sabato 18 dicembre 2010

FATEVI UN REGALO: PASSATE NATALE CON MAIGRET

Il neonato canale digitale RAI 5, propone, per la serata di Natale (25/12/2010 alle 21.00), una delle più riuscite e popolari puntate della serie Le inchieste di Maigret, quelle con Cervi nei panni del celebre commissario e con Andreina Pagnani nel ruolo di madame Maigret, Un Natale di Maigret. Lo sceneggiato (come si chiamavano allora) è caratterizzato da una recitazione quasi teatrale, ma ancora oggi molto efficace. La prima volta fu trasmesso il 24 gennaio del 1965 e, a fianco ai due attori già citati, troviamo Andrea Checchi e Mario Maranzana. La produzione televisiva è ovviamante ripresa dall'omonimo romanzo di Simenon (Un noel de Maigret scritto nel maggio del 1950  a Carmel-on-the-Sea (Usa) e pubblicato da Presse de la Cité nel marzo del '51. Adattato per la televisione italiana da Diego Fabbri e Romildo Craveri, godeva della presenza, come delegato Rai alla produzione, di Andrea Camilleri. Bocche cucite sulla trama e l'epilogo, perchè, anche se il punto forte delle inchieste del commissario Maigret non è sempre il meccanismo poliziesco, rimane pur sempre un giallo e chi non l'ha visto, o chi non lo ricorda, non merita anticipazioni o indiscrezioni.Buon Natale con Maigret, qundi!

SIMENON E BALZAC... IL "TITANO" DEL ROMANZO

Si é citato molto Balzac parlando e scrivendo di Simenon. Sicuramente la famosa frase di Andrè Gide "Simenon è il Balzac del '900" ha avuto il ruolo di cassa di risonanza, per la forza del giudizio e per l'autorevolezza di chi l'aveva pronunciato. Simenon amava la letteratura di Balzac e gli capitava spesso di parlarne. E non fece mai mistero della sua ammirazione per quell'autore, soprattutto per quel riguardava quel suo essere vicino all'umanità, inteso come cercare di capire ogni singolo uomo con il proprio fardello di pene, gioie, condizionamenti, vizi e virtù.A questo proposito aveva affermato in un 'intervista radiofonica a Perinaud (1955)  "Vorrei darvi un definizione, anche se non è mia ma di Balzac. Io l'ho soltanto adottata, naturalmente senza voler stabilire alcun parallelo tra me e il Titano del romanzo. Un giorno chiesero a Balzac: Che cos'è un personaggio romanzesco? Da dove prendete i vostri eroi? In che cosa un personaggio da romanzo è diverso dagli uomini comuni? E Balzac rispose: Un personaggio da romanzo è un passante qualunque, ma che va fino in fondo a sé stesso. Ognuno di noi ha in sé infinite possibilità. Possiamo diventare tutto, eroi come assassini, viziosi come santi. Per ragioni di debolezza, di educazione, di paura della polizia, di timori di ogni genere, realizziamo solo pochissimi di queste possibilità e in genere stiamo ben attenti a fermarci qundo la cosa minaccia di diventare pericolosa. Quindi uccidiamo in noi un certo numero di personaggi".
Questo non vuol dire che Simenon si "appiattisse" acriticamente su quello che scriveva colui che pur considerava un "Titano" del romanzo. "...quasi tutti i suoi personaggi sono ambiziosi, un sentimento che non mi tocca. Il personaggio di Rostignac ad esempio non mi emoziona, non trovo infatti nulla in lui che corrisponda ai miei istinti. Questo ovviamente non vuol dire che Rastignac non sia un personaggio straordinario". E a proposito di personaggi in una sua lettera del 1986 spiegava "...i personaggi di Balzac, come come quelli degli autori greci, di Corneille, di Racine, di Hugo, per non parlare di Shakespeare e di Dante, sono in assoluto i più grandi. Al punto che sono divenuti degli archetipi  cui ci si riferisce per descrivere un individuo... ma io sono lontano da avere la statura di Balzac...". E in più, come sottolineava lo stesso Simenon, occorreva considerare che prima i personaggi nella letteratura erano considerati al di fuori del loro contesto. Ed è stato proprio Balzac a iniziare ad inserirli in quel "milieu" che fu poi indentificata con La Comédie humaine... Prima un personaggio non aveva quei connotati concreti (che lavoro faceva, quanto guadagnava, cosa mangiava...) e soprattutto prima di Balzac c'era una letteratura di ricchi. Affermava polemicamente Simenon: "Non si aveva il diritto di essere il personaggio di un romanzo a meno di non avere cinquemila livre di rendita". E lui stesso non riusciva a immaginare i personaggi dei suoi romanzi slegati dalle atmosfere, dall'ambiente e dalle caratterstche del luogo, anch'essi protagonisti dela storia. D'altronde Simenon, che da adolescente aveva letto moltissimo e libri che i coetanei non consideravano nemmeno, dopo aver fatto tra i tredici e i quattordici anni un'indigestione di russi, iniziò a leggere Balzac. Ma non fu una lettura tutta d'un fiato, come ebbe modo più volte di spiegare, bensì una lettura a piccoli sorsi, che si protrasse nel tempo. Quindi l'infuenza ci fu, ma le differenze restano "...In Balzac il denaro è il responsabile della maggior parte dei conflitti tra le persone - puntalizzava Simenon - Io, ad esempio, preferisco l'anima di Melville, per quanto protestante sia".
D'altronde qualche analogia tra i due si riscontra anche nelle biografia.  Simenon come Balzac iniziò scrivendo dei romanzi popolari, pubblicandoli sotto vari pseudonimi. E poi li accomuna anche la velocità di scrittura e di conseguenza l'ingente produzione letteraria (La Comédie humaine consta di 91 romanzi che Balzac scrisse in 19 anni) E a questo abbinamento non fu estranea neanche la politica editoriale di Gallimard, quando iniziò a pubblicare i romanzi di Simenon. Questo accostamento ripetuto, a volte anche a sproposito, sia dalla critica che dalla pubblicistica dell'epoca, faceva comunque comodo all'editore che arrivò a stampare sulla copertina de Il testamento Donadieu, la dicitura "il romanzo più balzachiano di Simenon".

venerdì 17 dicembre 2010

SIMENON E DUE O TRE "BUGS" DI ALCUNI COLLEGHI ITALIANI

Che siano scrittori o giornalisti, possiamo considerarli colleghi di Simenon. Molti di loro hanno scritto sull'uomo sullo scrittore sulla sua vita e sule sue opere. Ma non sempre hanno centrato il bersaglio, anzi qualche volta delle traiettore dei loro strali si sono perse le tracce. Insomma non sempre quello che hanno scritto risponde a verità, anche se si tratta di firme, come abbiamo detto, autorevoli. Qui di seguito qualche chicca.

• Enzo Biagi • (Panorama - rubrica "Diciamoci Tutto" - agosto 1993) - "...Quando andò negli Stati Uniti Simenon ebbe la forza di affrontare un faticosissimo "ménage a quattro": la prima moglie Denise, poi la pittrice Tigy, poi una canadese  e infine una giovane contadina francese che lo aveva seguito Oltreoceano".Spiace davvero contraddire un maestro come Biagi. Ma per onor del vero va detto che la carovana femminile esisteva, ma
1) Denise (meglio Denyse) non era la sua prima moglie, ma la seconda.
2) La pittrice Tigy era invece la prima moglie di Simenon, fino al 1950.
3) La canadese non era una qualasiasi, era Densye cioè la sua seconda moglie.
4) La giovane contadina francese era in realta Henriette Libergie, detta Boule, la femme de chambre dei Simenon (Tigy e Georges) fin dal 1924, che per problemi di passaporto non arrivò con i Simenon nel '45, ma solo due anni più tardi.

• Corrado Augias •  (rubrica "Babele" sul supplemento settimanale de La Repubblica, Il Venerdì (1993), la nota firma "culturale italiana", scriveva in un articolo intitolato "Quando Simenon dimentica Maigret"."Leggete una qualunque inchiesta del comissario Maigret e paragonatela a questo romanzo (La vedova Couderec). La differenza che avrete sotto gli occhi è quella che segna la "medietà" inevitabile della letteratura poliziesca. Tutto quello che guadagna in suspense e in ritmo  nella ricostruzione di un 'indagine, il romanzo giallo lo perde in approfondimento e in spessore...Infatti quelli che hanno voluto raccontare un crimine dal di dentro, (da Dostoevskij a Maupassant) si sono tenuti lontani dal giallo. Vale anche per Simenon: Maigret è Maigret, ma i romanzi sono senza di lui sono altra cosa.

1) Che la letteratura gialla sia segnata da un 'invitabile "medietà" è teoria e giudizio ormai superato e non dimostrabile.  Già lo storico e critico della letteratura Giuseppe Petronio sosteneva non solo la rivalutazione della letteratura gialla, ma addirittura riteneva che fosse lo strumento letterario più adeguato per analizzare e comprendere meglio l'attuale società. Gilbert Keith Chesterton già nel suo The Defendant (1908)  affermava : "Mentre la fralezza umana rivela la costante inclinazione a ribellarsi contro qualcosa di universale e automatico come la civiltà, a predicare l'infrazione e la rivolta, il romanzo dell'azione poliziesca sottrae all'oblio, in un certo senso, il fatto che la civiltà stessa è la più sensazionale delle trasgressioni e la più romantica delle sommosse. Trattando delle vigili sentinelle che difendono gli avamposti della società, esso tende a rammentarci che viviamo in un accampamento militare, in conflitto con un mondo caotico, e che i malfattori, figli del caos, non sono altro che i traditori entro le mura della città…Il romanzo delle forze di polizia presenta quindi l’intero romanzo del genere umano. Si basa sul fatto che la moralità è il più oscuro e ardito dei complotti. Ci rammenta che tutta la silente e invisibile organizzazione poliziesca che ci governa e ci protegge è soltanto una sorta di cavalleria errante che miete successi". E poi non va dimenticata l'opinione di un certo Borges, di tutt'altro tono ma che trova a suo modo e nel suo contesto più che una rivalutazione del genere giallo o poliziesco: “Che cosa si può dire come apologia del genere poliziesco? C'è una constatazione evidente da fare: la nostra letteratura tende al caotico. Si tende al verso libero perché è più facile del verso regolare; la verità è che quest'ultimo è molto difficile. In questa nostra epoca, così caotica, c'è una cosa che, umilmente, ha conservato le virtù classiche: il racconto poliziesco. Non è possibile concepire un racconto poliziesco senza principio, parte centrale e fine [...]. Io direi, in difesa del romanzo poliziesco, che non ha bisogno di difese; letto con un certo disdegno, ora sta salvando l'ordine in un'epoca di disordine. E questa è una prova meritoria, di cui dobbiamo essergli riconoscenti”. Insomma potremmo continuare.

2) Personalmente non siamo affatto d'accordo che esistano delle differenze qualitative tra i Maigret e i non-Maigret (e questo l'abbiamo detto già mote volte) e per vari motivi. La rapidità di scrittura di Simenon era la stessa per i romanzi e per i Maigret. Un modo di comporre di getto, d'istinto, che non poteva preordinare di scrivere i Maigret in un modo e i romanzi in un altro. La vera differenza (ma anche qui ci ripetiamo) è che i Maigret erano letteratura seriale, quindi con tutte le strutture e gli stilemi tipici di questo genere (stessi personaggi, la lunghezza predefinita, tema analogo, ecc.) ma le atmosfere, i personaggi e le storie viste attraverso il velo dei paradigmi della letteratura seriale, ci rivelano stesse strutture narrative, medesimo tono, uguale attenzione ai destini dell'uomo, la solità domanda "perché?" e così via. Ma anche la lingua, soprattutto nella versione originale francese, non rivela un linguaggio "alto" nei romanzi ed uno "basso" nei Maigret. La scrittura di Simenon é sempre scarna, semplice, piana sia che scriva un Maigret di 160 pagine che un romanzo di 350. Certo nei romanzi la sua narrativa rivela un respiro più ampio e a volte più profondo, ma solo grazie alla maggiore libertà. Detto questo esistono dei romanzi molto buoni ed altri meno come succede anche per i Maigret, ma questa é tutta un'altra storia.

3) Nessuno nega che Maupassant o Dostoevskij siano stati in grado di raccontare il crimine dal di dentro, e che non avevano nessuna intenzione di scrivere "gialli", ma nelle loro trame e nelle loro scavare nell'animo umano hanno trovato il lato nero e oscuro dell'individuo che è la molla del giallo e/o anche del noir... (ma non vogliamo aprire qui un dibattito che dura da anni). D'altronde André Gide ha definito Simenon il Balzac del '900, quel Balzac che raffigurava la commedia/tragedia umana del secolo precedente, e se questo è vero ne ritroviamo lo spirito nei romanzi di Simenon, ma ce n'è traccia anche nei Maigret.

4) Insomma i Maigret saranno altra cosa, ma non come fa intendere Augias, un "altro" minore, sono solo diversi. Ma l'impronta di Simenon è così forte che ci sembra almeno spericolata e sicuramente azzardata la valutazione che viene fatta trapelare dal famoso giornlista-scrittore.


• Daria Bignardi • (Vanity Fair - agosto 2010 - rubrica "Piaceri e Dispiaceri", intitolata "L'immorale Simenon dalla parte del colpevole"). La giornlista-intervstatrice tv ci spiega che, scritto del 1937, uscì solo nel '41, perchè "...Il patron di Paris-Soir, dove il romanzo doveva essere pubblicato, lo accusava di assoluta immoralità... La storia di questo delitto-non delitto è raccontata da punto di vista di Petit Louis, un piccolo gangster...che si caccia nei guai anche se è incolpevole..."
1) La Bignardi tralascia di informarci che libro uscì poi con le prestigiose Edizioni Gallimard, mentre il proprietario di Paris Soir (fondato da Eugene Merle nel '23) dove doveva essere pubblicato a puntate, era di un'industriale della lana, Jean Prouvost, lo stesso che nel '27 volendo pubblicare Paris Matin, per lanciare questo nuovo quotidiano, voleva far scrivere un romanzo a Simenon nella famosa "gabbia di vetro" (vedi il post dell'11 novembre).

2) Il protagonista del romanzo è un gangster che verrà sì condannato per un reato non commesso, ma è uno che l'ha fatta franca moltissime volte e con la sentenza che arriva non è che, come conclude la Bignardi "... si finisce per tifare per il manigoldo", ma si percepisce piuttosto una sorta di riparazione di una giustizia, che non coincide sempre con la legge, nei confronti di un uomo del quale Simenon non prova simpatia, ma tutt'al più compassione.

3) Fatto importantissimo invece è che proprio in occasione di quella vicenda Simenon affermò "Non collaborerò più con i giornali, Mi sono ritirato nel mio angolo. E lavoro per l'eternità!". Era il momento il cui i romanzi a puntate sui giornali divennero sempre più un 'attività marginale per Simenon che dedicò la sua maggiore attenzione e i suoi sforzi ai libri. Dopo i Maigret stavano maturando i "romans-durs"

MAIGRET SU MORANDINI

Nella ultima edizione del Morandini, Dizionario dei Film 2011, tra le nuove schede c'è n'è una dedicata al personaggio creato da Simenon, il commissario Maigret, protagonista di diversi film.

martedì 14 dicembre 2010

SIMENON, VENDITE NO STOP

Secondo i dati di vendita messi a disposizione da Segnalibro che riguardano il periodo  gennaio-ottobre 2010 di oltre 900 librerie utenti di Arianna  relativi al settore dei "classici" pubblicata oggi da Ibuk.La classifica dei primi 100 libri più venduti in Italia vede ripetutamente presente Georges Simenon con diversi titoli delle inchieste del commissario Maigret e un romanzo. Ecco di seguito le posizioni occupate dai diversi titoli nei primi cento posti.
14°     Maigret e il caso Nahour (M)
15°     Corte d'Assise (M)  
33°     Maigret è prudente (M) 
35°     Il ranch della giumenta perduta  (R) 
69°     Maigret a Vichy  (M)
100°   Il ladro di Maigret  (M)
(M) Maigret - (R) Romanzi)
Insomma ancora una volta Simenon si rivela un long-seller, ovviamente i Maigret sono più popolari e quindi più letti, ma c'è anche un elemento editoriale. L'Adelphi pubblica molti più Maigret che romanzi e quindi questo condiziona anche le vendite. Comunque aver piazzato ben sei titoli nei primi cento è per il 2010 un gran bel risultato, soprattutto per i Maigret, considerando che si tratta di una serie iniziata 80 anni fa'.

lunedì 13 dicembre 2010

SIMENON, SESSO, SESSO, SESSO

Le pulsioni sessuali di Simenon sono ben note e ne abbiamo già parlato. Ma il sesso, nella vita nei libri, nella sua testa  cos'era davvero? Spesso affermava che in Francia il sesso è come il cibo: se ne può parlare liberamente. Come il cibo che, da necessità per sopravvivere, è diventata un'arte e un argomento di discussione anche nei salotti bene. Anche per il sesso succede la stessa cosa, sostiene il romanziere, che  sulla Femme en France (1958) afferma: "Se la parola amore non può sostituire sempre quella "terribile" di sesso, si dispone di una scelta incredibile di locuzioni, ad iniziare da "passione", che permettono di esprimere tutte le gradazioni di quello che difficilmente possiamo considerare come un peccato - e qui ci inoltriamo nello spinoso sentiero della traduzione di termini che per sfumature o per l'uso, e anche per il passare del tempo, possono non avere la stessa valenza nell'italiano del 2010 come nel francese della fine anni '50. E poi valgono anche i doppi sensi e  quelli traslati...Ma noi ci proviamo lo stesso. E allora ecco come Simenon continuava - La conversazione galante e raffinata (marivaudage) è appena velata di rosa, ma ecco apparire folleggiare (folâtrer), folleggiare ma con un che di maggior disinvoltura (batifoler), svolazzare e sfarfalleggiare (papilloner) e lo squisito sollazzarsi (folichonner) che sfiorano appena il peccato veniale. Civetteria (coquetterie) è molto vicino a intrigo amoroso (galanterie) e ci porta a incapricciarsi (s'embéguiner), infatuarsi (se toquer), invaghirsi (s'enticher), innamorarsi (s'enamourer), per finire con innamorarsi perdutamente (s'amouracher). A partire da quale di queste parole la nozione di sesso comincia ad essere compresa? A dire il vero essa è in tutte queste espressioni, ma sotto una forma così leggera e fluida che è difficile stabilire delle frontiere".
Ma Simenon il sesso, quello vero, non quello parlato, lo praticava tutti i giorni come un maratoneta che corre per allenarsi quotidianemente. Ed ha le idee ben chiare in proposito  " ... quello che sorprende quacuno è che io non mischio mai sesso, sentimento e amore. Solo con una donna D. (Denys, la seconda moglie?) sesso e amore si sono confusi. Con le altre no.  E non si tratta né di cinismo, né di vizio. Io considero la sessualità e tutte le sue modalità come naturali e belli - spiega lo stesso romaziere in Quand j'etais vieux - Non ho bisogno per eccitarmi di aggiungere sentimenti veri o falsi...  le professioniste mi danno spesso più piacere che una donna qualsiasi.... Nei miei primi tempi a Parigi, mi capitava di svegliarmi alle undici di mattina tra le braccia di una donna, di girarmi su un'altra qualche minuto più tardi e di sentire l'esigenza di abbordare una prostituta o di entrare in una casa d'appuntamenti, per ricomniciare poi per un paio di volte nel pomeriggio... Non è naturale?.... Io faccio l'amore semplicemente, in maniera sana, tanto quanto è necessario. Ma in tutto questo non rispondo a nessun assillo o condizionamento.  Non sono spinto da nessun complesso, è solamente un bisogno....".  Questo il sesso secondo Simenon che a vent'anni serrava rabbiosamente i pugni all'idea che nel mondo c'erano una quantità di donne che lui non avrebbe mai potuto possedere.

domenica 12 dicembre 2010

SIMENON, IL DRAMMA DEL SUICIDIO DELLA FIGLIA MARIE-JO

Uno dei momenti più bui della vita di Simenon capita nel '78. Ormai da cinque anni ha rinunciato a scrivere, la sua seconda moglie, Denyse, l'ha definitivamente persa ormai da quindici anni. Non vive più nella sfarzosa e esagerata villa di Epalinges. Ora abita a Losanna, in una piccola casa rosa con giardino e un grande cedro del libano, non lontana dal lago (al 12 di avenue de Figueres), insieme alla sua ultima compagna, Teresa. Ormai settantantacinquenne, si avvia al tramonto della sua esistenza e della ragione di tutta una vita: scrivere. Dal '73 sul suo passaporto fà cambiare la dicitura relativa al suo stato lavorativo: da "romanziere" a "senza professione". Ed è un particolare molto, ma molto significativo. Ricoverato due volte, prima per una frattura al femore, e poi per un'operazione alla prostata, Simenon è ormai vecchio, indebolito nel fisico e nell'animo.In questa situazione, il 20 maggio 1978 arriva da Parigi una notizia terribile. La sua unica figlia femmina, Marie-Jo, venticinquenne, si è suicidata.
Il colpo è davvero molto forte, ma tuttavia non inaspettato. La ragazza aveva da tempo manifestato dei problemi psichici che forse derivavano anche dalla disastrosa e burrascosa relazione tra padre e madre, dalle inevitabili difficoltà di avere un genitore ingombrante come Siemenon, molto impegnato, molto famoso e molto ricco. E poi essere figlia di una mamma, via via più squilibrata, alcolizzata, anche lei con problemi psicologici, colpevole, sembra, addirittura di un episodio d'incesto lesbico, fatto che pur grave, ma forse emblematico di una situazione ancor più grave: quanto fosse distorto il rapporto tra le due. Lei era molto legata al padre, sin da piccola. Quando da bambina si trattò di farsi regalare un anellino per il suo compleanno, Marie-Jo pretese una fede, di quelle nunziali, e volle che fosse il padre a metterglielo al dito. E anche questo la dice lunga sulla natura del legame padre-figlia. Insomma Marie-Jo aveva dato avvisaglie di quel mal di vivere con cui si scontrava ogni giorno e la portava a momenti d'esaltazione, e a periodi depressivi con un comportamento auto-distruttivo. Era in cura da psichiatri, aveva passato vari periodi in cliniche di recupero, ma si sentiva sola, irrealizzata, in un vicolo cieco, pur vivendo nel centro di Parigi, pur agiatamente e con un cognome così famoso...
Marie-Jo si sparò un colpo di pistola calibro 22 dritto al cuore. Simenon si disperò anche perchè credeva che la guerra con Denyse, l'avesse spinta ulteriormente sul ciglio del baratro. Un oiseau pour le chat, libro uscito a firma Denyse Ouimet che calunniava pesantemente Simenon, e anche questo aveva colpito non poco Marie-Jo, che telefonava di continuo al padre per sapere la verità. Ma c'era un'altro cruccio che aumentava l'instabilità della ragazza. Da quando Teresa aveva cessato di essere una "femme de chambre" ed era divenuta la compagna di Georges, lei si sentì ancora più sola e ancora più abbandonata dal padre.In una telefonata la figlia chiede al padre di dirle che l'ama, e lui risponde che certo, lui ama molto sua figlia. Ma lei lo riprende, vuole che le dica solamente che la ama. E Simenon risponde "Sì, Marie-Jo io ti amo". Ma non basta, lei insiste affinchè lui dica solo le parole "Je t'aime". Il padre alfine soddisfa la figlia, la quale immediatamente interrompe la comunicazione.
Il giorno dopo arriva un'altra telefonata da Parigi. Questa volta è il figlio Marc che dà la tremenda notizia al padre.
Marie-Jo per suo volere, fu cremata e le sue ceneri sparse nel giardino della casa del padre, all'ombra del grande cedro.
Per Simenon il suicidio della figlia fu insostenibile, il figlio Marc sostenne che, se non fosse stato per il sostegno di Teresa, anche lui si sarebbe suicidato.
E Georges ripeteva di continuo: "Toujoirs en plein cauchemar" (sempre in pieno incubo).

sabato 11 dicembre 2010

SIMENON E LA POLITICA: UN CONSERVATORE ATTENTO AI PIU' DEBOLI

Che Simenon fosse un conservatore è cosa nota. Ma a nostro modo di vedere si tratta di una tesi non del tutto vera. Meglio, vera solo in parte, vera per quello che appare esteriormente. Ma basta grattare lo strato esteriore e si scopre che la realtà è più complessa e addirittura contraddittoria. Infatti la dominante del carattere di Simenon era un certo egoismo, ma il termine non è forse esatto o meglio esaustivo. Lo scrittore cercava di guadagnare bene per sé per la sua famiglia, per i suoi amati figli, anche perchè era come ossessionato da quel "passare la linea". Lui l'aveva già fatto quando, lasciata Liegi, si era tuffato in quell'oscura avventura parigina per diventare un grande scrittore. E il salto era per fortuna (ma anche per bravura e  determinazione) riuscito. Ma questo per lui non significava essere al sicuro. Bastava un passo falso, un rovescio del destino, che avrebbe potuto ritrovarsi al di là della linea, nella miseria, nel dolore e nella disperazione. Questo lo portava ad essere molto attento a sè stesso, ma questo non gli impediva di pensare e di descrivere quei disgraziati che stavano dalla parte sbagliata della linea. In termini politici non era schierato. In Quand j'etais vieux affermava senza mezzi termini di odiare la politica. "... ma nonostante tutto, mi ritrovo a sentirmi scosso, mio malgrado, perchè spero sempre, anche se non so come, che i politici finiscano per mangiare la polvere e che il popolo veda finalmente chiaro e li spazzi via. Ma per rimpiazzarli con chi? Con altri politici, ovviamente. Non c'è l'ha già dimostrato la storia? Allora? Per quale motivo dovrei esaltarmi e poi deprimermi? - e Simenon conclude dandosi un consiglio diremmo adatto alla sua indole - Contentati di fare il tuo mestiere, di raccontare delle storie e di occuparti dell'uomo e non degli uomini".Ma a proposito dei più deboli, dei più miserabili va notato che proprio a loro va la simpatia, o meglio la comprensione diretta di Siemenon e dello stesso attraverso Maigret. Intanto il commissario era di origini non certo povere, ma certamente modeste. Da qui quel suo gusto per le cose semplici e il disagio che provava ogni qualvolta le sue indagini lo portavano in luoghi e ambienti lussuosi e mondani, verso i quali non di rado manifestava apertamente il suo fastidio. L'abbiamo visto a disagio e quasi irritato al famoso hotel Georges V a Parigi, come pure nelle case di nobili o ricchi industriali. Lo vediamo invece a suo agio, quando può parlare con una portinaia, girando per il suo piccolo appartamento e curiosando nella cucina, per vedere cosa sta cuocendo sul fuoco, per sapere da cosa viene quel buon odore.
Simenon parlando della madre e delle sue paure in Je me souviens (1945) scriveva di questi poveri diseredati con toni duri: "Quegli uomini s'incontrano di sera nelle strade, il viso e le mani nere; di bianco ci sono solo i loro occhi, quelli che li rendono spaventosi. Mia madre li teme. E anche Valeria. Loro non si domandano come i laveranno nei loro alloggi troppo piccoli. Lavorano tredici o quindici ore al giorno. Dall'età di dodici anni  i loro figli li accompagnano in miniera e i loro vecchi trascinano un sacco sulla schiena curva, cercando qua e là dei piccoli pezzi di carbone da poter usare..." . Il conservatore Simenon pur cercando di essere lontano dagli uomini e vicino all'uomo, acuto osservatore non poteva non accorgersi di questa parte di'umanità che infatti ritroviamo spesso nei suoi romanzi.

venerdì 10 dicembre 2010

10 DICEMBRE 1922: DATA FATIDICA PER SIMENON

Ottantotto anni fa', precisamente. Era infatti la sera di domenica 10 dicembre 1922. Un treno proveniente da Liegi sbarca alla Gare du Nord di Parigi un giovane diciannovenne. E' belga, ha lasciato la sua città, il giornale in cui lavorava  La Gazette de Liège, una promessa sposa Régine Rénchon, la casa materna, la madre Henriette Brull e un fratello Christian. E' senza lavoro, senza introduzioni, non ha un qualsivoglia alloggio dove passare la notte.Possiede un po' di soldi, abbastanza per sopravvivere, in tasca ha una lettera di presentazione del suo direttore, Joseph Demarteau, e c'è un amico, suo concittadino, che lo aspetta alla Gare du Nord. Si tratta del ventireenne Luc Lafnet, aspirante pittore, arrivato nella capitale qualche mese prima che fno ad allora non ha trovato di meglio che dipingere dei cartelloni pubblicitari.
La decisione di Simenon sa molto di eroe letterario, colui che lascia la sicurezza, le certezze economiche, gli affetti, tutte le conoscenze per affrontare, in una metropoli ben diversa dalla piccola Liegi, la strada non certo facile per diventare scrittore. Alla piccola comunità ligiese che frequentava nei primissimi tempi faceva suoi proclami "Io farò romanzi come diceva Henry Ford delle auto: costruirò delle Ford per una parte della mia vita e guadagnerò moltissimi soldi, dopo farò delle Rolls Royce per mio piacere". Replicando gli altri lo mettevano in guardia ammonendo: "Guarda che morirai di fame".  Così fu almeno nei primi tempi, ma poi la sua determinazione si dimostrò più grande delle difficoltà e delle sue condizioni al momento. E ebbe ragione.

PESCARA: SIMENON E IL SUO DOPPIO, CALCANO LE TAVOLE DEL PALCOSCENICO

Il primo appuntamento della stagione 2010/2011 del "Teatro Immediato" di Pescara (Via Gobetti) sarà domani sabato  e domenica 12 , 17:30, con Le memorie di Maigret. Spiega l'autore e il protagonista Roberto Melchiorre “...attraverso il doppio registro della biografia e di un testo significativo come Le memorie di Maigret racconteremo il difficile rapporto tra l’autore e la sua opera. Abbiamo quindi messo in scena la vicenda umana e letteraria dello scrittore di Liegi, ma anche la storia di Maigret, il personaggio più celebre del suo universo narrativo, in un gioco di specchi e di rimandi tra l’autore e il suo mondo letterario”. La performance si terrà nell’ambito della rassegna I classici all’ora del the, realizzata dal "Teatro Immediato".