sabato 21 aprile 2012

SIMENON... O L'ALTRO SIMENON ?

Simenon & Rai. L'abinamento di queste due parole ne porta immediatamente altre due: commissario Maigret. Giusto, ma non sempre vero.
Infatti troppe volte viene dienticato che la Rai produsse e mandò in onda nel 1979 delle riduzioni televisive di alcuni romanzi di Simenon sotto il titolo L'altro Simenon. Niente Maigret, quindi. La produzione puntò sui cosiddetti romans-durs.
Si trattò di quattro sceneggiati andati in onda tra settembre e ottobre di quell'anno. Il primo è Antoine e Julie, un romanzo scritto alla fine del 1952 a Shadow Rock Farm, l'abitazione di Simenon nel Connecticut (Usa). La riduzione televisiva fu diretta da Mario Landi (lo stesso regista di tutti i Maigret di Cervi) ed ebbe come interpreti Renato De Carmine, Piera Degli Esposti e Ida di Benedetto. Il secondo fu Il grande Bob (Le grand Bob - 1954) sempre da un romanzo del periodo americano che vedeva tra i protagonisti una giovane Marisa Laurito, Virginio Gazzolo e Renzo Rossi. La regia fu affidata a Nanni Fabbri. Ai primi di ottobre andò in onda. Il signor Cardineau (Le fils Cardineau - scritto nel 1941 ma pubblicato da Gallimard nel 1944) interpretato da Teresa Ricci, Gianfranco Barra e Winnie Riva. Regia di Enzo Tarquini. Nell'ultimo episodio ritroviamo qualche nome più conosciuto. Il romanzo da cui è tratto s'intitola Il borgomastro di Furnes, scritto da Simenon nel 1938 e venne portato sul piccolo schermo da José Quaglio, interpretato da Adolfo Celi, Alida Valli e dallo stesso Josè Quaglio.
L'altro Simenon non ebbe la fortuna dei Maigret, ma nemmeno un relativo successo di pubblico.
Poco impegno produttivo da parte della Rai? Come si direbbe oggi, una produzione low-budget? La difficoltà anche per registi come Landi di rendere in una riduzione televisiva dei romanzi soprattutto psicologici e d'ambientazione nei tempi e nella dimensione televisiva.
Difficile fare un'analisi, probabilmente non erano tematiche che interessavano un pubblico vasto che in quegli anni vede nascere e segue con una notevole audience programmi come Domenica in..., 90° minuto, Il Rischiatutto di Mike Bongiorno e Portobello di Enzo Tortora e talk show di Maurizio Costanzo. Insomma si gettavano la base della tv come intrattenimento leggero, alla ricerca del maggior ascolto cui era legata la pubblicità. Non a caso negli anni '70 finiva Carosello e iniziava l'invasione della pubblicità...

venerdì 20 aprile 2012

SIMENON, LINEA D'OMBRA/2

                                              
Continua l'intervento di ieri dell' "attaché" Antonio Carnicella. Se volete partecipare con post o illustrazioni a vostra firma, scrivete a simenon.simenon@temateam.com
                                                                           
Romadal nostro attaché Antonio Carnicella (... continua) -  Il post di ieri Simenon, linea d’ombra/1 segnalava la comunanza della  tematica del passaggio all'età adulta  in Simenon e Joseph Conrad. Nel  corpus letterario simenoniano essa torna più volte, ma in questa sede  vogliamo sottolineare tre casi esemplari.Una delle possibili vie è quella che scelgono Franck, il protagonista de La neve era sporca (1951). Questi ragazzi spingono all'eccesso la loro ribellione e lo loro smania di vita, fino a porsi fuori dal contesto sociale. Ma superare i limiti, andare contro il destino assegnato dalle Moire ad ogni essere umano, come sapevano bene i greci, non è un crimine che possa restare impunito ed è Nemesi, la dea della giustizia, che essi troveranno al termine del loro percorso. Non va meglio ad Oscar Donadieu, il Turista di banane (1936). Segnato da un disastro familiare, il giovane parte per i tropici in cerca di fortuna. Una volta lì, però, si dimostra incapace di aprirsi al mondo circostante, che trova ostile ed indifferente, e finisce per essere schiacciato dal peso della solitudine. Anche Alain, il protagonista de Il destino dei Malou (1947), l'ultimo romanzo pubblicato da Adelphi, trova sulla sua strada tutti i presupposti per deragliare. Dopo il drammatico suicidio del padre e la conseguente rovina della famiglia, il ragazzo ha tuttavia la forza di lasciarsi alle spalle la soffocante falsità dell’ambiente che lo circonda ed aprirsi alla vita. Senza disdegnare l’aiuto disinteressato che gli viene offerto dalla “petites gens”, Alain fa suo il lascito testamentario del genitore appena scomparso, che non è il tesoro tanto desiderato dalla madre, dalla sorella e dal fratellastro, ma l’ideale cui è rimasto fedele per tutta la sua sfortunata esistenza: essere un uomo. L’uomo qui predicato dal verbo essere non rimanda ad una identità specifica, ad un tipo, ad una di quelle figure in cui secondo Sartre si rappresenta la malafede, come quella di colui che “si sente” e non “fa” il cameriere, ma, al contrario, presuppone la piena assunzione delle proprie responsabilità e l'accettazione della vulnerabilità umana.
Ne Il destino dei Malou, Simenon sembra concordare con questa prospettiva, sembra dire che l’essere uomo non è una fuga, né tanto meno libero sfogo dell'hybris. Se dovesse esserci una via “autentica” nella costruzione dell'identità, questa è quella che percorre Alain, e ciò lo rende una voce fuori dal coro nella galleria degli sconfitti proposta da Sìmenon, nella cui figura salda le tematiche fondamentali della sua opera: la ricerca dell’uomo nudo e la concezione del destino. In questo ragazzo, non ancora corrotto dai propri desideri e dalla società, trova l'incarnazione quell'uomo al di là delle determinazioni culturali che l'autore ha sempre cercato. Egli accetta il destino come ciò che accade fatalmente, senza ribellione o rassegnazione, pronto ad affrontarlo qualunque esso sia. Magari diventando medico, la professione sognata anche da Maigret e propria di chi accomoda, senza eroismo, i destini altrui.

giovedì 19 aprile 2012

SIMENON E LA LINEA D'OMBRA/1

Oggi l'intervento di un nuovo "attaché" al Bureau Simenon Simenon, Antonio Carnicella. Se volete partecipare, editare post o illustrazioni a vostra firma, scrivete a simenon.simenon@temateam.com


Roma - dal nostro attachè  Antonio Carnicella - La linea d'ombra, sostiene Joseph Conrad nella prefazione al suo omonimo romanzo, corrisponde al passaggio dalla giovinezza, noncurante e fervida, al periodo più consapevole e più tormentoso dell'età matura. Questo romanzo, breve e intenso, uscì nel 1917 durante la Grande Guerra, che sottrasse all'Europa milioni di giovani vite che proprio quell'età stavano attraversando, praticamente un'intera generazione. In quel periodo il quattordicenne Georges Simenon viveva a Liegi, città ridotta in sofferenza dall'occupazione delle truppe tedesche. Malgrado la fame si facesse sentire, il giovane Georges era un accanito lettore e Joseph Conrad uno dei suoi scrittori preferiti. Non è detto che La linea d'ombra abbia avuto su di lui un qualche influsso, ma certo è che quel passaggio della vita lasciò su di lui segni profondi. Simenon lo visse in maniera intensa, spinto da un’insaziabile fame di vita che lo condusse verso esperienze controverse, come testimoniano L'impiccato di Saint Pholien (1931) e I tre crimini dei miei amici (1938), ma subì la perdita del padre, una vera tragedia sul piano personale. Se la guerra gli aveva fatto conoscere la privazione, (dopo la quale, come ricorderà in un Maigret, si diventa terribilmente avari o prodighi), la morte di Desiré lo mise di fronte alla fragilità umana. Senza la copertura e il conforto dell'amato genitore, che resterà per sempre una figura di riferimento, Simenon prese in un breve spazio di tempo le decisioni che indirizzarono il suo futuro: diventare scrittore, sposare Tigy e partire per Parigi alla conquista del mondo. Era il 1922 ed aveva soli diciannove anni.
La descrizione sul passaggio all'età adulta tornerà più volte nei suoi romanzi e in alcuni casi esemplari i protagonisti sono chiamati a percorrere le stesse vicende biografiche dell'autore. Questo significa che per molto tempo egli ha continuato a riflettere su quel periodo della vita, di importanza fondamentale per il suo prosieguo. Non essendo un filosofo o uno psicologo, Simenon non azzarda una teoria e neppure esprime giudizi di valore. Piuttosto, propone una serie di casi, una fenomenologia tratta dall'esperienza in cui sono messi al bando percorsi e ruoli già confezionati, omologazione e conformismo. Tuttavia, nello sguardo scettico e disincantato che rivolge alla condizione umana, ma nello stesso tempo accondiscendente nei confronti delle sue debolezze, si può intravedere l'indicazione di un percorso per varcare illesi la linea d'ombra... (continua)

mercoledì 18 aprile 2012

SIMENON. BETTY, CASO UMANO ANCHE SUL GRANDE SCHERMO

Vent'anni fa' il famoso regista Claude Chabrol, uno dei padri della nouvelle-vague, uscì nelle sale con un film tratto da uno dei più famosi romanzi di Simenon: Betty. La tormentata storia di questa donna, che Simenon scrisse nel 1960, viene interpretata sullo schermo da un'altrettanto tormentata attrice, Marie Tritignant (figlia del famoso attore Jean Louis). Una donna sensibile dal fragile equilibrio. Ad esempio da piccola, alla morte della neonata sorella, cadde in un periodo di mutismo di orgine psicosomatica. E poi fu sempre timida e introversa al limite della patologia. Questo non le impedì di avere una vita molto movimentata e per certi versi disordinata. Vedi i quattro figli avuti da quattro compagni diversi, insomma una donna fuori dagli schemi, libera, ribelle, contestatrice, ma anche fragile. E la sua vita finirà in modo drammatico, uccisa dalle percosse del suo compagno sotto l'effetto della droga.
Qualcuno ha criticato questo film di Chabrol, imputandogli di aver realizzato una pellicola troppo contorta, ma l'interpretazione di Marie Tritignant è stata invece generalemente molto apprezzata.
Forse Betty e Marie avevano qualcosa o più di qualcosa in comune. C'è chi la definirebbe una sorta di tendenza all'autodistruzione. Come scrisse Roberto Escobar all'uscita del film "...per tutta la vita Betty ha rincorso un fantasma, un oggetto oscuro del desiderio. Lei stessa lo chiama la sua “ferita”. Il significato psicoanalitico di questo nome è evidente, ovvio: Betty vive la femminilità come privazione traumatica. Ma Claude Chabrol non è autore che ami l’ovvietà (non lo è neppure Georges Simenon, dal cui romanzo Betty il film è tratto). Quel fantasma e quella ferita vanno ben al di là di un qualunque luogo comune pseudofreudiano. Alludono piuttosto a una dimensione dell’anima, a una oscura, terribile dimensione dell’anima...". Chi può dire che queste parole non si attaglino anche alla Tritignant? Certo nel romanzo Betty trova alla fine la sua salvezza, grazie al suo uomo, Piero; nella realtà Marie troverà invece la sua fine a causa del suo compagno. Eppure la febbrile recitazione dell'attrice, già dieci anni prima della propria fine, rendeva molto bene il personaggio del romanzo di Simenon.

martedì 17 aprile 2012

SIMENON: LIEGI-PARIGI SOLO ANDATA

Un viaggio di sola andata. Sia per quanto riguarda quello del 10 dicembre 1922, sia per quanto riguarda la sua vita. Un Simenon non ancora ventenne, lascia la casa, la madre, la promessa sposa e il giornale in cui lavora. Non tornerà mai più a vivere in Belgio, nonostante si stabilirà in numerose abitazioni in diverse parti del mondo. 
Ma torniamo alla partenza da Liegi. Simenon ha più volte raccontato di essere partito dalla città belga con il treno notturno delle unidici e di essere arrivato a Parigi, a la Gare du Nord, alle sette del mattino successivo. Come sarà stata quella notte? Quanti sogni e quanti rimpianti si saranno rincorsi nella sua mente? Già, perché un conto erano i sogni di gloria che coltivava nei confronti della possibilità di diventare uno scrittore e altro è la cruda realtà che scopriva alle prime ore del mattino, quando il treno entrava nella squallida periferia parigina.
"... enormi mura con delle piccole finestre dietro le quali la gente si muoveva, si alzava, faceva colazione... le strade ancora deserte con qualche furtiva ombra che s'affrettava per recarsi al lavoro e infine la Gare du Nord che per me è la cosa più brutta di Parigi, ero disperato...". La prima impressione del giovane giornalista belga è quella di una Parigi fredda e inospitale, dove tutti corrono verso una meta senza guardare gli altri, con dei flussi di persone che, lì davanti alla stazione, lo urtano e lo spingono come se lui non esistesse. 
Racconta in un'intervista a Roger Stephane"... ho camminato, camminato lungo i boulevards di Montmartre, poi sono arrivato a place Clichy, ho voltato per les Batignoles e in una stradina ho trovato un piccolo albergo, l'Hotel de la Bertha. Esiste ancora. Era ben messo fino al quinto piano, con dei tappeti rossi sulle scale, questo mi piaceva, ma la camera che mi era stata assegnata, per il prezzo che avevo concordato, era ancora più in alto, era la mansarda...".
Poi sappiamo che i primi due anni furono duri perchè i racconti che riusciva a pubblicare erano pochi e pagati davvero poco.
Pensò mai di tornare a Liegi? Crediamo di no. La sua determinazione era notevole e dopo aver stretto la cinta per due anni, le cose inziarono ad andar meglio. Poi arrivò il successo economico con i racconti popolari e quindi il boom di Maigret. Simenon allora lasciò Parigi e visse per una decina d'anni in Vandea (sia pur cambiando più volte residenza). Poi ci fuorno i dieci anni in America. Quando tornò in Europa, non gli venne in mente nemmeno per un attimo di ristabilirsi in Belgio. E infatti, dopo un anno passato in varie zone nella Francia del sud, decise per la Svizzera e quella fu la sua ultima scelta, anche se continuò anche lì a cambiare di casa molto spesso.
Tornò in Belgio più volte, per farvi nascere Marc il primogenito, per ritirare premi e onoreficenze, per andare a trovare la vecchia madre. Ma non ebbe mai una casa in Belgio. Non aveva qualcosa contro il suo Paese, ma certo non ebbe mai voglia di tornare a vivere nella sua città natale. E questo doveva quindi significare qualcosa, anche se va considerato un altro fatto importante. Simenon rifiutò sempre di cambiare la propria nazionalità. Gli fu offerto dalla Francia, dagli Stati Uniti, dalla Svizzera, ma lui volle sempre rimanere un belga. In realtà, come ebbe a spiegare più volte, lui si sentiva un po' apolide e po' cittadino del mondo. Ma, partito da Liegi, non vi tornò più.

lunedì 16 aprile 2012

SIMENON. IL RITORNO DI BOULE

Primavera del 1947. Simenon è da un paio d'anno in America e in quell'anno si sta trasferendo da Bradenton Beach (Florida) a Tucson in Arizona. E' il momento in cui Boule riesce finalmente a raggiungere la famiglia. Quando lui, Tigy e Marc erano partiti per Londra, da dove poi dopo quache mese si sarebbero imbarcati per il nuovo continente, per Boule non c'era stato nulla da fare, non si riusciva ad ottenere il visto per gli Usa. Simenon ne era davvero dispiaciuto, sia pur con tutte le preoccupazioni che gli dava il Fronte di Liberazione Nazionale francese per quelle sue collaborazioni con la casa cinematografica nazista, la Continental, durantee gli anni dell'occupazione tedesca. Eppure partire lasciando Boule a place des Vosges, per lui era un pensiero. E infatti in Mémoires intimes (1981) racconta che una volta in America si rammaricava "... Penso a Boule, che non ha ancora otenuto il visto e non ha troppa speranza di ottenerlo a Parigi per via delle quote. Sono così numerosi gli stranieri che da utto il mondo vorrebbero trasferirsi qui, in questo Bnegosi, a indurre il governo americano a fissare delle quote. Questo significa che ogni paese ha diritto ad un tot di immigrati all'anno; la cifra varia a seconda della politica degli Stati di prvenienza e a seconda della razza...."
Simenon viene però a scoprire che tutto sarebbe più facile se la persona fosse già in un paese confinante. E' per questo che si spinsero verso il Messico, dove la Boule era arrivata e aspettava solo che "son petit Sim" l'andasse a prendere.
I due in quel perido di separazione si erano scritti regolaremente e questo dà l'idea di quanto lo scrittore tennesse alla sua femme de chambre/maitresse che ormai era considerata a pieno diritto una di famiglia.
Ormai la carovana è completa. Lo seguono in una macchina Tigy, sulla carta ancora la signora Simenon, il figlio Marc, Boule e l'istitutrice di turno. Nell'altra lui e la sua ex-segretaria perosnale, Denyse, ormai ufficiosamente la sua compagana che di lì a poco (nel giugno del '49) gli darà il suo secondo figlio, Johnny.
Questa  famiglia è ben strana soprattutto agli occhi degli americani degli stati del sud. Simenon non vive né a New York, né a Los Angeles. L'America più puritana e meno permissiva, soprattutto in campo sessuale, non capisce quelle femmine che ruotano intorno a Georges, una moglie di fatto non più tale, un'amante ufficiale e una femme de chambre che con lui ha una confidenza  che ha poco da invidiare alle altre due. Insomma è vito come una specie di... "trigamo".
E infatti quando Boule si ricongiunse alla famiglia, la relazione con Georges ritornò quella di un tempo, dal loro affetto reciproco ai loro rapporti sessuali quotidiani. Il ritorno di Boule sicuramente riconsegnò allo scrittore un senso di completezza dell'idea che lui aveva della sua famiglia allargata.

domenica 15 aprile 2012

SIMENON. PRIMA DEL COMMISSARIO L'ISPETTORE, SANCETTE

Continuano gli interventi degli "attachés" al Bureau Simenon Simenon. Se volete farne parte e pubblicare post o illustrazioni a vostra firma, scrivete a simenon.simenon@temateam.com



Roma - Dal nostro affezionato attaché Andrea Franco - Alla fine degli anni venti Simenon diede vita all'ispettore Sancette, che avrebbe potuto essere il protagonista di una serie di romanzi se qualche mese dopo non fosse nato Maigret. Sancette era molto diverso dal commissario: giovane, atletico e basava tutto sull'inutito.
E 'il personaggio seriale piu ricorrente, eccetto Maigret, ovviamente, nell'opera simenoniana (anche se scritto sotto piu pseudonimi)
Ecco un elenco delle sue apparizioni
1) Chair de beauté (1928 Fayard) - Il protagonista principale è Yves Jarry ma troviamo Sancette sotto il nome di L53
2) La femme qui tue (1930 - Fayard) - Anche qui il protagonista principale è Yves Jarry, ma vi troviamo anche Sancette
3) L53 - Raccolta rieditata poi col titolo Les sept minutes, (La nuit de sept minutes - La Croisiére invraisemblable - Le grand langoustier - 1938 - Gallimard)
4) Les Exploit de Sancette -14 racconti brevi (Ric e Rac - 1929/1930 - Fayard)
5) Captain S.O.S.* (1929 - Fayard)
6) L'homme qui tremble (1930 - Fayard)
7) Le document violet (1930 - La Jeunesse Illustrée - Fayard)
8) Les amants de malheur** (1930 - Ferenczi)
9) Matricule 12 (1932 - Tallandier)
10) Le chateau des sables rouges (1933 - Tallandier)
Infine lo ritroviamo con il nome di G7 in Les treize enigmes (1932, Fayard ), L'affaire du canal (1929 inedito, pubblicato in "Tout Simenon"), La folle d'Itteville (1931 - Fayard),  L'enigme de la Marie-galante.
 Tutti i romanzi citati sono firmati come Georges Sim, tranne quelli con gli asterischi: *Jean du Perry
**Christian Brulls

sabato 14 aprile 2012

SIMENON E DOISNEAU. DA ENTRAMBE, COME POCHI, LE IMMAGINI DI PARIGI

Oggi, cento anni fa' nasceva Robert Doisneau, grandissmo fotografo francese che, come Simenon con la scrittura, riuscì con la propria sensibilità fotografica a immortalare lo spirito e l'anima di Parigi. Le sue foto in bianco/nero ci restituiscono la città ai tempi de Les Halles, della gente comune, della vità notturna, con una magia che, secondo noi, ben si accorda con le pagine che sugli stessi soggeti ci ha lasciato Simenon.
Lo ricordiamo perché, aldilà del suo grande talento artistico, con il suo lavoro è entrato nell'immaginario collettivo e ha contribuito a fissare nella memoria una città che, in gran parte, oggi non esiste più.

SIMENON. DOVE ANDRANNO A FINIRE I SUOI DIRITTI?

Il giornalista economico Philippe Lawson scrive oggi sul quotidiano belga L'Echo un articolo in merito ad un progetto che vedrebbe John Simenon, figlio di Georges e la finanziaria ING Invest di Liegi intenzionati ad acquisire tutti i diritti cinematografici delle opere simenoniane oggi detenuti dal gruppo britannico Chorion che al momento è in stato di liquidazione. La Chorion detiene l'85% della Georges Simenon Limited, società inglese, che acquistò i diritti dai Simenon nel 2001. In famiglia è rimasto il 15%, diviso tra John (il 10%) e il fratello Pierre (5%).
Si tratta di un'operazione che dovrebbe ammontare (secondo una stima della Doilitte, società internazionale di consulenze e revisioni) a oltre due milioni e mezzo di euro.
Questa iniziativa, secondo John Simenon, avrebbe il merito di riportare in Belgio, e ancor più a Liegi, un patrimonio non solo finanziario, ma anche cuturale, che le appartiene di diritto. Per altro, tutto ciò si affianca ad un altro progetto che John sta portando avanti, quello di realizzare a Liegi un museo permanente dedicato al padre, alle sue opere, alla sua vita e ai suoi documenti  (come avevamo accennato in Simenon. 2015, un museo permanente a Liegi ).
Comunque, per acquisire i diritti, il figlio dello scrittore ha programmato la creazione della SA Georges Simenon Co. con siede a Liegi, che dovrebbe partire con un capitale di oltre un milione di euro. In questa iniziativa una finanziaria belga, la Meusinvest, si sarebbe detta disposta a mettere a disposizione 1,25 milioni di euro  (un milione in prestito e 250.000 euro di capitale). In più ci sarebbero il prestito di 700.000 euro della ING Bank e quote per 900.000 euro che dovrebbero mettere sul piatto John Simenon stesso e alcuni editori francesi, italiani e tedeschi.
Insomma l'operazione é di un certo livello e non certo conclusa, come a tale proposito ha confermato John: " La questione non è semplice, ma io sto ancora negoziando con il gruppo Chorion e le trattative continuano...".
Secondo chi ha sviluppato il business plan, si potrebbe tranquillamente ipotizzare un fatturato globale annuo di circa un milione di euro, partendo da cifre concrete come quelle del fatturato della Georges Simenon Limited che, ad esempio, nel 2008 è stato di circa 1,5 milioni di euro.

venerdì 13 aprile 2012

SIMENON. MAIGRET, SILHOUETTE IN BIANCO E NERO

Continuano gli interventi degli "attachés" al Bureau Simenon Simenon. Se volete farne parte e pubblicare post o illustrazioni a vostra firma, scrivete a simenon.simenon@temateam.com



Qui di seguito un contributo che riceviamo dalla nostra attachée francese Murielle Wenger che gestisce la sezione di Maigret del sito www.trussel.com e Les Enquetes du Commissaire Maigret . Si tratta di un contributo particolare che, come vedete, unisce forma grafica e versi in un ritratto del commissario davvero originale, suggestivo e poetico. (segue traduzione)


Maigret...
Disegnerò la tua silhouette...
Lungo soprabito nero che s'intravede nella nebbia
Bombetta nel retro-sala di un café
Finestra illuminata nella notte, ombra chinata sulla scrivania
Alba ai bordi della Loira, pescatore che va alla deriva con la sua barca
Giardino sbocciato sotto il sole, cappello di paglia in mezzo ai pomodori
Sedili di velluto rosso, nuvole di fumo nel fascio di luce dei fari
Passi pesanti tra le foglie d'autunno intorno allo stagno di Saint-Fiacre
Qualche traccia sulla neve, fiocchi che volteggiano in un cielo plumbeo
Contorno controluce di un sole che tramonta fiammeggiando sul mare
Gran camminatore a Parigi, brezza di marzo sotto gli ippocastani in fiore
Afa d'estate, bicchiere di birra appannato sulla terrazza di un café
Una coppia sottobraccio sotto un lampione
Passante sulla banchina, barche erranti sulla Senna
Luce di un fiammifero che brucia davanti a una pipa
Passeggero che resta sulla piattaforma aperta dell'autobus
Gocce di pioggia su un cappello bagnato
Croissant dorato davanti ad un caffé fumante
Un sandwich addentato in un angolo di un tavolo
Qualche riga scappata da un libro aperto sul mio letto (Murielle Wenger)