venerdì 7 dicembre 2018

SIMENON SIMENON. 2018, COME UNA RAGAZZA DI 21 ANNI INIZIA A LEGGERE LE OPERE DEL ROMANZIERE

Abbiamo sempre parlato di lettori "maturi" per Simenon, e invece oggi intervistiamo una giovanissima sua lettrice

SIMENON SIMENON. EN 2018, COMMENT UNE JEUNE FEMME DE 21 ANS SE MET À LIRE LES ŒUVRES DU ROMANCIER

Nous avons toujours parlé de lecteurs "d'âge mûr" pour Simenon, et aujourd'hui au contraire nous interviewons une très jeune lectrice du romancier

SIMENON SIMENON. IN 2018, HOW A 21-YEAR-OLD WOMAN BEGINS TO READ THE NOVELIST’S WORKS
We have usually talked about “mature” readers of Simenon but, in contrast today, we interview a very young reader of the novelist




Noi, ma non solo noi. L'abbiamo scritto più volte: é' una opinione diffusa che i lettori delle opere di Simenon siano lettori maturi,  e comunque non giovanissimi come quegli ormai famosi Millennials, generazione nata quando la rivoluzione digitale era già iniziata e quando loro erano ancora nella culla, in casa già c'era un computer e magari anche un telefono cellulare.
Questa generazione di nativi digitali, accusata spesso di non leggere (e quando leggono usano un'e-reader o addirittura lo smartphone), non sembrano, almeno a quello che si sente dire, granché interessati a uno scrittore degli inizi del secolo scorso. Eppure... eppure qualche segnale l'abbiamo. Il successo di pubblico che i titoli di Simenon riscuotono in Italia, scalando le classifiche dei libri più venduti, non può essere imputato solo ed esclusivamente a lettori maturi. E poi in questi anni di blog, Simenon Simenon non di rado ci ha messo in contatto con appassionati lettori giovani e talvolta anche giovanissimi.
Oggi, senza che ovviamente questo abbia l'intento dimostrare alcunché, abbiamo voluto sentire, Chiara Picano (nella foto) una tipica rappresentante dei Millennials che è un'appassionata lettrice di Simenon. Scopriamo insieme come e perché lo è diventata.   

 Chiara, allora dicci quanti anni hai e racconta un po' come e quando è avvenuto l'incontro con Simenon e quale è stato il titolo "galeotto".
Sono nata nel 1993 e il mio primo incontro con Simenon fu nel 2014, quando quindi avevo 21 anni. Ero a casa di mia sorella, più grande di me, ed ero alla ricerca di qualcosa da rubare dalla sua libreria. Trovai una collezione, forse del Corriere della Sera, sugli autori del ‘900. Un titolo mi colpì: “L’uomo che guardava passare i treni”. L’autore non lo conoscevo, "Georges Simenon" non mi diceva nulla, di certo non si studia a scuola. Ma quel titolo… in quel titolo c’era un mondo!

 Quindi la tua curiosità iniziale è dovuta a quel titolo effettivamente poco convenzionale, ma intrigante... 
Lo afferrai al volo piena di speranze e le prime righe del romanzo mi convinsero che avevo trovato qualcosa di preziosissimo. Qualcuno che sapeva scrivere con poche parole, senza abbellimenti di nessun tipo, una situazione mentale molto difficile da esprimere, anzi prima di leggere queste parole non ero neanche mai arrivata a farmi una “rappresentazione” di una cosa del genere, eppure ho provato spesso quella sensazione:
"...Per quel che riguarda personalmente Kees Popinga, si deve convenire che alle otto di sera c’era ancora tempo, perché a ogni buon conto il suo destino non era segnato..." 
Ma tempo per cosa? E poteva lui agire diversamente da come avrebbe poi agito, persuaso com’era che i suoi gesti non fossero più importanti di quelli di mille altri giorni del suo passato?”

 Insomma quelli strano meccanismo del "passaggio della linea che Simenon ha descritto molte volte nei suoi romanzi e che crea delle situazioni del tutto particolari, ti ha affascinato? 
Ho divorato in una giornata quel romanzo e poi è stato come ho visto hai scritto sul blog: tutti i romans durs mi hanno attirato come fossero calamite. Figurati la mia gioia quando scoprii “Le finestre di fronte”, altro titolo che rimanda al tema della vita degli altri osservata passivamente dall’esterno, un tema molto caro a Simenon e che trovo molto affascinante. Non nascondo che anche a me piace essere spettatrice passiva delle vite degli sconosciuti.

 Quindi tu sei una di quelle lettrici che sono arrivate a Simenon direttamente ai romans durs senza passare per i Maigret, che solitamente è l'itinerario più consueto.
Per quanto riguarda Maigret, ammetto di esserci arrivata perché avevo letto tutti i romans durs

 Accidenti!
Beh, inizialmente li avevo snobbati, perché venivano classificati come gialli (e a me non piace il genere) e inoltre i titoli “Maigret e...” non sono così seducenti come quelli dei romans durs. Però mi sono ricreduta, perché, sono strutturati, e lo si scopre ben presto, diversamente dal tipico giallo. L’attenzione non è mai sul “chi è stato” ma sul “perché lo ha fatto” e questo rende tutto molto più interessante e meno banale. Nonostante ciò il mio amore resterà sempre il Simenon dei romans durs.

(m.t)

giovedì 6 dicembre 2018

SIMENON SIMENON. AN UNCOMMON PROTAGONIST, A FEMALE

On the positive portrait of a woman, rising from the depthsheading for heaven 

SIMENON SIMENON. UN PROTAGONISTE PEU COMMUN, FEMININ 
Le portrait positif d’une femme, s’élevant des profondeurs et se dirigeant vers le ciel 
SIMENON SIMENON. UN PROTAGONISTA POCO COMUNE, UNA DONNA
Il ritratto positivo di una donna che si passa dalle stalle alle stelle 


In Aunt Jeanne, after 40+ years in self-imposed exile, a 57-year-old physically and mentally deteriorating Jeanne Martineau returns to her family’s homestead to die. Upon entering the house, she finds her brother dead, hanging from a rope, and his adult survivors, all acting out and conflicting. Here’s the lineup—Sister-in-law Louise: “I am a bad woman.” Nephew Henri: “I am good for nothing.” Niece Madeleine: “I am perverted.” Niece-in-law Alice: “I am a bad mother.”
Despite being ill and worn-out, Jeanne notes everyone else must be as “fatigued” as she is and, sensing they need direction, she takes charge. “Her action was instinctive” and, like a mother bird, she takes them under her wing, establishing “order” within the household. Although extremely overweight with a failing heart and swollen legs, Jeanne puts on an apron and goes right to work on the myriad of domestic and family needs. In other words, she “assumed the leadership of the household,” and before long, whenever she puts on the apron, it had “already become her apron.” Recognizing she “had a role to play,” she takes the approach that “so long as everything is in order […] misfortune has been warded off.” Others see “a house of crazies,” but this is not what the perceptive, understanding returnee sees. Her approach importantly includes paying attention to the others and respecting them: “You are all men and women.” 
As (bad) luck would have it, the family her brother left behind is bankrupt and has to leave the house, so the question for Jeanne becomes what to do? Her answer: “Persevere because I’m used to it.” Not only that, she interprets the necessary changes as “a godsend, if not to say, deliverance” for everyone. And, thanks to her efforts, the others actually are behaving better. Louise is stronger. Henri is motivated. Madeleine is relieved. Alice is motherly. And so, Jeanne projects that, in fact, “it will be a sort of cakewalk, a sort of picnic.” 
Unfortunately, as the others improve, Jeanne deteriorates. Her “heavy and painful” legs swell more as her heart fails more (physically). Although confined to bed—“If she had taken a step, she would have fallen.”—she is more concerned is about “what is going on downstairs” within what is now the family. Faced with three options, being a burden on the others, going into a hospital, or committing suicide (like her brother), Jeanne chooses to get treatment first and then rejoin the family, a family of misfits to be sure, but her family after all. And off she goes…. 
In sum, heroic Jeanne finds the courage and strength to survive by recognizing she can help others see that they are worthwhile individuals who can overcome their misbehaviors. At the same time, her actions towards them relieve her feelings of guilt for her own prior and prominent misbehavior. Through tough love and attention, Jeanne succeeds in guiding Louise to potency, Henri maturity, Madeleine morality, and Alice maternity. Simenon has not only made Jeanne non-judgmental like Maigret, someone who accepts the guilty for what they are, victims in their own way, but the author has also made her a mender of destinies.

David P Simmons 

mercoledì 5 dicembre 2018

SIMENON SIMENON. LA BOULE BLANCHE E LA BOULE NOIRE

Bianco e nero identificano due elementi molto diversi: un locale di Parigi e il simbolo di una inclusione negata... 
SIMENON SIMENON. LA BOULE BLANCHE ET LA BOULE NOIRE
Deux "boules" (un local nocturne et une bille) qui n'ont rien à faire l'une avec l'autre, et cependant...
SIMENON SIMENON. THE WHITE BALL AND…  THE BLACK BALL…
Two “balls” (a nightclub and a marble) that have nothing to do with each other, and yet…



Da Maigret ai romans durs. Dal 1931 al 1955. Di queste "boule" una è il locale simbolo del successo dello scrittore, quella  "boîte" a Montparnasse, dove lanciò la serie dei Maigret con un party trasgressivo e di grande eco.
Anche quella nera è un simbolo. Ma la "boule" nel titolo del romanzo è il simbolo di un'inclusione sociale che viene negata, con il veto di un socio che si ostina con quella pallina nera a sbarrare l'iscrizione al club che completerebbe una scalata sociale che dovrebbe portare il protagonista nell'elite dell'elite, appunto diventando membro di quel club... e invece... 
Il bianco e il nero, la realtà e la fantasia che si intrecciano nella vita del romanziere. Ovviamente dietro non c'è alcun significato recondito o misterioso.... No è semplicemente una coincidenza che ci permette però di affrontare lo stesso tema pur partendo da momenti e elementi assai diversi e lontani da loro.  
Stiamo parlando di quella realizzazione personale, quel salire i gradini della scala sociale fino al completa riconoscimento da parte della società, aspirazione molto diffusa nella borghesia. Simenon ce l'ha illustrata parecchie volte nei suoi romanzi, sia come ascesa sociale, ma anche come quell'oltrepassare al linea  che vede un individuo rispettabile, che ha il suo posto riconosciuto nel consesso sociale, ma che finisce per precipitare in quel baratro che il destino gli ha riservato, portandolo nei territori dell'emarginazione sociale e spesso della delinquenza.
Questa esigenza dell'ascensore sociale, che con sacrifici, rinunce, qualche furbizia e tanta dedizione porta l'individuo e la sua famiglia da quello che veniva definito il popolino fino a quella borghesia  media o addirittura medio-alta. Si salivano molti piani allora, molto più di quanto l'organizzazione economico-sociale di oggi non riesca a consentire. Ma questa è una storia di questi anni e anzi di questi giorni, mentre noi volevamo parlare di un romanzo scritto a metà degli anni '50 quando ancora la globalizzazione era di là da venire, ma anche se in Europa il consumismo faceva vedere le sue prime sbrilluccicanti seduzioni, anche se spesso da molto lontano... di quell'America che ci faceva sognare dagli schermi cinematografici....Bellissime attrici, macchinoni lunghissimi, attori-fusti, i grattacieli.... Ma Simenon in quei "mitici" anni '50 si trovava proprio negli Usa. Ma lui evitava accuratamente le metropoli, le capitali dell'azzardo come Las Vegas  e quelle del cinema come Los Angeles/Hollywood, o le super-metropoli come New York...
Eppure  questa "La Boule noire" é una storia tutta americana che si svolge nel Connetticut, ma che Simenon scrive quando è già tornato in Europa, a Mougins. Americana, ma somiglia a tante storie europee di analoghi protagonisti che  hanno la stessa voglia di essere riconosciuti socialmente, di realizzarsi nel lavoro, di godere della gratificazione di essere ammirati e additati come esempio. 
E', in una parola, il successo.
E il successo ci porta indietro di poco più di vent'anni. Siamo nel periodo in cui  Simenon lancia il suo personaggio. Un momento delicatissimo. Lui conta molto su questa scommessa. Maigret vuol dire liberarsi di quella letteratura su ordinazione e popolare che per anni e anni gli aveva dato da mangiare, ma che in qualche modo era stata per lui una scuola di non poco conto. Ma ora c'era da metterci la faccia. O meglio il proprio nome e cognome, invece dei mille pseudonimi dietro ai quali in qualche modo fino ad allora si era nascosto. 
E poi il successo dei Maigret era la passerella per arrivare a quella letteratura fatta di romans-romans che Simenon da un vita aspirava a scrivere. E il lancio di quella fase avvenne in una ... boule, anche se di diverso colore. Era la "Boule Blanche", il locale di Montparnasse dove  si svolse quella sfrenata festa notturna che fece da presentazione alla serie dei Maigret. Un simbolo quindi anche questo locale. E nel caso un simbolo che significherà successo e notorietà per lo scrittore che salirà un bel po' di gradii di quella scala sociale, ma che sarà una scalata contemporaneamente alla ricchezza, ma soprattutto al riconoscimento letterario in tutto il mondo. (m.t.)

martedì 4 dicembre 2018

SIMENON SIMENON. SIMENON ET LES INVITES DU BAL

Quelques informations à propos du Bal anthropométrique de février 1931 

SIMENON SIMENON. SIMENON E GLI OSPITI AL BALLO 
Alcune informazioni sul Ballo antropometrico del febbraio 1931 
SIMENON SIMENON. SIMENON AND THE GUESTS AT THE BALL 
Some information about the Anthropometric Ball in February 1931 


Le 20 février 1931Georges Simenon présente à Montparnasse, au cabaret La Boule Blanche, un évènement tout à fait particulier. En effet, pour faire la promotion de ses deux premiers Maigret, à savoir Monsieur Gallet, décédé et Le Pendu de Saint-Pholienil organise un «Bal anthropométrique» auquel est invité le Tout-Paris. Le carton d’invitation est une reproduction de la fiche anthropométrique du bandit Jules Bonnot. Rappelons qu'un billet sur ce sujet a paru sur ce blog au début de cette année: http://www.simenon-simenon.com/2018/02/simenon-simenon-le-coup-de-poker-du.html.
Quels étaient les personnages du Tout-Paris présents à ce bal ? Parmi les invités,
citons Marcel Achard, Gérard BauerFrancis Carco, Colette, Paul Colin, Damia, Bernard de la Villardière, André Derain, Philippe de Rothschild, Jean Fayard, Henri Jeanson, Moïse Kisling, Per KroghLuc Lafnet, Pierre LazareffArmand Salacrou, Jean Sennep, Serge Poliakoff, Suzy Solidor, Paul Vialar, Maurice de Vlaminck, André Warnod, et deux vrais apaches parisiensKiki de Montparnasse et Tonton de Montmartre. Voici quelques informations sur certains de ces invités. 
Marcel Augustin Ferréol Achard était un dramaturge qui écrivit des comédies légères, il devint au fil de sa carrière acteur et même réalisateur; il fut un ami de Simenon, qui en parle à plusieurs reprises dans ses Dictées. Sidonie-Gabrielle Colette, auteur français et directrice littéraire du journal Le Matin, fut la précieuse conseillère du «petit Sim», quand celui-ci ambitionna d'écrire des contes pour Le Matin: c'est elle qui lui dit qu'il ne devait «pas faire de littérature»

Damia, chanteuse et actrice française, s'appelait en réalité Marie-Louise Damienelle était réputée pour ses chansons et rôles tragiques; c'est elle qui interpréta la chanson «Complainte» dans le film La Tête d’un homme de Duvivier. Paul Colin était un peintre et dessinateur, c’est lui qui redonna des couleurs à la fresque murale représentant Joséphine Bakerqui ornait le mur de la salle de La Boule Blanche.
Luc Lafnet était un vieux compagnon de route de Simenon; les deux s'étaient rencontrés à Liège, lors des soirées de «La Caque»; Simenon le retrouva à Paris et ils se fréquentaient régulièrementLafnet dessina la couverture de Au Grand 13, recueil de contes signés de Simenon sous le patronyme de Gom Gut.
Suzy Solidor, de son vrai nom Suzanne-Louise Rocher, était très belle et chantant merveilleusementelle connut une vie amoureuse très mouvementée; elle fit partie de ces «garçonnes» des Années Folles; dans son essai Simenon et les femmes, Michel Carly nous rappelle que Suzy Solidor s'exhibait dans des maillots extravagants, tels «celui en coquillages de nacre rose et surtout celui en filet de pêche avec des petites rectangles de liège pour masquer l'intimité»; elle apparaît sur plusieurs des photographies prises pendant le Bal.
André Warnod, critique d’art français, fut le premier à lancer l’appellation « Ecole de Paris »; un fait moins connu de lui: avec Roland Dorgelès, ils voulurent se moquer du snobisme des amateurs d’art, et ils mirent de la peinture sur la queue d’un baudet face à une toile vide; ils inventèrent le nom du peintreBoronali (anagramme d'aliboron)le tableau eut un succès fou parmi les peintres et dessinateurs de Paris. 
Voilà quelques noms d’invités au Bal Anthropométrique, mais comme il y en avait beaucoup plus, je continue à chercher. Ce sera pour une prochaine fois. 

Philippe Proost