sabato 4 febbraio 2012

SIMENON, PARLACI DI TUA MADRE

Il rapporto tra lo scrittore e sua madre è sempre stato assai problematico come abbiamo descritto in particolare nel nostro recente post del 14 gennaio Simenon. Una madre lontana... una lettera tardiva. Quest'oggi vogliamo proporvi in proposito una interessante intervista realizzata nel 1975 dalla giornalista Catherine Charbon nel programma televisivo la Voix au chapitre, per l'emittente svizzera e che ora è messo on-line dal sito dell'archiovio della stessa RTS. E' una chiacchierata in cui Simenon  commenta anche il suo romanzo Lettre a ma mére (1974). Si tratta di oltre 13 minuti di conversazione, ovviamamente tutti in francese. Cliccate qui per vedere Simenon e sua madre

venerdì 3 febbraio 2012

SIMENON. QUANTO PUO' ESSERE NOIR LA NEVE?

Sarà per la suggestione della neve, che in questi giorni sta coprendo l'Italia, capitale compresa, che ci torna alla mente il titolo di uno dei più duri e neri romanzi di Simenon, La Neige était sale, appunto. Scritto a Tucson (Arizona) nel '48  a ridosso della morte del fratello. E i paralleli con la scomparsa di Christian sono più d'uno. Intanto lo scenario è quello della seconda guerra mondiale, analogo a quello in cui il fratello stava combattendo in Indocina con la Legione Straniera. Ma il protagonista non è un soldato, è un figlio viziato di una tenutaria di un bordello. Eroe negativo per eccellenza che, giovanissimo senza legami, crede che uccidere per sfida farà di lui un uomo. Poi si troverà ad uccidere per necessità. E' uno dei romanzi più neri, e duri che Simenon abbia mai scritto. Ma anche qui c'è l'esperienza personale. Dicevamo prima del fratello morto combattendo "per le necessità in una guerra". Ma si trovava lì perchè il fratello scrittore lo aveva fatto fuggire dal Belgio, dove rischiava la forca perchè anche lui aveva ucciso gratuitamente, con le squadracce filo-naziste in cui militava, intere famiglie inermi di ebrei e di comunisti. Così Frank il protagonista di questo romanzo si muove in una sorta di delirio di onnipotenza dove le nefandezze e i crimini che compie fanno parte non solo della sua abiezione, ma anche dell'indefinito luogo in cui la vicenda ha luogo. E qui il romanziere crea uno  sfondo di violenza, di doppiezza, in un clima di cupezza. Ecco perchè si parla di noir e non è un caso che riferendosi a questo romanzo Dashiell Hammett, padre dell'hard-boiled, dichiarò al Los Angeles Times che Simenon era il miglior esponente del genere noir "... perchè è intelligente e per certi versi mi fa pensare a Edgard Poe...". Ed era anche piaciuto ad uno dei padri letterari di Simenon, Andrè Gide, perché lo confermava, a suo avviso, uno dei migliori romanzieri della letteratura francese.
E come poteva un romanzo così accativante non risvegliare gli appetiti dei produttori cinematografici?
Lo fece infatti nel '54 e si concretizzò in un film diretto da Luis Saslavsky. Ma ci fu anche una riduzione teatrale per  le Théatre de L'Oeuvre, esperienza per la verità non del tutto gratificante per Simenon. Comunque qualcuno prende questo romanzo anche come un salto di maturità nell'opera letteraria di Simenon.  Non si avverte più il "mestiere" dello scrittore, sfumano anche le tracce dei meccanismi che organizzano il romanzo, non si avverte più la volontà di dimostrare delle tesi. Tutto si amalgama e il risultato è un opera letteraria dove, nonostante la tragicità del tema e la durezza della vicenda, tutto è naturale, semplice e allo stesso tempo non banale, profondo nella sua capacità di raccontare, quasi in modo disarmante, il lato più oscuro dell'uomo.

giovedì 2 febbraio 2012

SIMENON. LA CALDA STAGIONE DI DENYSE E GEORGES


Del loro incontro abbiamo già raccontato. Amore e sesso a prima vista. Soprattutto per Simenon che rimane folgorato da questa canadesina ventincinquenne, al primo impatto fredda e calcolatrice, ma poi rivelatasi passionale e sensuale. Un melange in una sola donna che per la prima volta colpisce lo scrittore, ne rimane stregato.
Ma la passione tra i due non finisce lì, con il primo incontro anche se finisce ben presto tra le righe di uno dei più famosi romanzi di Simenon, Trois chambres a Manhattan (1947). Denyse non è tipo da farsi usare per poi essere messa da parte, né d'altronde Georges si è mai sentito così attratto da una donna.  Andiamo a vedere come prosegue la loro storia con un Simenon ancora ufficialmente sposato, anche se di fatto lui e Tigy fanno ognuno ormai una vita a sè, tranne per ciò che riguarda il figlio Marc. Denyse entrerà in casa come segretaria di Simenon (ufficialmente anche a causa della sua ancora scarsa padronanza dell'inglese) per occuparsi di tutte le pratiche per i diritti, le traduzioni, i contratti. Anche lei  inizierà a vivere a casa Simenon un po' al suo servizio, poi le cose cambieranno. Come per versi differenti era già successo a Boule e come accadrà poi a Teresa.
Ma torniamo alla passione tra i due. Negli incontri successivi, Simenon si convince di essere davvero coinvolto da quella donna, tanto da scoprirsi geloso. Per lui è una novità assoluta cui però non riesce a sottrarsi. Anche lei lo ha capito ed è proprio per questo che gli racconta le sue eseprienze sentimentali e sessuali, con ufficiali della marina,  con un certo lord inglese, la sua frequentazione di party e Simenon commenta "... li conosco bene quei party: si beve forte, si mangiano tartine e tramezzzini e, nella calca, è tutto un gran pomiciare, quando addirittura non ci si chiude in bagno per una sveltina..." Ed è lei stessa a raccontargli di come una sera, appunto durante un party, avesse all'improvviso sentito voglia di fare una nuotata e si fosse gettata nuda nella piscina che era lontana alla festa e al buio. Ma qualcuno, volendole fare uno scherzo, all'improvviso accese tutte le luci. E lei si era ritrovata lì, come mamma l'aveva fatta, dando spettacolo a tutti gli invitati. Vero? Falso? Quante delle cose che lei gli raccontava all'inizio erano vere o solo delle storie per farlo ingelosire? O anche per darsi un tono, lei giovane, che veniva da Ottawa, cercava in qualche modo di mettersi al livello di quell'uomo, che arrivava a Parigi, era uno scrittore famoso,  aveva girato il mondo e, a poco più di quarant'anni, aveva un'esperienza di ben altro livello rispetto alla sua. E così aveva trovato nella gelosia la leva su cui fare forza.
E in proposito vediamo cosa ricorda Simenon stesso in Mémoires intimes (1981). "...L'ascensore, la porta della suite il salottino, la camera dove lei cominciò a togliersi i vestiti, con gesti da spogliarellista,, osservandomi con la coda dell'occhio.... Entrai in lei come se volessi trafiggerla, e i suoi occhi si intorbidivano, si appannavano poco a poco... questa volta non si accontentò di sospiri ed ansimi: gridava, gridava davvero e tra un grido e l'altro diceva: 'Amore mio..." arrotando la 'r' come i borgognoni... A un certo punto sembrò perdere il controllo e al secondo amplesso, tutta ansante, gridò più forte che mai... ' Ti amo Georges'..."
Immagini, sensazioni, passione, un tumultuoso susseguirsi di stati d'animo investiva Simenon che intanto si chiedeva se l'amasse o la detestasse. Era ancora in una fase di totale stordimento. Alle sue provocazioni il nostro Georges rispondeva: "...Ad un tratto non era più l'aggraziata signorina in tailleur del Brussels' ( il loro primo incontro) e non fosse stato per tutto quel trucco che aveva sulla faccia, avrei potuto prenderla per una ragazzina che non ha il coraggio di affrontare la vita. Aveva bisogno di essere rassicurata , bisogno soprattutto di quella tenerezza che non aveva mai osato chiedere, per non fare la figura della collegiale, e che gli uomini non le avevano dato...".
Insomma se non sono queste le parole di un uomo davvero innamorato. Ma nel loro rapporto tenerezza e violenza, amore e passione si intrecciavano: "...Al contrario dell'amore  (e adopero questa parola non trovandone altre), la passione si alimenta anche di violenza. Ormai ero sicuro che lei mi esasperava deliberatamente, per farsi brutalizzare. E in quel periodo in cui avevamo bisogno di bere per alimentare il nostro fuoco interiore, io l'ho effettivamente brutalizzata. Spesso quando non raggiungeva il suo scopo, era lei a schiaffeggiarmi. Io non reagivo e lei aggressiva mi diceva: ' Lo vedi come sei sconcertato quando qualcuno ti tiene testa? So tutto degli uomini, io, e tu non sei diverso dagli altri...".
Ma non era vero.
Simenon era ormai convinto di amarla e si era prefisso di toglierla da quella spirale di sensi di colpa, di paure e di arroganza. Queste erano le buone intenzioni del principio. Ma questa vena di tensioni e di violenza caratterizzerà come un fiume carsico attraversando la loro storia, le nozze, i tre figli e per riemergere prepotentemente portando alla fine del rapporto tra Denyse e Georges.

mercoledì 1 febbraio 2012

SIMENON. UN ROMANZIERE SENZA EREDI?

"... mi piacerebbe creare i mei personaggi con un maggior peso, più tridimensionali... Tento di rendere ciascuno di loro pesanti come una statua e fratelli di tutti gli uomini della terra...". Lo diceva Simenon nel '58 in una conferenza a Bruxelles.  E' una parte importante degli obiettivi dello scrittore che la considerava come una sorta di vocazione. E lo aveva affermato esplicitamente più volte. Se non fosse riuscito nell'intento di raccontare la realtà e l'uomo così come sono, nudi e crudi, tutta la sua opera non sarebbe servita a niente.
In realtà ci è riuscito benissimo e non siamo soli in questa valutazione. A tale proposito la professoressa universitaria Marie-Paul Boutry nel suo Les 300 vies de Simenon (C.M. du Garde éditeur - 1990) scrive "... si legge Simenon un po' come lui scrive, ciascuno vi ritrova ombre, luci e riflessi della propria vita. Questo immenso universo simenoniano, dove volteggiano dei geni inquieti, senza riferimenti e senza illusioni su sè stessi, costituisce una delle più magistrali raffigurazioni del nostro secolo..."
A distanza di oltre vent'anni quest'affermazione non è sempre condivisa. O perlomeno c'è ancora chi trova degli alti e dei bassi nella produzione simenoniana e, per esempio, non riesce a non considerare tutto il cotè Maigret come una zavorra che abassa il livello dell'intera produzione. Indubbiamente ci sono dei romanzi meglio riusciti ed altri meno. Ma questa è un'ovvia considerazione, resa ancor più banale da una produzione tanto imponente. Quello che ci interessa qui è però analizzare quanto della sua opera abbia una presenza viva e quanto influenzi ancora oggi la letteratura. Il tema è di quelli che fanno tremare i polsi e oltrettutto questa sede non è la più idonea ad approfondire in modo esausitivo l'argomento. Ma ci sembra doveroso accennare alcune considerazioni...
• Primo. E' un fatto che la presenza dei suoi titoli tra i best-seller più venduti ancora oggi sia una testimonianza della sua modernità. La sua prosa asciutta e stringata fa ancora larga breccia in un publico trasversale ed eterogeneo. Il suo tratteggiare personaggi, vicende e atmosfere con poche parole è sulla lunghezza d'onda del linguaggio odierno sempre più conciso e sintetico.

• Secondo. E' vero. Simenon nelle sue storie è sempre alla ricerca dell'uomo nudo, come spiegava lui stesso, l'uomo al netto di sovrastrutture, convenzioni e condizionamenti sociali. Ma per fare questo passa inevitabilmente attraverso un'analisi delle caratteristiche sociali, della mentalità dominante, dei meccanismi che producono disuguaglianza ed emarginazione.. Con questo questo non vogliamo etichettare l'opera di Simenon come sociologica, ma evidenziare, come, a nostro avviso, questo aspetto non viene sufficientemente sottolineato e come, oltre l'uomo, anche la società e le sue dinamiche entrano nel mirino dello scrittore. E pure questo lo avvicina ad una sensibilità odierna dove è sempre più difficile per un autore estraniarsi dalla realtà
.

• Terzo. Simenon non è ancora considerato un classico, accademicamente parlando, ma una sorta battitore libero, di livello certo, ma che non ha conseguito una consacrazione definitiva. E' forse ancora considerato troppo isolato e nemmeno capostipite di una scuola o di un romanzo simenoniani. Molto spesso, analizzando un romanzo di un nuovo autore, in questi anni si è scritto  "...  e poi, come Simenon, dimostra un capacità di....". Ma, a quanto  ci risulta nessuno è considerato un suo erede.  Non si contano le affermazioni che al tempo definirono Simenon "il Balzac del '900".
Nessuno scrittore è stato etichettato come "il Simenon del 2000".
Qualche suo tratto stilistico, un certo suo approccio alle storie, alcuni suoi temi, li ritroviamo singolarmente qua e là in diversi autori. Ma sono tutti "pezzetti" di Simenon che vanno a... concimare  le opere di alcuni scrittori. Ma la sua globale espressione letteraria non ha generato eredi.

• Quarto. In questo essere solo, conta probabilmente anche la sua naturalezza, diremmo quasi disinvoltura, a passare dalla letteratura alta a quella più popolare (divisione tipica della critica italiana). Anche quel ritrovarsi a suo agio su vari registri, altra capacità rara da trovare ed evidentementte anche da replicare, per qualcuno è lungi da essere un talento e considerato una versatilità non positiva.

Ci sarà chi ci rimproverà di aver sbrigativamente archiviato la domanda posta all'inizio, ma speriamo comunque di aver fornito spunti per riflessioni, per critiche e per precisazioni, magari utili anche per un eventuale dibattito.

martedì 31 gennaio 2012

SIMENON. CAMBIA TUTTO, MA MAIGRET FA SEMPRE CENTRO

In fondo dalla data del suo lancio, nel 1931, fino a qualche settimana fa' per le inchieste di Maigret poco era cambiato. Nel senso che i libri pubblicati da Adelphi poco differiscono da quelli di Fayard che i francesi iniziarono a leggere ottant'anni fa'. Una copertina,  fogli di carta stampata, una rilegatura, si acquistavano in librerie o in qualche chiosco.
Certo oggi nel 2012, le procedure di stampa sono migliorate, i caratteri sono più definiti, la composizione della carta è molto cambiata, la diffusione e la vendita dei libri si è capillarizzata. Ma sostanzialmente il prodotto è sempre quello.
Adesso invece il salto. Come vi avevamo accennato in un nostro precedente post (vedi il 17 gennaio Simenon. Dieci volte digitale), l'editore milanese dopo qualche titolo di Simenon, ha iniziato a mettere sul mercato la serie completa delle inchieste del commissario in ebook, partendo dai primi cinque titoli.
Questa è, come abbiamo più volte detto, un vera rivoluzione. Niente carta, nessun inchiostro... niente libro. In sua vece un immateriale "file" di testo che può essere visualizzato da tutta una serie di strumenti (ereader, computer, pc, notebook, tablet, smartphone, etc) e letto con maggiore o minore facilità  sul loro schermo.
E ai primi rilevamenti, sembra che anche in versione digitale, il nostro commissario abbia fatto centro. Secondo BooksBlog (16-22 gennaio) tre titoli su cique appena affacciatisi in classifica hanno conquistato il quinto posto. Su Amazon, ad oggi  li ritroviamo al 2°, 3°, 5°, e 7° posto. Invece  su Bookrepublic, altro portale di diffussione degli ebook, i quattro titoli di Maigret hanno fatto piazza pulita, occupando i primi quattro posti dei più venduti. E ancora, sulla graduatoria di Feltrinelli per l'editoria digitale, i quatto Maigret sono al 4°, 5°, 7° e 8° posto.
Insomma un successone, che però non ci stupisce. E vero che il pubblico degli ebooks è diverso (anche se in parte sovrapponibile) a quello dei libri tradizionali, e con una notevole componente di una fascia giovane, più in confidenza con l'ultima tecnologia elettronica. Ma in ottant'anni quante volte sarà cambiato il pubblico di Maigret? Quante diverse generazioni di lettori, per motivi diversi, hanno scoperto le inchieste del commissario e sono poi diventati appassionati fedeli? Da oggi la scoperta di Maigret passerà anche per gli ebook... E se il buongiorno si vede dal mattino...

• Doverosa  annotazione. - Su Simenon-Simenon, avrete sicuramente trovato refusi, qualche accento sbagliato, dei plurali sballati, doppie mancanti o in sovrabbondanza. Errori. Che siano dovuti alla fretta, all'ignoranza, alla disattenzione sono comunque errori. Ce ne scusiamo con i nostri lettori e cercheremo di farne sempre meno. Questo cappello è per spiegare un grossolano errore che avete letto nella nostra rassegna stampa. Nell'incipit dell'articolo di ieri de Il Sole 24 Ore, Simenon. Ce l'ho. Mi manca, proprio sul successo dei Maigret in ebook, si trova scritto "...gli ebook di Simenon (quelli a pagamento) hanno fatto l’amplein...". Ecco "amplein" non è farina nostra, ma di chi ha firmato l'articolo in questione. Non ci pare sia francese e nemmeno inglese, l'unica ipotesi che ci viene in mente è che sia la trasposizione scritta della pronuncia di "en plein"  (in francese: in pieno, appieno, etc...), a meno che non si tratti di un neologismo, a noi ancora ignoto, forse tratto dal suono dell'allocuzione francese... Mah... Chi ne sa più di noi, per favore, ci dia lumi.

lunedì 30 gennaio 2012

SIMENON E IL '68. DALLA PARTE DEL... MOVIMENTO

Siamo andati a ripescare una corposa intervista fatta allo scrittore, da un simenonologo doc, Francis Lacassin, fatta per Le Magazine Letteraire nel 1975. In quell'occasione, Lacassin chiede tra l'altro qual era il giudizio di Simenon sul maggio '68, sul movimento studentesco e sull'aria di rivolta, se non di rivoluzione, che si respirava allora a Parigi e in tutta Europa.
Sono delle risposte abbastanza sorprendenti, in considerazione che ormai Simenon non era più un giovanotto... aveva settantadue anni, un'età in cui spesso le opinioni conservatrici prevalgono.
Arrivati a parlare d'attualità lo scrittore afferma che "...seguo l'attualità da vicino, ma non mi tocca. E' una curiosità, come la televisione che accendo, quando sono troppo stanco per leggere: la guardo sì, ma se mezz'ora dopo mi chiedete quello che ho visto, faccio fatica a rispondere. L'attualità... è un po' stesso la solità roba: gli stessi vincitori, gli stessi sconfitti. Spero che gli sconfitti un giorno abbiano la meglio sugli altri, ma spero di non dover passare prima un epoca ancora più reazionaria di oggi...".
Il Simenon anziano che vive nella sua casetta rosa al 12 di rue des Figuiers  a Losanna, in compagnia di Teresa, è in effetti un'uomo ormai distaccato dal mondo, anche da quello letterario, non scrive più da qualche anno, passa il tempo con il registratore ad incidere quelli che saranno i Dictées. Ma è lucido e ha le idee ben chiare su quello che sa succedendo nel mondo. E a questo proposito Lacassin gli chiede se al riguardo sia pessimista e come valuta le conseguenze del movimento del '68.
"... Enormemente, Tutti i goveri di destra hanno avuto paura. E quello che ora dà più soddisfazione.... Quando Giscard si è accorto che Mitterand aveva una forza politica equivalente cosa ha fatto? Ha copiato il programma di Mitterand e ora si sforza di realizzarne un certa parte: la legge sull'aborto, la pillola, il divorzio, il voto a diciott'anni. Ma, vedrete,  non riuscirà a rimanere in carica.
Sperano in questo  modo di canalizzare la rivoluzione. Ma qualsiasi cosa essi facciano, questa ormai è partita. Ci sarà prima un nuovo fascismo, come quello che rischiano di avere in Italia dove le destre sono molto ben armate e hanno molti uomini importanti al loro servizio o meglio "nelle loro tasche", perchè questi gli devono molti soldi. In Francia vedete come si parla sempre più di milizie private e dell'aumento dei guardiani della pace, dell'aumento dei poteri della polizia... etc. E' un brutto segno. Ma in fondo è un buon segno: il Francese reagirà quando questi continueranno così...".
Ecco un Simeon davvero indito molto schierato contro la conservazione e le politiche delle destre.
E se non fosse chiaro, rincara la dose quando Lacassin gli chiede cosa avrebbe fatto se nel '68 avesse avuto diciotto anni.
"... sarei di sinistra. Ma più a sinistra dei comunisti. Nei paesi occidentali come la Francia, l'Italia, i comunisti sono borghesi, starei per dire capitalisti. Von Darwel, che ho consociuto bene, che era presidente della Seconda Internazionale Socialista, diceva 'Se non vogliamo una rivoluzione sanguinosa, occorre dare ad ogni famiglia e che noi abbiamo le nostre coperative e le nostre banche'. A Liegi ho visto nascere le grandi coperative e le banche socialiste. Sul piano pratico in Belgio i socialisti si relazionano assai bene con la borghesia. Si può dire che siano degli uomini di sinistra? Io non credo. O almeno è una sinistra molto...rosa...".
A questo punto non c'è molto da dire, il pensiero del Simenon settant'enne è chiaro e netto. E l'intervista racconta come Simenon abbia passato gli anni del '68.
"...ero elettrizzato. Passavo le giornate davanti alla radio e alla televisione. Mio figlio Johnny, che ora studia ad Harvard, era allora sulle barricate di boulevard Saint-Michel. Ha rimediato un bel po' di botte dai poliziotti. Me lo raccontava al telefono e i domandava 'Non sei arrabbiato, vero?'. E io gli rispondevo 'Al contrario, continua'..."