lunedì 19 dicembre 2011

SIMENON. AD OGNUNO REGALATE IL SUO

Potevamo scappare? Sì, magari sì... ma tutto sommato non ci dispiace dare qualche consiglio, su qual è, in occasione delle prossime feste, il "Simenon" giusto da regalare al vostro amico già appassionato lettore del nostro autore o invece ad un'altro che non lo conosce affatto, oppure  per coinvolgere nella lettura dei romanzi quelli che conoscono soltanto Maigret.
Per i lettori già appassionati - Per questi la scelta è la più difficile, a meno che non siate intimi amici, tanto da sapere già i titoli che possiede. Altrimenti dovrete farlo controllare dalla moglie o da un figlio... oppure occorrerà che vi improvvisiate Maigret e, con un scusa durante una visita, scoprirlo da soli. Ma un "piano B" c'è sempre. Infatti, soprattutto con gli appassionati più incalliti (quelli che si presume abbiano... ad esempio tutti i Maigret) potete tentare con le vecchie edizioni. Il vero appassionato sarà ben lieto di avere un doppione anche solo di venti o trent'anni fa'. Anche qui vi preavvisiamo che la caccia non è facile e niente affatto economica. Trovare un Simenon d'annata sulle bancarelle che vendono libri antichi o solo vecchi, non è affar da poco. E nei negozi specializzati non è molto più semplice. Intanto generalmente chi ha una vecchia edizione se la tiene. Ma se ne arriva qualcuna nel circuito di chi vende libri usati (ad esempio capita dalla dismissioni di intere biblioteche proprietà di persone o istituzioni che sono scomparse), finisce nelle mani di qualche specialista che sa perfettamente qual è il suo valore e se la fa pagare. Intanto sia chiaro che stiamo parlando delle edizioni Mondadori. Abbiamo visto gente disposta a sborsare quasi un centinaio di euro per un romanzo, nella pregiata collana de La Medusa degli anni '50. Non parliamo poi dei Libri Neri degli anni '30, ma nemmeno de I Romanzi della Palma degli anni '50. Le cifre variano a secondo dell'anno, del titolo o dello stato di conservazione... si parte comunque oltre la soglia dei cento euro e si arriva...
Se proprio siete fortunati, potreste trovare dei Maigret, i cosiddetti "telati"(perché la costa era realizzata in tela stampata, gialla per i Maigret e verde per i romanzi). La collana si chiamava B.E.M. (Biblioteca Economica Mondadori) Il Girasole, pubblicata tra il '56 e il '60 e caratterizzata da un titolo a tutta pagina su un fondo colorato uniforme. E' probabile, come dicevamo, trovare qualche titolo dei Maigret, ma quasi impossibile scovare i "verdi", cioè i romanzi di Simenon.
Invece é relativamente più facile trovare qualche volume della collana Le inchieste del commissario Maigret che debuttò nel '66 (a seguito del grande successo della serie televisiva) che per intenderci sono contraddistinte dalle ilustrazioni del grande Férenc Pinter, che poi verranno utilizzate anche per i Maigret inseriti nella collana degli Oscar Mondadori dal 1969 al 1982. Ma attenzione abbiamo detto "più facile", non facile in senso generico. 
Per chi conosce solo i Maigret - Qui è molto più semplice trovarli, anche perché Adelphi ha fatto numerose edizioni, anche in economica, e molti titoli sono in vendita anche nei negozi di libri nuovi.
Qui la difficoltà è un'altra. Tra i quasi centoventi titoli (lasciamo fuori quelli catalogati come autobiografici, vedi ad esempio "Memorie intime") l'imbarazzo della scelta è davvero notevole.  Proviamo a elencare una decina di titoli, cercando di dribblare quelli inseriti nelle due raccolte  Romanzi e Romanzi volume II (cosa non facile perché lì ci sono già molti dei titoli migliori): Luci nella notte, La fuga del signor Monde, La finestra dei Rouet, La camera azzurra, Il piccolo librario di Archangelsk, La verità su Bebè Donge, In caso di disgrazia, Gli Intrusi, Tre camere a Manhattan, I fantasmi del cappellaio... ma sicuramente ne avremmo voluti citare diversi altri.
Per chi non conosce Simenon -  Beh, qui direi è d'obbligo una delle due raccolte prima citate. Potreste regalargli l'ultima uscita Romanzi volume II (nella collana La Nave Argo) dove troverete  La neve era sporca, La morte di Belle, L'orologiaio di Everton, Il presidente, Il treno, L'angioletto, Il gatto e poi anche tre inchieste del commissario Maigret. Questo è detto volume II perchè nel 2003, in occasione della morte dello scrittore, fu pubblicata un'altra raccolta, Romanzi, dove sono riuniti La casa sul canale, Il fidanzamento del signor Hire, Colpo di luna, L'uomo che guardava passare i treni, Il borgomastro di Furnes, Gli intrusi, La vedova Couderc, Lettera al mio giudice e altre tre inchieste del commissario Maigret. Questo non lo troverete in libreria, ma è facilmente reperibile on line.
E per chi legge in francese - Non è un libro nuovo e non è proprio di Simenon, ma è costruito con le sue parole. Ci riferiamo all'ormai famoso Audictionnaire Simenon di Pierre Assouline. Un'opera uscita nel 2009 (Omnibus-Parigi) di oltre 800 pagine. Si tratta di un vero e proprio dizionario ordinato alfabeticamente composto da termini, nomi di persone e di luoghi che hanno avuto a che fare con Simenon. La particolarità sta nel fatto che tutte queste voci sono composte da scritti, interviste e dichiarazione del romanziere che Assouline ha certosinamente raccolto tra una documentazione enorme. Un lavoro di rara utilità che consente di entrare nell'universo simenoniano proprio attraverso le parole stesse del romanziere. Potete trovarlo on line attraverso Amazon.

domenica 18 dicembre 2011

SIMENON. LE CLASSIFICHE DEL WEEKEND

Come di consueto ogni fine settimana, diamo una sbirciata agli inserti culturali dei quotidiani per vedere se si parla del nostro Simenon. Ma quello che si cava fuori, il più delle volte (ma solo a ridosso di uscite o ristampe) sono le posizioni di classifica delle sue ultime uscite. Uscite che Adelphi, non fa granché per pubblicizzare, perchè sa benissimo che ormai il passaparola degli appassionati funziona meglio di ogni campagna pubblicitaria e quindi i Simenon, si vendono da sé, senza nessun costo per iniziative promozionali o pianificazioni di comunicazione. Ci pensano da una parte i media dove non mancano i giornalisti che si occupano di cultura e appassionati simenoniani, che non si fanno scappare occasione di scrivere del loro beniamino (ne abbiamo parlato giusto nel post di ieri). Dall'altra ci siete voi, lettori che comprate quei libri e li fate entrare in classifica ogni volta, spesso i Maigret, spesso i romanzi. E ogni volta si ripete questa sorta di miracolo. Già perchè quanti scrittori, mostri sacri della letteratura, quando vengono ristampati, entrano in classifica, cioè si vendono più delle tante migliaia di titoli che le centinaia e centinaia di case editrici italiane riversano a ciclo continuo nelle librerie?
Qualcuno obietta: ma sono gialli ... è un genere popolare che in questi anni tira molto, è quindi ovvio che se ne vendano tanti...
Eh, no! Qui non ci siamo. Quante ristampe degli altrettanto famosi Sherlock Holmes, Hercule Poirot, Nero Wolfe, Philppe Marlowe o Sam Spade avete notato?.... Ne avete mai visto uno in classifica?
Noi no. Mentre abbiamo visto che La pazza di Maigret, la settimana scorsa è addirittura finita al primo posto dei tascabili (classifica di TuttoLibri).
E altrettanto si può dire dei romanzi di Simenon, e non sono gialli e non sono nemmeno romanzi d'evasione con tanto di happy end. Anzi.
Anche qui c'é però chi solleva un'obiezione. Ma Simenon è morto da poco più di vent'anni è quasi un nostro contemporaneo... Qui andrebbe ricordato che il romanziere ha smesso di scrivere nel '72, quindi quasi quarant'anni fa', ma che si pubblicano con successo Maigret e romanzi degli anni '30, quindi più di ottant'anni fa'. E credo che ormai nessuno possa mettere in dubbio che uno scrittore, il quale, dopo quasi un secolo, attiri tanta attenzione da entrare nelle classifiche dei titoli più venduti, non possa essere definito un classico. Anzi lo definiremmo un classico long-seller. Perché anche Dostoieskij o Shakespeare o Dante sono dei classici, anzi dei super-classici, ma non dei long-seller, almeno non al pari di Simenon. Non vogliamo, per carità, fare paragoni e comparazioni di valore, e lungi da noi solo l'idea di pronosticare quale sarà la sorte letteraria di Simenon tra tre/quattrocento anni, ci limitiamo a constatare quello che succede oggi.
E oggi nella classifica de La Lettura (Corriere della Sera) La pazza di Maigret resiste al 17° posto della Narrativa Straniera, mentre ieri sul TuttoLibri (La Stampa) era alla 4a posizione della sezione Tascabili. Nei libri più venduti sul web da I.B.S. la troviamo, nell'ultima classifica a disposizione, in 19a posizione come Narrativa straniera dove al 21° posto c'è Il Gatto, mentre in quella dei Tascabili ancora due Simenon ai primi due posti: 1° L'omicida di rue Popincourt,  2° Il Gatto.

sabato 17 dicembre 2011

SIMENON, LE CHAT SECONDO LUI

Abbiamo più volte parlato parlato di uno dei più bei romanzi di Simenon, Le Chat (1967) rieditato nello scorso ottobre da Adelphi, in edizione economica, (vedi il post del 26 ottobre Il mistero del gatto e il bel commento di Paola Cerana del 19 novembre Le Chat, la guerra dei Bouin) cui oggi su TuttoLibri (La Stampa) Massimo Romano dedica un'intera colonna al romanzo, con una vena appassionata e una completezza che non lascia fuori nemmeno il bel film che propro quarant'anni fa' ne venne tratto da Granier-Deferre (1971) con la splendida coppia Jean Gabin e Simone Signoret.
Per completare e saperne un po' di più, oggi vi presentiamo un breve filmato de l'Office national de radiodiffusion télévision française che propone un'intervista di Christian Durieux, del marzo del '67 in cui il romanziere che presenta il suo libro appena uscito. Il filmato è, come altri che abbiamo in altre occasione pubblicato, messo a disposizione sul web dal sito dell I.N.A. - Institut National de l'Audiovisuel francese (www.ina.fr) e rigorosamente in francese.

giovedì 15 dicembre 2011

SIMENON. IL PANICO DI MONSIEUR HIRE

Les fiançailles de M. Hire. Il romanzo  fu scritto da Simenon nella primavera del 1933, ancora per i tipi di Fayard, durante uno dei suoi soggiorni all'isola di Porquerolles. Ci sono diversi particolari in merito a questo titolo. Innanzitutto il fatto che il manoscritto originale del romanzo, una decina d'anni dopo (1943) la pubblicazione, venne messo all'asta da Simenon e il ricavato fu devoluto in favore dei prigionieri di guerra.
E' poi deve essere, evidentemente, un romanzo particolarmente amato dai cineasti. Infatti tra i sessanta titoli simenoniani da cui furono tratti dei film, solo questo (lasciando da parte i Maigret) ebbe la sorte di godere di due trasposizioni cinematografiche. La prima ad opera di Julien Duvivier nel '47, con l'interpretazione di Michel Simon, che uscì con il titolo Panique. La seconda versione invece arrivò nell'89, a maggio, cioè quattro mesi prima della scomparsa dello scrittore. Questa volta il regista è Patrice Leconte, il titolo semplicemente Monsieur Hire e il protagonista principale  Michel Blanc, affiancato per l'occasione da Sandrine Bonnaire. Leconte era un'amiratore di Duvivier e racconta che quando gli proposero di realizzare il remake di Panique, dopo aver letto d'un fiato il romanzo di Simenon, accettò immediatamente.
La storia che il romanziere scrisse, alla vigilia del contratto con Gallimard, riguarda un personaggio niente affatto piacevole, non sposato, di un'età indefinibile e connotato da un comportamento a dir poco ambiguo. Si sa poco di lui e delle sue attività, talvolta si fa addirittura passare per un poliziotto. Il padre era un sarto, ebreo che parlava solo yiddish, originario della Lituania, molto religioso, cosa che non gli impediva di essere anche un usuraio. Del figlio non si conosce nemmeno il suo nome, ma solo che è sempre in bilico tra il lecito e l'illegale... Insomma uno di quei protagonisti antipatici, ma anche patetici nella piccolezza delle loro nefandezze. Non ci vuole molto perché la polizia ne faccia il suo sospettato principale quando viene ritrovato il cadavere seviziato di una giovane donna nei pressi della sua abitazione. In  realtà Hire tra i suoi vari vizi ha anche quello di essere un voyeur. Così, spiando dalla sua finestra una vicina della casa di fronte, scopre casualmente chi è il vero omicida. Ma Hire insiste nel suo comportamento sospetto. Ad esempio cerca di fuggire dalla polizia che lo sta facendo pedinare e questo rafforzerà la convinzione che il colpevole sia proprio lui. La sua fine sarà ingloriosa e in linea con tutta la sua vita. E, pur essendo innocente, la sua scomparsa non desterà pietà perché, ci fa capire Simenon, la sua è l'incarnazione di tutto ciò che la società perbene rifiuta, che malsopporta e che obbliga, come nel caso di monsieur Hire, a vivere ai margini.
Un'altra storia dove Georges Simenon descrive un individuo che, chissà in quale momento della sua vita, deve aver "passato la linea" e che si è quindi ritrovato dalla parte sbagliata, andando incontro così ad un destino inevitabile, quel destino che la società riserva agli emarginati e che costituisce il leit-motiv di molti dei suoi romanzi, come la piccola ebrea cecoslovacca che ritroviamo ne Le Train (1961) oppure il povero protagonista de Le petit homme d'Arkhangelsk (1956).

mercoledì 14 dicembre 2011

SIMENON E I LIBRI DEGLI ALTRI

Quanto abbia scritto Simenon crediamo sia universalemente noto. Ma oggi vogliamo chiederci invece quanto abbia letto. Sappiamo che una delle prime e fondamentali tappe della lettura del piccolo Georges è costituita da una delle biblioteche comunali di Liegi, diretta nel 1915 da un estroverso poeta vallone, Joseph Vriendts. Questi prese a ben volere quel sorprendente lettore appena dodicenne. Aveva una grandissima voglia di leggere, e prendeva fino a tre titoli al giorno. Ma spesso non bastavano... Nonostante Vriendts avesse il sospetto che il ragazzo non leggesse tutti i titoli che prendeva in prestito (non credeva che potesse essere così veloce nella lettura), cedette lo stesso alla sua richiesta: avere più libri. C'era però un piccolo ostacolo burocratico. Con la sua tessera non poteva avere più di un certo numero di libri a settimana. Così fece fare delle tessere a nome del fratello e del padre, in modo da poter dare a Georges tutti i libri che chiedeva.
Ma quali libri chiedeva?
Simenon ricorda che diversi dei pensionanti che la madre Henriette si era organizzata per ospitare erano russi e così spiega la sua propensione per quella letteratura e in particolare Puskin, Cechov e soprattutto Gogol. Ma non di soli russi erano fatte le letture del giovane Georges. Infatti quando gli chiedevano quali libri avesse letto da piccolo, rispondeva "...credo di non aver mai detto di aver letto la contessa di Sègur, né Giulio Verne, come tanti ragazzi della mia generazione... A che età?  Presto sicuramente. Tra gli otto e i tredici anni sono passato ben presto da Dumas padre a Paul de Kock. Ho letto anche dei Fantomas, non molti... e verso i tredici o quattrodici anni dopo Fenimore Cooper e Walter Scott... sono venuti i russi...". E il cerchio si chiude. Ma Simenon nei ricordi di Quand j'étais vieux, precisa che quando gli si facevano certe domande non sempre rispondeva allo stesso modo. E un motivo c'era. "... per esempio qualcuno può avere delle idee sbagliate sulle mie letture, se lo deducesse dall'analisi della mia biblioteca. Infatti ad ogni trasloco (e nella sua vita dovrebbero essere stati circa una trentina) ho venduto un quarto e talvolta la metà dei libri, che sono poi stati rimpiazzati da altri e oggi ci sono delle opere che conservo soltanto per i miei figli...".
Crescendo, le preferenze di Simenon per i russi si allargano a Tolstoi e a Dostoievski. Dei francesi un po' dopo, tra i quindici e i sedici anni,  viene Balzac, a piccole dosi, specifica lo scrittore. Dopo arrivarono interessi anche per pensatori come Auguste Comte, considerato il padre della sociologia, e poi l'affabulatore Dickens, ma anche il geniale Shakespeare. Poi fu anche la volta dei filosofi, da Cartesio a Pascal, ma soprattutto Montaigne. E poi, per rimanere nell'ambito dei romazieri più conosciuti, Conrad e Stevenson.
E ancora Faulkner, Dos Passos, e particolarmente Mark Twain. Ormai parliamo delle letture di un Simenon venticinquenne che desideroso di novità e scoperte non si lascia scappare le prime traduzioni dell'opera di Freud. Quindi l'intenso periodo di Goethe... Insomma anche come lettore Simenon aveva dei ritmi forsennati e, ad esempio, in un giorno riusciva a leggere tre libri di Goethe. Poi lunghe pause, finchè ad un certo punto decise di non leggere più o quasi... Come mai?
"...ci sono dei romanzi che mi hanno suscitato un'impressione straordianaria: "Il club dei suicidi" di Stevenson o "Cuore di Tenebra" di Conrad. E Faulkner? Il più grande degli americani. Ma non voglio essere influenzato dalle mie letture... E' la vita che mi ha nutrito e non qualcosa che è stato già rielaborato da qualcun'altro....".
Simenon quindi rivendica il diritto a non leggere per non farsi condizionare, anche se questa affermazione crea qualche contraddizione. Ad esempio stride sia con il suo famoso état de roman, in cui diceva di scrivere quasi come se non fosse lui, che con il fatto di entrare nella pelle di qualcun'altro, pensando e comportandosi come quell'individuo. Beh, se il risultato dei suoi romanzi fosse stato involontario fino a questo punto, il rischio di essere influenzato sarebbe dovuto essere quasi inesistente. Normali contraddizioni che ritroviamo in moltissimi artisti, ma anche nelle
persone "comuni", o elementi disseminati ad arte per far crescere il mistero del "caso" Simenon, di cui lo scrittore, almeno a parole, affermava di non volerne nemmeno sentir parlare?

martedì 13 dicembre 2011

SIMENON. SE "LE TRAIN" PARTE IN RITARDO

Nel 1940 Simenon è in procinto di scrivere uno dei suoi romanzi. La storia che ha in mente riguarda la guerra, ma vista da un ottica del tutto particolare: dalla banchina di una stazione ferroviaria, dove transitano treni che trasportano le truppe al fronte, convogli di rifugiati, la fuga dei civili. Insomma una stazione come snodo di una grande tragedia collettiva con tutte le sue storie umane e i drammi tipici di un periodo bellico. E il romanzo doveva chiamarsi, almeno provvisoriamente, La Gare.
Ma questa volta la stesura si ferma dopo poche righe.  Perché?
Sindrome della pagina bianca? Mancato état de roman? Il fatto è che Simenon non è convinto. Non in merito alla validità della vicenda. E non si tratta nemmeno del fatto che la scrittura non riesca ad ingranare. Lo scrittore forse per la prima volta si chiede perchè voglia scrivere quel libro. Non che gli manchi la volontà o che la storia non gli piaccia. Il motivo è che si sente come obbligato a scriverlo. Come se dovesse dimostrare qualcosa. Non era un bisogno, un 'impellenza come diceva sempre. "...mi sono fermato perchè mi sono reso conto che questo romanzo non lo scrivevo per necessità, ma per provare a me stesso di essere ancora capace di scrivere quattro romanzi all'anno - spiegherà vent'anni dopo  nel suo "Quand j'étais vieux" - Scrivevo per paura. E la prova consisteva nel fatto che avevo scelto un soggetto facile, l'azione, dei dialoghi, dei personaggi semplici. Nessun protagonista di spessore che potesse catalizzare la mia attenzione... Non sarebbe stato un po' come barare? Ho preferito smettere....".
E così Simenon confermerebbe che senza quello stato di necessità, di impellenza, non se la sentiva di scrivere un romanzo. Certo gli strumenti e il mestiere non gli mancavano... certo, ad un tratto avrebbe anche potuto accendersi l'ispirazione... Ma non era il suo modo di scrivere romanzi. Un tempo, negli anni della letteratura popolare su ordinazione, non avrebbe esistato. Ma quel periodo di apprendistato era ormai morto e sepolto. Ora si sentiva felice di aver rinunciato a scrivere un libro che non sentiva nascere spontaneamente e da un état de roman.
Nel marzo del '56 Simenon riprende in mano l'idea, questa volta sembra spinto da una vera necessità. Quando invia il manoscritto scrive infatti al suo editore, Sven Nielsen, "...era molto tempo che avevo in mente di scrivere questo romanzo, ma dovevo trovare il tono giusto. Non ho bisogno di essere un mago o un indovino per ricostruire quell'atmosfera. Ero io alla Rochelle... Io che spedivo i treni dove potevo e li fermavo in qualche parte della campagna..." riferendosi alla sua esperienza nel '40 di Commissario per i rifugiati che arrivano dal Belgio in Vandea.
Quindi il romanzo viene scritto e pubblicato vent'anni dopo, nel marzo del 1961, ma con un altro titolo Le Train.
Ma questo ha generato qualche perplessità in alcuni studiosi simenoniani. Tra gli altri, Pierre Assouline si chiede se talvolta, invece dell'état de roman, non fosse un'esperienza personale o una solida documentazione che gli fornissero un'idea chiara e ben sviluppata prima di inziare a scrivere.
L'obiezione è pertinente e viene da una fonte autorevole e molto ben informata. Magari non era  sempre la trance creativa che faceva scattare quello che Simenon chiamava le déclic e che poi lo guidava nella stesura della storia.

lunedì 12 dicembre 2011

SIMENON. L'ABITO NON FA LO SCRITTORE, MA...

Quando la richiesta di letteratura popolare inziò a salire e molti volevano i racconti o romanzi brevi del Georges Sim o come cavolo si chiamava (con oltre venti pseudonimi utilizzati, c'era addirittura chi non credeva che Simenon fosse il suo vero cognome), non solo la casa l'arredamento e le feste iniziarono a essere importanti, ma anche la ricercatezza nel vestire divenne quasi un obbligo. Più che ricercatezza, in quegli anni '20, dovremmo parlare di originalità o meglio ancora di stravaganza. La moda imperante dettava legge anche sui tagli, sui colori e sulle decorazioni di gonne, giacche, vestiti da donna e da uomo, berretti e chapeaux. E anche i coniugi Simenon (Tigy, come pittrice frequentava tra l'altro anche degli ambienti particolarmente eccentrici e dissacranti sia nel comportamento che nel vestire) calvacano la moda.
Sentite un po' come vestiva il ventiduenne Simenon.  Intanto portava una paglietta inclinata sul lato sinistro, alla moda lanciata da Maurice Chevalier. Poi era stato sedotto da quei pantaloni così larghi da nascondere anche  le suole di para delle scarpe americane, quelle a punta quadrata come si portavano un tempo. La sua passione erano i soprabiti doubelface, da un lato normali impermeabili, dall'altro a motivi e colori sgargianti, ad esempio rosso a qudrettoni. Insomma un modo di vestire che davvero non passava inosservato. Ma possiamo dire che quello era il Simenon un po' scapigliato,  quello che infatti frequentava i pittori avanguardisti, amici della moglie Tigy.
Man mano che la sua popolarità cresceva, dai Maigret in poi, il nostro scrittore adottò un abbigliamento più tradizionale, sempre più ricercato, di fattura artigianale e di taglio elegante. La cravatta iniziò a comparire e, sempre più spesso, il cravattino a farfalla che insieme al cappello  Borsalino e all'immancabile pipa divennero una costante del suo look, come testimoniano le innumerevoli foto che abbiamo dello scrittore, quelle "in posa", quelle colte nelle manifestazioni in pubblico e quelle scattate in famiglia.
Abbiamo già detto della sua immagine e di come Simenon sapesse gestirla quasi professionalemente.
Curava quindi il suo aspetto esteriore soprattutto quando c'erano, o ci potevano essere, degli obbiettivi nei dintorni e ogni situazione lo vedeva con l'abito più adeguato. Abbiamo delle sue foto in smokinkg ai ricevimenti, quelle "americane" che lo ritraggono a cavallo, con cappellone e camicia a scacchi, le immagini con la maglietta a righe e il cappello con la visiera, a bordo del suo Ostrogoth, con cui solcava i canali di buona parte dell'Europa. Oppure, quando si stabilì nella campagna della Vandea, era ritratto nei panni del perfetto gentleman-farmer.
Possiamo dire che la pipa faceva parte del suo vestiario? Certamente era un accessorio immancabile. Stretta tra i denti, tenuta in mano, oppure nelle immediate vicinanze, ma sempre in una posizione visibile. E' quasi impossibile trovare una sua foto senza una pipa.
Con l'età un 'altro accessorio indispensabile divennero gli occhiali, i più famosi quelli con una montatura media, un po' arrotondata e di un caldo colore ambrato.
Ma quando si metteva a scrivere, chiuso nel suo studio, con il cartellino "don't disturb" alla porta, indossava invariabilmente uno di quei camicioni americani a scacchi. Nel suo caso quello era l'abito che faceva lo scrittore.

SIMENON IN CLASSIFICA QUESTA SETTIMANA

Come  consuetudine, dopo il weekend, riportiamo gli aggiornamenti delle posizioni in classifica delle ultime uscite dei titoli di Simeon. Stavolta parliamo ancora de La pazza di Maigret, che questa settimana viene dato dalla classifica dei "Tascabili" di TuttiLibri (La Stampa) al primo posto, con un salto di una posizione rispetto a sette giorni fa'. Invece sull'inserto La Lettura (Corriere della Sera), nella sezione "Narrativa Straniera", lo stesso titolo perde due posizioni e lo ritroviamo quindi undicesmo. Nessuna menzione da parte delle classifiche dei libri venduti on line da parte sia di Amazon, che di Wuz e di IBS.
Qui al lato, si può vedere la copertina dell'originale francese pubblicato da Presses de La Citè (Parigi), nel novembre del 1970.

domenica 11 dicembre 2011

SIMENON. DENYSE E LA VENDETTA NERO SU BIANCO

Abbiamo più volte parlato delle conseguenze della separazione tra Georges e Denyse, la sua seconda moglie. E una di queste è una vendetta che la donna decise di prendersi nei confronti dell'ex-marito. Volle infatti scrivere un libro, Un oiseau pour le chat (edizioni Simoen - 1978) per poter  raccontare la sua versione e per far conoscere a tutti "il mostro" che lei riteneva fosse il marito e tutte le vessazioni che avrebbe dovuto sopportare. Ci racconta di un grande scrittore ma di un piccolo uomo, dei suoi disturbi psicologici, della sua immoralità, della sua mania di distruzione. E lei, che aveva dovuto sopportare tutto questo, si definisce una moglie ingannata, distrutta e sconfitta. 
Ma fino a che punto queste accuse sono vere? Certo vivere accanto a Simenon doveva essere impegnativo. Ma Denyse soffriva anche di una sorta di complesso d'inferiorità che si manifestava soprattutto nella vita pubblica. Simenon era famoso, accolto di solito con tutti gli onori, oggetto di manifestazioni di stima da parte degli ambienti letterari, ma anche di simpatia dagli ambiti popolari. Mentre lei in tali situazioni rimaneva ovviamente in secondo piano. A quel punto si era innescato nella sua mente un meccanismo di competizione con Georges che la spingeva ad adottare ogni tipo di comportamento pur di attrarre l'attenzione anche su di sé.
Eppure per molti anni la loro relazione aveva funzionato. All'inizio Simenon aveva addirittura confessato che con lei aveva scoperto l'amore travolgente e non solo la passione. E per questo aveva accettato la separazione definitiva dalla prima moglie (anche se con Tigy il matrimonio era di fatto finito da un bel po'), tollerava la progressiva ingerenza di Denyse nella parte amministrativa e contrattuale del proprio lavoro, le delegava la completa gestione della famiglia. Lei si era davvero innamorata di quell'uomo che l'aveva affascinata. Lei venticinquenne canadese di Ottawa, lui, poco più che quarantenne, scrittore già famoso, che veniva da Parigi, la quale negli anni '20 e '30 era considerata la capitale mondiale della cultura.
Eppure, soprattuto al loro rientro in Europa, il loro rapporto andò progressivamente deteriorandosi. Il libro di Denyse però non chiarisce i motivi e appare costellato da veri e propri sfoghi, un po' troppo di parte per sembrare obiettivi e credibili. 
Ma per capire è fatto ricorso anche alle interpretazioni di esperti, come lo psichiatra Armand Mergen, professore di criminologia presso la Johannes Gutenberg University di Mainz. Fu anzi lo stesso Simenon che gli sottopose il libro per un valutazione professionale e distaccata.
"... Conosco Georges ma non Denyse. Non ho fatto quindi una diagnosi psichiatrica della persona. Ho fatto l'analisi di un personaggio di un libro.... Direi un libro molto "Maigret", perché non si scopre una coppia, ma due donne e tre uomini... Perché c'è il Georges uomo, il Simenon scrittore e il Jo amante (i tre uomini). Poiché troviamo Denyse, la donna reale (la prima), e Denise (la seconda) la donna che racconta solo ciò che ritiene utile per il suo ritratto di vittima innocente. Fin dall'inizio, si dimostra possessiva. Vorrebbe che l'uomo che ha amato fosse nato al momento della loro conoscenza. Siccome, sia Georges che Maigret le pre-esistevano, non le sono congeniali, perché il loro passato non può appartenerle. Allora lei li cancella e costruisce in sostituzione Jo, il suo amore.... Denyse, scrive: "Il primo romanzo dopo il nostro incontro era Maigret a New York. Dopo averlo letto, ho avuto l'idea di apparire come la moglie del celebre commissario...".
E spiega l'analisi di Mergen. "...Ma ciò era impossibile. Denyse era davvero l'amante di Jo, ma non poteva essere la moglie di Maigret. Il Simenon scrittore divenne gradualmente il suo trauma, perché lui era anche Maigret e allo stesso tempo Jo. Denise era legata a Jo da un amore appassionato e sensuale, ma c'era anche Simenon lo scrittore geniale che sapeva lavorare duro e c'era anche Maigret sua parte integrante, intoccabile. Denyse scopre che non può essere sia di Madame Maigret, collaboratrice di Simenon, e l'amante padrona di Jo...".
Teoria interessante quella dello psichiatra tedesco. Ma qualsiasi possa essere l'interpretazione del libro, non ci pare che contribuisca in modo determinante a spiegare la degenerazione del rapporto della coppia. I questi casi, dice la saggezza popolare, i guai si combinano sempre in due. Le colpe sono da entrambe le parti semmai il difficile è capire dove finiscono quelle dell'uno e iniziano quelle dell'altro. Nel caso di Georges e Denyse c'è da considere l'impatto sulla coppia dell'impegno creativo e del suo ritmo da parte di Simenon e dall'altro le nevrosi e l'instabilità mentale di Denyse, peggiorate da un grave alcoolismo.
Il libro, non ebbe sucesso, anche se fece rumore soprattutto sui periodici che si occupavano di quello che oggi chiamiamo gossip. La curiosità di sapere tutto sulla vendetta (sia pure letteraria) della moglie di un personaggio famoso era, allora come oggi, un boccone che certa stampa non si faceva certo scappare. Ma l'opera non aggiunge nulla alla figura e alla conoscenza di Simenon.

sabato 10 dicembre 2011

SIMENON... E GLI INCREDIBILI ANNI '20

Siamo nel 1925 l'anno in cui a Parigi venne inaugurata l'Exposition des Arts Décoratifs. Un avvenimento culturale atteso da tutto il mondo culturale europeo e non solo. Il fervore nella comunità dei pittori, dei musicisti, degli scrittori e di tutti gli artisti era all'ennesimo grado. Si respirava aria di grandi cambiamenti, quando non di vere e proprie rivoluzioni nel campo dell'espressione artistica di qualsiasi ambito. Multicultarale, cosmopolita, dissacrante era l'aria che tirava nell'ambiente degli artisti e dall'arte per arivare fino alla vita di tutti i giorni. Dalla moda, all'architettura, dalla pubblicità all'arredamento, non c'era campo che non fosse investito da questa ventata di rinnovamento, di sperimentazione di voglia di cambiare. I Simenon nel loro appartamento al 21 di Place des Vosges erano una delle coppie che alimentavano questa amosfera. Volete sapere come era arredato il loro appartamento? Simeon aveva ingaggiato l'arredatore d'interni più in voga del momento, tale Dim. Risultato? I muri erano gialli, blu e verde con un chiaro richiamo al cubismo, tende e copridivani neri, ma il pezzo forte era costituito dal bar. Una vera esclusiva all'epoca. Un autentico angolo bar con tanto di bancone e sgabelli alti, anche loro gialli e neri. Ed era tutto illuminato dall'interno, con mensole e sportelli in vetro, bottiglie e cocktaili in bella vista, un vero bar all'americana, particolarmente apprezzato da Georges, come altri arrivi dall'America: la musica jazz di New Orleans di cui era allora un fervente appassionato e quel fenomeno chiamato Josephine Baker che passerà nella sua vita come un ciclone. Dietro al bancone il barman era ancora lui. E le feste di casa Simenon divennero famose non solo per il nome degli invitati: Max Jacob, Derain, Jean Renoir, Paul Colin, le ballerine russe in tourneé a Parigi e non ultima proprio la Baker di cui campeggiava un ritratto esattamente sopra l'angolo bar. L'altro motivo di tanto successo era che il passo da feste a festini era decisamente breve, tanto che all'alba la gente ancora dormiva seminuda sui divani, per terra, mentre Boule, la femme de chambre, iniziava riordinare e in sottofondo si sentiva un ticchettìo. Era la macchina per scrivere di Simenon che per pagarsi quel tenore di vita doveva produrre racconti e romanzi brevi a più di un editore, per cui in una giornata doveva macinare un'ottantina di pagine e poi correre a consegnare...  E mentre i suoi ospiti di svegliavano e lasciavano la casa la locomotiva Simenon sferragliava già da qualche ora e uscivano dal rullo della sua macchina le storie de La fiancée fugitive, Nox l'insaisissable, Chair de Beauté, Captain S.O.S., Coeur de poupée...