lunedì 12 dicembre 2011

SIMENON. L'ABITO NON FA LO SCRITTORE, MA...

Quando la richiesta di letteratura popolare inziò a salire e molti volevano i racconti o romanzi brevi del Georges Sim o come cavolo si chiamava (con oltre venti pseudonimi utilizzati, c'era addirittura chi non credeva che Simenon fosse il suo vero cognome), non solo la casa l'arredamento e le feste iniziarono a essere importanti, ma anche la ricercatezza nel vestire divenne quasi un obbligo. Più che ricercatezza, in quegli anni '20, dovremmo parlare di originalità o meglio ancora di stravaganza. La moda imperante dettava legge anche sui tagli, sui colori e sulle decorazioni di gonne, giacche, vestiti da donna e da uomo, berretti e chapeaux. E anche i coniugi Simenon (Tigy, come pittrice frequentava tra l'altro anche degli ambienti particolarmente eccentrici e dissacranti sia nel comportamento che nel vestire) calvacano la moda.
Sentite un po' come vestiva il ventiduenne Simenon.  Intanto portava una paglietta inclinata sul lato sinistro, alla moda lanciata da Maurice Chevalier. Poi era stato sedotto da quei pantaloni così larghi da nascondere anche  le suole di para delle scarpe americane, quelle a punta quadrata come si portavano un tempo. La sua passione erano i soprabiti doubelface, da un lato normali impermeabili, dall'altro a motivi e colori sgargianti, ad esempio rosso a qudrettoni. Insomma un modo di vestire che davvero non passava inosservato. Ma possiamo dire che quello era il Simenon un po' scapigliato,  quello che infatti frequentava i pittori avanguardisti, amici della moglie Tigy.
Man mano che la sua popolarità cresceva, dai Maigret in poi, il nostro scrittore adottò un abbigliamento più tradizionale, sempre più ricercato, di fattura artigianale e di taglio elegante. La cravatta iniziò a comparire e, sempre più spesso, il cravattino a farfalla che insieme al cappello  Borsalino e all'immancabile pipa divennero una costante del suo look, come testimoniano le innumerevoli foto che abbiamo dello scrittore, quelle "in posa", quelle colte nelle manifestazioni in pubblico e quelle scattate in famiglia.
Abbiamo già detto della sua immagine e di come Simenon sapesse gestirla quasi professionalemente.
Curava quindi il suo aspetto esteriore soprattutto quando c'erano, o ci potevano essere, degli obbiettivi nei dintorni e ogni situazione lo vedeva con l'abito più adeguato. Abbiamo delle sue foto in smokinkg ai ricevimenti, quelle "americane" che lo ritraggono a cavallo, con cappellone e camicia a scacchi, le immagini con la maglietta a righe e il cappello con la visiera, a bordo del suo Ostrogoth, con cui solcava i canali di buona parte dell'Europa. Oppure, quando si stabilì nella campagna della Vandea, era ritratto nei panni del perfetto gentleman-farmer.
Possiamo dire che la pipa faceva parte del suo vestiario? Certamente era un accessorio immancabile. Stretta tra i denti, tenuta in mano, oppure nelle immediate vicinanze, ma sempre in una posizione visibile. E' quasi impossibile trovare una sua foto senza una pipa.
Con l'età un 'altro accessorio indispensabile divennero gli occhiali, i più famosi quelli con una montatura media, un po' arrotondata e di un caldo colore ambrato.
Ma quando si metteva a scrivere, chiuso nel suo studio, con il cartellino "don't disturb" alla porta, indossava invariabilmente uno di quei camicioni americani a scacchi. Nel suo caso quello era l'abito che faceva lo scrittore.

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