La short-story di questo weekend ce la propone Murielle Gigandet, nostra attachée al Bureau Simenon-Simenon e autrice di altre short-story su questo daily-blog. Stavolta i protagonisti si incontrano su un canale... Una situazione giocata abilmente tra realtà e fiction e decisamente originale, cui domani seguirà una seconda parte
Ricordiamo che chiunque volesse cimentarsi in questa rubrica "...magari come Simenon!", scrivendo dei brevi racconti, potrà farlo proponendosi all'indirizzo
simenon.simenon@temateam.com
L'INCONTRO
di Murielle Gigandet
Il commissario Maigret in un'illustrazione di Ferenc Pintér |
Era finita. Come sempre al termine di un’inchiesta il
sollievo che sentiva si mescolava con una sorta di disgusto, di svuotamento che ormai non cercava nemmeno più
di contrastare. Andò a prendere la sua valigia in albergo, dove bevve un ultimo
bicchiere di birra, poi si avviò verso la stazione. Aveva tempo, come costatò arrivando: il suo treno non
partiva prima di tre quarti d’ora. Siccome non sopportava di aspettare
pazientemente sulla banchina ventosa o nelle sale d’aspetto surriscaldate,
decise d’attraversare la strada per recarsi al café dove si era fermato il
giorno del suo arrivo.
Cercò di aprire la porta che però fece resistenza. Riprovò ancora, quando si accorse guardando
attraverso il vetro,che il locale era buio e sembrava vuoto. Pensò che poteva
essere il giorno di chiusura e con un certo disappunto, fece meccanicamente il
giro della piazza per tre volte. Poi, siccome ne ebbe abbastanza di passare per
l’ennesima volta davanti alla stessa casa dai mattoni rossi, con una finestra
che incorniciava il viso pallido di una vecchia donna, ogni volta che le sue
gambe lo riportavano davanti a quella facciata, si diresse a grandi passi verso
il canale.
Non voleva che sembrasse un pellegrinaggio e così… Per non essere tentato di recarsi fino davanti alla fattoria, si fermò
davanti al cantiere dove era in riparazione una grossa imbarcazione. Il suo
sguardo che seguiva gli scarti di legno che galleggiavano, incrociò un’immagine inusuale: ad una decina di
metri più in là, da una chiatta che aveva ritenuto abbandonata, spuntavano delle
volute di fumo azzurro. Percepì anche un ticchettìo di cui non riusciva a
spiegarsi l’origine.
Incuriosito, si avvicinò, e scoprì, seduto su una cassa, la
pipa tra i denti e una bottiglia di liquore al fianco, un uomo che batteva a
tutta velocità sui tasti di una macchina da scrivere. L’osservò per un bel po’
senza dire nulla e stava per andarsene quando l’altro alzò la testa al fischio
della sirena del cantiere.
I loro sguardi s’incrociarono. E lo stesso stupore si poteva
leggere nelle due paia d’occhi e l’uomo della chiatta, per primo fece un gesto indirizzato all’uomo
sulla riva del canale.
Non era certo il primo che passava e si fermava ad osservare
con curiosità quel “fenomeno” seduto sulla chiatta, mezza piena d’acqua, ma
questa volta qualcosa di differente sembrò attirarlo in quell’ennesimo curioso.
La sua pipa, forse, che sbuffava
come la propria? Gli fece segno di avvicinarsi e, siccome il passante esitava,
gli tese la mano come per aiutarlo a salire sulla chiatta che si mise ad
ondeggiare sotto il peso dei due uomini.
Il nuovo arrivato iniziò a guardarsi intorno senza proferir
parola: appena indirizzò lo sguardo, che voleva essere discreto, verso la
bottiglia di liquore, l’altro sorrise e inizò la conversazione:
- E’ ginepro – disse – lo conosce?
- Si.
- E' francese?
- Sì, e voi?
- Sono d’origine belga.
Il visitatore, messo a suo agio dall’aria vivace e simpatica
del suo ospite, provò a fare qualche domanda.
- Come mai vi siete sistemato qui? Non è un posto granché
confortevole per scrivere…
- Vedete l’imbarcazione che stanno riparando, laggiù?
L’altro assentì.
- E’ la mia. E lo dico con un certo orgoglio. Di solito è li che scrivo, ma siccome gli operai
sono troppo rumorosi, mi sono sistemato qui per lavorare.
- Siete uno scrittore?
- No, romanziere
– sorrise – Beh, insomma voglio diventare romanziere. Per il momento sperimento,
cerco, vado un po’ a tentoni…
- E’ difficile?
- Abbastanza, ma credo proprio che ci arriverò.
L’uomo ostentata una certa sicurezza, senza falsa modestia, e faceva venir voglia
di credergli.
- E cosa scrivete?
- Oh, fino ad oggi, ho scritto molti romanzi brevi per le
donnette, dei racconti, insomma della letteratura alimentare… Ma vorrei passare
alla tappa successiva. Cerco un
personaggio che mi serva in qualche modo da filo conduttore. Ho scritto qualche
settimana fa’ un romanzo il cui eroe era un avventuriero che risolve dei
misteri, una sorta di detective non professionista, ma brillante. Pensavo di
aver centrato il mio intento, ma non ci siamo ancora…
E, dicendo questo, fece una smorfia di rammarico; era allo
stesso tempo divertente e toccante e il suo visitatore dovette trattenersi per non ridere. L’altro
riprese:
- No, credo che dovrò cercare qualche altra cosa… Avrei
pensato ad un personaggio della polizia, ma…
S’interruppe guardando l‘aria stranita che andava assumendo
il visitatore.
- Credete che non sia una buona idea? I romanzi polizieschi
iniziano ad essere di moda, quindi…
L’altro iniziò a brontolare e, bofonchiando un mezzo saluto,
si apprestò ad abbandonare la chiatta.
- Aspettate, che vi prende? Ho detto qualcosa che non vi va
a genio?
L’altro stava per saltare dalla chiatta, ma l'altro lo trattenne per una manica.
- Vi prego, non andatevene così. Cominciavo a trovarvi
simpatico e poi mi avete ascoltato con grande pazienza… almeno fino ad ora…
L’altro esitava ancora. Il suo ospite ebbe un sorriso
disarmante e, mostrando la bottiglia, disse:
- Non volete bere un bicchiere con me? Non c’è niente di
meglio che bere insieme per entrare in confidenza…
Il visitatore infine acconsentì.
- Ho solamente un bicchiere, ma potremmo bere a turno… se vi
va…
Non si poteva resistere davanti a tanta buona volontà di
mostrarsi simpatico. Uno dopo l’altro, i due uomini assaggiarono qualche
bicchiere: l’alcol bruciava un po’ la gola, ma il calore che scendeva nel
corpo era piacevole e faceva percepire quell’ambiente umido, sotto una diversa
luce, più gradevole.
Offrì al suo visitatore una cassa, sulla quale quello si
sistemò con una certa precauzione. Visto che era di nuovo attento, gli
mostrò una pila di fogli accanto
alla macchina da scrivere.
- In questo momento, sto provando un nuovo personaggio. E’
un poliziotto. L’ho già fatto lavorare a Marsiglia in un altro romanzo, e
questa volta ho deciso di farlo salire a Parigi. Infatti lavora a Quai des
Orfèvres.
Senza accorgersi che il suo interlocutore riprendeva un’aria di
disapprovazione, prese un foglio dalla pila e cominciò a leggere a voce alta:
- Il fatto in sé sorprese appena il commissario Maigret…
Questa volta il visitatore non si limitò a brontolare. Si
alzò all’improvviso, rischiando di far capovolgere la chiatta. L’altro
trattenne la macchina da scrivere, che stava scivolando dalla cassa su cui era
poggiata, e levò sul suo visitatore uno sguardo sorpreso. L’altro si sentì
obbligato a spiegare il suo comportamento. Disse in un fiato:
- Io mi chiamo Maigret (segue)