude masculine typique, doit-on imaginer… ?!
Quoi qu'il en soit, on trouve dans deux romans une relation un peu plus détaillée de ces premiers événements, une fois racontés par Maigret lui-même (dans ses Mémoires), et l'autre par le narrateur dans La première enquête de Maigret. Comme nous allons le voir, les informations données dans ces deux romans ne se recoupent pas complètement, et présentent même quelques éléments contradictoires, dont on ne sait s'il faut les imputer à une défaillance dans les souvenirs de Maigret, ou si c'est Simenon lui-même qui a oublié les détails que lui aurait racontés Maigret, ou qui les aurait réinterprétés à sa convenance…
Menons donc notre enquête, que nous dédions à tous les amoureux et amants de la Saint-Valentin, et à tous nos amis maigretphiles et simenophiles…
Prenons comme point de départ La première enquête de Maigret. L'intrigue débute, comme Simenon le précise, le 15 avril 1913. On apprend que Jules est marié depuis cinq mois, ce qui indique que son mariage doit avoir eu lieu en novembre 1912. Il nous est aussi dit que Maigret est depuis moins d'un an secrétaire au commissariat du quartier Saint-Georges, donc qu'il a été nommé à ce poste au plus tôt après la mi-avril 1912.
Dans ses Mémoires, Maigret affirme que c'est trois semaines après avoir été nommé secrétaire qu'il rencontre son ancien condisciple Félix Jubert, qu'il perd de vue quelques semaines, avant que celui-ci ne l'emmène chez les Léonard, où ont lieu les premiers échanges entre les futurs époux Maigret. Quelques mois passent, et l'explication entre Jules et Félix, à propos de Louise, a lieu en février, puis Maigret continue de fréquenter chez les Léonard, jusqu'à ce qu'ait lieu sa "déclaration". A Pâques, Jules et Louise se rendent chez les parents de celle-ci, à Colmar, et on peut admettre que les fiançailles sont alors officielles; il est encore dit que Maigret a cherché un appartement pendant l'été, en attendant de revoir les parents de Louise en automne, et probablement de se marier à cette époque-là. Autrement dit, il se serait écoulé environ une année et demie depuis leur première rencontre jusqu'à leur mariage, et leurs fiançailles auraient duré quelque chose comme sept ou huit mois.
Si nous mettons maintenant ces faits en regard de ce qui est dit dans La première enquête de Maigret, il apparaît que si l'on pose que le mariage a eu lieu en novembre 1912, la rencontre entre Jules et Louise doit avoir eu lieu au courant de l'année 1911. Or, nous avons vu plus haut que, d'une part, lors de cette rencontre, Jules était déjà secrétaire du commissariat (voir Les mémoires de Maigret) et que, d'autre part, il aurait été nommé à ce poste en avril 1912 (voir La première enquête de Maigret): d'où une flagrante contradiction…
Mais assez pour aujourd'hui. Mettons ces contradictions sur le compte d'une petite défaillance de mémoire, maigretienne ou simenonienne, et quittons-nous avec cette image de la tendresse d'un couple, une tendresse qui ne s'est pas affaiblie, au contraire, à mesure que les années passaient: "Il ne l'appelait pas par son prénom, ni elle par le sien. Elle ne lui disait pas chéri et il ne lui disait par chérie. A quoi bon, puisqu'ils se sentaient en quelque sorte une même personne ?" (Maigret et le fantôme)
Bonne Saint-Valentin à tous et à toutes !
Murielle Wenger