"... mi piacerebbe creare i mei personaggi con un maggior peso, più tridimensionali... Tento di rendere ciascuno di loro pesanti come una statua e fratelli di tutti gli uomini della terra...". Lo diceva Simenon nel '58 in una conferenza a Bruxelles. E' una parte importante degli obiettivi dello scrittore che la considerava come una sorta di vocazione. E lo aveva affermato esplicitamente più volte. Se non fosse riuscito nell'intento di raccontare la realtà e l'uomo così come sono, nudi e crudi, tutta la sua opera non sarebbe servita a niente.
In realtà ci è riuscito benissimo e non siamo soli in questa valutazione. A tale proposito la professoressa universitaria Marie-Paul Boutry nel suo Les 300 vies de Simenon (C.M. du Garde éditeur - 1990) scrive "... si legge Simenon un po' come lui scrive, ciascuno vi ritrova ombre, luci e riflessi della propria vita. Questo immenso universo simenoniano, dove volteggiano dei geni inquieti, senza riferimenti e senza illusioni su sè stessi, costituisce una delle più magistrali raffigurazioni del nostro secolo..."
A distanza di oltre vent'anni quest'affermazione non è sempre condivisa. O perlomeno c'è ancora chi trova degli alti e dei bassi nella produzione simenoniana e, per esempio, non riesce a non considerare tutto il cotè Maigret come una zavorra che abassa il livello dell'intera produzione. Indubbiamente ci sono dei romanzi meglio riusciti ed altri meno. Ma questa è un'ovvia considerazione, resa ancor più banale da una produzione tanto imponente. Quello che ci interessa qui è però analizzare quanto della sua opera abbia una presenza viva e quanto influenzi ancora oggi la letteratura. Il tema è di quelli che fanno tremare i polsi e oltrettutto questa sede non è la più idonea ad approfondire in modo esausitivo l'argomento. Ma ci sembra doveroso accennare alcune considerazioni...
• Primo. E' un fatto che la presenza dei suoi titoli tra i
best-seller più venduti ancora oggi sia una testimonianza della sua
modernità. La sua prosa asciutta e stringata fa ancora larga breccia in
un publico trasversale ed eterogeneo. Il suo tratteggiare personaggi,
vicende e atmosfere con poche parole è sulla lunghezza d'onda del
linguaggio odierno sempre più conciso e sintetico.
• Secondo. E'
vero. Simenon nelle sue storie è sempre alla ricerca dell'uomo nudo,
come spiegava lui stesso, l'uomo al netto di sovrastrutture, convenzioni
e condizionamenti sociali. Ma per fare questo passa inevitabilmente
attraverso un'analisi delle caratteristiche sociali, della mentalità
dominante, dei meccanismi che producono disuguaglianza ed
emarginazione.. Con questo questo non vogliamo etichettare l'opera di
Simenon come sociologica, ma evidenziare, come, a nostro avviso, questo
aspetto non viene sufficientemente sottolineato e come, oltre l'uomo,
anche la società e le sue dinamiche entrano nel mirino dello scrittore. E
pure questo lo avvicina ad una sensibilità odierna dove è sempre più difficile per un autore estraniarsi dalla realtà
.
• Terzo. Simenon non è ancora considerato un classico,
accademicamente parlando, ma una sorta battitore libero, di livello
certo, ma che non ha conseguito una consacrazione definitiva. E' forse
ancora considerato troppo isolato e nemmeno capostipite di una scuola o
di un romanzo simenoniani. Molto spesso, analizzando un romanzo di un
nuovo autore, in questi anni si è scritto "... e poi, come Simenon, dimostra un capacità di....".
Ma, a quanto ci risulta nessuno è considerato un suo erede. Non si
contano le affermazioni che al tempo definirono Simenon "il Balzac del
'900".
Nessuno scrittore è stato etichettato come "il Simenon del 2000".
Qualche
suo tratto stilistico, un certo suo approccio alle storie, alcuni suoi
temi, li ritroviamo singolarmente qua e là in diversi autori. Ma sono
tutti "pezzetti" di Simenon che vanno a... concimare le opere di alcuni
scrittori. Ma la sua globale espressione letteraria non ha generato
eredi.
• Quarto. In questo essere solo, conta probabilmente anche la sua naturalezza, diremmo quasi disinvoltura, a passare dalla
letteratura alta a quella più popolare (divisione tipica della critica italiana).
Anche quel ritrovarsi a suo agio su vari registri, altra capacità rara
da trovare ed evidentementte anche da replicare, per qualcuno è lungi da
essere un talento e considerato una versatilità non positiva.
Ci
sarà chi ci rimproverà di aver sbrigativamente archiviato la domanda
posta all'inizio, ma speriamo comunque di aver fornito spunti per
riflessioni, per critiche e per precisazioni, magari utili anche per un
eventuale
dibattito.
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