giovedì 28 febbraio 2013

SIMENON. MAIGRET/GAMBON MADE IN G.B. IN DVD


Per tutti quelli che volessero ampliare la loro conoscenza delle interpretazioni del commissario Maigret, segnaliamo che la britannica Acorn, ha messo sul mercato i dvd della serie completa dei Maigret prodotta in Gran Bretagna, con protagonista Michael Gambon. Si tratta di dodici episodi, trasmessi tra il '92 e il 93 dalla ITV.
Come in Francia dopo la serie interpretata da Jean Richard arrivò quella di Bruno Crémer, così in Gran Bretagna dopo il famoso Rupert Davies, che negli ani '60 portò sul piccolo schermo inglese il commissario francese, arrivò Michel Gambon.
Per chi volesse acquistare l'intero cofanetto che l'Acron mette in vendita on-line a circa 60 sterline, basta cliccare sull'mmagine in alto di questo post, per arrivare alla pagina dove si può ordinare la collana.
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Attenzione - Come potrete leggere nel commento qui di seguito di Murielle Wenger, questi DVD sarebbero visibili solo per la zona 1 (Canada e Usa)... 

SIMENON - GIORNALISTI, UN RAPPORTO DIFFICILE

"...Io ce l'ho sempre avuta con i giornalisti...". Simenon nato giornalista, precocemente (a sedici anni già lavorava a "La Gazette de Liége"), e poi collaboratore di tanti giornali a Parigi, polemista, autore di reportage, intervistatore sulle pagine di quotidiani e settimanali, in uno dei suo Dictées degli anni '70 mette sotto tiro i suoi ex-colleghi.
Ma che cosa significano quelle parole? Ecco come continua il suo sfogo.
" ... La maggior parte di loro fà bene il proprio mestiere, ma è il mestiere stesso che mi pare "falso". Non è in una conversazione di un'ora che si può rendere un'idea vera di qualcuno, del suo carattere, della sua concezione della vita. Ci si appiglia ai dettagli più pittoreschi che poi, estrapolati dal contesto, suonano falsi...".
Questa precisazione mette più a fuoco la frase d'apertura. Simenon non ce l'avrebbe con i singoli giornalisti, ma con il mestiere che esercitano. Mestiere che come abbiamo detto lui conosceva bene. D'altronde questo è perfettamente in linea con la sua continua ricerca di approfondire la conoscenza dell'animo umano, di scrivere, viaggiare e vivere in funzione della scoperta di quel famoso "uomo nudo", che era l'essenza più profonda e naturale comune a tutti gli uomini di ogni razza e latitudine. E' chiaro che tutto questo cozza con l'esigenza del giornalista che spesso in poche ore, a causa dell'attualità, si vede commissionato un pezzo, che deve realizzare in fretta da consegnare subito in redazione, affinché sia dato alle stampe con tutto il giornale.
Superficialità contro approfondimento. Fretta al posto di concentrazione.  Obbligo di essere brillanti e originali anche se il risultato potrebbe essere banale e consueto.
Eppure non stiamo parlando di uno scrittore lento nel comporre. Le sue ottanta pagine al giorno (sia pure in gioventù) o comunque la sua media di quattro/cinque romanzi all'anno ci testimoniano l'abitudine a lavorare in fretta e scrivere molto velocemente (anzi troppo, gli veniva rimproverato dalla critica). 
Ma qualche appunto da fare ai giornalisti ce l'ha lo stesso. Ammette che diversi di quelli che vanno ad intervistarlo sono spesso preparati, sanno tutto della sua vita, hanno letto i suoi libri, vogliono vedere il suo ufficio, la sua scrivania e magari toccare i suoi oggetti, le pipe, i libri...  Ma in un 'intervista dell'81 a Raphael Sorin per Le Monde, c'é una frase che suona quasi inappellabile: "...dopo (l'intervista) quasi tutti, scrivono delle cose incredibili su di me. Parlano di un Simenon che io detesto...".

mercoledì 27 febbraio 2013

SIMENON. 1933, SAVINO PRIGIONIERO DELLA... GABBIA DI VETRO

E' un esempio illuminante. Come veniva percepito Simenon nei primi anni trenta, sia in Francia che all'estero? Lo spunto per questa riflessione ci viene dalla rilettura della prima versione italiana de L'Affaire Saint-Fiacre, pubblicato da Fayard nel febbraio del '32 e sollecitamente tradotto e pubblicato in Italia dalla Arnaldo Mondadori Editore (allora ancora a Verona) nel giugno del 1933.
Nella terza di copertina c'é una postfazione-presentazione dello scrittore da parte di un'intellettuale che averebbe fatto parlare di sé nel nostro paese, Alberto Savino. All'uscita del libro, Savino era tornato in Italia dopo circa sei anni di soggiorno a Parigi. Aveva quindi assistio alla nascita, al lancio e al successo della serie Maigret e non poteva non consocere l'emergente Sim diventato in quegli anni Simenon.
Bene, Savino di rientro dalla capitale francese, inizia a scrivere per La Stampa e altre testate. Ma quello di cui ci interessa parlarle oggi è quello che scrisse allora su Simenon. Intanto fa risalire l'esordio di Simenon all'episodio del romanzo scritto nella gabbia di vetro, un exploit che nel 1927 doveva servire all'editore Eugene Merle per lanciare il suo nuovo quotidiano Paris-Matinal. Ma quell'exploit, a lungo progettato e pubblicizzato, alla fine però non ebbe luogo. E nonostate le smentite e le precisazioni, l'evento fu invece dato come effettivamente accaduto e molti cronisti caddero nella trappola di raccontare una cosa mai successa. Lo stesso Savino cadde nel trabocchetto e raccontò in questa post-fazione, quell'inesistente performance, fornendo anche alcuni dettagli.
Poi passò a spiegare cosa fossero quegli strani racconti polizieschi che non si omologavano alla letteratura di genere che al tempo aveva diversi eroi di successo.
"... La caratteristica di questi libri è che essi creano un nuovo tipo di romanzo poliziesco: il romanzo poliziesco borghese. Qui non c'è eccesso di terrore, il delitto ci scappa sì, ma è delitto modesto e niente affatto singolare.
Non si resta con il fiato sospeso... No  - e continua Savino  - E quanto al commissario Maigret esso è un borghese grasso e bonario, una specie di papà senza figli, un moralista che fuma tabacco popolare, porta le scarpe con l'elastico, si sente a disagio negli ambienti di lusso... odia il cosmopolitismo, compie il suo lavoro di ricerca più per dovere di funzionario che per sete di scopritore, e che se affretta la soluzione dell'inchiesta , lo fà soprattutto perché la cucina dei "Palaces" non gli conviene affatto, e smania di ritornare ai piatti casalinghi che gli prepara la moglie..."-.
Ovviamante non siamo d'accordo con alcuni punti di questa presentazione. Maigret non è affatto un moralista e il suo motto "comprendere e non giudicare" ne è la migliore dimostrazione.
Maigret compie le sue indagini, certo per dovere di funzionario, ma soprattutto perchè ha sempre viva la curiosità di scoprire gli ambienti, gli uomini e il loro animo, cosa che forse non aggiungerà molto al comissario, ma dà un notevole spessore all'uomo.
Maigret non è un frequentatore delle cucine dei "Palaces", come scrive Savino, piuttosto un assiduo freqentatore della Brasserie Dauphine, in particolare, ma di bristrot e altre brasserie, durante le indagini svolte sul campo. E' evidente che apprezza la cucina di M.me Maigret, ma non correrebbe mai sbrigativamente alla soluzione di un caso, per non perdersi un piatto della cuncina casalinga.
Certo è facile fare questi distinguo ottanta anni dopo che è stata scritta questa presentazione, soprattutto quando allora erano usciti in Italia solo una decina di  Maigret (mentre noi abbiamo a disposizone tutta la serie), e soprattutto Simenon ancora non si era scoperto il grande romanziere che oggi tutti conoscono.

Vedi nella colonna di sinistra  Simenon-Simenon Souvenir - I post che avete perso: SIMENON E LE LEGGENDE METROPOLITANE. IL CASO DEL ROMANZO SCRITTO NELLA GABBIA DI VETRO

martedì 26 febbraio 2013

SIMENON. TUTTI PER UNO, NUOVA BIOGRAFIA... COLLETTIVA

Una nuova biografia collettiva per Simenon, edita da L'Edition de L'Herne ha fatto la sua apparizione. Il curatore Laurent Moulin, nome conosciuto dagli studiosi di Simenon, nonché responsabile del Fonds Simenon di Liegi, ha messo insieme praticamente i nomi dei più illustri e qualificati "simenonologi", da Pierre Assouline a Michel Carly, da Bernard Pivot a Michel Lemoine, da Danielle Bajomée a Bernanrd Alavoine, inserendo inoltre nomi nuovi nell'intento di proporre qualcosa che già non fosse già stato pubblicato sullo scrittore belga (cosa che sembrerebbe impossibile). Inoltre compaiono delle testimonianze dei contemporanei di Simenon, come Cocteau, Henry Miller, Max Jacob e Federico Fellini, ma anche di letterati d'oggi con Jean-Philippe Toussaint o Philippe Delerm. Ed infine una ricca sezione dedicata alla corrispondenza del romanziere con intellettuali e amici dell'epoca.
Interessanti anche le testimonianze dirette di Simenon, come la trascrizione della famosa intervista di Pivot nel 1981 in un'indmenticabile puntata della trasmissione televisiva francese Apostrophes. Il volume, della collana Cahier
de L'Herne, intitolato semplicemente Simenon, è poi arricchito da alcuni scritti inediti che ovviamente susciteranno grande interesse tra studiosi e appassionati.
Così a 110 anni dalla sua nascita si continuano a sfornare studi e biografie su quello che ormai, a nostro avviso, va considerato uno dei nomi di spicco della letteratura mondiale del '900. Anzi, azzarderemmo di più. A questo punto, vista l'attualità del personaggio per quanto riguarda la critica, riscontrato l'ottimo livello di vendite all'uscita di ogni suo titolo, e considerando le nuove edizioni delle sue opere (sia quelle che sono da poco uscite o quelle che sono state programmate in vari paesi del mondo), potremmo affermare che Simenon è stato anche un innovatore del romanzo. E questo è dimostrato sia dai temi trattati, sia dalle sue scelte linguistiche che dalla costruzione narrativa delle sue opere. Se coì non fosse tutti questi elementi non sarebbero ancora oggi tanto attuali, anche se dalla stesura di alcuni suoi romanzi sono ormai passati quasi ottant'anni (per la precisione ottantadue anni dai primi "Maigret", che per esepio in Italia alla loro ennesima uscita si piazzano ancora tra i titoli più venduti). Insomma questo cahier Simenon non può che sancire, ancora una volta, la sua statura e la sua originalità.

lunedì 25 febbraio 2013

SIMENON IL RITORNO NELLE CLASSIFICHE

"...L'eterno Simenon spopola con un volume di settant'anni fa'..."  (sommario/occhiello  de "La Lettura del Corriere" della Sera di ieri).
"... Simenon perdona Pansa no. ... L'unico a salire tra i primi 10 è Simenon..." (Titolo ed estratto del commento di Luciano Genta alle classifiche su "TuttoLibri" de La Stampa di sabato). 
Ma passiamo dalle parole ai numeri. Ed iniziamo dall'inserto cullturale del quotidiano torinese che l'altro giorno riportava Le signorine di Concarneau, all'ottavo posto della Top Ten e al quinto nella sezione Narrativa Straniera (elaborazione Nielsen Bookscan).
Domenica l'inserto dedicato ai libri del Corriere della Sera replicava la stessa classifica, sia per la Top 10  che per la Narrativa Straniera (anche qui elaborazione Nielsen Bookscan).  In "Cult", la classifica della sezione domenicale de La Repubblica (curata da Eurisko), Le signorine di Concarneau occupa l'ottava piazza della Narrativa straniera. Passando sulla vendita on-line, troviamo l'ultimo Simenon di Adelphi al sesto posto nella classifica I.B.S., al nono in quella di Amazon, al quinto in quella de La Feltrinelli on-line.

domenica 24 febbraio 2013

SIMENON. LA BUSTA DI PASCAL / 2

Ecco la seconda parte della short story del weekend, della serie "... magari come Simenon!" La prima è stata pubblicata ieri sabato 23 febbraio. Ricordate che, chi volesse pubblicare un racconto breve alla Maigret o che avesse a che fare con Simenon e la sua vita, potrà contattare Simenon-Simenon all'indirizzo mail simenon.simenon@temateam.com 
LA BUSTA DI PASCAL
di Maurizio Testa 
 
... Quando la sera prima si era alla fine deciso ad aprirla, vi aveva trovato una fotografia, dei soldi e un foglio scritto a mano.

La foto ritraeva Michelle e il direttore in una posa che non lasciava dubbi: avvinghiati su un letto, con addosso ben pochi vestiti... le rotondità e i capelli ramati di Michelle mischiati  ai baffi e alla pancetta del direttore. Erano loro due, inequivocabilmente.



Un po’ stordito da quella vista, poi Pascal aveva iniziato meccanicamente a contare i biglietti da cento, si era fermato a ventimila franchi… Poi aveva iniziato a leggere la lettera.

La calligrafia era quella del direttore, la riconobbe subito.

Mia amata Michelle, non so chi possa averti riferito tutte quelle menzogne. Per quale motivo vorrei licenziarti?  Per non averti più vicino? Lo sai che non potrei fare a meno di te. So bene che vorresti che lasciassi mia moglie, i figli... tutta la famiglia per dedicarmi solo a te. Ma, come ti ho già detto, questo non è il momento. Aspettiamo la mia promozione e la mia gratifica, poi ci trasferiremo a Parigi e lì potremo vivere insieme e finalmente felici. Sto cercando un’altra segretaria è vero, ma solo perché Jeaumont è oberato di lavoro. Dobbiamo avere la contabilità in ordine, un’ispezione che trovasse qualche problema comprometterebbe la mia promozione… e allora sì addio Parigi e al nostro futuro. Noi qui non possiamo nasconderci ancora per molto. Ti ringrazio per aver accettato di fare la corte a François, per fortuna tutto l’ufficio non parla  che di voi due e del vostro flirt…  Ma ti prego non spedire a mia moglie quelle foto. Ormai sono quasi due settimane che non mi parli e che non mi vuoi vedere. Non mi ami più? Io ti desidero come il primo giorno… Ti restituisco la fotografia. E questi soldi sono per quel collier che abbiamo visto insieme, è il mio pegno d’amore. Dimentichiamo questo momento… Facciamo che tutto torni come prima. Mia cara Michelle ti aspetto stasera, qui nel mio studio, alle otto, quando l’ufficio sarà deserto e poi cominceremo tutto da capo… Ti amo e ti aspetto…. Tuo Pierre”.

Era la risposta ad una minaccia o forse addirittura a un ricatto messo in atto da Michelle? Quei soldi erano un dono spontaneo o pagavano un silenzio?

Ma la busta evidentemente non era mai arrivata a Michelle che chissà come aveva interpretato quella mancata risposta? Indifferenza? Un modo di scaricarla?

E adesso lui cosa doveva fare? Consegnare busta e contenuto al commissario? Poi gli avrebbe chiesto come mai l’aveva lui… Già… e in quel modo sarebbe risultato che era solo lui a poter sapere che il direttore era da solo in ufficio alle otto. E se poi fosse sorto qualche dubbio sul suicidio? 
Ma come era finita quella lettera lì… Pascal proprio non  si capacitava. E adesso si pentiva di non averla lasciata lì.

Pascal era timido, ma un pavido. E non era stupido. Aveva tutto da perdere ora a consegnare quella roba.

E darla a Michelle? Non sarebbe servito a nulla. Ormai il suo amante era morto. Ma erano ancora amanti? Non è che a forza di fingere adesso lei era l'amante di François?  Consegnarla a lei non avrebbe cambiato nulla. Anche se lei avesse voluto ricattare Gobin, spedendo una lettera o delle foto alla moglie, adesso ormai non poteva più. Aveva in mano un’arma spuntata. Morto il marito, non serviva più a nessuno mettere tutto in piazza.

E i ventimila franchi?

Nel frattempo Bordin aveva convocato Michelle e François in una stanza attigua.  Si sentivano delle proteste… Pascal colse qualche parola “… Sì, va bene abbiamo una storia…. Perché che male c’è?.... No, il direttore non ne sapeva nulla… Che motivo avremmo avuto?... Commissario, lei non ha nessuna prova…  Mi dite chi prenderà il posto di monsieur Gobin?... Certo, faremo un accertamento sulla contabilità…”.

Pascal si chiese dove il direttore avesse preso quei ventimila franchi. Sperò che non li avesse sottratti all’azienda. E il contabile non se n’era accorto, o era d’accordo con lui? Comunque decise di non dire nulla. Si avviò alla sua scrivania. Ma non c’era niente da fare. Nessun foglio da battere a macchina, nessuna corrispondenza da preparare.
Non era arrivata ancora l’ora del pranzo che il commissario li spedì tutti a casa.

- Domani vi voglio tutti qui. Ricomincerete il vostro lavoro, ma avremo ancora da chiarire qualche punto… A domani.

Il giorno dopo il commissario Bordin era ancora lì, ma solo con un paio di ispettori, interrogarono a turno tutti quanti e verbalizzarono le dichiarazioni.

Dopo due giorni avevano ripreso il lavoro di routine. Niente di che, ma Pascal battè a macchina qualche lettera e preparò appena quattro buste da spedire.

Dopo una settimana arrivò un nuovo funzionario che avrebbe svolto temporaneamente le funzioni del direttore.

Anche lui parlò con tutti, ma di lavoro. Le notizie non erano buone, almeno a vedere le facce di quelli che uscivano dalla sua stanza. Per la precisione, parlò quasi con tutti, tranne che con Pascal Martin... ancora una volta era diventato trasparente. La cosa lo tenne sulle spine, almeno per i primi giorni.

Dopo due settimane arrivò il nuovo direttore. Un giovane rampante mandato da Parigi. E qui iniziarono i cambiamenti. Giunse un nuovo contabile che affiancò per un po’ Jeaumont che poi fu trasferito in una lontana filiale del sud. Dalla sera alla mattina non si ebbe più traccia di François né di Michelle. Solo dopo qualche giorno si seppe che erano stati licenziati.

Il nuovo direttore aveva un piglio militaresco, sembrava fresco fresco di un'accademia. Usciva spesso dall’ufficio in cui invece Gobin stava spesso rintanato e controllava di persona il lavoro dei dipendenti. Al posto di Michelle c’era una signora anziana, ben più grande di Michelle, decisamente più brutta e con una voce acida. Anche lei portava a Pascal pile di fogli da battere e man mano il lavoro riprese il solito ritmo. Anche lei gli dettava con durezza le scadenze, quasi come faceva Michelle... ma questa vecchia segretaria gli era molto antipatica. Comunque in quel piano Pascal era il solo sopravvissuto.

Una sera mentre usciva, Pascal incontrò il commissario.

- Salve Martin

- Salve commissario… come mai qui

- Devo incontrare il nuovo direttore… Ormai è chiaro e d’altronde Jeaumont ha confessato…

- Cioè?

- Cioè erano d’accordo. Al direttore servivano ventimila franchi, Jeaumont lo coprì, ma ne pretese diecimila…

- No!... monsieur Gobin…

- Già sembra che avesse dei debiti di gioco, scommesse clandestine, ma sa queste non sono cose facili da provare soprattutto se non si è dei giocatori incalliti…. In ogni modo perdere ventimila franchi al gioco non è poi così difficile… E comunque ormai è morto suicida...

Pascal rimase attonito pensando a quello che sapeva. Sospettava che c’entrava anche Jeaumont… ma sapeva che i soldi non servivano per i debiti di gioco.

- Ed è per questo che si è suicidato?

- Beh, sembra che stesse per arrivare un’ispezione da Parigi e che lui e Jeaumont non avrebbero fatto in tempo a rimettere in ordine la contabilità…

- Ah…

- Caro Martin, queste cose succedono di continuo nelle aziende… un caso tra tanti. Meglio un lavoro come il suo… uno non si accorge nemmeno delle cose che passano sulla sua testa. E la sera dorme tranquillo…

Si salutarono.

Pascal tornò a casa e quella notte non dormì tranquillo.

I ventimila franchi rimasero in quella vecchia scatola sopra l’armadio per diversi anni. Pascal lì tirò fuori solo dopo essere andato in pensione.

Ma la sua salute ebbe due gravi colpi, una polmomite cui riuscì bene o male a sopravvivere. Poi fu il turno di una pleurite. E a quella l’ormai vecchio Pascal non riuscì a resistere. 
Quando morì, la scatola era ancora piena di banconote, mancavano solo duemila franchi.