LA BUSTA DI PASCAL
di Maurizio Testa
... Quando la sera prima si era alla fine deciso ad aprirla, vi
aveva trovato una fotografia, dei soldi e un foglio scritto a mano.
La foto ritraeva Michelle e il direttore in una posa che non
lasciava dubbi: avvinghiati su un letto, con addosso ben pochi vestiti... le
rotondità e i capelli ramati di Michelle mischiati ai baffi e alla pancetta del direttore. Erano loro due,
inequivocabilmente.
Un po’ stordito da quella vista, poi Pascal aveva iniziato
meccanicamente a contare i biglietti da cento, si era fermato a ventimila
franchi… Poi aveva iniziato a leggere la lettera.
La calligrafia era quella del direttore, la riconobbe subito.
“Mia amata Michelle, non so chi possa averti riferito tutte quelle
menzogne. Per quale motivo vorrei licenziarti? Per non averti più vicino? Lo sai che non potrei fare a meno
di te. So bene che vorresti che lasciassi mia moglie, i figli... tutta la famiglia
per dedicarmi solo a te. Ma, come ti ho già detto, questo non è il
momento. Aspettiamo la mia promozione e la mia gratifica, poi ci trasferiremo a
Parigi e lì potremo vivere insieme e finalmente felici. Sto cercando un’altra
segretaria è vero, ma solo perché Jeaumont è oberato di lavoro. Dobbiamo avere
la contabilità in ordine, un’ispezione che trovasse qualche problema
comprometterebbe la mia promozione… e allora sì addio Parigi e al nostro
futuro. Noi qui non possiamo nasconderci ancora per molto. Ti ringrazio per
aver accettato di fare la corte a François, per fortuna tutto l’ufficio non
parla che di voi due e del vostro flirt… Ma ti prego non spedire a mia moglie
quelle foto. Ormai sono quasi due settimane che non mi parli e che non mi vuoi
vedere. Non mi ami più? Io ti desidero come il primo giorno… Ti restituisco la fotografia. E questi soldi sono
per quel collier che abbiamo visto insieme, è il mio pegno d’amore. Dimentichiamo questo momento… Facciamo che tutto torni come
prima. Mia cara Michelle ti aspetto stasera, qui nel mio studio, alle otto,
quando l’ufficio sarà deserto e poi cominceremo tutto da capo… Ti amo e ti
aspetto…. Tuo Pierre”.
Era la risposta ad una minaccia o forse addirittura a un
ricatto messo in atto da Michelle? Quei soldi erano un dono spontaneo o pagavano un silenzio?
Ma la busta evidentemente non era mai arrivata a Michelle
che chissà come aveva interpretato quella mancata risposta? Indifferenza? Un modo di
scaricarla?
E adesso lui cosa doveva fare? Consegnare busta e contenuto al
commissario? Poi gli avrebbe chiesto come mai l’aveva lui… Già… e in quel modo sarebbe risultato che era solo lui a poter sapere che il direttore era da solo in ufficio alle otto. E se
poi fosse sorto qualche dubbio sul suicidio?
Ma come era finita quella lettera
lì… Pascal proprio non si capacitava. E adesso si pentiva di non averla lasciata lì.
Pascal era timido, ma un pavido. E non era stupido. Aveva
tutto da perdere ora a consegnare quella roba.
E darla a Michelle? Non sarebbe servito a nulla. Ormai il
suo amante era morto. Ma erano ancora amanti? Non è che a forza di fingere adesso lei era l'amante di François? Consegnarla a lei non avrebbe cambiato nulla. Anche
se lei avesse voluto ricattare Gobin, spedendo una lettera o delle foto alla moglie, adesso ormai
non poteva più. Aveva in mano un’arma spuntata. Morto il marito, non serviva
più a nessuno mettere tutto in piazza.
E i ventimila franchi?
Nel frattempo Bordin aveva convocato Michelle e François in
una stanza attigua. Si sentivano
delle proteste… Pascal colse qualche parola “… Sì, va bene abbiamo una storia….
Perché che male c’è?.... No, il direttore non ne sapeva nulla… Che motivo
avremmo avuto?... Commissario, lei non ha nessuna prova… Mi dite chi prenderà il posto di
monsieur Gobin?... Certo, faremo un accertamento sulla contabilità…”.
Pascal si chiese dove il direttore avesse preso quei
ventimila franchi. Sperò che non li avesse sottratti all’azienda. E il
contabile non se n’era accorto, o era d’accordo con lui? Comunque decise di
non dire nulla. Si avviò alla sua scrivania. Ma non c’era niente da fare. Nessun
foglio da battere a macchina, nessuna corrispondenza da preparare.
Non era arrivata ancora l’ora del pranzo che il commissario li spedì tutti a casa.
Non era arrivata ancora l’ora del pranzo che il commissario li spedì tutti a casa.
- Domani vi voglio tutti qui. Ricomincerete il vostro
lavoro, ma avremo ancora da chiarire qualche punto… A domani.
Il giorno dopo il commissario Bordin era ancora lì, ma
solo con un paio di ispettori, interrogarono a turno tutti quanti e
verbalizzarono le dichiarazioni.
Dopo due giorni avevano ripreso il lavoro di routine. Niente
di che, ma Pascal battè a macchina qualche lettera e preparò appena quattro buste da
spedire.
Dopo una settimana arrivò un nuovo funzionario che avrebbe svolto
temporaneamente le funzioni del direttore.
Anche lui parlò con tutti, ma di lavoro. Le notizie non erano buone, almeno a
vedere le facce di quelli che uscivano dalla sua stanza. Per la precisione, parlò
quasi con tutti, tranne che con Pascal Martin... ancora una volta era diventato trasparente. La cosa lo tenne sulle spine, almeno per i primi
giorni.
Dopo due settimane arrivò il nuovo direttore. Un giovane
rampante mandato da Parigi. E qui iniziarono i cambiamenti. Giunse un
nuovo contabile che affiancò per un po’ Jeaumont che poi fu trasferito in una lontana
filiale del sud. Dalla sera alla mattina non si ebbe più traccia né di François né
di Michelle. Solo dopo qualche giorno si seppe che erano stati licenziati.
Il nuovo direttore aveva un piglio militaresco, sembrava fresco fresco di un'accademia. Usciva spesso dall’ufficio in cui invece Gobin
stava spesso rintanato e controllava di persona il lavoro dei dipendenti. Al
posto di Michelle c’era una signora anziana, ben più grande di Michelle, decisamente più brutta e con una voce
acida. Anche lei portava a Pascal pile di fogli da battere e man mano il lavoro
riprese il solito ritmo. Anche lei gli dettava con durezza le scadenze, quasi come faceva
Michelle... ma questa vecchia segretaria gli era molto antipatica. Comunque in quel piano Pascal era il solo sopravvissuto.
Una sera mentre usciva, Pascal incontrò il commissario.
- Salve Martin
- Salve commissario… come mai qui
- Devo incontrare il nuovo direttore… Ormai è chiaro e
d’altronde Jeaumont ha confessato…
- Cioè?
- Cioè erano d’accordo. Al direttore servivano ventimila
franchi, Jeaumont lo coprì, ma ne pretese diecimila…
- No!... monsieur Gobin…
- Già sembra che avesse dei debiti di gioco, scommesse
clandestine, ma sa queste non sono cose facili da provare soprattutto se non si
è dei giocatori incalliti…. In ogni modo perdere ventimila franchi al gioco non
è poi così difficile… E comunque ormai è morto suicida...
Pascal rimase attonito pensando a quello che sapeva. Sospettava che c’entrava anche Jeaumont… ma sapeva che i soldi non servivano per i debiti di gioco.
- Ed è per questo che si è suicidato?
- Beh, sembra che stesse per arrivare un’ispezione da Parigi
e che lui e Jeaumont non avrebbero fatto in tempo a rimettere in ordine la
contabilità…
- Ah…
- Caro Martin, queste cose succedono di continuo nelle
aziende… un caso tra tanti. Meglio un lavoro come il suo… uno non si accorge
nemmeno delle cose che passano sulla sua testa. E la sera dorme tranquillo…
Si salutarono.
Pascal tornò a casa e quella notte non dormì tranquillo.
I ventimila franchi rimasero in quella vecchia scatola sopra
l’armadio per diversi anni. Pascal lì tirò fuori solo dopo essere andato in
pensione.
Ma la sua salute ebbe due gravi colpi, una polmomite
cui riuscì bene o male a sopravvivere. Poi fu il turno di una pleurite. E a
quella l’ormai vecchio Pascal non riuscì a resistere.
Quando morì, la scatola
era ancora piena di banconote, mancavano solo duemila franchi.
Molto bella l'idea di creare un commissario che, pur sullo stile di Maigret, abbia altro nome, altra fisionomia e personalità. Penso di creare anch'io un commissario, sempre francese (perché vivo si mantenga l'omaggio a Maigret e Simenon), che sia diverso dal celebre Jules, ma che come questi abbia il suo ufficio al Quai des Orfèvre e propri collaboratori..
RispondiEliminalo si potrebbe quasi scambiare per un inedito di simenon!
RispondiEliminaGrazie dei complimenti, ma andiamoci piano con i confronti! E ricordiamoci che questa rubrica di racconti, non a caso, s'intitola "...magari come Simenon!"
RispondiEliminaPiedi ben piantati a terra e senso della realtà ben desto...
allora maiuscolizzo il QUASI!
RispondiEliminaAccetta tuttavia i complimenti per i post quotidiani e anche per questo ultimo racconto
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