martedì 16 settembre 2014

SIMENON SIMENON. QUANDO GEORGES SCRIVEVA GLI... SPIRITUALS !


"Duecentomila negri sono venuti per aprire il canale di Panama, centottantamila sono morti di di colera di peste e di altre malattie  tramesse dai bianchi. Restano ventimila negri sul canale di Panama...".
Questo è l'inizio di Panama Canal, uno spiritual scritto a quattro mani, musica di Gobert, parole di Simenon.
La canzone è inserita in Quartier Nègre, una delle tre opere teatrali del romanziere, e scritta in inglese. Quartièr Negre è una pièce in tre atti e diciassette quadri, tratta dall'autore dal suo omonimo romanzo (Gallimard - 1935). La piece debuttò nel dicembre del 1936 al Thèatre Royal des galeries Saint-Hubert.
Lo riporta un'intervista fatta da Maurice Pironi a fine settembre del 1982 in cui si parla di questa insolita veste del Simenon-paroliere il quale specifica:"... esiste anche un disco che dovrebbe essere custodito presso il Fondo Simenon...".
Ma la cosa non finisce qui perchè Simenon accenna ad altre parole di questo Panama Canal "... ora grandi navi passano sul canale di Panama, magnifiche, noi andiamo a mendicare e ci regalano qualche piccola moneta. Loro non sanno che siamo stati noi a costruire il canale di Panama...".
A questo punto Pironi chiede a Simenon se abbia scritto altre canzoni.
Ecco la risposta di Simenon
"Sì, sì. Il lungo spiritual negro, che è molto più importante, perchè ad un certo momento il mio protagonistra sposa una piccola negra e nasce un bambino e quindi c'è un battesimo negro (questo nella commedia)... e c'è un pastore che canta la canzone del battesimo che vi traduco approssimativamente: Il primo giorno Dio ha creato la terra, il sole e le stelle. Il secondo giorno ha creato gli animali, i pesci e tutti gli animali che ci sono sulla terra. Il terzo giorno ha creato il Negro e la canzone dei Negri ed è così che è nata la canzone dei Negri - e Simenon aggiunge - tutto il resto è su questo tema: Oggi noi abbiamo un nuovo piccolo Negro... Tutto è stato scritto nello stile degli spirituals negri, quello di New Orleans di cui allora ero appassionato".

lunedì 15 settembre 2014

SIMENON SIMENON. LE MISS CONTRO MAIGRET, OVVERO LA7 COLPEVOLE O INNOCENTE?

Abbiamo ricevuto e letto diverse indignate reazioni al fatto che l'emittente LA7 abbia sostituito sabato l'ormai consueto appuntamento con lo sceneggiato Maigret/Bruno Cremer, con una delle puntate di Miss Italia condotte da Simona Ventura.
Sappiamo che si trattava di un secondo appuntamento per l'emittente, visto che fino a due anni fa' la trasmissione era appannaggio della Rai. Ma forse lo scarso appeal dimostrato nelle ultime edizioni (che pure avevano registrato uno share intorno al 24%) aveva spinto viale Mazzini a cedere i diritti del format alla tv di Urbano Cairo. Se la nostra supposizione è giusta, quello che conquistava Miss Italia in Rai non era più nella media del suo share e quindi era diventata cedibile. Da parte sua LA7 aveva visto l'occasione di acquisire un programma che pure aveva un suo seguito e che magari, anche senza un gran successo, avrebbe assicurato uno share che per la media de LA7 non sarebbe stato malvagio (versione 2013 Miss Italia su LA7 al 5,5% dello share).
Veniamo infatti allo share. Tra le ultime puntate di Maigret, quella del 6 settembre é arrivata ad un 2,8%. La puntata di sabato di Miss Italia ha toccato  il 6,46%.
Come si vede si tratta di più del doppio.
La scelta della programmazione tiene conto dello share che è strettamente collegato con la pubblicità (sia per quantità che per il suo costo) che, per una televisione commerciale come LA7, è l'unico introito.
Insomma anche se si vocifera che Miss Italia 2014 sia stato un flop, in realtà è aumentata quasi di un punto percentuale rispetto all'altr'anno e ha raccolto mezzo milione di spettatori in più rispetto al Maigret/Cremer.
Mezzo milione di indignati e un milione che hanno seguito gambe, labbra, occhi, cappelli e altre cose della più bella tra le belle d'Italia.
Ai maigrettofili potrà non piacere, ma così va la vita... in tv.

sabato 13 settembre 2014

SIMENON SIMENON. INTERVISTA AL 12 DE AVENUE DES FIGUIERS

Siamo nel maggio del 1975. Georges Simenon  ha smesso di scrivere  da un paio di anni e il telegiornale di TF1 ha deciso di realizzare un'intervista con lo scrittore nella sua casa rosa a Losanna. L'inviato è Yves Mourousi che chiede allo scrittore di illustrare gli strumenti per la sua scrittura che si trovano ancora nel suo studio ma anche la presenza delle pipe, di due registratori, del perchè non vi siano quadri alle pareti e dell'assenza di una biblioteca. E' un Simenon molto invecchiato, che ha smesso di scrivere da tre anni, ma per il quale il terribile suicidio della figlia è ancora lontano.

venerdì 12 settembre 2014

SIMENON SIMENON... MANDATEMI SU UN ALTRA BIRRA/2

(segue da giovedì 11) - Maigret beve birra non solo per motivi legati al piacere del palato. Ad esempio, ordinare una birra può essere un segno di "protesta" del commissario, un modo per distinguersi, per imporre la sua "figura popolana", per marcare certe differenze di classe. 
Ad esempio, ne Le charretier de la Providence, Maigret, dopo che il giudice aveva interrogato Sir Lampson  " - un Clairfontaine Lagny, fiero della sue particelle-", come l'autore osserva con umorismo, citato in una discussione con sfumature snob così irritanti per Maigret che non può che affondare le mani nelle tasche con un gesto "più plebeo che naturale", poi va al caffè si lascia andare sul bancone e ordina un mezzo boccale, come per protestare contro i modi del giudice ... Ecco perché Maigret ama la birra che può consumare anche nei piccoli bar popolari, "...voleva un bicchiere di birra in un luogo dove potesse confondersi con persone comuni, che si prendono cura dei loro piccoli lavori quotidiani. "(Maigret chez le ministre); 
"... birra rinfrescante grazie alla quale riesce a poggiare di nuovo i piedi per terra. Quanto è piacevole ritrovare un vero bancone di zinco, la segatura sul pavimento, un ragazzo in un grembiule blu..." (Maigret et l'affaire Nahour).

E' anche un modo di imporre la sua presenza, il suo punto di vista, il non lasciar correre: per esempio, ne Le chien Jaune, quando arriva il sindaco per esprimere le sue rimostranze a Maigret: "Le ricordo che tutto è stato fatto in questo momento è di vostra responsabilità ...", cui Maigret semplicemente risponde: "...un demie, Emma..." ...  

O in Chez les Flamands: "...domenica, Maigret raggiunse al caffè l'ispettore Machere, che sedeva in compagnia delle autorità locali, a bere aperitivi all'anice - questa è l'occasione per un dialogo scoppiettante tra un solenne vicesindaco e un Maigret tutto intriso di ironia:
- Sa, che abbiamo parlato molto di lei in paese? 
- Sono entusiasta!  
- Voglio dire, abbiamo parlato negativamente. Il vostro atteggiamento è stato interpretato così  ...  
- Mezzo boccale, ragazzo! ben freddo! 
 - Beve birra a quest'ora? "

Ma "rifornimento di birra" è anche una sorta di "ammollo", come Maigret assorbe quello che lo circonda, immerso in un sogno, come una trance, che gli permette di scoprire la chiave l'enigma;
eccolo in Signé Picpus dopo la telefonata che ha passato al notaio di Saint Raphael: "..questa è la quinta, sesta birra e a poco a poco Maigret diventa gradualmente un altro uomo. Si direbbe che entri in azione, che tutte le sue facoltà diventino più acute e che proceda spedito con una forza tranquilla."

Una sola birra (o più d'una...), è poi l'elemento che scandisce la fine di un'indagine, quando "il dado è tratto" e non c'é altro da fare che il "ritorno nella vita di tutti i giorni... fino alla prossima indagine ...". Questo momento segna il finale di più di una pagina di romanzo:

"Voleva, in primo luogo, sedersi sulla terrazza della Brasserie Dauphine come la notte si era seduto, per un lungo periodo, ad un altro terrazzo.  

- Mezzo boccale... commissario?  
Come quando si rivolgeva con ironia, rispose, alzando lo sguardo:  
- Due "(Maigret tend un piège)

"Cinque minuti più tardi, al bancone del piccolo ristorante di famiglia, comandò:
- Birra ... Nel bicchiere più grande
che hai ... "(
L'ami d'enfance de Maigret))

" Lasciarono a piedi la questura e arrivarano in un piccolo bar familiare. [...]
- Che succederà, signor commissario? .
- Un grande demie. Il più grande che c'è ...
"(
Maigret et l'homme tout seul)

"Raggiunse Place Dauphine, dove due dei suoi colleghi stavano prendendo pastis. Fu tentato per un attimo, poi ordinò  

- Il più grande bicchiere di birra che avete ... "(Maigret et l'indicateur).

Murielle Wenger 

giovedì 11 settembre 2014

SIMENON SIMENON. ...MANDATEMI SU ANCORA UN'ALTRA BIRRA! /1


Maurizio si chiedeva l'altro giorno perché Maigret beve birra. Ha già dato qualche risposta, ma questo mi ha fatto venire voglia di andare ancora una volta a ripercorrere il corpus della opere per vedere non solo perché Maigret beve birra, ma anche in quali circostanze e per quali motivi. (m.w.)

Primo. La birra è la bevanda più frequentemente consumata da Maigret nel corpus (si vedano questi due studi 
http://www.trussel.com/maig/momseu.htm#bieres et http://www.trussel.com/maig/boisson-f.htm). Si potrebbe dire che è il suo  drink naturale. Naturalmente, beve anche altri alcolici, come il calvados, il brandy o il vino bianco al gusto dei terroir. Ma la birra è in qualche modo il suo consumo più consueto, è "le demie" ordinato al primo il primo bar che incontra. Ma è anche la bevanda che lo "marchia" che lo caratterizza come la sua pipa, così la birra... è  quindi un segno distintivo del commissario, conosciuto tanto come fumatore di pipa, quanto come amante della birra. Così sembra, ancora in incognito, all'inizio del romanzo  La danseuse du Gai-Moulin "... come un "grosso uomo, molto pesante. Il suo volto é placido e lui non ascolta il ragazzo che vorrebbe consigliargliene una. Si siede ad un tavolo qualunque - e ordina delal birra...".  
Lo ritroviamo seduto con suo nipote, davati ad una choucroute in  Mademoiselle Berthe et son amant : "... Maigret mangiava di gusto: ben sistemato, aveva un modo di trangugiare "le demie", così avidamente che avrebbe potuto fare pubblicità ad una marca di birra...". E infine, in questo mini ritratto disegnato dall'autore, la cui immagine potrebbe essere una copertina per un suo romanzo: "Maigret, stava semplicemente seduto sulla terrazza della Brasserie Dauphine, all'ombra della tenda a strisce rosse e gialle, davanti ad una birra ben spillata, fumava beatamente la pipa, attendendo l'ora del pranzo e di tanto in tanto aggrottando per un attimo la fronte rugosa..." (On ne tue pas les pauvres types).
 
La birra è di solito la prima bevanda cui pensa quando entra in un pub, gli viene spontaneo, lo fà "meccanicamente" come un abitudine, un tic che ripete  senza nemmeno accorgersene. Si può anche dire che si tratta di un "rituale" cui il commissario si adatta per esser in linea con il suo personaggio. Così, nella testa di un uomo, quando si trasferisce nell'hotel davanti al Citanguette, dove sorveglierà Heurtin, chiede al cameriere di farsì portare birra e tabacco grigio, due ingredienti senza i quali non può lavorare in modo efficace ...
La birra in confronto con altri alcolici, vanta una virtù particolare: ha il dono di essere rinfrescante, capace di placare la sete del commissario, molto meglio di altre bevande:
"- Che cosa posso servire, signor Maigret?
Birra, naturalmente! Aveva una sete di tracannare cinque o sei pinte d'un fiato ". (
Maigret et la Grande Perche )
La birra viene descritta da Maigret come la freschezza di un "mezzo boccale ancora tutto appannato" (
Monsieur Gallet, décédé ) oppure "dalla schiuma argentata" (Maigret et son mort). 

Ma la birra è  una bevanda fatta per accompagnare certi cibi, soprattutto la choucroute e in particolare è la bevanda che forma un duetto insuperabile con i sandwich. Quando Maigret non si sente attratto dal menù del ristorante, ordina una birra e dei sandwich. Ma quest'accoppiata è quella che privilegia soprattutto quando deve sbrigare del lavoro in ufficio e non ha il tempo per andare a mangiare fuori. 
E' in assoluto il primo menù che appare nella serie, quando, in Pietr le Letton il commissario tornato al Quai e divide con Torrence le informazioni sull'inchiesta mentre sei birre e quattro panini imbottiti vengono portati evidentemente dal garçon della Brasserie Dauphine... E' anche uno degli elementi immancabili durante gli interrogatori che si svolgono nel suo ufficio, al punto che quando invece deve condurne uno in un altro luogo, tende a ripetere gli stessi gesti, birra e sandwich compresi, per rendere la scena più simile possibile alla quella che succede in ufficio. Per esempio in Maigret à New York, prima di telefonare a Daumale in Francia ecco cosa fà : "... inizia bevendo un boccale di birra, non tanto pechè avesse sete,, ma per un sorta di superstizione, perchè aveva sempre bevuto della birra quando doveva iniziare un interrogatorio difficile o durante l'interrogatorio stesso..." (continua domani venerdì 12)
Murielle Wenger

SIMENON SIMENON. BEH... QUANDO E' TROPPO.... E' TROPPO...


martedì 9 settembre 2014

SIMENON SIMENON. SE IL PECCATO E' TARGATO B.B


Tra qualche giorno, meno di venti, un'icona dal cinema compirà ottant'anni parliamo di Brigitte Bardot, un'altra donna e attrice  che in qualche modo ha girato intorno a Simenon. B.B. infatti interpretò il ruolo di Yvette ne En cas de malheur (titolo italiano "La ragazza del peccato"), tratto dall'omonimo romanzo uscito nel '56 (Presses de La Cité). Il film fu diretto da Claude Autant-Lara, il quale proprio nell'agosto di 55 anni fa' stava lavorando alle fasi finali del film, che avrebbe debuttato nelle sale in Francia dopo la metà di settembre. Accanto a lei un altro mito Jean Gabin, anche lui un attore simenoniano per eccellenza con alle spalle una decina di film tratti dai romanzi di Simenon e per tre volte commissario Maigret su grande schermo.
Il romanzo di Simenon è un riuscito quadretto della storia di un grande avvocato, interpretato dall'altrettanto grande Jean Gabin, della piccola delinquente, cui dà corpo la Bardot, che fa della bellezza e della seduzione allo stesso tempo le sue armi e la sue monete di scambio, e poi di un sottobosco di figure ambigue da Mazzetti, la figura del fidanzato italiano, a Janine, l'equivoca femme de chambre.
L'avvocato Gobillot, sposato e rispettabile, amico di ministri, é l'amante di Yvette. La tiene in un bell'appartamento e a controllarla c'è una femme de chambre, Janine. Ma Janine fa parte di un triangolo insieme ai due? Non si sa chiaramente, ma c'é il ragionevole dubbio. Mazzetti, ignaro di questo probabile triangolo, non tollera il rapporto tra Yvette e Gobillot. Non mancano poi altri amanti occasionali che la conturbante Yvette attrae come il miele fà con le mosche. In questo intreccio di rapporti Simenon si destreggia bene nel romanzo, sullo schermo, come al solito si perde un po' dello spessore psicologico, ma a dar smalto alla vicenda ci pensa il formidabile Jean Gabin e la strepitosa (almeno fisicamente, all'epoca aveva 24 anni) Brigitte Bardot che a fronte di un mostro sacro, come l'attore francese non ne esce poi così male, essendo certo già molto famosa, ma forse non ancora del tutto matura come attrice.
Simenon portò a termine la stesura del romanzo poco dopo essere tornato dai dieci anni di soggiorno americano. Nel novembre del '55 si era installato al Golden Gate, un lussuoso residence al centro di Cannes, ad un centinaio di metri dal mare, dove visse quasi due anni. Oltre ad En cas de malheur, vi scrisse Un échec de Maigret, Le petit Homme d'Arkangelsk, Maigret s'amuse, Le fils, Le Nègre, Strip-tease. Era in un periodo d'intermezzo della sua vita, tornato dall'America, non ancora stabilito in Svizzera che sarà il suo paese per oltre trent'anni, fino alla sua morte. Eppure la sua creatività non ne risente, il suo ritmo è regolare e gli consentono così di regalarci una vicenda a tinte noir ed un amaro epilogo dove i "poveracci" finiscono sempre per pagare e gli "altolocati", vengono appena sfiorati dalle tragedie.

lunedì 8 settembre 2014

SIMENON SIMENON. UN PICCOLO SFOGO... UN PO' DI AMAREZZA...

Nei giorni passati abbiamo seguito con una certa attenzione sia le rassegne stampa sul web, che le manifestazioni sul giallo di questi ultimi tempi, che gli inserti culturali dei quotidiani.
Perchè? Ovviamente per il 25° anniversario dalla scomparsa di Simenon. Dobbiamo dire che abbiamo notato poco interesse, nessun articolo negli appuntamenti settimanali della cultura nei quotidiani, poche cose sul web, qualcosa sulla stampa francese e tedesca...
Sia ben chiaro, ognuno celebra gli annniversari che crede e si potrebbe obiettare che i 25 anni dalla morte di un personaggio non sia un anniversario così di rilievo. Sì insomma, noi qui a Simenon-Simenon tutti concentrati sul nostro romanziere, lo guarderemmo con un occhio molto più sensibile. I responsabili della cultura di giornali, tv, radio, internet invece relativizzerebbero molto più di noi sulla ricorrenza... ci sono altri anniversari, altri intellettuali da seguire e 25 anni non sono 50 e men che meno 100.
Come vedete cerchiamo di vedere aldilà della fitta nebbia della passione per Simenon che ci avviluppa costantemente.
Eppure... Eppure, visti certi argomenti trattati in questi giorni, ci saremmo aspettati, non certo paginate e paginate su questo 25°, ma qualche colonnino, dei box, una fotonews...
Eppure questa scarsa attenzione (motivata, poi?) fà un po' a pugni con lo spazio che le riedizioni delle opere di Simenon si prendono nelle classifiche dei libri più venduti. Già, la gente quando esce un Maigret o un romanzo simenoniano, corre a comprarlo. E la gente non è sempre la stessa. Pensiamo a titoli degli anni trenta o quaranta che ancora oggi si contendono il favore del pubblico con opere di oggi e con i loro odierni autori... Quelli che l'hanno letto allora, settanta/ottanta anni fa' oggi sono morti e sepolti. Come pure quelli della generazione successiva, e di quella dopo ancora. E le generazioni di oggi?  Continuano a comprare Simenon, anche se siamo nel 2000 inoltrato e lui è un romanziere del '900, il mondo è stato rivoluzionato dalla tecnica, dalla scienza, dal comabiamento dei costumi, dalla modo di intendere la cultura... eppure chi vive in questi nostri anni  trova ancora interessante e appassionanti i temi, i personaggi e lo stile di Simenon.
Forse questo sarebbe stato un motivo, o uno dei motivi, per cui ci saremmo aspettati un po' più di attenzione da parte dei media a questo benedetto 25°.
Beh, ci siamo sfogati... e un po' di amarezza ce la portiamo comunque dietro... ma domani, prenderemo in mano un libro di Simenon e ci scorderemo di tutto, così immersi in quel mondo che ci risucchia tra le sue pieghe ogni volta che apriamo le pagine di un volume del papà di Maigret.

domenica 7 settembre 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET E LA QUESTIONE DELLA... BIRRA!

Un bel boccale di birra fresca. Quante volte appare nelle inchieste del commissario Maigret? E' un segno distintivo del commissario, come la pipa, la stufa a carbone del suo ufficio, come il pesante cappotto dal bavero di velluto.
Ma perchè proprio la birra? Certo ci sono altre bevande tra le sue preferite: il calvados, il bicchiere di vin blanc, per non tacere della prunella che beve a casa (quella casalinga fatta dalla cognata). Insomma Maigret beve parecchio, per alcuni critici più... igienisti beve fin troppo... per non parlare del fumo.
Ma non divaghiamo e torniamo alla questione della birra. La troviamo presente in momenti cruciali, come gli interrogatori che il commissario conduce nel suo ufficio a Quai des Orfévres. Però accompagna anche i suoi momenti di relax. Ad esempio quando, finita una faticosa inchiesta, invita i suoi ispettori giù alla Brasserie Dauphine a bere una bella birra fresca.
E' un argomento che Simenon deve aver affrontato diverse volte nelle interviste, tanto che nel '53 sentì il bisogno di scrivere un breve testo "Pourquoi Maigret boit-il de la biére?" poi pubblicato in uno dei Cahiers Simenon nel '94.
In questo curioso articolo l'autore cerca di dare una risposta. Da una parte afferma una cosa ovvia. "...beve birra perché non può far a meno di berla. Voi perchè avete una naso lungo? E perchè durante i vostri pasti il più delle volte mangiate delle patate fritte?...".
Ma poi scavando nei ricordi e forse anche nel subconscio, affiorano ricordi, situazioni e sensazioni che forniscono una spiegazione più profonda e che hanno a che vedere con i trascorsi della sua giovinezza a Liegi. Tutte cose che vanno più a fuoco dopo un viaggio nella città natale. E sono legate a tre luoghi... tre posti ben precisi.
"... uno era il caffè nel basso di Haute-Sauveniére, un caffè tranquillo e pulito frequentato da habitués, direi quasi degli iniziati, la maggior parte dei quali aveva in un armadio a vetri un bicchiere personale... nel quale degustava con concentrazione della birra limpida...".
Dopo questo, racconta Simenon, c'era un altro locale poco distante dal primo "... il Café de la Bourse dove i clienti, sempre gli stessi, agli stessi tavoli di marmo... e dove il padrone, in maniche di camicia, tutte le mattine passava più di un'ora a tirare a lucido con amore il tubo della spina della birra... e un giorno mi spiegò l'importanza di questa operazione..."
Completa il trittico di questi locali in cui la birra è protagonista un piccolo locale, poco frequentato dove non c'erano mai più di due o tre clienti. E' sempre Simenon che ricorda. "...la birra era servita da una bionda formosa, uscita da un quadro di Rubens che si sedeva al tavolo con voi e beveva con voi e rideva con indulgenza ai vostri scherzi...".
C'è ancora qualcuno che vuole altri motivi per cui Maigret beve la birra?

sabato 6 settembre 2014

SIMENON SIMENON. CINQUE APPUNTAMENTI PER SCOPRIRE LO SCRITTORE ARTIGIANO

RTS, la radio televisione svizzera, ha dedicato uno speciale radiofonico in cinque puntate, di cui l'ultima ieri mattina, a Georges Simenon, in occasione del  venticinquesimo anno dalla sua scomparsa. "Simenon, profession artisan", professione artigiano. La definizione che piaceva molto al romanziere, quella che rispondeva di più alla sua concezione dello scrivere... gli piaceva pensare che la sua fosse un'attività che aveva a che fare (anche) con le mani da cui uscivano i fogli che tutti insieme componevano i suoi libri.
E questo è anche il modo in cui vedeva in prospettiva il lavoro fatto nel primo periodo, gli anni in cui iniziava a scrivere  su commissione, i racconti, i romanzi brevi, i feuilletton, quella letteratura popolare per la quale raccoglieva gli ordini, poi confezionava il prodotto secondo le indicazioni del committente e infine arrivava il momento della consegna... proprio la modalità di lavoro di un falegname, un fabbro, ma anche di un pittore, di uno scultore... E questa visione accompagnava e rafforzava la sua aspirazione ad essere "un comme les autres", uno come tanti che svolgeva con umiltà e competenza il proprio lavoro, concretamente, creando qualcosa solido e di tangibile.
"...Ero un fabbricante, un artigiano. Come un artigiano passavo ogni settimana a prendere le comande da quegli industriali che sono gli editori di romanzi popolari - ricorda Simenon nel 1945 ne Le Romancier, una sua conferenza a New York  - E come un vero artigiano arrivavo a calcolare il costo del mio guadagno secondo il rendimento orario...".
Certo, passati quei dieci anni e arrivato al lancio di Maigret, Simenon aveva concluso quella fase. Era entrato, come diceva lui stesso, nel periodo della semi-letteratura, quella che lo svincolava dagli ordini degli editori. La situazione era ormai capovolta. Era lui che imponeva agli editori le sue idee, i suoi romanzi, e lo faceva per la prima volta con il suo vero nome e cognome. Ma questa storia del faticare come un artigiano persisteva. Nel 1956 in un'intervista al giornalista americano Carvel Collins dichiarava "... sono un artigiano; ho bisogno di lavorare con le mie mani. Mi piacerebbe scolpire il mio romanzo in un ciocco di legno...".
Perché questo attaccamento a una tale concezione del proprio lavoro? In realtà il suo era un lavoro di testa, che veniva dal suo animo, dal suo subcoscente addirittura. Insomma niente di più immateriale. E invece, almeno in queste (ma anche in altre) dichiarazioni, sembra voler contrapporre a questa spiritualità una certa materialità... E poi se vogliamo quella sua predilezione per le "mot-matiére", che Simenon ripete più volte, ha un collegamento con la scrittura-artigiana. Una scrittura che vuole avere a che fare con delle parole concrete, che rappresentino degli oggetti, quasi fosse una scrittura che utilizzava elementi tridimensionali. O forse elementi veri, realistici, cose che la gente utilizzava tutti i giorni, di uso corrente, che tutti conoscevano... e così torniamo alla apparente semplicità della sua scrittura, della sua letteratura, così vicina alla gente qualunque, alla vita di tutti i giorni, ma comunque così sofisticata da portarlo un paio di volte nella rosa dei possibili premi Nobel.
Ma l'idea dell'artigiano non lo abbandona. Nemmeno a settant'anni, quando ha ormai smesso di scrivere da un anno, e registra per il suo Dictée Des traces de pas "...in fondo non sono stato altro che un bravo artigiano che si metteva a lavorare alla propria macchina da scrivere...".