sabato 4 maggio 2019

SIMENON SIMENON. LE RETOUR DE L'ENFANT PRODIGE

En 1952, Simenon était chaleureusement accueilli à Liège 

SIMENON SIMENON. IL RITORNO DEL RAGAZZO PRODIGIO 
Nel 1952, Simenon era accolto calorosamente a Liegi 
SIMENON SIMENON. THE RETURN OF THE CHILD PRODIGY 
In 1952, Simenon was warmly welcomed in Liège 

Décembre 1922 – mai 1952. Trente années séparent ces deux dates. En 1922, c'est un jeune homme, presque encore un adolescent, qui quitte sa ville natale pour partir à la conquête de Paris et du succès littéraire. Un «petit Sim» plein d'ambition, qui a eu le courage de couper les ponts, de risquer le grand pari, de laisser derrière lui sa carrière de journaliste de faits-divers et de billets d'humeur pour tenter de devenir, un jour, un romancier reconnu…  
Trente ans plus tard, Simenon retrouve Liège à l'occasion du fameux voyage triomphal de 1952. Après l'accueil parisien au Quai des Orfèvres, Georges revient aux sources belges. Que de temps a passé, que d'événements se sont déroulés depuis lors… Simenon est devenu un romancier renommé, on le lit presque partout dans le monde, des films ont été adaptés de ses romans, et, même s'il n'a reçu ni le Goncourt, ni le Nobel, le voici reconnu par ses pairs: en novembre 1951, il a été élu membre l'Académie royale de langue et littératures françaises de Belgique. Ce sera donc l'occasion de profiter du voyage de 1952 pour le recevoir officiellement à Bruxelles. La réception et l'installation auront lieu le 10 mai, en présence de quelques membres de l'Académie française, dont son ami Marcel Pagnol.  
Mais auparavant, il y aura eu deux étapes en Belgique. L'une au tribunal de Verviers, où Simenon doit répondre à une assignation par des mécontents qui se sont reconnus dans certains passages de Pedigree. L'autre, bien plus émouvante, est celle de ses retrouvailles avec Liège. Un accueil chaleureux lui est réservé.  
Simenon s'était promis d'y arriver un jour avant la date annoncée par les journaux, pour pouvoir savourer tranquillement ce moment avec Denyse. Mais, arrivé place du Congrès, le couple est attendu: alors que tous les journalistes le cherchent de par la ville, le photographe de Paris Match, Daniel Filipacchi, a réussi à être au bon endroit au bon moment. Simenon est dépité, bien entendu, mais il finit par accepter que le reporter le suive dans les rues. Ce qui vaudra cette célèbre série de photographies du romancier prodige de retour dans sa ville, où on le voit escorté d'une foule empressée alors qu'il parcourt les rues, et qu'il retrouve ses souvenirs d'enfant en Outremeuse.  
Puis Georges rend visite à sa mère. Seul. Des retrouvailles «brèves, mais intenses», comme l'écrit Pierre Assouline. Il y aura encore la réception officielle à l'hôtel de ville, et d'autres retrouvailles, celles avec Joseph Demarteau, son ancien patron à La Gazette de Liège. Le journal publiera un billet spécial «Hors du poulailler», comme ceux que signait autrefois le «petit Sim»…  
Après le passage à Bruxelles, et la réception à l'Académie, les discours, les dîners, les interviews, c'est un Simenon exténué qui fait encore une courte escale à Paris pour visionner les rushes de Brelan d'as, en compagnie de Michel Simon qui y incarne Maigret. Puis le romancier n'a plus qu'une envie, retrouver sa maison de Lakeville, et son travail, ce pour quoi il est fait: écrire. Il croit encore, à ce moment-là, que sa vie est bien là-bas, en Amérique, et pour de longues années. Il ne se doute pas qu'en réalité, trois ans plus tard, il va rentrer définitivement sur le Vieux Continent.  
Cependant, après ce voyage de 1952 et l'accueil de sa ville natale, il a sans doute pu mesurer le chemin parcouru, depuis ce mois de décembre 1922 où il s'est lancé à corps perdu dans l'inconnu, jusqu'à cette étape trente ans plus tard, où on l'a accueilli triomphalement dans sa ville natale, non pas comme l'enfant prodigue de la parabole qui revient humblement chez lui parce qu'il est tombé dans la misère, mais bien comme le romancier prodige qu'il est devenu, et que ses compatriotes reconnaissent avec fierté comme un des leurs… 

Murielle Wenger 

venerdì 3 maggio 2019

SIMENON SIMENON. DIBATTITI CALDI: MAIGRET E' DI SINISTRA E SHERLOCK HOLMES DI DESTRA?... O VICEVERSA?

Tra gli articoli, i dibattiti che quest'anno simenoniano/maigretttiano provoca, si ritira fuori anche l'interrogativo del sociologo francese  Boltanski 

SIMENON SIMENON. CHAUDS DÉBATS: MAIGRET EST-IL DE GAUCHE ET SHERLOCK HOLMES DE DROITE ?... OU VICE-VERSA ?
Parmi les articles, les débats que cette année simenonienne/maigretienne provoque, on a ressorti la question du sociologue français Boltanski
SIMENON SIMENON. HOT DEBATES: IS MAIGRET LEFT AND SHERLOCK HOLMES RIGHT?... OR VICE-VERSA?
Among the articles and debates this Simenonian-Maigretian year provokes, the question of French sociologist Boltanski stood out.






Da qualche giorno, registriamo numerosi articoli e  dibattiti di questo anno-anniversario, che ricordano per la verità più Maigret, che compie 90 anni dalla sua nascita letteraria, che di Simenon di cui invece ricorre il 30° dalla morte. Ma così va il mondo. Noi ci occupiamo del romanziere e del commissario tutti i giorni (e non è solo un modo di dire), gli altri media, inevitabilmente, lo fanno per lo più, solo in occasione di anniversari e non sempre con interventi a proposito. Ma questo è un altro discorso, che per altro ci porterebbe lontano, soprattutto dal tema che vogliamo trattare oggi.
Prendiamo uno dei tanti media, Lettera 43, in cui qualche giorno fa' è apparso una articolo, a firma Maurizio Stefanini, dal titolo "Il commissario Maigret era di destra o di sinistra"? Sommario: "Nel 2019 si celebra il novantennale del primo romanzo di Simenon. E si ripropone il vecchio confronto con l'elitario e razionale Sherlock Holmes. Ma le apparenze ingannano".
L'articolista per dar corpo al titolo, tra l'altro, ritira fuori una teoria che un sociologo francese, Luc Boltansky, ha esposto in un suo libro, "Enigmes et complots: un enquête à propos d'un enquête", pubblicato nel 2012, in cui dedica un paio di capitoli al rapporto che lui individua tra due investigatori, Holmes e Maigret, e l'architettura politica delle società in cui rispettivamente si muovono. In questo corposo studio vengono tirati in ballo personaggi come Claude Lévi-Strauss,il filosofo Brian Keeley, Kafka, Karl Popper, solo per segnalare qualche nome. E' ovvio che nello spazio di questo post non potremo dare un approfondito conto di questa complessa teoria. Quindi, a beneficio dei nostri lettori, ci limiteremo a riassumere per sommi capi alcuni punti salienti di questa teoria. 
Le indagini di Maigret e Holmes si svolgono nell'ambito di due differenti contesti politici, sostiene Boltansky, Sherlock Holmes usa la ratio, e fa un uso puramente strumentale della ragione, difendendo la realtà liberale del suo ordine legale, morale e sociale incarnato dal potere aristocratico di quel tempo. 
Invece l'ambito politico descritto da Simenon, è caratterizzato dall'opposizione tra società e amministrazione, dove, per lui, la prima è un insieme di ambiti socio-professionali governati da regole autonome e la seconda uno strumento per dominare/governare la prima. L'amministrazione - secondo Boltansky - essendo neutrale e depositaria della competenza, incarna la continuità e il potere dello stato-nazione (in contrapposizione all'ambiente politico, a suo dire, corrotto). Il commissario Maigret quindi lavora lealmente per l'amministrazione dominante, ma al contempo è come uomo normale che riesce a penetrare nelle cerchie sociali e a capire i suoi simili. Secondo Boltansky, la società messa in scena da Simenon non celebra una norma di diritto liberale, come invece fa Conan Doyle, e trasmette quindi un disegno di stato che lui vede simile a quello di Vichy, in cui si uniscono l'antisemitismo, l'anti-parlamentarismo o l'onnipresenza dell'amministrazione.
Da una parte Sherlock Holmes sarebbe quindi il garante di un ordine sociale diviso tra "padroni e servi" (sia pur nella culla delle democrazie occidentali sin dagli inizi del XVIII secolo), e le sue funzioni sono ben precise: evitare la rovina e lo scandalo delle famiglie che contano e supplire ai difetti di una polizia, a volte limitata (nei poteri e nella capacità). Mentre Holmes può permettersi di entrare nelle alcove più private e di non rispettare i vincoli cui invece è sottoposta la polizia, pur di arrivare alla soluzione degli enigmi.
Nel caso delle indagini di Maigret, si passa attraverso un fenomeno che Boltanski chiama "duplicazione": la vita dell'uomo Maigret e la funzione del poliziotto Maigret. Il primo infatti si serve dell'empatia, dell'istinto che gli consente di scivolare nella realtà umana, in quella società che lo Stato intende controllare. Il poliziotto invece si cela dietro un volto implacabile e ligio alle procedure. E quindi, secondo Boltanski, Maigret uomo è un esempio di neutralità, radicamento e/o ancoraggio in un tessuto sociale, cosa che gli consente di percepire e comprendere le tensioni e svolgere l'inchiesta.
Ciò detto, sperando che il nostro tentativo di sintesi non abbia compromesso la comprensione dei punti nodali della teoria di Boltansky, rimane in piedi la domanda: chi è di destra e chi di sinistra?
E' bene dire che molti lo ritengono un quesito destinato ad annaspare in un mare magnum di motivazioni spesso indecifrabili e di innumerevoli contraddizioni Ma, come asserisce l'autore dell'articolo succitato, "...in occasione di questo anniversario [...] immancabilmente sarà riproposto lo stereotipo di Maigret “detective di sinistra”, in contrapposizione a Sherlock Holmes “detective di destra...”.
Partiamo quindi da questo punto. E soprattutto dalla difficoltà che oggi, in generale, si avverte quando si deve assegnare un contenuto a queste due terminologie: destra e sinistra (tenendo conto che alcuni sostengono che, vivendo noi in un'era post-ideologica, i due termini sarebbero ormai svuotati di ogni significato).
Sherlock Holmes, e dietro di lui Conan Doyle, sarebbe di destra perché al servizio di un stato dove l'investigatore nel suo indagare ha il solo compito di difendere le istituzioni monarchiche, per quanto liberali e madri della democrazia. L'investigatore di Simenon è certamente un funzionario che si muove nell'ambito di regole precise di un corpo di polizia, il quale risponde ad un ministro dell'interno e quindi ad un governo e al suo capo. Ma si tratta pur sempre di un'istituzione pubblica che, come tale, dovrebbe essere al servizio di tutti e quindi questo collocherebbe il commissario a sinistra. Qui nonostante ci sia lo Stato e la pubblica amministrazione, Maigret si prende delle libertà un po' "sovversive" e, quando si rende conto che le cose non vanno come dovrebbero, cerca "di aggiustare i destini". E' un comportamento di sinistra? O meglio il suo autore, vuole farlo comportare come uno di sinistra? E lui stesso  dove si collocava?
A proposito di quello che pensava Simenon, vorremmo tra l'altro ricordare che nel 1969, in un'intervista di Lacassin, che gli domandava: 
"Se aveste avuto diciott'anni nel maggio del '68 cosa avreste fatto?".
Simenon rispondeva: 
"Bene, se avessi diciotto anni oggi, sarei di sinistra".
E ancora Lacassin:
"Vale a dire dalla parte di Geismat, Cohn Bendit?"
E lo scrittore di rimando: 
"Si, più a sinistra dei comunisti, perché a mio avviso i comunisti di certi paesi occidentali, tra cui la Francia e l'Italia, sono dei comunisti imborghesiti, direi addirittura dei comunisti-capitalisti...".
Credo che con questa dichiarazione potremmo considerare questo post chiuso. 
Aperto invece, rimane il quesito posto sulla collocazione politica dei due investigatori e, personalmente, abbiamo qualche dubbio che potrà mai essere definitivamente chiuso. (m.t.)

giovedì 2 maggio 2019

SIMENON SIMENON. MAIGRET NOVELS VS ROMANS DURS

Were the first really much easier to write than the latter? 

SIMENON SIMENON. ROMANZI MAIGRET CONTRO ROMANS DURS 
I primi erano stati davvero molto più facile da scrivere rispetto ai secondi? 
SIMENON SIMENON. ROMANS MAIGRET VS ROMANS DURS 
Les premiers étaient-ils vraiment beaucoup plus faciles à écrire que les seconds ? 



The Maigret novels as a pleasant interval between the exhausting working out of a "roman dur" and that of the next one. This is more or less what the author credited in his statements about the Chief Inspector's investigations, as if he was resting when writing them. The "romans durs" carried him for seven/ten days in the "état de roman", with a creative tension that consumed him up to the point that he loosed almost a kilo a day. And there was also a psychological stress when he put himself into another's skin and lived for a period as if he was this other one. And it must have been really exhausting with the rhythm that Simenon kept. Thus, as he said, he would then begin to write a Maigret novel, because it would be relaxing and requiring a really minor strength 
In the interview with Bernard Pivot, Simenon explained that he wrote the Maigret novel "directly on the typewriter, almost whistling, because it was so easy…"; yet he added: "it became more difficult at the end, because I somewhat confused the Maigret novels and the other ones, and I went further in the depth of the characters…".  
This goes to support, at least in part, what we have already expressed. Apart from the serial structure and some rules of the detective novel genre, the style, the characters and the events in the Maigret novels are not really so different from the other novels. It's obvious that a writer like Simenon, however aware of producing two different types of literature, after having consolidated his own style, his specific approach to the plot, a particular method in the building of the protagonists, a personal form of expression, would be unable to overturn everything and express in a different style. 
Thus writing the Maigret novels must not have been so easy, as well as in the beginning than in the end. First of all the Maigret novels were a challenge, the way to go from alimentary literature to semi-literature, and it had not to fail. Simenon had also to fight to impose to his publisher Fayard an unusual formula for detective novels, with a so atypical policeman compared to the models that were successful at the time. 
Simenon also explained to Pivot that "the first, let's say the first thirty ones, had been just entertainment… When I needed to write but I hadn’t the physical strength to get involved in a novel, because, you know, it requires a remarkable physical resistance. In two and a half of hour writing a chapter with twenty typewritten pages for a "roman dur", it's exhausting, while for the Maigret novels I was strumming on the keys..." 
These words said by Simenon in this TV interview, in a prime time transmission, in front of millions of viewers, don't quite convince us. Since the time he had been in Gallimard's team and under André Gide's protective wing, he would define himself as a "true literature" novelist and give more prominence to his "romans durs", trying to shake off the label of a crime writer.  
We know that the part of the detective intrigue requires a certain concentration, and it is also difficult and demandingNot only describing the ambience, telling the general plot and building characters, but also bringing clues, imagining confessions, giving a logical thread to the investigation, motivating the discovering of the culprit.  
It's a common opinion that the part of the police intrigue is not the strong side in the Maigret novelsyet besides the fact that the charm of Simenon's style, the appeal of his approach, the beauty of the atmosphere, the depth of the protagonists are important elements in the success of the novels, we must not forget that these novels are a kind of detective novels and the intrigue remains an essential part. 

by Simenon-Simenon 

martedì 30 aprile 2019

SIMENON SIMENON. SE LO SCRITTORE FOSSE RIMASTO A LIEGI, COME SAREBBE ANDATA?

Un gioco di ipotesi e fantasie che si rincorrono, la sua carriera a La Gazette, il suo matrimonio con Tigy, i Maigret, i romanzi...

SIMENON SIMENON. SI L'ÉCRIVAIN ÉTAIT RESTÉ A LIÈGE, QUE SE SERAIT-IL PASSÉ?
Un jeu d'hypothèses et de fantasmes qui se poursuivent, sa carrière à La Gazette, son mariage avec Tigy, les Maigret, les romans...
SIMENON SIMENON. IF THE WRITER HAD STAYED IN LIÈGE, WHAT WOULD HAVE HAPPENED?
A game of hypotheses and fantasies that continues, his career at La Gazette, his marriage to Tigy, the Maigrets, his novels…



Per il filosofo Kierkegaard l'esistenza dell’uomo si concretizza nella scelta tra infinite opzioni, che si escludono l’un l’altra, e che determinano di conseguenza la vita di ogni singolo e il suo destino.
Seguendo questo concetto di "sliding doors" (porte scorrevoli che si aprono e si chiudono, offrendo o negando possibilità che potrebbero cambiare in un senso o nell'altro la nostra vita) ripensiamo al giovanissimo Georges Simenon nell'anno 1922 redattore de La Gazette de Liége. Cosa sarebbe successo se per un motivo qualsiasi il 10 dicembre del 1922 non avesse preso quel treno per Parigi? 
Un banale contrattempo? Un incidente o una malattia che l'avesse costretto ad un lungo ricovero in ospedale? Una improvvisa cotta amorosa (anche se all'epoca era già fidanzato e diremmo anche promesso sposo con quella Tigy che sarebbe poi divenuta la sua prima moglie)? Oppure un insperato successo di quel suo primo romanzo Au Pont des Arches
Ci sono alcuni elementi che non sarebbero cambiati. Ad esempio, come abbiamo detto, il matrimonio con Tigy, poi realmente avvenuto a Parigi, ma che avrebbe potuto essere benissimo celebrato a Liegi e che avrebbe risparmiato ai due un periodo di stenti che invece avevano davvero vissuto in Francia. Diciamo che Simenon magari non avrebbe interrotto la propria carriera a La Gazette de Liége, e date le sue qualità e il fatto di esservi entrato da adolescente, avrebbe potuto diventarne il direttore. Anche se il suo spirito libero e irrequieto, mal avrebbe sopportato le responsabilità e gli obblighi derivanti da quella posizione. Forse si sarebbe realizzato meglio come inviato speciale, sempre in viaggio, lì dove succedevano i fatti importanti per il mondo o lì dove il mondo non era ancora molto conosciuto. Magari sistemandosi come abitazione a Bruxelles, più città e più cosmopolita di Liegi. Lì magari qualcuno delle allora importanti Edizioni Labor, all'epoca con sede nella capitale, avrebbe trovato intrigante la sua opera prima Au pont des Arches. La pubblicazione di questa avrebbe potuto avere un successo così inaspettato, che non solo l'editore ne avrebbe realizzato di fretta e furia tre/quattro ristampe, ma avrebbe chiesto al giovanissimo scrittore altre storie su quella famiglia e soprattutto sulle avventure del giovane Paul.
Georges avrebbe rifiutato? Molto probabilmente no. Era giovane e bruciare le tappe in quel modo poteva gratificarlo molto. E poi gli avrebbe dato la possibilità di scrivere, non come giornalista, ma già come romanziere. 
Abbiamo detto che siamo nella prima metà degli anni 20 e il Simenon rimasto in Belgio, giornalista e romanziere, già avrebbe potuto godere di una certa notorietà. Una fama che sarebbe arrivata prima di quanto che invece sarebbe successo nella realtà, ma di quale entità? Con quale portata?
Il respiro di Bruxelles e del Belgio in generale era più ristretto di quello di Parigi che, all'epoca, era una sorta di calamita mondiale per tutti gli artisti e la culla di ogni novità artistica. E poi bruciare così le tappe, da giornalista a romanziere, avrebbe fatto bene alla letteratura di Simenon? Già, perché di una cosa  possiamo essere abbastanza sicuri, che fosse rimasto in Belgio, o emigrato in Gran Bretagna, o trasferito in Italia, il nostro non avrebbe potuto far altro che scrivere.
E' indubbio che Parigi forniva degli stimoli e degli orizzonti che altre città non potevano permettersi. Ed é certo che l'apprendistato letterario di Simenon abbia avuto una grande importanza sulla sua scrittura. Il periodo popolare dei testi su commissione, la fase della semi-letteratura, rappresentata dai Maigret, e infine l'età dei romanzi costituiscono, tutti insieme, un percorso formativo e di maturazione, che lo stesso Simenon si era imposto mentalmente e che avrebbe rispettato, e, insieme alle sue indubbie doti naturali, fecero di lui il grande romanziere che oggi tutti conosciamo.
Ma se fosse rimasto in Belgio probabilmente avrebbe iniziato un po' troppo presto a scrivere romanzi. Questo ne avrebbe fatto uno scrittore diverso? Non possiamo dire se peggiore o migliore, ma certo differente da quello che conosciamo. 
E poi senza la voglia di passare dalla lettura popolare a quella semi-letteraria, sarebbe mai nato un Maigret?
Questa è la domanda delle domande.
Un Simenon rimasto in Belgio avrebbe creato un Maigret? 
No, un Maigret non crediamo proprio. Intanto perché non vivendo a Parigi, difficilmente avrebbe potuto immaginare un poliziotto di Quai des Orfèvres. E poi un famoso investigatore belga in letteratura c'era già. Aveva esordito nel 1920 e già a metà del decennio era famoso. Certo l'autore era inglese, una certa... Agatha Christie, ma insomma il personaggio in questione, Hercule Poirot, non lasciava obiettivamente molto spazio. 
Forse l'interesse per la medicina avrebbe potuto spingerlo a scrivere le avventure di un medico, magari un medico un po' avventuroso... Certo non un medico militare, infatti anche quella casella era occupata da un personaggio che ormai era un classico, il dottor John Watson, che faceva coppia nientemeno che con Sherlock Holmes. 
Forse la fantasia di Simenon l'avrebbe spinto a creare una specie di medico delle colonie, un dottore sui generis, che viveva le sue avventure nel Congo Belga, un medico a metà tra il missionario e l'avventuriero.
Ma si può pensare a Simenon senza Maigret?
Beh è molto difficile. Ma i casi della vita sono imprevedibili e, se Simenon non avesse preso quel treno la sera del 10 dicembre, quante cose sarebbero cambiate? Forse in questo gioco ci siamo spinti un po' troppo lontano. Abbiamo lavorato molto di fantasia, ma l'imponderabile può portare davvero lontano in ambiti e situazioni assolutamente imprevedibili. In fondo non è quello che succede ai protagonisti dei romans durs di Simenon quando "passano la linea"? (m.t.)