venerdì 9 novembre 2018

SIMENON SIMENON. L'AUTORE FECE FARE A MAIGRET "IL GRAN RIFIUTO".

Un personaggio che rifiuta addirittura il ruolo di Direttore della Polizia Giudiziaria. E' verosimile ?

SIMENON SIMENON. L'AUTEUR FAIT FAIRE À MAIGRET "LE GRAND REFUS"
Un personnage qui va jusqu'à refuser le poste de Directeur de la Police judiciaire, est-ce vraisemblable ?
SIMENON SIMENON. THE AUTHOR HAS MAIGRET MAKE “THE GREAT REFUSAL”
A character who goes so far as to refuse the post as Director of the Judicial Police. Is this credible?



"Colui che fece per viltade il gran rifiuto". I lettori ci perdoneranno la citazione dotta.... addirittura dalla Divina Commedia, quando Dante Alighieri incontra papa Celestino V che appunto rifiutò il papato dopo due mesi e mezzo dall'investitura. 
Qui chi dice "no" è il commissario Maigret. Succede nell'ultimo titolo della serie, Maigret et monsieur Charles, uscito nel 1972. Simenon ci racconta che il commissario è ormai a tre anni dalla pensione (ma a causa dell'inesistente cronologia dei titoli della serie, questo avviene spesso). Bene,  Simenon spiega il perché  di questo rifiuto:
 "...teme di finire la propria carriera dietro ad una scrivania, chiuso in un ufficio - argomenta Simenon nel romanzoMaigret aveva bisogno di contatti, che gli procuravano le sue inchieste e per le quali spesso lo avevano rimproverato di non dirigerle dal suo ufficio, ma di parteciparvi attivamente, accollandosi compiti che abitualmente sarebbero stati di competenza dei suoi ispettori...".
E fin qui non fa una grinza, combacia perfettamente con il personaggio che Simenon aveva costruito. Non amava la notorietà che derivava dalle prime pagine che i giornali quotidiani riservavano alle sue indagini più clamorose. Gli dava un po' fastidio quando in giro per un'indagine lo riconoscevano e lo additavano. E soprattutto amava la sua libertà,  entrare e uscire dal suo ufficio, di disporre a piacimento dei suoi ispettori, ma soprattutto essere lontano dai lavori d'ufficio e dalle noiose ed estenuanti riunioni dove non partecipavano solo gli alti funzionari della polizia, ma a volte addirittura i politici.... per lui sarebbe stato davvero troppo.
"...aveva bisogno di scappare dal suo ufficio - scrive ancora Simenon - di respirare l'aria aperta, di scoprire ad ogni inchiesta dei mondi differenti. Aveva bisogno dei bistrot, dove gli capitava spesso di trovarsi, davanti ad un bancone di zinco, bevendo un mezzo bianco, o un calvados a seconda dei casi...." .
E' il commissario cui ci ha abituato Simenon, quello che teme di entrare nelle "alte sfere", che non ama i ricevimenti, che evita le cerimonie ufficiali, cose cui come  Direttore della Polizia Giudiziaria non avrebbe potuto sottrarsi. La sua vita era sulla strada, a contatto con la gente semplice, concedendosi, mentre indagava, non solo di dare una sniffatina agli odori che venivano dalla cucina di una appartamento o di una portineria, ma di andare a vedere quello che bolliva in pentola, azzardandosi talvolta a sbirciare sotto i coperchi. Ma già questo non si confaceva ad un Commissario Divisionale della Brigata Omicidi di Parigi, figuriamoci se fosse stato nominato Direttore! Figurarsi, gli piaceva prendere l'autobus con la piattaforma aperta e farsi un bella pipata... E le rimpatriate con i suoi ispettori alla Brasserie Dauphine... addio anche a quelle? 
Il no di Maigret è assolutamente in linea con il personaggio. Certo sarebbe andato in pensione come Direttore, certamente con una retribuzione che forse gli avrebbe consentito di permettersi più della sua casetta a Meung-sur-Loire.
Ma siamo sicuri che non ci avrebbe rinunciato per nulla al mondo. Sua moglie e lui se l'erano preparata da tempo e già la usavano mentre Maigret era ancora in servizio, nei weekend, d'estate... No. Non da co punto di vista c'erano vantaggi ad accettare quella pur prestigiosa carica... e poi sarebbe in qualche modo passato dalla parte di Comelieu, un salto della barricata che non avrebbe fatto neanche con un pistola puntata alla testa. (m.t.) 

giovedì 8 novembre 2018

SIMENON SIMENON. IS THERE JUSTICE AT THE END OF THE INVESTIGATION?

Does Maigret act as an auxiliary to the judicial system, or as an avenger? 

SIMENON SIMENON. ALLA FINE DELL'INCHIESTA, C'È GIUSTIZIA? 
Maigret agisce come ausiliario del sistema giudiziario o come vendicatore? 
SIMENON SIMENON. A LA FIN DE L'ENQUETE, LA JUSTICE ? 
Maigret agit-il en auxiliaire du système judiciaire, ou en justicier ?

Maigret's role, as a policeman, is first of all an investigator's role, seeking for the truth. Yet his job has to lead to the arrest of a culprit and his condemnation by the justice of men. This last part of the Chief Inspector's task is for him the most unpleasant side, and that's why we can often find cases in the saga where he tries to divert the situation so that this last act of condemnation doesn't take place. And when he can't avoid it, he's often very uncomfortable with this obligation to deliver a culprit to justice. 
There are several novels in which Maigret – and Simenon too… – finds a way to avoid the culprit's condemnation; for example, the novels in which the culprit does justice himself by committing suicide: Any in A Crime in HollandJean-Charles Gaillard in Maigret Loses his Temper, or Ernest Grandmaison in The Misty HarbourThere are also culprits who find a kind of redemption in death, such as Darchambaux in The Carter of La Providence, whose death avoids Maigret to bring before the court a man for whom he felt much compassion. 
Sometimes Maigret goes even further: after having obtained a confession, and thus discovered the truth in search of which he has persevered, he lets the culprits continue their life without delivering them to justice we can think of the " compagnons de l'Apocalypse" in The Hanged Man of Saint-Pholien, Anna Peeters in The Flemish House or Jaja in Liberty Bar. 
In most of the novels, however, Maigret will have to lead his investigation to the end, and deliver the culprit into the judges' hands. The Chief Inspector cannot escape this part of his work, and he has to perform, even reluctantly, his duty as a policeman, and complete the work for which he was commissioned as a performer of the law. All along his investigation, Maigret suffered the same torments as the suspect did, he identified with him, and when he convinced him to confess, it was in a way to set him free from himself, and not to deliver him to a justice to which the Chief Inspector can hardly believe himself... We can note that the more we advance in the saga, the more Maigret is reluctant in front of justice, of courts, and thus he's his creator's spokesman… 
We can however find some cases where Maigret doesn't seem to feel reluctant to condemnation: it's when he has to do with "crooks" or hired killers, "last minute culprits" in the novel, such as Guido Ferrari in The Night at the Crossroads or Justin from Toulon in Signed, Picpus. Sometimes Maigret delivers a culprit to justice while feeling a sense of achievement: these are cases where the culprit committed a sordid crime, often by financial interest, and in those cases the Chief Inspector felt empathy not for the culprit, but for the victim or a presumed guilty who turned out to be innocent; we can cite Ramuel in The Cellars of the Majestic, Dandurand in Cecile is DeadValentine Besson in Maigret and the Old Lady, Mme Serre in Maigret and the Tall Woman 
But in a large part of the cases for which Maigret went to the end of his duty, he made it with much hesitation and scruples, and sometimes with the hope that the culprit would not be condemned. We can think of James in The Two-Penny Bar, where the Chief Inspector, after heaving heard the culprit's pathetic confession, literally fled to join the consoling Mme Maigret in Alsace; of Julien Foucrier in Maigret Takes a Room, whom Maigret arrested because "he had to", as he said; or of Louis Pélardeau in Maigret in Vichy, for whose acquittal Maigret hoped 
Constrained by necessity to carry out his investigation to a term which, to be contrary to his moral principles, is nonetheless rendered indispensable by his judicial function, Maigret is sometimes forced to pose as an avenger, and his professional conscience doesn't prevent him to feel scruples, which makes him much more humane to us than many other paper heroes ... 

by Simenon-Simenon 

mercoledì 7 novembre 2018

SIMENON SIMENON. UN SECOLO FA', GEORGES PASTICCERE, LIBRAIO...

A novembre del 1918, con il padre ammalato, Georges lascia la scuola ed cerca di entrare nel mondo del lavoro.

SIMENON SIMENON. IL Y A UN SIECLE, GEORGES FAISAIT LE PATISSIER, LE LIBRAIRE...
En novembre 1918, son père étant tombé malade, Georges quitte l'école et cherche à entrer dans le monde du travail  
SIMENON SIMENON. A CENTURY AGO,  GEORGES WORKED AS A PASTRY CHEF, A BOOKSELLER...
In November 1918, his father having fallen ill, Georges quits school and tries entering the working world 


Né l'uno, né l'altro. E' bene dirlo subito. Ce lo vedete sia pure a quindici anni, Georges Simenon sistemato nel retrobottega di una pasticceria che si destreggia tra creme, pasta-sfoglia, panna, bigné, sciroppi, pan-di-spagna ed altre...dolcezze? Forse un Maigret della stessa età poteva trovarcisi sicuramente meglio. Ma Georges, no. Fino all'anno precedente era andato a scuola, era un adolescente che leggeva una quantità di libri esorbitante, insomma non era proprio il tipo da garzone di pasticceria.
Certo un lavoro doveva trovarlo. Il padre, ammalato di cuore, in quegli anni aveva dovuto lasciare il suo posto di impiegato nell'agenzia di assicurazioni e qualche soldo in un modo o in un altro doveva pur entrare in famiglia. La madre Henriette aveva  trasformato la casa in una pensione per gli studenti che venivano a frequentare l'università a Liegi. Si trattava per lo più di ragazzi dell'est Europa che, in quanto paganti, avevano la precedenza su Georges e suo padre Desirée a colazione, pranzo e cena. Avevano riservati i tavoli e le poltrone dell'appartamento. Insomma padre e figlio vivevano un po' come ospiti in casa propria. 
Ma torniamo al primo tentativo di lavoro di Georges in questa pasticceria che in verità durò ben poco. Due mesi dopo era infatti già fuori, in cerca di un altro posto. Gli si presentò infatti quello che poteva andar bene per lui: commesso in una libreria, proprio l'ambiente a lui congeniale.
Ma anche in questo caso non tardarono a crearsi problemi sotto forma di frizioni con il proprietario. Sembra che, nonostante la differenza di età e di esperienza, il datore di lavoro ne sapesse molto meno del proprio commesso, il quale peraltro era un tipino da non tenersi le cose per sé. Non era raro infatti che durante il lavoro di sistemazione o nella catalogazione, Georges non resistesse alla tentazione di correggerlo. E non si faceva mai scappare un'occasione. Ma la goccia che fece traboccare il vaso, sembra sia stato un rimprovero dell'adolescente Simenon al datore di lavoro di fronte a dei clienti che avevano chiesto il Capitain Pamphile. Il proprietario lo cercava tra i romanzi di Théoèphile Gautier, confondendolo con Capitaine Fracasse. Simenon gli fece platealmente notare che andava cercato sotto la lettera "D" come Dumas, Alexandre Dumas. 
Questa volta non fu solo una sonora lavata di capo, ma un licenziamento in tronco.
Storie della Liegi di un secolo fa', di un adolescente che già scalpitava. Non sapeva ancora che avrebbe avuto la fortuna di entrare come reporter ne "La Gazette de Liège" dove avrebbe avuto la possibilità di prendere confidenza con la scrittura, quello strumento d'espressione che avrebbe costituito la ragione della sua vita. (m.t.) 

martedì 6 novembre 2018

SIMENON SIMENON. MAIGRET, CET ILLUSTRE INCONNU…

Comment un personnage banal devient un héros universel 

SIMENON SIMENON. MAIGRET, QUESTO FAMOSO SCONOSCIUTO... 
Come un personaggio ordinario diventa un eroe universale 
SIMENON SIMENON. MAIGRET, FAMOUS UNKNOWN 
How a commonplace character becomes a universal hero 


«Votre commissaire n'est pas infaillible. Il n'est ni jeune ni séduisant.»; «votre commissaire est quelconque… il n'est pas spécialement intelligent […] Il est d'une écoeurante banalité!»; «gros, gras, sans poésie»; «un simple fonctionnaire, ni beau, ni fort, ni exceptionnel… Il est sans allure et sans panache.»  
Tels sont les termes, rapportés par Simenon lui-même et par ses biographes, avec lesquels Fayard aurait accueilli le personnage de Maigret quand son créateur apporta ses premiers manuscrits à l'éditeur. Si l'on s'en tient effectivement aux critères de 1930, quand démarrait la vogue du roman policier en France, parallèle à celle du roman d'aventures, on peut comprendre que Fayard ait conçu quelques doutes sur l'avenir de ce personnage. Ce n'était effectivement pas un jeune premier, ni un audacieux aventurier, ni un détective aux brillantes et géniales déductions. 
La description qu'en faisait Simenon était celle d'un quidam qu'on aurait pu croiser dans la rue. Son allure physique était ordinaire: certes il avait une certaine corpulence et une certaine stature, mais aucun trait exceptionnel. Il exerçait son métier de policier d'un façon apparemment banale: il n'engageait pas de course-poursuite à travers les rues de Paris, il ne jouait pas du revolver à tout va; mais il s'asseyait à la table d'une terrasse, devant un verre de bière, et observait les passants. Il avait des goûts simples: il n'était pas amateur de gastronomie exotique, il ne jouait pas du violon, il ne passait pas son temps à soigner l'apparence de ses moustaches, il n'était pas fumeur d'opium; ses «substances énergisantes» à lui étaient le tabac, le «gris» ordinaire, les petits verres de vin blanc ou de calvados avalés sur le zinc, et la bonne cuisine bourgeoise des bistrots parisiens. Il ne séduisait pas toutes les jeunes filles en détresse qu'il croisait, ni les dames mûres des palaces, mais il rentrait (presque) chaque soir dans son foyer, où, après avoir embrassé sa femme, il allait soulever le couvercle des casseroles, s'installait dans son fauteuil, lisait d'un œil vague une ou deux pages du journal, puis s'endormait, une pipe éteinte à la bouche… Il n'était pas le fils secret des amours entre une comtesse et un palefrenier, il n'avait pas vécu une enfance bercée par une nurse anglaise dans une demeure coloniale des Indes, et ses ancêtres n'avaient pas combattu aux Croisades; il était issu d'une souche paysanne, qui avait cultivé la terre dans la France profonde depuis des générations. 
Cependant, tout cela n'était qu'un aspect du personnage, et s'il n'avait été vraiment que ce «type quelconque», tel qu'il pouvait apparaître à une première lecture, alors les doutes de Fayard auraient été fondés, et peut-être bien qu'effectivement Maigret n'aurait eu aucun avenir dans la littérature… Mais Simenon eut le génie, dès les premiers romans qu'il consacra à son héros, de le doter, sous son apparence banale, de traits atypiques, en particulier dans sa façon de mener ses enquêtes. Certains ont écrit, à propos du commissaire, que ce sont ses goûts et ses habitudes de vie petit-bourgeois qui, par leur côté rassurant, le rendait proche des lecteurs, et qu'il fallait voir l'origine de son succès inattendu. C'est certes vrai, mais cela n'explique pas tout. Ce qui a probablement séduit encore davantage les lecteurs, c'est cette façon particulière qu'a Maigret de se fondre dans une ambiance, de s'imprégner des lieux, mais aussi et surtout ce don d'empathie qui le fait s'intéresser à tous ceux qu'il croise. Et pas uniquement les suspects, les témoins, les victimes et les coupables. Egalement tous les personnages qu'il rencontre au cours de ses enquêtes, même les protagonistes qui ne font que passer dans l'histoire, et sur lesquels le commissaire jette un regard aigu et pénétrant, décelant immédiatement le petit fait qui rend ces personnages attirants à ses yeux. N'oublions pas cette phrase magnifique que Simenon met dans la bouche de son héros: «Je collectionne les hommes…» (Maigret et le fantôme).  
C'est bien en cela que Maigret, ce personnage banal de prime abord, a atteint l'universalité: son créateur en a fait un découvreur de vérité humaine, et cette vérité est la même, leçon simenonienne bien connue, que l'on vive à Tahiti, à Rome, à New York ou au fond de la Laponie… 

Murielle Wenger