domenica 29 gennaio 2012

SIMENON. SANCETTE L'ANTI MAIGRET O L'ANTE MAIGRET?

Sappiamo senza ombra di dubbio, che apparizioni di Maigret si ritrovano in altri titoli di Simenon, ben prima che il personaggio del commissario assumesse la configurazione definitiva con cui fu lanciato nel '31 e che lo rese famoso in tutto il mondo.
Tracce di Maigret, se così possiamo dire, si trovano in tre titoli antecedenti al lancio ufficiale fin dal settembre 1929 in Train de Nuit, ne La Jeune Fille aux perles dell'estate del '29  e ne La femme rousse del 1930.  Ma c'erano stati altri tentativi di creare un seriale di genere poliziesco. Vi abbiamo parlato di Ives Jarry comparso in quattro romanzi fin dal 1927 e di altri personaggi (vedi il post del 29/03/2011 Nasce Maigret. Come è andata davvero). Ma nessuno di loro attecchì. Evidentemente non convinsero per primo l'autore.  Però la strada imboccata era quella giusta. Infatti un altro tentativo Simenon lo fece con l'ispettore Sancette, detto anche l'ispettore 107, che fà al sua comparsa nel '29 proprio contemporaneamente all'uscità del citato Train de nuit. Il titolo è Captain S.O.S,  la sua prima inchiesta. La serie poi continuerà sulla rivista Ric et Rac con ben quattordici racconti, pubblicati come la serie Les Exploit de Sancette tra il maggio '29 e il febbraio 1930. Poi assistiamo ad un'evoluzione, Sancette diventa l'ispettore G.7 per una raccolta di racconti dal titolo Les Treize Enigmes uscita sul magazine Détective (e poi per Fayard in un omonimo volume nel '32). Ma la fine di Sancette è vicina. Nell'ottobre del '31 esce un'altra sua avventura La folle d'Itteville, ma nel frattempo è arrivato l'uragano Maigret che tra febbraio e settembre di quell'anno ha già lanciato sul mercato ben nove titoli! Il successo era nell'aria, ma il gradimento da parte del pubblico del commissario di Quai des Orfévres a quel punto era ormai una solida realtà. Al contrario, La Folle d'Itteville si era rivelato un mezzo flop. Non c'era storia e quella fu l'ultima apparizione di Sancette.
Ma cerchiamo di capire differenze e analogie tra il povero Sancette e il fortunato Maigret.
Primo e non secondario aspetto. L'autore di Sancette era ancora tale Christian Brulls. Con Maigret nacque lo scrittore Georges Simenon.
Qualcosa in comune l'ispettore e il  commissario ce l'hanno. Il primo infatti dichiara in Captain S.O.S. "...un vero poliziotto è un confessore al quale nessuno dirà nulla e che dovra scoprire tutto!... - oppure - Cos'è un crimine? Un atto commesso da un uomo! Quello che mi interessa è la mentalità dei criminali... E' stato commesso un crimine... io mi metto al posto di colui che l'ha compiuto... Cerco di avere gli stessi pensieri che lui ha avuto..."
Sembra in effetti per certi versi il "metodo Maigret". Anche Sancette mangia in un bistrot di place Dauphine. Abbiamo prima detto della sua sigla 107... in effetti in francese la pronuncia del numero centsept é quasi indentica a quella del suo nome. Ma anche questo è un nome ombra, quello vero è Joseph Boulines, sembra che usasse questo espediente per nascondere il fatto che era figlio di un alto funzionario.
Giovane, allegro, gioviale, Sancette, scapolo dagli occhi azzurri, è un bravo ragazzo, niente a che fare con il burbero, massiccio e a volte brusco commissario, ma tutti e due fumano la pipa (anche se allora in Francia era  un'abitudine molto più diffusa di oggi). E poi non ha certo il fisique du role di un funzionario di polizia, dove era entrato a soli diciotto anni e dove, grazie al suo fiuto straordinario per la soluzione dei casi, fà un'incredibile carriera. E' il beniamino della polizia giudiziaria, chiamato spesso gamin, cioè ragazzo. Il "ragazzo" ha una convinzione: se nei primi tre giorni dell'inchiesta troverà un indizio, per piccolo che sia, poi il resto sarà un gioco da ragazzi.
Come maialla fine Maigret vinse su Sancette? Forse un certo spessore che si ritrova nel primo manca nel secondo? Probabilmente la caratterizzazione del commissario risultava più originale e marcata. Quella di Sancette, per quanto si distaccasse dai cliché del poliziesco allora in voga, non era poi così diverso... Era pur sempre un giovane, brillante, scapolo, in carriera... insomma molti suoi tratti erano in comune con tanti e tanti altri protagonisti della letteratura di genere.
Maigret invece fu una vera rottura, un decisa inversione di rotta che inoltre permise all'autore anche allargarsi più di un volta alla letteraura tout court, aldilà delle regole che allora vigevano per il polar.
Forse il commissario vinse perchè era un personaggio più vicino alla gente comune, con le sue umili origini, i suoi anni di gavetta in polizia, il suo gusto per le cose semplici?
Magari vinse perché nelle sue inchieste si presagiva la trasformazione di Simenon da scrittore a romanziere... Le vicende del commissario non costituivano forse l'anticamera di quel tipo di letteratura cui fin da giovanissimo l'autore aveva aspirato?

sabato 28 gennaio 2012

SIMENON. MAIGRET "RACCONTATO" DA PINTER E NON SOLO...

Grande. Anzi grandissimo. Lo abbiamo citato più volte qui su Simenon-Simenon sia nei post, sia riproponendole sue opere (qualche volta addirittura, indegnamente, giocandoci) . Stiamo parlando di Ferenc Pintér, indiscutibilente l'autore delle più belle copertine del Maigret targato Mondadori. Certo con sempre davanti la faccia del nostro commissario televisivo, Gino Cervi, ma la sua arte, la sua sensibiltà, la sua capacità di rendere con pochi tratti e qualche macchia di colore il personaggio, sono a nostro modesto avviso, insuperabili e hanno creato degli orginali capolavori.
E anche la cabala ci ha messo del suo. Infatti Pintèr è nato insieme a Maigret, nel 1931, nello stesso anno in cui veniva lanciata la serie dei Maigret con il famoso Bal Anthropométrique.
Il piacere di parlare ancora una volta di questo artista ce lo fornisce l'uscita di Tutti gli Oscar di Pintér per i tipi della Little Nemo, un volume curato da Santo Alliago che comprende ben 800 copertine create dal grande illustratore per la famosa collana mondadoriana (prezzo 35 euro)
Vale ricordare che Pintér italiano, di Alassio, ma che, a nemmnon dieci anni, si trasferì in Ungheria per dei problemi di salute del padre che infatti morì di lì a qualche anno. Nel '56, durante la rivolta ungherese contro l'invasione russa, riuscì a fuggire da Budapest e a tornare in Italia dove dal 1960 iniziò a lavorare per Mondadori.
La sua inconfondibile mano non si cimentò solo su Maigret, ma i suoi quadri (scusate, ma noi quelle copertine le consideriamo dei veri e propri quadri), per gli appassionati del commissario simenoniano, costituiscono un'icona nel loro immaginario collettivo, e questo libro dà l'occasione a chi, per ragioni anagrafiche ha conosciuto solo quelli di Adelphi, di scoprire l'universo creativo di Pintér che oltretutto si attaglia perfettamente allo stile di Simenon. Anche lui riesce a creare con pochi essenziali tratti un 'atmosfera coinvolgente. La stessa capacità dello scrittore di individuare quei particolari che ci raccontano una storia. Anche lui, come l'autore, esprimendosi senza ridondanze è capace di realizzare un opera completa che non manca di nulla, ma dove non c'è una pennellata di troppo.
Tutti gli Oscar di Pintér, completa tra l'altro la triologia della Little Nemo sul grande illustratore, scomparso nemmeno quattro anni fa', aggiungendosi a Tutti i Maigret di Pintér e a Tutti gli Omnibus Gialli di Pintér formando, con i contributi di Ferenc Pintér, Antonio Pintér, Stefano Salis, Vittore Armanni e Massimo Romano, il confanetto Ferenc Pintér (al prezzo speciale fino al 3 marzo di 99 euro invece di 130).
Chiunque volesse, potrà acquistarli on line. Cliccare qui

giovedì 26 gennaio 2012

SIMENON. MAIGRET CATALOGATO COME MOZART?

L'eclettico Steve Trussel
La catalogazione è un importante strumento per tutti gli studiosi di un certo ambito. Tanto per fare un esempio, potremmo citare quello delle opere di Mozart. Sì, Wolfgang Amadeus Mozart le cui creazioni  furono catalogate dal musicologo austriaco Ludwig Ritter Von Köchel. Da qui la cifra alfa-numerica che precede il nome delle compsizioni mozartiane: come il Rondò in si bemolle maggiore siglato K 269, dove K sta per Köchel e 269 indica la collocazione cronologica.
Pochi lo sapranno, ma esiste anche una catalogazione per le inchieste del commissario Maigret, romanzi e racconti. Questa è dovuta all'eclettico ed enciclopedico Steve Trussel che ha ideato un sistema in inglese che si basa però sui titoli orginali in francese. La classificazione in questo caso non ha nessun ordine cronologico. Dal titolo originale vengono estratte tre lettere, che nel titolo sono consecutive e ritenute significative e non si tratta quindi nemmeno di acronimi. Queste sigle vengono poi ordinate alfabeticamente dal 1° AMI per Mon ami Maigret del '49, fino al 103° VOY per Maigret voyage del '57.
Va sottolineato che le sigle sono in maiuscolo per i romanzi, ma variano e sono invece tutte in minuscolo per i racconti. Ad esempio la sigla del 91° Stan le tueur, racconto del '37 è sta, tutto minuscolo. Qualche altro esempio. Al numero 52 troviamo LOG, Maigret, Lognon et les gangsters, sempre romanzo del '51, al 13° posto c'è ceu che corrisponde al racconto Ceux du Grand Café del '38.
Non è proprio quella che si definisce una catalogazione intuitiva. Sembra piuttosto un codice a chiave. Il primo Maigret (almeno convenzionalmente) Pietr-le-Letton pubblicato nel '31, lo troviamo al 50° posto come LET e l'ultimo Maigret et Monsieur Charles del 1972 è 14° e siglato CHA.
Ma come in tutte le discpline, nulla è immobile e immutabile. Nulla vieta che qualcuno, chssà un italiano, elabori una nuova e diversa (speriamo meno criptica) classificazione che magari potrebbe includere tutte le opere di Simenon, compresi i romanzi e la letteratura popolare. Chi se la sente, faccia un passo avanti.
Per chi volesse l'elenco completo (con evidenziate in rosso le lettere che formano la sigla) può cliccare qui su Catalogazione Trussel.

mercoledì 25 gennaio 2012

SIMENON NON DIVENTA AMERICANO PER IL MACCARTISMO

Il senatore americano Joseph McCarthy
Si parla sempre di un Simenon tutto sommato conservatore. Meglio potremo dire che è stato spesso identificato come un conservatore silenzioso. Quasi mai ha espresso giudizi politici specifici (a parte la sua insofferenza nei confronti del generale De Gaulle). I suoi trascorsi come giornalista alla Gazzette de Liége un giornale di destra, le sue condizioni di ricco e agiato borghese dalle frequentazioni di livello, il suo dossier del Fronte Nazionale di Liberazione francese per i suoi contatti (e gli affari) durante l'occupazione con la Continental, società di produzione cinematografica di fatto in mano al ministero della propaganda nazista. Insomma tutti fatti indiscutibili che sembrerebbero deporre a favore della sua collocazione in un'area conservatrice.
In realtà se andiamo a scavare un po' più di più, ci accorgiamo ad esempio che durante la guerra fece prima il Commissario per i rifugiati  del Belgio che sbarcavano in Vandea e che poi fu messo sotto inchiesta dai collaborazionisti francesi perché il suo cognome Simenon, derivava da Simon, un nome evidentemente ebreo. E faticò non poco a salvarsi, dovendo attacarsi alle ascendenze prussiane da parte della madre, Henriette Brulls. Non va poi dimenticata la sua dura posizione contro il colonialismo, su cui scrisse diversi reportage. E poi nei suoi romanzi i protagonisti sono molto spesso gli ultimi nella scala sociale, quelli per cui parteggia lo scrittore, in contrapposizione con certa borghesia parassitaria, ipocrita, attenta solo al proprio profitto, alla propria rispettabilità. E poi Maigret. Il suo soprannome "riparatore dei destini" è nei fatti una dura contestazione del sistema, in questo caso quello giudiziario. Un funzionario dalla lunga esperienza come Maigret, sa che non sempre la legge coincide con la giustizia. E allora certe volte non dà peso ad una prova, ignora una testimonianza e, quando decide lui, il colpevole materiale finisce per farla franca. Perchè il commissario reputa (ma questo è ovviamente quello che pensa Simenon) che certi colpevoli non lo sono affatto, sono anzi vittime della società, di condizioni cui non possono ribellarsi, spesso messi al muro da un destino che non dà loro altra scelta. E allora, siccome il commissario sa che spesso la legge e l'iter processuale sono ottusi, e non tengono conto di quelle che non siano prove tangibili e i fatti incontrovertibili, ci pensa lui ad "accomodare i destini".
E inoltre va anche segnalata l'esperienza del periodo del maccartismo negli Usa a cavallo degli anni '40 e '50. Simenon aveva fatto domanda di naturalizzazione da poco, proprio quando si alzava  l'onda della caccia alle streghe da parte del senatore Joseph McCarthy e della sua commissione nei confronti dei comunisti americani o presunti tali.
Accuse portate senza prove o peggio con prove false. Questo colpì molto Simenon che si era fatto dell'America l'idea di un paese libero dove professioni di pensiero, religiose e politiche avessero piena cittadinanza. E invece vide amici come Hammett, finire in prigione e ridotto al lastrico dalla confisca i tutti i suoi beni. Charlie Chaplin dovette partire per l'Europa. La caccia si concentrava soprattutto sul mondo dello spettacolo e della cultura dove le simpatie per le idee della sinistra erano piuttosto diffuse. Simenon vide alcuni colleghi, amici e conoscenti, confessare reati inesistenti, accusare altri colleghi. Altri invece tennero duro a costo di non riuscire più a lavorare, nel migliore dei casi, o di finire spesso in manette.

Simenon e la moglie Denyse nella loro casa, Shadow Rock Farm
Ecco come Simenon stesso ricorda quel periodo nelle pagine di Mémoires intimes.
"... Nella primavera del '51, in pieno disgelo, mentre i nostri ruscelli si trasformavano in torrenti, un certo senatore McCarthy otteneva dal Senato la presidenza di una comissione incaricata di giudicare numerose personalità accusate di sovversione, vale a dire di attività non conformi all'interesse del Paese. Le sedute di questa commissione, eretta a tribunale, venivano integralmente trasmesse per radio e alla televisione, e ho passato giornate intere a seguirle davanti al mio apparecchio. Quel periodo è rimasto tristemente famoso sotto il nome di caccia alle streghe..."
Simenon fu colpito particolarmente dall'audizione di Oppenheimer, docente di fisica all'Università di Princeton, braccio destro di Einstein, che aveva collaborato di persona alla messa a punto della bomba atomica di Hirohsima.
"... decine di intellettuali e di artisti rinomati si succedettero davanti al collerico senatore dalla voce tonante. Quella vicenda mi appassionava e io e D, quando ci allontavamo da casa, seguivamo i processi in macchina alla radio... Avevamo già parecchi amici a Lakeville, ma di questa cosa non si parlava mai, come se ciascuno di noi avesse paura di compromettersi.... Quello che davvero mi sbalordiva era che la sua caccia alle streghe potesse aver luogo nella libera America, di cui conoscevo quasi a memoria la Costituzione e il famoso discorso di Lincoln... ce l'avevo con McCarthy e con i suoi simili perché sporcavano la "mia" America... ho rinunciato alla domanda di naturalizzazzione, che forse mi era stata ispirata dall'atmosfera particolare di Shadow Rock Farm e dei suoi dintorni...".
Erano già anni tra il '52 e il '53. A marzo del 1955 Simenon abbandona gli Stati Uniti e ritorna definitivamente in Europa.
Non si può dire che la decisione fosse maturata in seguito alla tragedia del maccartismo, ma certo anche questo ebbe la sua influenza.

lunedì 23 gennaio 2012

SIMENON SIMENON IL 500° POST

Una breve nota sul post precedente che è il cinquecentesimo da quando abbiamo iniziato qesto blog a fine novembre del 2010.  Insomma un primo traguardo, simbolico certamente, ma che testimonia la ricchezza di argomenti che troviamo attorno a Simenon, ai suoi romanzi, alla sua vita e al suo inossidabile Maigret. E poi l'attualità che riguarda le uscite dei suoi libri, le manifestazioni a lui dedicate, anniversari e quant'altro, non fanno che aumentare la mole di argomenti da trattare.
Simenon Simenon si è dato anche l'obbiettivo di far conoscere meglio il romanziere, l'uomo, per riuscire a stabilire un nesso sempre più stretto tra l'autore e le sue opere. Questo soprattutto per capire meglio i suoi romanzi, conoscere i retroscena e le motivazioni delle sue scelte letterarie nonché la genesi di un personaggio come Maigret.
Grazie anche a tutti quelli che ci hanno seguito, sempre più numerosi nelle loro visite, e che ci hanno dato il sostegno per continuare ed arrivare a questo cinquecentesimo post.

SIMENON. IL ROMANZO, IL NOIR, LA STORIA....

Un corposo articolo a firma di Giuseppe Genna è comparso ieri sulle pagine dell'inserto La Lettura del Corriere della Sera, titolato Il romanzo oltre la storia, ovvero Svolte. Una nuova rappresentazione del reale (crisi compresa) per superare i canoni del noir.
In qualche modo si torna a dibattere dunque sul tema della letteratura noir. Ce ne occupiamo perché più volte Simenon è stato tirato per i capelli, ma non sempre a torto, nel recinto del noir e poi perché quella del noir-non noir è una discussione su cui sono rimasto a lungo coinvolto. 
Genna parte da un'analisi sia sul ruolo della Storia nel romanzo, anche quello noir, citando quello che definisce "maestro del genere nero", James Ellroy. Riporta l'incipit infatti dell'ultimo volume della triologia della storia sotterranea americana, come la definisce lo stesso Ellroy, Il sangue é randagio. Poi passa in rassegna i nomi italiani del giallo (noir, crime fiction o thriller che sia) partendo da De Cataldo, Carofiglio, fino a Lucarelli, che, a suo avviso, avrebbero dei "debiti stilistici nei confronti di Ellroy.
Qui la nostra prima osservazione. La capacità di intrecciare la storia, con personaggi realmente esistiti, con la fiction romanzesca (magari realistica) e con le proprie ossessioni è un cifra stilistica dello scrittore americano così originale che non ci pare che, anche fatti i dovuti distinguo, si possa in qualche modo riprorre per i succitati scrittori italiani. E' la base, direi culturale, di un paese come l'America che genera scrittori come Ellroy. Sappiamo quanto la nostra narrativa si porti sulle spalle un fardello (o si giovi di invidiabile substrato) di esperienze culturali e letterarie stratificate che partono dalla letteratura latina e transitano per Dante, Manzoni, Leopardi, tanto per buttare lì qualche nome in modo casuale. E questo, a mio avviso, è al tempo stesso un background che arricchisce, ma che condiziona chiunque si metta a scrivere.
Gli americani non hanno questa fortuna. Ma d'altra parte godono di una sorta di "memoria corta" che somiglia molto ad una tabula rasa che non comporta condizionamenti e lascia più libero il narratore da riverenze anche inconsce. Questo, a nostro avviso, fà la differenza. C'è una leggerezza e una naturalezza con cui si pongono davanti alla storia, con una capacità di critica a volte violenta (ed Ellroy ne é un esempio lampante) con cui taluni scrittori affrontaano le istituzioni, la società, la mentalità dominante. Questo non è certo applicabile a tutta la letteratura made in Usa e tanto meno è garanzia di buona letteratura, ma si tratta di un fatto che va considerato.
"Il trhiller seriale non incanta più" scrive Genna. su questo siamo d'accordo. Alcuni (troppi?) scrittori sono entrati in quella macchina industriale editoriale che li trasforma in ingranaggi. Vogliamo fare un esempio concreto? John Grisham e Scott Turow, quasi coetanei, entrambi avvocati "prestati" al mystery, come dicono negli Usa, iniziano a scrivere entrambe nel 1987, i  romanzi di tutti e due sono diventati anche film di successo, ma...  Ma Grisham dal '87 al 2010 ha scritto venticinque romanzi. Turow nello stesso periodo una decina. Questo vuol dire che il primo ha scritto almeno un romanzo all'anno, il secondo ha pubblicato un romanzo ogni due anni mezzo circa. Questione di ispirazione? Ricchezza creativa e  velocità di scrittura? Certo, ognuno ha i suoi tempi. Ma uno scrittore che ogni anno presenta regolarmente la sua nuova opera, ci fa pensare più alle esigenze di una programmazione editoriale che non ad una genuina impellenza di creare.
Non possono mica essere tutti dei Simenon, che tra Maigret e romanzi arrivava a scrivere mediamente quattro titoli all'anno! Ci si scusi l'osservazione partigiana. Ma il dubbio rimane. Certo anche Simenon è stato a lungo tacciato di essere uno scrittore dai ritmi industriali (era soprannominato addirittura il Citroen della letteratura), e anche dai romanzi di Simenon sono stati tratti dei film (una sessantina).
Quello che intendevo dire è che molti scrittori di oggi sembrano ormai troppo funzionali alla grande industria dell'entertainment dove lo show business miscela letteratura, cinematografia, televisione, videogame, web applications. E gli scrittori vengano spremuti in nome del successo, delle vendite, del profitto. Questo negli Usa è ormai consuetudine e se il mystery o il noir non tirano più vanno contaminati con quel tanto di fantasy, horror o di sci-fi a seconda delle tendenze e delle mode del momento. E alla fine certa produzione letteraria finisce per seguire gli stessi criteri dei film o dei serial televisivi...  Ecco che allora quando Genna si chiede "..il thriller seriale non incanta più, le classifiche languono per autori come Grisha e Cornwell..." non fa che confermare l'avvicendamento veloce che lo show business di cui parlavamo prima impone, che accomuna tanto i serial televisivi quanto gli scrittori che non tirano più.
Quello che ci risulta più difficile è cogliere quella linea di continuità che Genna vede tra il fantasy-horror di certo Stephen King e il crime novel di Ellroy, facendo un parallelo tra il nostrano Camilleri nella sua versione di scrittore "storico" e in quella di autore del famoso Montalbano. Insomma tra quello che Genna definisce genere storico e quello identificato come nero ci sarebbe un'indossolubilità per confermare la quale chiama in causa il Theodor W. Adorno della famosa scuola di Francoforte.... continua qui >>>