giovedì 17 febbraio 2011

SIMENON. L'UOMO CHE GUARDAVA PASSARE GLI ANNI IN SVIZZERA

La copertina raffigurata, qui a fianco, è solo un gioco, non esiste nessun libro del genere scritto da Simenon e da nessun altro, tantomeno editato da una fantomatica casa editrice Noland.

Nei suoi ultimi trentadue anni Simenon visse in Svizzera. Ci arrivò maturo, a cinquantaquattro anni, al culmine della sua fama e con una produzione letteraria di gran livello. Anche se in crisi, ma ancora sposato con Denyse. Ci arrivò con i suoi tre figli, il quarto Pierre Nicolas arriverà nel 1959. Ma come mai la Svizzera?  Intanto va ricordato che in quegli anni la Svizzera era considerato uno stato ricco, con istituzioni e strutture efficienti. Certo non era un paese per poveri. Ma era anche la nazione dove coesisteva il rispetto delle tradizioni più antiche con l'attività finanziaria di livello mondiale in città come Zurigo. Era il paese dove la fiscalità, pur di attirare capitali, era molto benevola con le rendite finanziarie e le banche assolutamente discrete su depositi, conti correnti e relativi intestatari. Era la nazione dove tradizionalmente sopravvivevano insieme da secoli quattro culture, quattro lingue e quattro anime diverse, ma era anche il Paese che allora diffidava degli immigrati, relegati alle incombenze più umili e che non potevano nemmen sognare gli standard di vita degli svizzeri che li vedevano, in generale di mal'occhio, ma che poi li sfruttavano sul lavoro. Ma quello che affiorava e trapelava negli altri Stati era la nomea di un Paese tranquillo, pacifico (addirittura neutrale), dove un ricco poteva vivere molto bene, senza fastidi e essere ben accolto. Pulizia, ordine, precisione e sicurezza... E nel 1957, di ritorno dagli Usa, per le orecchie di Simenon tutto questo doveva essere una musica ammaliatrice.
C'é chi ci dice che quella fu una scelta  di tipo squisitamente fiscale (a quel tempo Simenon era ormai veramente molto ricco) altri sostengono che, dopo una vita ininterrotta di traslochi e di viaggi, il romanziere avesse bisogno di un porto tranquillo dove buttare le ancore e stabilizzarsi. Probabilmente sono vere tutte e due le introretazioni.
In realtà non si sarebbe sentito a casa sua in Belgio, (nonostante lì avesse ancora la madre) troppo provinciale, non la Francia che forse, dopo dieci anni di Stati Uniti, vedeva un po' calata, soprattutto Parigi che aveva ormai perso il ruolo di polo culturale internazionale che aveva ricoperto nelle prime decine degli anni del '900. Probabilmente Simenon non si sarebbe sentito a suo agio più in nessun posto e l'asettica Svizzera, soprattutto l'appartato canton di Vaud e le sue piccole e quiete cittadine, era l'ideale per un uomo di nessun posto, come ormai si sentiva Simenon.
A questo proposito, sedici anni dopo dichiarava ad un quotidiano di Losanna "Ho scoperto nella Svizzera un paese in cui c'è il rispetto per l'essere umano...Nessuno mi ha mai chiesto quali fossereo le mie idee politiche, religiose o filosofiche. Ho l'impressione di una grande libertà e di una grande discrezione..."
Discrezione, già, quello di cui Simenon aveva bisogno, per sè che invecchiava, per i rapporti familiari che si complicavano, per il suo lavoro che aveva più che mai  bisogno di concentrazione. Quando c'era da stare in prima fila l'aveva sempre fatto, ma adesso non aveva più bisogno di apparire. Questo era il tempo in cui tutti lo cercavano e semmai il suo problema era quello di rimanere tranquillo, in disparte,  "A l'abri de notre arbre", ("Al riparo del nostro albero" , rifugio simbolicamente rappresentato dal gran cedro del Libano che dominava il giardino della sua ultima piccola casa a Losanna), titolo di uno dei Dictée di taglio autobiografico pubblicato nel 1976.

martedì 15 febbraio 2011

SIMENON. IL GUSTO DI BERE E L'ALCOLISMO

A Simenon piaceva bere, non è un mistero. Il suo personaggio più famoso, il commissario Maigret, beve anche lui abbastanza, il calvados nei bistrot, la birra nella brasserie Dauphine, la prunella (quella fatta in casa dalla cognata alsaziana). Bevono anche diversi personaggi dei suoi romanzi, chi più chi meno, chi occasionalmente chi cronicamente. Insomma l'alcol sembra essere un elemento importante nella narrativa simenoniana, non tanto in sè ma per quello che evoca e cui rimanda.Simenon dichiarava tranquillamete in un intervista a Roger Stephane: "Non vedo alcuna vergogna ad essere ubriaco, non più che essere malati di cuore o avere un callo ad un piede...". Ma, al contrario, alcuni personaggi dei suoi romanzi come in Antoine e Julie (1953) spinti a bere da una serie di problemi, entrano in un vortice che li risucchia fino ad annegarli nell'alcolismo.
Ancora più esplicito in Le Fond de la bouteille (1949) Simenon scrive "Egli si sente appena un po' confuso, cammina ondeggiando leggermente, ma è certo che tutto ciò non si veda. Va verso i lavandini per guardarsi nello specchio e capire così se ha ancora diritto ad un altro bourbon...". E quando Simenon deve descrivere un ubriaco lo fa in modo asciutto, ma ordinario. Sale le scale a quattro zampe, non riesce ad infilare la chiave nella toppa, ed è uno al di la della linea (per usare un concetto simenoniano), che non riesce a raggiungere i suoi sogni, che ha delle aspettative troppo alte rispetto a quello che la vita reale gli può offrire e che soffre per tutto ciò. Simenon tocca questo argomento anche nel bellissimo Lettre a mon juge (1947) dove il protagonista, spiegando le cause del suo alcolismo, chiede retoricamente al suo giudice se motivi di questo tipo potranno mai essere capiti in un tribunale.
E Simenon era bravo a descrivere questo stato, tanto che un grande scrittore, e grande conoscitore della materia, per esperienza personale, Henry Miller scriveva in una lettera a Simenon "...ci sono pochi scrittori  capaci di esprimere questo universo di pensieri, sensazioni che è allo stesso modo universale, intimo e quotidiano..."
Infine una sorta di curiosità. Infatti anche se, come abbiamo detto più sopra, Simenon non considerava riprovevole essere ubriachi, nella famosa seduta del 1968 con gli psicoanalisti di Medicine et Hygiène, elabora una singolare teoria che suona un po' a giustificazione. "Ho scoperto un motivo fisiologico per cui bevo alcol: soffro un po' di aerofagia che si manifesta insieme a qualche vertigine; uno o due bicchieri d'alcol fermano o diminuiscono questo fastidio. Ma il giorno seguente l'aerofagia si ripresenta più forte e io aumento la dose d'alcol ed è l'inizio di un circolo vizioso.... La mia aerofagia credo sia decisamente di origine psicologica, mi prende qindici giorni o tre settimane prima di iniziare un romanzo - spiega Simenon ai medici che lo interrogano - In altre parole si verifica quando non mi sento su un terreno solido, quando penso di non riuscire a iniziare un libro e che non esista un motivo per cui questo miracolo, che si è verificato 180 volte, si verifichi ancora una volta. Ma dal momento che inizio il mio romanzo e mi metto alla macchina per scrivere, l'aerofagia scompare".

• APPELLO • LIBERTA' PER LE BLOGGER E I BLOGGER DI TUTTO IL MONDO

Tal al-Mallouhi blogger siriana di 19 anni è stata condannata oggi a 5 anni di carcere da un Tribunale per la sicurezza dello stato. Tutta la mia solidarietà a Tal al-Mallouhi e ai blogger che vivono in paesi dove democrazia e libertà di espressione non sono solo parole vuote, ma diritti che vengono negati e dove chi si ribella viene punito con la prigione, la tortura e qualche volta anche con la morte.
Lancio un appello affinchè i blogger di tutto il mondo, la stampa, l'informazione on-line, quella radio-televisiva, si mobiliti per Tal al-Mallouhi e per tutti gli altri blogger che si trovano nella sua stessa condizione.
I blogger in alcuni paesi sono l'unico strumento di informazione e l'ultimo scampolo di libertà, non permettiamo che venga soffocato anche questo, né oggi, né mai. 

lunedì 14 febbraio 2011

SIMENON, LE SUE COMPAGNE E... L'AMOUR

Da sinistra, Tigy, Denyse e Teresa.
L'amore con Tigy, quello dei diciassette anni, quello del matrimonio, quello che sogna il futuro. L'amore dei primi anni parigini, da giovanissimi sposi nella povertà che lottavano per sopravvivere, per vivere e per emergere. Esperienze che cementano un rapporto che reggerà anche quando l'amore non ci sarà più e in Simenon si accenderà la fiamma della passione per Denyse. Un rapporto che durerà anche dopo il  fallimento del secondo matrionio, come due vecchi amicizi affezionati e ancora attenti uno all'altro.
Georges e Denyse, la passione, il sesso, la trasgressione che Tigy non gli aveva mai dato. Il colpo di fulmine a New York. L'inizio di una nuova vita. Una relazione elettrica, tra il negativo delle pretese e delle crisi dell'ormai M.me Simenon e il positivo della completa indipendenza sessuale, che soprattutto lei concedeva a lui, ma anche del grande amore che Georges provava per lei. Poi la china. Una discesa lenta verso l'inferno di una Denyse alcolizzata, maniacale e sempre più tormentata dall'alternarsi di depressione e di esaltazione e iI marito sempre meno disposto a subire quella continua tensione e quelle furibonde liti. Un matrionio concluso infine con la stessa forza (allora passionale ora distruttiva) con cui era iniziato. Infine la separazione traumatica con Denyse che esce dalla famiglia, dovendo lasciare figli e marito per una casa di cura.
L'amore per Teresa, che era entrata nella casa dei coniugi Simenon come femme de chambre, e che invece fu accanto a Georges anche quando, ormai senza più moglie, con i figli ormai grandi, era rimasto solo e iniziava ad invecchiare. Di questo rapporto il romanziere ce ne dà sempre una descrizione idilliaca, di pace e di quiete. Il dolce carattere di Teresa e la sua totale dedizione sono elementi di inestimabile valore per quel periodo in cui Simenon si sente solo, scrive sempre meno, ha smesso di viaggiare, e si ritrova a fare una vita ritirata e quasi modesta. Teresa é la compagna della tranquillità cui si appoggia negli ultimi anni della sua vita, tanto da spingere Simenon ad affermare che con Teresa " ... ho conosciuto il vero, quello che io chiamo il vero amore, vale a dire l'integrazione tra due esseri...". (intervista con Bernard Pivot - 1981)

domenica 13 febbraio 2011

MINISTRI E POLIZIA...

"Quando si chiama un poliziotto per mandarlo da un ministro, c'è una storia più o meno sporca da coprire. E non si sa mai su quale terrenno si sta camminando". (Georges Simenon 1963 - da un 'intervista di Roger Stephane)

SIMENON... GRAFICO E PRECURSORE

Chi ha seguito un po' questo blog, avrà sicuramente capito che Simenon, non era uno che scritto il romanzo e inviatolo all'editore se ne disinteressasse. Almeno non negli anni trenta in cui, soprattutto nel periodo "Fayard", curava le sue pubblicazioni mettendo becco anche su quello che oggi chiameremmo strategia di comuncazione e sull'impostazione grafica delle copertine.A questo proposito SImenon, grazie anche alla sua eseprienza con i romanzi popolari, conosceva molto bene l'importanza dell'impatto del titolo, ma anche e soprattutto della copertina, che da sempre costituiscono il primo messaggio che colpisce il probabile lettore. Ad esempio le prime serie di Maigret edite da Fayard (1931-1932), sono molto ricercate dagli appassionati perchè si tratta di libri  con copertine fotografiche. Questo per l'epoca era un'innovazione di grande rilievo. Allora infatti predominavano o le copertine cosiddette tipografiche, oppure quelle con illustrazioni disegnate.
E questa era stata proprio un'idea di Simenon che, tra gli altri, frequentava anche un giro di fotografi, ormai divenuti amici e su questo aveva sviluppato una certa sensibilità (senza scordare poi che sua moglie, Tigy era una pittrice).
Questa scelta estremamente innovativa, si dimostrò efficace a tal punto che fu copiata da altri editori come Ventillard e addirittura Gallimerd per una delle sue collane (Chef d'Oeuvre), dove venivano pubblicati autori come Dashiell Hammett e Edgard Wallace.