
sabato 18 dicembre 2010
FATEVI UN REGALO: PASSATE NATALE CON MAIGRET

SIMENON E BALZAC... IL "TITANO" DEL ROMANZO

Questo non vuol dire che Simenon si "appiattisse" acriticamente su quello che scriveva colui che pur considerava un "Titano" del romanzo. "...quasi tutti i suoi personaggi sono ambiziosi, un sentimento che non mi tocca. Il personaggio di Rostignac ad esempio non mi emoziona, non trovo infatti nulla in lui che corrisponda ai miei istinti. Questo ovviamente non vuol dire che Rastignac non sia un personaggio straordinario". E a proposito di personaggi in una sua lettera del 1986 spiegava "...i personaggi di Balzac, come come quelli degli autori greci, di Corneille, di Racine, di Hugo, per non parlare di Shakespeare e di Dante, sono in assoluto i più grandi. Al punto che sono divenuti degli archetipi cui ci si riferisce per descrivere un individuo... ma io sono lontano da avere la statura di Balzac...". E in più, come sottolineava lo stesso Simenon, occorreva considerare che prima i personaggi nella letteratura erano considerati al di fuori del loro contesto. Ed è stato proprio Balzac a iniziare ad inserirli in quel "milieu" che fu poi indentificata con La Comédie humaine... Prima un personaggio non aveva quei connotati concreti (che lavoro faceva, quanto guadagnava, cosa mangiava...) e soprattutto prima di Balzac c'era una letteratura di ricchi. Affermava polemicamente Simenon: "Non si aveva il diritto di essere il personaggio di un romanzo a meno di non avere cinquemila livre di rendita". E lui stesso non riusciva a immaginare i personaggi dei suoi romanzi slegati dalle atmosfere, dall'ambiente e dalle caratterstche del luogo, anch'essi protagonisti dela storia. D'altronde Simenon, che da adolescente aveva letto moltissimo e libri che i coetanei non consideravano nemmeno, dopo aver fatto tra i tredici e i quattordici anni un'indigestione di russi, iniziò a leggere Balzac. Ma non fu una lettura tutta d'un fiato, come ebbe modo più volte di spiegare, bensì una lettura a piccoli sorsi, che si protrasse nel tempo. Quindi l'infuenza ci fu, ma le differenze restano "...In Balzac il denaro è il responsabile della maggior parte dei conflitti tra le persone - puntalizzava Simenon - Io, ad esempio, preferisco l'anima di Melville, per quanto protestante sia".
D'altronde qualche analogia tra i due si riscontra anche nelle biografia. Simenon come Balzac iniziò scrivendo dei romanzi popolari, pubblicandoli sotto vari pseudonimi. E poi li accomuna anche la velocità di scrittura e di conseguenza l'ingente produzione letteraria (La Comédie humaine consta di 91 romanzi che Balzac scrisse in 19 anni) E a questo abbinamento non fu estranea neanche la politica editoriale di Gallimard, quando iniziò a pubblicare i romanzi di Simenon. Questo accostamento ripetuto, a volte anche a sproposito, sia dalla critica che dalla pubblicistica dell'epoca, faceva comunque comodo all'editore che arrivò a stampare sulla copertina de Il testamento Donadieu, la dicitura "il romanzo più balzachiano di Simenon".
venerdì 17 dicembre 2010
SIMENON E DUE O TRE "BUGS" DI ALCUNI COLLEGHI ITALIANI
Che siano scrittori o giornalisti, possiamo considerarli colleghi di Simenon. Molti di loro hanno scritto sull'uomo sullo scrittore sulla sua vita e sule sue opere. Ma non sempre hanno centrato il bersaglio, anzi qualche volta delle traiettore dei loro strali si sono perse le tracce. Insomma non sempre quello che hanno scritto risponde a verità, anche se si tratta di firme, come abbiamo detto, autorevoli. Qui di seguito qualche chicca.
• Enzo Biagi • (Panorama - rubrica "Diciamoci Tutto" - agosto 1993) - "...Quando andò negli Stati Uniti Simenon ebbe la forza di affrontare un faticosissimo "ménage a quattro": la prima moglie Denise, poi la pittrice Tigy, poi una canadese e infine una giovane contadina francese che lo aveva seguito Oltreoceano".Spiace davvero contraddire un maestro come Biagi. Ma per onor del vero va detto che la carovana femminile esisteva, ma
1) Denise (meglio Denyse) non era la sua prima moglie, ma la seconda.
2) La pittrice Tigy era invece la prima moglie di Simenon, fino al 1950.
3) La canadese non era una qualasiasi, era Densye cioè la sua seconda moglie.
4) La giovane contadina francese era in realta Henriette Libergie, detta Boule, la femme de chambre dei Simenon (Tigy e Georges) fin dal 1924, che per problemi di passaporto non arrivò con i Simenon nel '45, ma solo due anni più tardi.
• Corrado Augias • (rubrica "Babele" sul supplemento settimanale de La Repubblica, Il Venerdì (1993), la nota firma "culturale italiana", scriveva in un articolo intitolato "Quando Simenon dimentica Maigret"."Leggete una qualunque inchiesta del comissario Maigret e paragonatela a questo romanzo (La vedova Couderec). La differenza che avrete sotto gli occhi è quella che segna la "medietà" inevitabile della letteratura poliziesca. Tutto quello che guadagna in suspense e in ritmo nella ricostruzione di un 'indagine, il romanzo giallo lo perde in approfondimento e in spessore...Infatti quelli che hanno voluto raccontare un crimine dal di dentro, (da Dostoevskij a Maupassant) si sono tenuti lontani dal giallo. Vale anche per Simenon: Maigret è Maigret, ma i romanzi sono senza di lui sono altra cosa.
1) Che la letteratura gialla sia segnata da un 'invitabile "medietà" è teoria e giudizio ormai superato e non dimostrabile. Già lo storico e critico della letteratura Giuseppe Petronio sosteneva non solo la rivalutazione della letteratura gialla, ma addirittura riteneva che fosse lo strumento letterario più adeguato per analizzare e comprendere meglio l'attuale società. Gilbert Keith Chesterton già nel suo The Defendant (1908) affermava : "Mentre la fralezza umana rivela la costante inclinazione a ribellarsi contro qualcosa di universale e automatico come la civiltà, a predicare l'infrazione e la rivolta, il romanzo dell'azione poliziesca sottrae all'oblio, in un certo senso, il fatto che la civiltà stessa è la più sensazionale delle trasgressioni e la più romantica delle sommosse. Trattando delle vigili sentinelle che difendono gli avamposti della società, esso tende a rammentarci che viviamo in un accampamento militare, in conflitto con un mondo caotico, e che i malfattori, figli del caos, non sono altro che i traditori entro le mura della città…Il romanzo delle forze di polizia presenta quindi l’intero romanzo del genere umano. Si basa sul fatto che la moralità è il più oscuro e ardito dei complotti. Ci rammenta che tutta la silente e invisibile organizzazione poliziesca che ci governa e ci protegge è soltanto una sorta di cavalleria errante che miete successi". E poi non va dimenticata l'opinione di un certo Borges, di tutt'altro tono ma che trova a suo modo e nel suo contesto più che una rivalutazione del genere giallo o poliziesco: “Che cosa si può dire come apologia del genere poliziesco? C'è una constatazione evidente da fare: la nostra letteratura tende al caotico. Si tende al verso libero perché è più facile del verso regolare; la verità è che quest'ultimo è molto difficile. In questa nostra epoca, così caotica, c'è una cosa che, umilmente, ha conservato le virtù classiche: il racconto poliziesco. Non è possibile concepire un racconto poliziesco senza principio, parte centrale e fine [...]. Io direi, in difesa del romanzo poliziesco, che non ha bisogno di difese; letto con un certo disdegno, ora sta salvando l'ordine in un'epoca di disordine. E questa è una prova meritoria, di cui dobbiamo essergli riconoscenti”. Insomma potremmo continuare.
2) Personalmente non siamo affatto d'accordo che esistano delle differenze qualitative tra i Maigret e i non-Maigret (e questo l'abbiamo detto già mote volte) e per vari motivi. La rapidità di scrittura di Simenon era la stessa per i romanzi e per i Maigret. Un modo di comporre di getto, d'istinto, che non poteva preordinare di scrivere i Maigret in un modo e i romanzi in un altro. La vera differenza (ma anche qui ci ripetiamo) è che i Maigret erano letteratura seriale, quindi con tutte le strutture e gli stilemi tipici di questo genere (stessi personaggi, la lunghezza predefinita, tema analogo, ecc.) ma le atmosfere, i personaggi e le storie viste attraverso il velo dei paradigmi della letteratura seriale, ci rivelano stesse strutture narrative, medesimo tono, uguale attenzione ai destini dell'uomo, la solità domanda "perché?" e così via. Ma anche la lingua, soprattutto nella versione originale francese, non rivela un linguaggio "alto" nei romanzi ed uno "basso" nei Maigret. La scrittura di Simenon é sempre scarna, semplice, piana sia che scriva un Maigret di 160 pagine che un romanzo di 350. Certo nei romanzi la sua narrativa rivela un respiro più ampio e a volte più profondo, ma solo grazie alla maggiore libertà. Detto questo esistono dei romanzi molto buoni ed altri meno come succede anche per i Maigret, ma questa é tutta un'altra storia.
3) Nessuno nega che Maupassant o Dostoevskij siano stati in grado di raccontare il crimine dal di dentro, e che non avevano nessuna intenzione di scrivere "gialli", ma nelle loro trame e nelle loro scavare nell'animo umano hanno trovato il lato nero e oscuro dell'individuo che è la molla del giallo e/o anche del noir... (ma non vogliamo aprire qui un dibattito che dura da anni). D'altronde André Gide ha definito Simenon il Balzac del '900, quel Balzac che raffigurava la commedia/tragedia umana del secolo precedente, e se questo è vero ne ritroviamo lo spirito nei romanzi di Simenon, ma ce n'è traccia anche nei Maigret.
4) Insomma i Maigret saranno altra cosa, ma non come fa intendere Augias, un "altro" minore, sono solo diversi. Ma l'impronta di Simenon è così forte che ci sembra almeno spericolata e sicuramente azzardata la valutazione che viene fatta trapelare dal famoso giornlista-scrittore.
• Daria Bignardi • (Vanity Fair - agosto 2010 - rubrica "Piaceri e Dispiaceri", intitolata "L'immorale Simenon dalla parte del colpevole"). La giornlista-intervstatrice tv ci spiega che, scritto del 1937, uscì solo nel '41, perchè "...Il patron di Paris-Soir, dove il romanzo doveva essere pubblicato, lo accusava di assoluta immoralità... La storia di questo delitto-non delitto è raccontata da punto di vista di Petit Louis, un piccolo gangster...che si caccia nei guai anche se è incolpevole..."
1) La Bignardi tralascia di informarci che libro uscì poi con le prestigiose Edizioni Gallimard, mentre il proprietario di Paris Soir (fondato da Eugene Merle nel '23) dove doveva essere pubblicato a puntate, era di un'industriale della lana, Jean Prouvost, lo stesso che nel '27 volendo pubblicare Paris Matin, per lanciare questo nuovo quotidiano, voleva far scrivere un romanzo a Simenon nella famosa "gabbia di vetro" (vedi il post dell'11 novembre).
2) Il protagonista del romanzo è un gangster che verrà sì condannato per un reato non commesso, ma è uno che l'ha fatta franca moltissime volte e con la sentenza che arriva non è che, come conclude la Bignardi "... si finisce per tifare per il manigoldo", ma si percepisce piuttosto una sorta di riparazione di una giustizia, che non coincide sempre con la legge, nei confronti di un uomo del quale Simenon non prova simpatia, ma tutt'al più compassione.
3) Fatto importantissimo invece è che proprio in occasione di quella vicenda Simenon affermò "Non collaborerò più con i giornali, Mi sono ritirato nel mio angolo. E lavoro per l'eternità!". Era il momento il cui i romanzi a puntate sui giornali divennero sempre più un 'attività marginale per Simenon che dedicò la sua maggiore attenzione e i suoi sforzi ai libri. Dopo i Maigret stavano maturando i "romans-durs"

1) Denise (meglio Denyse) non era la sua prima moglie, ma la seconda.
2) La pittrice Tigy era invece la prima moglie di Simenon, fino al 1950.
3) La canadese non era una qualasiasi, era Densye cioè la sua seconda moglie.
4) La giovane contadina francese era in realta Henriette Libergie, detta Boule, la femme de chambre dei Simenon (Tigy e Georges) fin dal 1924, che per problemi di passaporto non arrivò con i Simenon nel '45, ma solo due anni più tardi.

1) Che la letteratura gialla sia segnata da un 'invitabile "medietà" è teoria e giudizio ormai superato e non dimostrabile. Già lo storico e critico della letteratura Giuseppe Petronio sosteneva non solo la rivalutazione della letteratura gialla, ma addirittura riteneva che fosse lo strumento letterario più adeguato per analizzare e comprendere meglio l'attuale società. Gilbert Keith Chesterton già nel suo The Defendant (1908) affermava : "Mentre la fralezza umana rivela la costante inclinazione a ribellarsi contro qualcosa di universale e automatico come la civiltà, a predicare l'infrazione e la rivolta, il romanzo dell'azione poliziesca sottrae all'oblio, in un certo senso, il fatto che la civiltà stessa è la più sensazionale delle trasgressioni e la più romantica delle sommosse. Trattando delle vigili sentinelle che difendono gli avamposti della società, esso tende a rammentarci che viviamo in un accampamento militare, in conflitto con un mondo caotico, e che i malfattori, figli del caos, non sono altro che i traditori entro le mura della città…Il romanzo delle forze di polizia presenta quindi l’intero romanzo del genere umano. Si basa sul fatto che la moralità è il più oscuro e ardito dei complotti. Ci rammenta che tutta la silente e invisibile organizzazione poliziesca che ci governa e ci protegge è soltanto una sorta di cavalleria errante che miete successi". E poi non va dimenticata l'opinione di un certo Borges, di tutt'altro tono ma che trova a suo modo e nel suo contesto più che una rivalutazione del genere giallo o poliziesco: “Che cosa si può dire come apologia del genere poliziesco? C'è una constatazione evidente da fare: la nostra letteratura tende al caotico. Si tende al verso libero perché è più facile del verso regolare; la verità è che quest'ultimo è molto difficile. In questa nostra epoca, così caotica, c'è una cosa che, umilmente, ha conservato le virtù classiche: il racconto poliziesco. Non è possibile concepire un racconto poliziesco senza principio, parte centrale e fine [...]. Io direi, in difesa del romanzo poliziesco, che non ha bisogno di difese; letto con un certo disdegno, ora sta salvando l'ordine in un'epoca di disordine. E questa è una prova meritoria, di cui dobbiamo essergli riconoscenti”. Insomma potremmo continuare.
2) Personalmente non siamo affatto d'accordo che esistano delle differenze qualitative tra i Maigret e i non-Maigret (e questo l'abbiamo detto già mote volte) e per vari motivi. La rapidità di scrittura di Simenon era la stessa per i romanzi e per i Maigret. Un modo di comporre di getto, d'istinto, che non poteva preordinare di scrivere i Maigret in un modo e i romanzi in un altro. La vera differenza (ma anche qui ci ripetiamo) è che i Maigret erano letteratura seriale, quindi con tutte le strutture e gli stilemi tipici di questo genere (stessi personaggi, la lunghezza predefinita, tema analogo, ecc.) ma le atmosfere, i personaggi e le storie viste attraverso il velo dei paradigmi della letteratura seriale, ci rivelano stesse strutture narrative, medesimo tono, uguale attenzione ai destini dell'uomo, la solità domanda "perché?" e così via. Ma anche la lingua, soprattutto nella versione originale francese, non rivela un linguaggio "alto" nei romanzi ed uno "basso" nei Maigret. La scrittura di Simenon é sempre scarna, semplice, piana sia che scriva un Maigret di 160 pagine che un romanzo di 350. Certo nei romanzi la sua narrativa rivela un respiro più ampio e a volte più profondo, ma solo grazie alla maggiore libertà. Detto questo esistono dei romanzi molto buoni ed altri meno come succede anche per i Maigret, ma questa é tutta un'altra storia.
3) Nessuno nega che Maupassant o Dostoevskij siano stati in grado di raccontare il crimine dal di dentro, e che non avevano nessuna intenzione di scrivere "gialli", ma nelle loro trame e nelle loro scavare nell'animo umano hanno trovato il lato nero e oscuro dell'individuo che è la molla del giallo e/o anche del noir... (ma non vogliamo aprire qui un dibattito che dura da anni). D'altronde André Gide ha definito Simenon il Balzac del '900, quel Balzac che raffigurava la commedia/tragedia umana del secolo precedente, e se questo è vero ne ritroviamo lo spirito nei romanzi di Simenon, ma ce n'è traccia anche nei Maigret.
4) Insomma i Maigret saranno altra cosa, ma non come fa intendere Augias, un "altro" minore, sono solo diversi. Ma l'impronta di Simenon è così forte che ci sembra almeno spericolata e sicuramente azzardata la valutazione che viene fatta trapelare dal famoso giornlista-scrittore.

1) La Bignardi tralascia di informarci che libro uscì poi con le prestigiose Edizioni Gallimard, mentre il proprietario di Paris Soir (fondato da Eugene Merle nel '23) dove doveva essere pubblicato a puntate, era di un'industriale della lana, Jean Prouvost, lo stesso che nel '27 volendo pubblicare Paris Matin, per lanciare questo nuovo quotidiano, voleva far scrivere un romanzo a Simenon nella famosa "gabbia di vetro" (vedi il post dell'11 novembre).
2) Il protagonista del romanzo è un gangster che verrà sì condannato per un reato non commesso, ma è uno che l'ha fatta franca moltissime volte e con la sentenza che arriva non è che, come conclude la Bignardi "... si finisce per tifare per il manigoldo", ma si percepisce piuttosto una sorta di riparazione di una giustizia, che non coincide sempre con la legge, nei confronti di un uomo del quale Simenon non prova simpatia, ma tutt'al più compassione.
3) Fatto importantissimo invece è che proprio in occasione di quella vicenda Simenon affermò "Non collaborerò più con i giornali, Mi sono ritirato nel mio angolo. E lavoro per l'eternità!". Era il momento il cui i romanzi a puntate sui giornali divennero sempre più un 'attività marginale per Simenon che dedicò la sua maggiore attenzione e i suoi sforzi ai libri. Dopo i Maigret stavano maturando i "romans-durs"
MAIGRET SU MORANDINI
Nella ultima edizione del Morandini, Dizionario dei Film 2011, tra le nuove schede c'è n'è una dedicata al personaggio creato da Simenon, il commissario Maigret, protagonista di diversi film.
martedì 14 dicembre 2010
SIMENON, VENDITE NO STOP

14° Maigret e il caso Nahour (M)
15° Corte d'Assise (M)
33° Maigret è prudente (M)
35° Il ranch della giumenta perduta (R)
69° Maigret a Vichy (M)
100° Il ladro di Maigret (M)
(M) Maigret - (R) Romanzi)
Insomma ancora una volta Simenon si rivela un long-seller, ovviamente i Maigret sono più popolari e quindi più letti, ma c'è anche un elemento editoriale. L'Adelphi pubblica molti più Maigret che romanzi e quindi questo condiziona anche le vendite. Comunque aver piazzato ben sei titoli nei primi cento è per il 2010 un gran bel risultato, soprattutto per i Maigret, considerando che si tratta di una serie iniziata 80 anni fa'.
lunedì 13 dicembre 2010
SIMENON, SESSO, SESSO, SESSO


domenica 12 dicembre 2010
SIMENON, IL DRAMMA DEL SUICIDIO DELLA FIGLIA MARIE-JO

Il colpo è davvero molto forte, ma tuttavia non inaspettato. La ragazza aveva da tempo manifestato dei problemi psichici che forse derivavano anche dalla disastrosa e burrascosa relazione tra padre e madre, dalle inevitabili difficoltà di avere un genitore ingombrante come Siemenon, molto impegnato, molto famoso e molto ricco. E poi essere figlia di una mamma, via via più squilibrata, alcolizzata, anche lei con problemi psicologici, colpevole, sembra, addirittura di un episodio d'incesto lesbico, fatto che pur grave, ma forse emblematico di una situazione ancor più grave: quanto fosse distorto il rapporto tra le due. Lei era molto legata al padre, sin da piccola. Quando da bambina si trattò di farsi regalare un anellino per il suo compleanno, Marie-Jo pretese una fede, di quelle nunziali, e volle che fosse il padre a metterglielo al dito. E anche questo la dice lunga sulla natura del legame padre-figlia. Insomma Marie-Jo aveva dato avvisaglie di quel mal di vivere con cui si scontrava ogni giorno e la portava a momenti d'esaltazione, e a periodi depressivi con un comportamento auto-distruttivo. Era in cura da psichiatri, aveva passato vari periodi in cliniche di recupero, ma si sentiva sola, irrealizzata, in un vicolo cieco, pur vivendo nel centro di Parigi, pur agiatamente e con un cognome così famoso...

Il giorno dopo arriva un'altra telefonata da Parigi. Questa volta è il figlio Marc che dà la tremenda notizia al padre.
Marie-Jo per suo volere, fu cremata e le sue ceneri sparse nel giardino della casa del padre, all'ombra del grande cedro.
Per Simenon il suicidio della figlia fu insostenibile, il figlio Marc sostenne che, se non fosse stato per il sostegno di Teresa, anche lui si sarebbe suicidato.
E Georges ripeteva di continuo: "Toujoirs en plein cauchemar" (sempre in pieno incubo).
sabato 11 dicembre 2010
SIMENON E LA POLITICA: UN CONSERVATORE ATTENTO AI PIU' DEBOLI

Simenon parlando della madre e delle sue paure in Je me souviens (1945) scriveva di questi poveri diseredati con toni duri: "Quegli uomini s'incontrano di sera nelle strade, il viso e le mani nere; di bianco ci sono solo i loro occhi, quelli che li rendono spaventosi. Mia madre li teme. E anche Valeria. Loro non si domandano come i laveranno nei loro alloggi troppo piccoli. Lavorano tredici o quindici ore al giorno. Dall'età di dodici anni i loro figli li accompagnano in miniera e i loro vecchi trascinano un sacco sulla schiena curva, cercando qua e là dei piccoli pezzi di carbone da poter usare..." . Il conservatore Simenon pur cercando di essere lontano dagli uomini e vicino all'uomo, acuto osservatore non poteva non accorgersi di questa parte di'umanità che infatti ritroviamo spesso nei suoi romanzi.
venerdì 10 dicembre 2010
10 DICEMBRE 1922: DATA FATIDICA PER SIMENON

La decisione di Simenon sa molto di eroe letterario, colui che lascia la sicurezza, le certezze economiche, gli affetti, tutte le conoscenze per affrontare, in una metropoli ben diversa dalla piccola Liegi, la strada non certo facile per diventare scrittore. Alla piccola comunità ligiese che frequentava nei primissimi tempi faceva suoi proclami "Io farò romanzi come diceva Henry Ford delle auto: costruirò delle Ford per una parte della mia vita e guadagnerò moltissimi soldi, dopo farò delle Rolls Royce per mio piacere". Replicando gli altri lo mettevano in guardia ammonendo: "Guarda che morirai di fame". Così fu almeno nei primi tempi, ma poi la sua determinazione si dimostrò più grande delle difficoltà e delle sue condizioni al momento. E ebbe ragione.
PESCARA: SIMENON E IL SUO DOPPIO, CALCANO LE TAVOLE DEL PALCOSCENICO

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