Un gioco di ipotesi e fantasie che si rincorrono, la sua carriera a La Gazette, il suo matrimonio con Tigy, i Maigret, i romanzi...
SIMENON SIMENON. SI L'ÉCRIVAIN ÉTAIT RESTÉ A LIÈGE, QUE SE SERAIT-IL PASSÉ?
Un jeu d'hypothèses et de fantasmes qui se poursuivent, sa carrière à La Gazette, son mariage avec Tigy, les Maigret, les romans...
SIMENON SIMENON. IF THE WRITER HAD STAYED IN LIÈGE, WHAT WOULD HAVE HAPPENED?
A game of hypotheses and fantasies that continues, his career at La Gazette, his marriage to Tigy, the Maigrets, his novels…
Per il filosofo Kierkegaard l'esistenza dell’uomo si concretizza nella scelta tra infinite opzioni, che si escludono l’un l’altra, e che determinano di conseguenza la vita di ogni singolo e il suo destino.
Seguendo questo concetto di "sliding doors" (porte scorrevoli che si aprono e si chiudono, offrendo o negando possibilità che potrebbero cambiare in un senso o nell'altro la nostra vita) ripensiamo al giovanissimo Georges Simenon nell'anno 1922 redattore de La Gazette de Liége. Cosa sarebbe successo se per un motivo qualsiasi il 10 dicembre del 1922 non avesse preso quel treno per Parigi?
Un banale contrattempo? Un incidente o una malattia che l'avesse costretto ad un lungo ricovero in ospedale? Una improvvisa cotta amorosa (anche se all'epoca era già fidanzato e diremmo anche promesso sposo con quella Tigy che sarebbe poi divenuta la sua prima moglie)? Oppure un insperato successo di quel suo primo romanzo Au Pont des Arches?
Ci sono alcuni elementi che non sarebbero cambiati. Ad esempio, come abbiamo detto, il matrimonio con Tigy, poi realmente avvenuto a Parigi, ma che avrebbe potuto essere benissimo celebrato a Liegi e che avrebbe risparmiato ai due un periodo di stenti che invece avevano davvero vissuto in Francia. Diciamo che Simenon magari non avrebbe interrotto la propria carriera a La Gazette de Liége, e date le sue qualità e il fatto di esservi entrato da adolescente, avrebbe potuto diventarne il direttore. Anche se il suo spirito libero e irrequieto, mal avrebbe sopportato le responsabilità e gli obblighi derivanti da quella posizione. Forse si sarebbe realizzato meglio come inviato speciale, sempre in viaggio, lì dove succedevano i fatti importanti per il mondo o lì dove il mondo non era ancora molto conosciuto. Magari sistemandosi come abitazione a Bruxelles, più città e più cosmopolita di Liegi. Lì magari qualcuno delle allora importanti Edizioni Labor, all'epoca con sede nella capitale, avrebbe trovato intrigante la sua opera prima Au pont des Arches. La pubblicazione di questa avrebbe potuto avere un successo così inaspettato, che non solo l'editore ne avrebbe realizzato di fretta e furia tre/quattro ristampe, ma avrebbe chiesto al giovanissimo scrittore altre storie su quella famiglia e soprattutto sulle avventure del giovane Paul.
Georges avrebbe rifiutato? Molto probabilmente no. Era giovane e bruciare le tappe in quel modo poteva gratificarlo molto. E poi gli avrebbe dato la possibilità di scrivere, non come giornalista, ma già come romanziere.
Abbiamo detto che siamo nella prima metà degli anni 20 e il Simenon rimasto in Belgio, giornalista e romanziere, già avrebbe potuto godere di una certa notorietà. Una fama che sarebbe arrivata prima di quanto che invece sarebbe successo nella realtà, ma di quale entità? Con quale portata?
Il respiro di Bruxelles e del Belgio in generale era più ristretto di quello di Parigi che, all'epoca, era una sorta di calamita mondiale per tutti gli artisti e la culla di ogni novità artistica. E poi bruciare così le tappe, da giornalista a romanziere, avrebbe fatto bene alla letteratura di Simenon? Già, perché di una cosa possiamo essere abbastanza sicuri, che fosse rimasto in Belgio, o emigrato in Gran Bretagna, o trasferito in Italia, il nostro non avrebbe potuto far altro che scrivere.
E' indubbio che Parigi forniva degli stimoli e degli orizzonti che altre città non potevano permettersi. Ed é certo che l'apprendistato letterario di Simenon abbia avuto una grande importanza sulla sua scrittura. Il periodo popolare dei testi su commissione, la fase della semi-letteratura, rappresentata dai Maigret, e infine l'età dei romanzi costituiscono, tutti insieme, un percorso formativo e di maturazione, che lo stesso Simenon si era imposto mentalmente e che avrebbe rispettato, e, insieme alle sue indubbie doti naturali, fecero di lui il grande romanziere che oggi tutti conosciamo.
Ma se fosse rimasto in Belgio probabilmente avrebbe iniziato un po' troppo presto a scrivere romanzi. Questo ne avrebbe fatto uno scrittore diverso? Non possiamo dire se peggiore o migliore, ma certo differente da quello che conosciamo.
E poi senza la voglia di passare dalla lettura popolare a quella semi-letteraria, sarebbe mai nato un Maigret?
Questa è la domanda delle domande.
Un Simenon rimasto in Belgio avrebbe creato un Maigret?
No, un Maigret non crediamo proprio. Intanto perché non vivendo a Parigi, difficilmente avrebbe potuto immaginare un poliziotto di Quai des Orfèvres. E poi un famoso investigatore belga in letteratura c'era già. Aveva esordito nel 1920 e già a metà del decennio era famoso. Certo l'autore era inglese, una certa... Agatha Christie, ma insomma il personaggio in questione, Hercule Poirot, non lasciava obiettivamente molto spazio.
Forse l'interesse per la medicina avrebbe potuto spingerlo a scrivere le avventure di un medico, magari un medico un po' avventuroso... Certo non un medico militare, infatti anche quella casella era occupata da un personaggio che ormai era un classico, il dottor John Watson, che faceva coppia nientemeno che con Sherlock Holmes.
Forse la fantasia di Simenon l'avrebbe spinto a creare una specie di medico delle colonie, un dottore sui generis, che viveva le sue avventure nel Congo Belga, un medico a metà tra il missionario e l'avventuriero.
Ma si può pensare a Simenon senza Maigret?
Beh è molto difficile. Ma i casi della vita sono imprevedibili e, se Simenon non avesse preso quel treno la sera del 10 dicembre, quante cose sarebbero cambiate? Forse in questo gioco ci siamo spinti un po' troppo lontano. Abbiamo lavorato molto di fantasia, ma l'imponderabile può portare davvero lontano in ambiti e situazioni assolutamente imprevedibili. In fondo non è quello che succede ai protagonisti dei romans durs di Simenon quando "passano la linea"? (m.t.)
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