mercoledì 20 luglio 2011

SIMENON E L'ACOLISMO

Nella famosa intervista che i medici e gli psicologi di Mèdicine et Hygiene  fecero a Siemenon nel giugno del 1968, nella sua villa ad Epalinges, furono molti i temi toccati e sui quali lo scrittore non si dimostrò affatto reticente, come dimostrano le sue risposte poi pubblicate sulla rivista in occasione del 25° anno dalla sua fondazione.
Uno degli argomenti trattati fu l'alcolismo, un vizio che, soprattutto in una certa età della sua vita, quella negli Usa, quando Simenon si era risposato con Denyse assunse una gravità tale che decisero insieme alla moglie di smettere di bere.
Anche qui vanno presi in considerazione tre periodi che per comodità chiameremo quello francese, quello americano e quello svizzero.
Tra il '22 e il '44 Simenon visse inseme agli scrittori e agli artisti del tempo, un periodo in cui si riteneva che l'acol fosse una sorta di necessità per chi doveva creare...
"...la mattina quando mi svegliavo, alle sei, mettevo  davanti alla macchina per scrivere una bottiglia di bordeaux e durante il giorno bevevo due o tre bottiglie, scrivendo il mio romanzo. Non ero mai ubriaco. Stavo bene...".
Diciamo che questa era un'abitudine che però si rivolgeva più al vino che non agli alcolici. Tra i venti e i quarant'anni il fisico probabilmente reggeva queste quantità.
La musica però cambia quando si trasferisce negli Stati Uniti dove anche un bevitore come lui trova qualche difficoltà ad adattarsi. Intanto non si parla più di vino, ma di superalcolici e spesso addirittura di cocktail.
"... se bevete un bicchiere meno degli altri, iniziano a guardarvi di traverso.
Il numero di bicchieri sono sei o sette whiskey in un paio d'ore.... Alla fine presi la decisione di non bere più, né fuori né a casa. Certo ogni tanto si facevano delle eccezioni. In realtà ora non sopporto quattro bicchieri di vino, questo mi pregiudica una certa forma di lucidità. Il giorno seguente ad una serata in cui mi sono lasciato andare e ho bevuto qualche bicchiere di vino in più con gli amici, non ho la gola secca, ma mi sento umiliato e dispiaciuto di aver raccontato delle storia con quel tono enfatico...".
E poi verrà, dopo questa intervista, la fase degli anni in Svizzera, dove, anche a causa dello choc dell'alcolismo che fu uno dei motivi (o delle conseguenze?) della progressiva perdita dell'equilibrio psichico della moglie, Simenon non beveva più. Dal '72 poi, lasciata la villa di Epalinges e con Teresa al suo fianco, iniziano gli anni della moderazione e della vita semplice e regolata.

martedì 19 luglio 2011

SIMENON. LA BORGHESIA DALL'ODIO ALLA PENA

Inutile negarlo. Nei romanzi di Simenon, e un po' anche nelle inchieste di Maigret, c'è un filo che lega l'opera simenoniana che é costituito da un disprezzo per la buona borghesia. Questa è un atteggiamento che probabilmente ha le sue radici nella situazione familiare del piccolo Simenon. Come sappiamo, in famiglia non se la passavano bene, il padre Desirè era un modesto impiegato di una società d'assicurazioni e la madre provvedeva a far quadrare il bilancio familiare. Anche perchè i Brulls, la famiglia della madre, era benestante e lei aveva conservato fortemente questo senso del decoro, soprattutto davanti agli altri. E anche per quanto riguardava i figli le scelte seguivano la stessa strada. La scuola di Georges ad esempio. Frequentò prima l'Istituto Petites Frères de Ecoles chrétiennes e poi i Gesuiti. Così entrava a far parte di quella borghesia, dei, come li chiamavano allora, colletti bianchi con cui i Simenon in realtà avevano poco da spartire.
"...Non invidiavo i miei compagni i quali davvero appartenevano alla borghesia, ma ce l'avevo dentro di me con il tipo di insegnamento che ci impartivano - racconta Simenon in uno dei suoi Dictées - Può darsi che sia per questo che negli anni successivi ho odiato la borghesia, che non è altro che l'intenzionale continuazione delle abitudini, dei modi di pensare e di vedere di tempi che io considero definitivamente passati...".
Insomma un odio atavico si potrebbe dire, anche se poi, soprattutto in un certo periodo della sua vita, Simenon visse da borghese, ma, assicura lui stesso, costretto dalle circostanze e dalle situazioni in cui si venne a trovare come scrittore di successo.
E lo stesso gli successe con i figli che cercò di educare come "individui indifferenti alle classi sociali", ma che divennero in definitiva anch'essi dei borghesi. Quindi una sorta di rapporto di amore-odio.
In Quand 'jétais vieux (1960), forse c'è un motivo che spiega come questo odio iniziale si sia prima trasformato in disprezzo e poi in pena.
" Ho avuto una cena la settimana scorsa... e credo di odiarli, O piuttosto li odierei se li credessi capaci di quel machiavelismo di cui si fregiano e se, in fondo proprio perché li frequento da vicino, non sapessi che sono solo dei poveri uomini...".

lunedì 18 luglio 2011

SIMENON. LETTERATURA ALIMENTARE COME APPRENDISTATO

Un po' se lo impose, un po' era fare di necessità virtù. Insomma appena arrivato a Parigi troviamo un Simenon giovanissimo, che nonosante i tre anni di redattore al La Gazétte de Liége, si rendeva conto che avrebbe avuto bisogno di un periodo di apprendistato per diventare uno scrittore e poi un romanziere, come diceva lui.
Ma all'inizio, nonostante avesse svolto per un certo periodo vari lavori, il suo obiettivo era quello di pubblicare qualcosa, sui feuilletton, sui settimanali, nelle collane di racconti o dei romanzi brevi popolari. Ma con i proventi di questa attività avrebbe dovuto sostentare sé e la moglie Tigy.
Era il 1923 ed era arrivato a Parigi da appena un anno quando iniziò a pubblicare le prime novelle sui quotidiani e poi ovunque accettassero le sue proposte o per chiunque gli commissionasse un lavoro.
Era l'epoca della letteratura commerciale, quella su ordinazione, che Simenon a posteriori commentava così "...Chiamo commerciale ogni opera, non solo in letteratura....che è realizzata per questo o quel pubblico, opere per un pubblico dai gusti particolari o per delle collane particolari - continua Simenon a spiegare ne L'age du roman (1943) - Certamente esistono vari livelli anche nella letteratura commerciale, vi si trovano cose di pessima qualità ed altre molto buone. I Libri de Mese ad esmpio sono letteratura commerciale, ma alcuni di essi sono quasi pefetti, quasi opere d'arte. Non del tutto, ma quasi. Succede lo stesso per alcuni testi dei giornali, alcuni sono eccellenti. Ma raramente potranno essere opere d'arte, perchè questa non può essere realizzata con lo scopo di piacere a un specifica categoria di lettori...".
Il punto su cui si soffermava spesso Simenon erano le concessioni. Cioè quel dover trattare determinati temi, o utilizzare uno specifico linguaggio, o trattare certi argomenti in un modo predeterminato perchè quello era quello che voleva o capiva un certo tipo di lettori. E su questo uno scrittore commerciale era un artigiano come un altro. Se veniva ordinato un pesce arrosto, non si poteva servirne uno fritto.
"Non si può scrivere nulla di commerciale senza accettare un certo codice - Simenon si riferiva soprattutto al piano morale - Ad esempio c'è un ottimo programma televisivo. Ed è quello che dà probabilmente i migliori lavori teatrali. I primi due atti sono sempre perfetti. Si ha l'impressione di qualcosa di veramente nuovo e potente, e poi alla fine arriva la concessione. Non sempre un finale felice, ma qualcosa per sistemare tutto secondo la morale o la filosofia..."

domenica 17 luglio 2011

SIMENON TIRATO IN CAUSA... DA TREMONTI

In questi giorni infuocati dove i mercati finanziari ballano, gli speculatori impazzano, paesi come il nostro vedono lo spettro "deafult, quando accordi straordinari tra opposizione e governo riescono in meno di una settimana a varare una manovra da oltre quaranta miliardi, c'è chi trovava il modo di tirare in ballo Georges Simenon. Si tratta di colui che ha vissto questi momenti nell'occhio del ciclone: il ministro dell'economia Giuio Tremonti. E, raccontano le cronanche parlamentari che, in una pausa alla Buvette, mentre da una parte si trincerava dietro un "Non parlo" riferendosi alla manovra e agli iter di approvazione, dall'altra citava ai cronisti parlamentari Simenon. "Leggete Tre camere a Manhattan e Il presidente di Georges Simenon - specificava il ministro - soprattutto il secondo è bellissimo.                                                            
Si tratta di un messaggio in codice, oppure solo di una battutta per allentare la tensione di questi giorni? Il clima politico economico è in fibrillazione e un minimo accenno o anche la battuta più innocente dà luogo ad illazioni, scatena dietrologie e innesca una serie di interrogativi. Nel nostro caso Il Presidente (1957) è la storia di un politico, una volta potente e temuto, ma ormai vecchio, senza più poteri né seguaci. E allora crede di poter ribaltare, almeno in parte, la situazione scrivendo un libro di memorie dove retroscena, scandali mai resi pubblici e segreti politici potrebbero ridargli quel potere che ha perso. Ma nemmeno questo gli riesce perché anche il suo segretario personale, la persona che credeva ancora amica e fedele, lo tradisce spuntadogli di fatto quella sua ultima arma. Tre camere a  Manhattan (1946) è invece  la trasposizione romanzata dell'incontro tra Simenon e la sua seconda moglie. Un romanzo che non tocca le corde del sociale o della politica, ma quelle tutte psicologiche di un intenso rapporto dove sentimenti, sesso e destini si intrecciano e travolgono i protagonisti.                                                                                                 Al contrario Il Presidente presenta letture possibili e interpretazioni che potrebbero agganciarsi all'attuale cronaca politica. C'è di mezzo un presidente, ma chi? Quello del Consiglio, che si è tenuto fuori dalla scena politica e pubblica per una decina di giorni, quelli più caldi e cruciali, scatenando ridde di ipotesi? Oppure quello della Reubblica che invece è stato l'artefice di quella tregua armata tra governo e oposizioni che ha reso possibile il varo così veloce di una manovra tanto pesante? Ma la cronaca politco-giudiziaria suggerisce anche un altro parallelo. Quello dello stesso Tremonti, in questi giorni bersagliato da uno schieramento che va dall'opposizione, agli esponenti del suo partito, agli alleati di governo, fin al suo stesso Presidente del Consiglio Ma colpito politicamente anche dalla vicenda giudiziaria che riguarda un suo ex-segretario particolare, Marco Milanese, per il quale la procura di Napoli ha inoltrato una richiesta d’arresto? Anche qui, come nel romanzo, un segretario che trama nell'ombra e finisce per inguaiare anche il ministro. E magari anche Tremonti sta compilando un dossier, delle memorie non ufficiali che gli serviranno nei prossimi scontri. Perché la battaglia della manovra finanziaria è finita. Ma la guerra ancora no.

sabato 16 luglio 2011

SIMENON. LA CONFERMA DEL SUCCESSO

Non ce n'era bisogno. Ma quello che avevamo scritto una settimana fa', in merito alla scalata dei due nuovi Simenon, un romanzo e un'inchiesta di Maigret, si conferma puntualmente. La classifica riportata dal Corriere della Sera il 14 luglio ci mostra L'assassino al 9° posto della sezione Top 10. Invece, in quella riservata alla narrativa straniera, troviamo due volte Simenon: al 4° con il romanzo e al 9° con Maigret e l'uomo solitario.
TuttoLibri de La Stampa piazza all'8° posto del primi dieci L'assassino, che ritroviamo poi nella sezione narrativa straniera al 4° posto. Grande performance invece per il Maigret che debutta nella classifica dei Tascabili addirittura al 2°  posto.
Altre classifiche riportano L'assassino come 11° e l'inchiesta di Maigret 15° tra i titoli più venduti (graduatoria delle librerie FNAC). Per quanto riguarda i libri venduti on-line abbiamo pochi dati (la classifica di Wuz è vecchia di due settimane), in quella di Feltrinelli.it (non c'è la data, ma dovrebbe riferisi agli ultimi sette giorni) troviamo Simenon con il suo L'assassino al 4° posto, e il Maigret all'11°. Anche Bol.it mette L'assassino al 4° posto.
Tradizionalemente i Maigret vendono più dei romanzi di Simenon, ma in questo caso L'assassino è uscito prima e occupa posizioni più elevate nelle classifiche. Ma ad esempio il debutto del Maigret nella classifica Tascabili, di TuttoLibri al 2° posto é un segnale delle potenzialità che a nostro avviso questo titol deve ancora sviluppare.

venerdì 15 luglio 2011

SIMENON NEL BEL MEZZO DELL'ETA D'ORO DEL GIALLO

Tra il 1920 e il  1940 si verificò nella letteratura un periodo particolarmente interessante per il cosiddetto genere giallo. In quei vent'anni, per mano di scrittori che fecero la storia di quel genere, nacquero personaggi che conquistarno una fama mondiale e duratura. Il loro successo letterario dette inoltre lo spunto per produzioni cinematografiche, teatrali, televisive. Insomma divennero da una parte dei classici e dall'altra dei long-seller, romanzi che ancora oggi si vendono a distanza di quasi un secolo.
Simenon si trovò nel bel mezzo di qell'epoca di cui qui vogliamo fare un succinta conologia citando alcuni tra gli autori e tra i personaggi più famosi.
Iniziamo dalla signora del giallo inglese Agatha Christie che a trent'anni, nel 1920, pubblicava il primo romanzo con protagonista Hercule Poirot, il lezioso investigatore privato belga. Nel 1926 veniva alla ribalta il detective filosofo, intellettuale, esperto d'arte, Philo Vance, che nacque dalla penna dell'americano S.S. Van Dine (pseudonimo di Willard Huntington Wright) quando questi aveva trentanove anni.
Sempre dagli Usa nel 1929 Dashiell Hammett dette il via all'hard-boiled-school, con il suo famosissimo private-eye, Sam Spade, quando aveva trentacinque anni. L'anno dopo Agatha Cristie affiancava a Poirot Miss Marple, una gentile donna inglese capositipite delle donne detective.
A questo punto entra in scena Simenon, appena ventottenne, che presentò un personaggio poliziesco che per la prima volta faceva parte della polizia, e che venne lanciato a Parigi con un evento mondano non certo consueto per l'epoca. Abbiamo diffusamente parlato nel post del 31 marzo 2011 Maigret e la notte de "Le Bal Antropométrique"  di come il commissario di Quai des Orfèvres debuttò nel mondo del giallo. Ma torniamo in America perché nel 1933  troviamo il padre del cosidetto procedural-thriller (il giallo che si svolge essenzialmente nelle aule giudiziarie, tra processi e azioni legali), Erle Stanley Gardner, che a quarantaquattro anni faceva debuttare Perry Mason, da alcuni definito l'avvocato più famoso del mondo. Invece il più grosso detective del mondo, anche in relazione alla sua stazza, Nero Woolfe, fu propsto per la prima volta al pubblico nel 1934, dal suo autore, un Rex Stout allora quarantottenne, che si era cimentato negli anni precedenti con una letteratura molto innovativa e sperimentale.
Chiude questa rapidissima carrellata un'altro dei padri dell'hard-boiled-school, l'allora cinquantunenne Raymond Chandler, che nel 1939 creò quel fascinoso detective privato che risponde al nome di Philip Marlowe e che ancora oggi è stampato nell'immaginario collettivo degli appassionati di genere.