domenica 22 febbraio 2015

sabato 21 febbraio 2015

SIMENON SIMENON. MAIGRET E "L’AFFAIRE BIÈRE"


Era un afoso meriggio di luglio. Maigret, in maniche di camicia, sedeva dietro la sua scrivania, l’immancabile pipa tra i denti.

Di fronte a lui, sprofondato comodamente in poltrona, c’era il brigadiere Lucas, anche lui senza la giacca.

Il viso di Lucas, contrariamente a quello del commissario, era una maschera di sudore.

Nonostante la finestra fosse spalancata e sulla scrivania ronzasse un ventilatore, nell’ufficio faceva un caldo d’inferno.

Il brigadiere tese la mano verso un boccale di birra, che poco prima un inserviente della brasserie Dauphine aveva portato su un vassoio, assieme ad altri boccali e quattro panini al prosciutto.

«Si direbbe che Parigi bruci!» osservò Lucas tergendosi, con l’altra mano, il sudore dalla fronte. «Mai sentito un caldo terribile come quest’anno.»

«Bevi, vecchio mio! Non ci pensare,» disse Maigret. «Un boccale di birra fredda è la cura ideale contro il caldo. Tra un po’ ne faremo portare ancora un paio. E credo, a giudicare…»

Di colpo, senza un motivo apparente, Lucas si abbandonò a una risata divertita.

Maigret, vedendolo, rise anche lui, ma subito dopo, volendo rendersi conto di quella improvvisa ilarità, chiese:

«Si può sapere perché ridi? Non sarai per caso impazzito?... Forse il caldo…»

«Rido, capo, perché…»

Non poté terminare la frase. Fu costretto a posare il boccale di birra per non rovesciarsela addosso, dal momento che la sua mano sussultava assieme al resto del corpo.

«Insomma,» lo sollecitò il commissario, «vuoi dirmi…?»

«Capo,» fece il brigadiere con le lacrime agli occhi, dopo aver tratto un lungo respiro. «Vi immaginate se in questo momento entrasse il giudice Coméliau? Pignolo e austero com’è non potrebbe che dire: “Cari miei, non vorrei che aveste scambiato un ufficio della polizia giudiziaria per un bistrot di infima categoria. C’è, qui dentro, un puzzo nauseante di birra!»

A quelle parole, soprattutto al tentativo riuscito di Lucas di imitare la voce di Coméliau, Maigret rise di nuovo, poi, battendo una mano sul piano della scrivania:

«Questa sì che è buona!... Però, vecchio mio, devo dire che sbagli.»

«Sbaglio, capo?... Perché?... Non capisco.»

 «Vedi, Lucas, è una questione di finezza,» precisò Maigret. «Il nostro Coméliau mai e poi mai userebbe l’espressione: “un puzzo nauseante”.» Fece una piccola smorfia con la bocca. «Troppo banale, volgare, per una persona elegante e forbita come lui. Io credo, piuttosto, che userebbe il termine “odore”… Ecco, penso che direbbe: “C’è, qui dentro, un odore nauseante di birra!»

«No, no, capo!» rispose Lucas crollando la testa. «Permettetemi di dissentire.  Mai saputo, in vita mia, che la birra – quella andata a male, intendo – emani un “odore” nauseante… Puzzo sì, ma non odore!... Mi sembra più logico, più naturale… No, no, no!... Un uomo di legge, come appunto il nostro Coméliau, non può commettere errori così madornali. Sono certo che affermerebbe, volgendo intorno, come è solito fare, il suo sguardo inquisitore: “Cari miei, c’è, qui dentro, un puzzo nauseante di birra!”»

Maigret rise ancora. Poi prese anche lui un boccale dal vassoio. Lo accostò dapprima agli occhi per osservare, in controluce, il colore ambrato della bevanda, sulla cui sommità vi era uno strato sottile di schiuma, poi lo portò alle labbra.

Bevve con gusto una lunga sorsata. Infine:

«Sai che ti dico, vecchio mio? Telefona immediatamente alla brasserie Dauphine: che ci mandino altri boccali di birra: di quelli grandi, mi raccomando… Non m’importa un accidenti se qui dentro c’è odore o puzzo di birra.»

«Ben detto, capo!»



Paolo Secondini
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venerdì 20 febbraio 2015

SIMENON SIMENON. MA CHI E' CHE DETESTA IL ROMANZIERE SIMENON?

Plausi e grandi complimenti. Quelli che il romanziere si era abituato a ricevere già in vita e che poi sono generalmente continuati e anzi aumentati dopo la sua scomparsa. Grande apprezzamento della critica quindi, notevole successo di pubblico ancora oggi, una stima di settecento milioni di copie vendute in tutto. E' il profilo di uno scrittore eccezionale, no?
Ma ci sarà qualcuno cui Simenon non piace, anzi qualcuno che lo destesta decisamente?
Tra coloro che leggono ce ne saranno di sicuro. Personalmente abbiamo incontrato molti che non ne avevano letto le opere, qualcuno addirittura che non aveva mai sentito il suo nome. Ma onestamente incontrare qualcuno che dicesse che Simenon é un pessimo scrittore e un romanziere dozzinale, no. Questo non ci è mai successo.
Invece chi non sopportava o non sopporta Simenon è esistito e esiste ancora. A questo proposito, il solito informatissimo Pierre Assouline, ci porta qualche esempio. Non sono nomi che al grande pubblico diranno qualcosa, ma gli esempi sono comunque interessanti.
Iniziamo da Jean Paulhan, direttore prima dal 1925 al 1940 e poi dal 1946 de la Nouvelle Revue Français di Gallimard. Espresse sempre il suo disprezzo per la letteratura di Simenon, con toni tali da far intravedere anche un non certo lunsinghiero giudizio sulla persona. Giunse a mettere in guardia anche l'editore  Gaston Gallimard, dicendo, ad esempio, del romanzo Les Suicidés: "C'est idot!". Altre frasi lapidarie confermano il suo giudizio. "Simenon è una sorta di Balzac per i poveri (di spirito)..." parafrasando quanto aveva detto André Gide di Simenon.
Altro nome, altri giudizi lapidari. E' ancora Assouline che ce lo suggerisce. E' la volta di Paul Nizan, scrittore, critico francese che sentenziò in un suo articolo su L'Humanité del '37 "... ci si accorge subito che è un passabile scrittore di romanzi polizieschi, ma non è altro che un assai mediocre autore di romanzi tout cort...".
Ancora uno. Angelo Rinaldi, contemporaneo, giornalista, scrittore, membro dell'Accademia Francese, è un intellettuale che non si fà scappare  l'occasione per manifestare addirittura il suo stupore per l'ammirazione uscitata dall'opera di Simenon. "Avrete un bel leggere Simenon - sentenzia Rinaldi - non vi resterà praticamente nulla". Le colpe del romanziere? Pensiero a livello zero, vuoto intellettuale, personaggi senza complessità, assenza d'arte... insomma uno scrittore decisamente sopravvalutato.
Come vedete, grazie all'aiuto di Assouline, siamo riusciti a proporvi almento tre esempi di intellettuali francesi, uno addirittura vivente, che giudicano negativamente l'opera di Simenon. Per gli appassionati simenoniani che seguono questo blog può sembrare una sorta di sacrilegio! Ma il mondo è così. Le opinioni sono diverse, a volte opposte e tutti, anche Simenon, può essere oggetto di critche e stronacature.

giovedì 19 febbraio 2015

SIMENON SIMENON. MAIGRET E "L'AFFAIRE" DEL CAPPOTTO: ECCO COME LA VEDONO I NOSTRI

Qualche giorno fa' Murielle Wenger 
aveva proposto  "l'affaire del cappotto"
invitando i nostri lettori e i nostri 
collaboratori a dire la loro di dove 
potesse essere finito quel benedetto 
appotto che Maigret si toglie 
ad un certo punto di "Maigret au Picratt's".  
Sono apparse nei commenti che però, 
per la conformazione di questo blog, 
non sono molto visibili e quindi 
ci teniamo a riproporli in vero e 
proprio post. Questa per ora 
è la loro opinione, ma c'è 
sempre tempo per esprimere 
la propria.




Paolo Secondini - 17 febbraio 2015 - 12:53
Ho sempre immaginato il commissario Maigret come una persona non propriamente elegante, ovvero di un’eleganza particolare o ricercata, ma comunque ordinata, impeccabile nel vestire: abiti semplici ma dignitosi; una persona, insomma, che tiene molto al proprio decoro personale. Per queste caratteristiche, suppongo che, togliendosi il cappotto, per via del caldo eccessivo, egli vada, girando con lo sguardo nella stanza, in cerca di un attaccapanni e, non trovandolo, sia costretto, suo malgrado e sbuffando leggermente, a gettare il cappotto su una sedia. Perché gettarlo anziché deporlo con cura e con buone maniere, come farebbe normalmente?. Perché in quel momento è piuttosto contrariato e quando Maigret è contrariato…

Paolo, ton hypothèse me plaît beaucoup. J'imagine très bien ce geste de "contrariété" de notre commissaire, envoyant son pardessus sur la première chaise venue... Cela correspondrait effectivement très bien au personnage. Je vois d'ici la scène: Maigret, alias Gino Cervi, jette avec une grimace son pardessus sur la chaise en question. Au moment de quitter l'appartement, il reprend son vêtement, et découvre une tâche de graisse sur une manche. Il frotte la tache, mais évidemment celle-ci ne s'efface pas. Au contraire, elle s'étend sur toute la manche. Autre grimace de Maigret. Le soir, quand il rentre chez lui, il essaie discrètement de suspendre son pardessus au portemanteau dans le corridor d'entrée de son appartement. Mais Mme Maigret l'a vu, et elle a tôt fait de découvrir la grosse tache. "Maigret, où es-tu encore allé te fourrer ?" lui dit-elle, "tu ne pouvais pas faire attention ? Je vais devoir encore une fois envoyer ton pardessus chez le teinturier..." En attendant, comme Maigret n'avait qu'un seul gros pardessus pour l'hiver, il a promené la grosse tâche de graisse sur la manche jusqu'au printemps suivant...

Paolo Secondini - 17 febbraio 2015 - 15:07
Ai dolci rimproveri di M.me Maigret, per la macchia di grasso sulla manica del cappotto, io credo che Maigret, non potendo ricorrere a menzogne o scuse, poiché non è da lui inventarne, dopo aver reclinato leggermente la testa sul petto e battuto vivacemente le ciglia, come fanno i bambini quando sono colti in fallo, direbbe, con voce più dolce e mite possibile:
«Mia cara signora Maigret, per farmi perdonare ti dò da scegliere tra due possibilità: o andiamo al night club, possibilmente al Clou Doré o… a dormire, che già è tardi.»
«Be’, dovendo proprio scegliere, Maigret, direi di andare al Clou Doré!»
Un attimo d’esitazione, poi il commissario:
«Ma andiamo a dormire, M.me Maigret!»
(Reminiscenza di una battuta tra Cervi e Pagnani in uno sceneggiato Rai di Maigret: non ricordo più quale).


Murielle Wenger 17 febbraio 2015 - 16:05
Je vois très bien la scène dont tu parles, mais je n'arrive pas non plus à me souvenir de quel épisode il s'agit. Peut-être qu'un afficionado de Cervi va pouvoir nous répondre... L'appel est lancé...


Anonimo - 17 febbraio 2015 - 20:04
Il cappotto Maigret se lo mette sulle spalle con le maniche penzoloni come si vede nella celebre statua raffigurante il commissario a Delfzijl, nei Paesi Bassi, dove Simenon ebbe l'ispirazione di scrivere Maigret.
 
Murielle Wenger - 18 febbraio 2015 - 09:44
Ah oui, c'est une idée... Je sais que Simenon aimait bien cette statue, mais je trouve qu'avec ce pardessus sur les épaules, Maigret a un petit air de Sherlock Holmes, et il me semble que ce n'est pas comme ça que je m'imaginerais la posture de Maigret...


Anonimo - 18 febbraio 2015 - 15:15
Non sono d'accordo. Sherlock Holmes ha una postura inconfondibile! La statua di Delfzijl, realizzata dall'olandese Pieter Dhondt, venne totalmente approvata da Georges Simenon e piacque a tutti gli attori, interpreti del commissario nei loro rispettivi paesi, che parteciparono all'inaugurazione nel settembre '66. Tra gli altri c'erano quel 3 settembre l'inglese Rupert Davies, il tedesco Heinz Rulmann, il grande Gino Cervi, la più bella voce del teatro italiano, come ebbe a dichiarare la signora Andreina Pagnani il 4 gennaio 1974, giorno della scomparsa di Cervi. Tanti Maigret ed il loro inventore sinceramente non li vedo intorno a Sherlock Holmes.


Andrea Franco - 18 febbraio 2015 - 22:52
Per me, lo porge ad un suo collaboratore.

Anche io propengo per darlo ad un suo collaboratore. Mi sembra un'ipotesi avallata da un ricordo......di non so piu quale inchiesta

mercoledì 18 febbraio 2015

SIMENON SIMENON. E SE MAIGRET FOSSE STATO... INDIANA JONES?


Alla fine degli anni '20 Simenon, decise che era il momento di passare dalla letteratura popolare su ordinazione, ad una semi-letteratura che nasceva da lui, creata secondo le proprie esigenze, senza dar conto a nessuno della sua ispirazione e delle sue scelte.
Piano piano, tra i vari generi che aveva frequentato e che inevitabilmente lo condizionavano, si fece strada quello poiziesco-investigativo. Una volta in questo campo, sappiamo che saggiò diversi personaggi-investigatori, e tra questi, con una certa gradualità, anche qun certo Maigret una volta ispettore, una volta a Parigi, una volta in provincia, con delle caratteristiche che piano piano andavano sempre più a fuoco.
La domanda che ci poniamo oggi è: come mai abbia scelto proprio il genere che oggi chiamiamo giallo, o noir? Qualche risposta ce la siamo già data. Si trattava di un modo più sicuro per entrare in quella "semi-letteratura". Inannzituttto c'era un protagonista principale e una serie di personaggi di contorno che erano sempre quelli e anche per quanto riguarda le location c'erano dei luoghi che costituivano dei punti fermi. Questo si coniugava con la natura seriale che da una parte si fondava su una solida base che era sempre quella e dall'altra permetteva in ogni inchiesta di mettere in scena personaggi, atmosfere, vicende e ambientazioni anche molto diverse tra loro. Quindi un binario che forniva un riferiento costante e sicuro, ma anche la liberta di fargli prendere ogni volta diverse direzioni.
Ma questo, dirà qualcuno, poteva verificarsi anche con altri generi-seriali. La letteratura di viaggio, ad esempio. Il protagonista avrebbe potuto essere un Indiana Jones ante-litteram, una sorta di globetrotter che, per un motivo o un altro, ogni volta avrebbe potuto percorrere strade diverse, raggiungere paesi differenti, incontrare genti nuove e vivere avventure di tutti i tipi.
Allora?
Una risposta in parte la dà lo stesso Simenon in un testo, scritto nel 1956, ma inedito fino al 2013, quando venne pubblicato ne Les chaiers de l'Herne - Simenon (a cura di Laurent Demoulin) .
"...quando a diciassette anni sbarcai a Parigi per vivere della mia penna, come si diceva allora, visitai differenti officine - pardon - differenti editori che vendenano al pubblico dei libri a buon mercato. In meno di dieci anni, dal '22 al '30 circa,  ho assistito ad una serie di cambiamenti, che portarono ad un rivoltamento totale delle regole..... ma le "officine" cambiavano con molta cautela il genere della casa, sperimentando timidamente alcune strade, fino al punto di percorrerle con decisione. 
"Perché non scrive un romanzo poliziesco? All'inglese, beninteso...
Queste ultime parole nel linguaggio dell'editoria del''epoca  significavano: un romanzo poliziesco elaborato poteva essere messo nelle mani di chiunque  e  finendo inevitabimente in un matrimonio... "police+sexe" paga ancora meglio di "police +sentimento"... Il romanzo poliziesco era nato, nel senso che era divenuto una solida impresa commerciale e il cinema, la radio, e infine anche la televisione, non se lo fecero scappare...".
Ciò detto è già molto più chiaro perchè Simenon abbia scelto l'ambito poliziesco invece di quello dei viaggi d'avventura. Il suo fiuto editoriale era tutt'uno con la sua ispirazione letteraria e nel periodo della semi-letteratura il "mercato" era un elemento che il giovane scrittore non poteva permettersi di ignorare. In considerazione che in quella fase metteva per la prima volta in gioco il suo nome vero e che preludeva al salto che si apprestava a compiere e che non poteva fallire, quello in vista del suo obiettivo, i romans-romans o i romans-durs... insomma la letteratura non più legata ai generi, alla serialità e alle esigenze commerciali. 

martedì 17 febbraio 2015

SIMENON SIMENON. MAIGRET E "L'AFFAIRE" DEL CAPPOTTO


Quello che segue, non è che un piccolo "divertissement" ad uso e consumo dei maigrettofili impenitenti - come me d'altronde! - e che prenderà un pretesto qualsiasi per divertirci con il nostro personaggio del cuore...
Ecco quello che ho fatto e invito voi a fare altrettanto... 
In Maigret au Picratt's al terzo capitolo, viene annunciato al commissario che la contessa von Farnheim è stata ritrovata strangolata. Maigret raggiunge il luogo dell'omicidio:
" La stanza in cui entrarono era male illuminata da una lampada a stelo con un abat-jour di pachmina. Qui la sensazione di soffocare era più forte che nel resto della casa. Si avvertiva immediatamente la sensazione, senza saperne il perché, di essere molto lontani da Parigi, dalla gente, dall'aria umida dell'esterno, dalle persone che camminavano sui marciapiedi, dai taxi che strombazzavano e dagli autobus che ondeggiavano, facendo stridere i propri freni a ogni fermata". 
Si noterà in questo passaggio l'abile descrizione dell'ambiente interno ed esterno con un'economia di vocaboli, con parole semplici, ma il cui effetto é estermamente evocatore. Ma non è questa la nosta proposta.
Quello cui voglio arrivare è quanto segue nel testo, che continua con un gesto abbastanza inatteso da parte di Maigret: "Il caldo era tale che Maigret improvvisamente si tolse il cappotto".
Senz'altro va ricordato che l'inchiesta si svolge in pieno inverno, in una Parigi che oscilla tra la pioggia e la neve. Di contro l'interno degli appartamenti era presumibilmente ben riscaldato, ma è vero che, come d'abitudine, ci si immagina Maigret piuttosto intabarrato nel suo capottone e che sabrazzarsene su luogo del crimine, (magari gli tocca togliere anche la sciarpa, quella che ha fatto sua moglie, che trova un po' asfissiante... la sciarpa, non la moglie!) .
Ma, va bene, ammettiamo che Maigret si tolga il cappotto... La questione che ci interessa è: cosa ne farà una volta che se lo è levato?
E è qui che ho immaginato vari scenari, senza però decidere quale possa essere il più plausibile:
• Una volta tolto il cappotto, Maigret, lo tiene sul braccio, come chi fà una visita e che non ha intenzione di fermarsi a lungo? Hum... poco verosimile se si considera la sua mania di rovistare in tutti gli angoli di un posto nuovo che sta scoprendo...
• Allora se lo mette sulle spalle, con le maniche penzoloni?.... Neanche questo è convincente: non è un'abitudine che lo caratterizza.
• Forse lo posa da qualche parte? Questo gia sembrerebbe più probabile. Ma dove lo posa? Su un mobile? Certamente no, visto lo stato dell'appartamento come ce lo descrive Simenon - e come ce lo fa sentire - come particolarmente ripugnante: bottiglie di vino rosso che rotolano dappertutto, resti di cibo sparsi sul tappeto, che è "di una sporcizia inaudita, come d'altronde tutti gli altri oggetti", e dei mobili sconnessi e consumati. Beh... non si può immaginare il commissario poggiare il suo amato cappotto in un tale posto... soprattutto M.me Maigret non sarebbe stata affatto contenta, quando fosse rientrato con i vestiti macchiati!
• Ah, potrebbe darsi che ci fosse un appendi-abiti tra questo decrepito mobilio? In questo caso si potrebbe immaginare Maigret "fare come a casa sua", e appenderci il cappotto....
• Ultima ipotesi, potrebbe essere che Maigret consegni il cappotto nelle braccia di Janvier, che l'ha accompagnato?
E voi amici maigrettofili cosa ne pensate? Come immaginate la scena? Fateci sapere le vostre ipotesi in proposito, nei commmenti a questo post!

Murielle Wenger