venerdì 22 febbraio 2019

SIMENON SIMENON. "NON PENSO NIENTE" DICE MAIGRET

Al contrario di altri detective il cui cervello gira a mille, il commissario ha i suoi tempi... che poi si rivelano quelli giusti

SIMENON SIMENON. "JE NE PENSE RIEN", DIT MAIGRET
Au contraire des autres détectives dont le cerveau tourne à plein régime, le commissaire a son propre rythme… qui se révèle être le plus adéquat
SIMENON SIMENON. "I DON”T THINK ANYTHING,” MAIGRET SAYS
Contrary to other detectives whose brains run at full speed, the Chief Inspector has his own rhythm… which shows itself to be most adequate





Si potrebbe dire che per un poliziotto la frase non sia una delle più felici.
Soprattutto per il fatto che la pronunciasse in momenti davvero particolari. Il commissario, infatti, usava queste parole sul luogo dell’omicidio, per rispondere a coloro che gli chiedevano quale idea si fosse fatto della situazione e se avesse già qualche sospetto su chi potesse essere il colpevole.
Maigret spesso passeggiava su e giù, intabarrato in quel suo pesante cappotto di velluto, avvolto in una grossa sciarpa di lana. Il suo passo cadenzato e pesante si alternava alle lunghe e intense pipate e il conseguente sbuffo di fumo.
Le palpebre impercettibilmente scese e uno sguardo che non si posava su nulla di particolare. Era lì, ma sembrava non ci fosse. Poteva apparire assente. Ma, come ci spiega l’autore, il commissario si stava ”impregnando”. 
Come se fosse una spugna? Sì, come una spugna.
Era lì, sentiva quello che la gente diceva, annusava gli odori, ma soprattutto assorbiva l’atmosfera, respirava l’aria del posto e faceva di tutto per immaginarsi come uno di loro. Cercava di intuire la mentalità che vigeva in quel posto, le dinamiche relazionali tra quelle persone.
E se ne stava zitto, mentre intorno a lui si inscenava il solito frenetico balletto di poliziotti, ispettori, medici legali, conoscenti della vittima e curiosi di passaggio: una rappresentazione che si verificava invariabilmente in ogni scena del crimine.
Chi avesse potuto osservare il commissario avrebbe potuto avere, magari la sensazione che fosse estraneo a quello che succedeva… e tutti i torti in fondo non li avrebbe avuti.
Maigret infatti sembrava davvero estraniarsi. Quell’operazione di “impregnarsi” gli imponeva quella maschera, sotto la quale faceva invece fermentare le sue intuizioni.
Lo diceva Simenon. “Maigret non è intelligente, è intuitivo”.
Ma la scintilla dell’intuizione poteva scoccare solo quando il commissario riusciva a comprendere quello che girava intorno a lui, a quel caso, le dinamiche psicologiche tra i sospettati, i valori che vigevano in quell’ambiente, la mentalità e le abitudini tipiche di quello spaccato di umanità.
Questo, da una parte, ci spiega come i Maigret non fossero quei romanzetti gialli così diversi dai “romans durs”, che certi critici, soprattutto all’inizio, andavano sostenendo. Ma, d’altro canto, porta Maigret al livello di una persona qualsiasi. Di uno di noi che sul luogo di un omicidio non saprebbe che pesci prendere.
Anche Maigret in quei primi momenti non sapeva quali dei pesci, con cui aveva a che fare, dovesse tirar su, ma sapeva che, una volta entrato nelle teste di quelli là e ragionando come loro, sarebbe arrivato comprendere i fatti in modo naturale, senza contare su una rara memoria eidetica o macchinosi “palazzi della memoria”, o tracce impercettibili di DNA.
A noi personalmente è sempre piaciuto molto questo specie di orso, tratteggiato da Simenon, imponente, avvolto da una cortina di fumo di tabacco, il quale tra pipa, sciarpa e chapeau-melon osservava tutto e tutti con l’aria di non farlo, misurando il terreno con il suo passo pachidermico e con l’espressione un po’ addormentata.
Forse, ma questo Simenon non lo dice anche se a noi piace crederlo, Maigret si prendeva un po’ gioco di tutti.
“Cosa ne pensa?”
“Non penso niente”
Ma qualche cosa gli frullava già nel cervello, e in fondo in fondo si divertiva a fare credere a tutti che un commissario, capo della brigata criminale, non avesse uno straccio di opinione sul caso in questione.
Un comportamento del genere non era poi così estraneo al carattere di quel Jules, che quando era a casa malato quasi giocava a fare il bambino, per farsi coccolare dalla moglie Louise. Fingeva dolori e malanni che secondo lui avrebbero dovuto spingere la consorte a prendersi cura di lui, quasi come una mamma del suo figliolo. Anche se poi il gioco era scoperto dato che M.me Maigret non vedeva l’ora di coccolarselo un po’, per quel poco che l’aveva in casa.
E poi, se devo dire tutta la verità (che a molti di voi non interesserà minimamente), anche io quando leggo un Maigret “non penso a niente”. Mi lascio trascinare dal commissario nelle sue fumate, nelle sue bevute, nei suoi interrogatori e anche io finisco per impregnarmi di quella vicenda. E quando mia moglie, che mi vede leggere e mi sorprende a fare delle strane espressioni, mi chiede “Ma cosa stai pensando?”. Io rispondo “Niente. Non penso niente”. (m.t.)  

giovedì 21 febbraio 2019

SIMENON SIMENON. IT WAS IN FEBRUARY 1931…

How Maigret met Simenon at the Anthropometric Ball 

SIMENON SIMENON. ERA NEL FEBBRAIO 1931… 
Come Maigret incontrò Simenon al ballo antropometrico 
SIMENON SIMENON. C'ETAIT EN FEVRIER 1931… 
Comment Maigret rencontra Simenon au Bal anthropométrique 

During the night of February 20 to 21, 1931 Simenon celebrated the release of his first two Maigret novels by Fayard. Today we propose to you this little short story, which was published in Italian on this blog six years ago. We slightly rearranged it, and we hope you'll enjoy it… 

When Maigret had received the card, he first had shrugged, then he had been about to throw it away. But he had felt a kind of curiosity, so he had slipped it under a pile of files. He had pretended he had forgotten it, and it was only on Friday afternoon that the small piece of cardboard had resurfaced. 
The Chief Inspector signed the last report of the pile, and when he removed it, the card fell on the carpet. Maigret picked it up and reread the note: "Georges Simenon has the honour to invite you to the Anthropometric Ball, which will take place at the Boule Blanche, 32 rue Vavin, on Friday, February 20 at midnight." 
He almost threw the card into the wastebasket, but he didn't do it, and he furiously sent the card in a drawer, where there was a pipe with its stem broken. This put him in a bad mood. For the rest of the afternoon he sat grumpily at his desk, and Lapointe, who had come to talk with him about the latest case, retreated without insisting.  
At six Maigret left the Quai des Orfèvres, walked along the embankment before taking the bus that stopped a few meters from his apartment. The door opened before he had time to take his key out of his pocket, and he kissed his wife on the cheek. There was a good smell of fricandeau that was pervading the kitchen and the dining-room, but this didn't soothe him much. Mme Maigret well saw that he looked upset, but she took care not to say anything, and said they could sit down to eat.  
Maigret ate absentmindedly, without realizing he was swallowing a tasty lemon cream, and his wife just sighed when clearing the table, while the Chief Inspector was sitting down in his armchair and filling his pipe. He hadn't spoken a word during the whole meal.  
When she had finished washing the dishes, Mme Maigret sat near the stove and began to knit; from to time to time she glanced at her husband, who was turning the pages of the newspaper without seeming to understand what he was reading. Mme Maigret dared to ask him:  
- Do you want me to switch on the TV? There's a western movie on the second channel.  
Maigret didn’t answer immediately. He stood up, planted himself in front of the window, through which he could see the garland of streetlights, then, after a while, he turned around and grumbled:  
- I'm going out tonight. Don’t wait for me; no doubt I'll be out for much of the night.  
- A new case? she asked. 
- No.  
The answer had been categorical, and somewhat exasperated. Mme Maigret didn't insist and she only said: 
- Do you want me to prepare your grey suit? 
- No. I'll go as I am. No need to do too much for this stupid story… 
He opened the sideboard, swallowed a small glass of raspberry from Alsace, put on his hat and overcoat, and went out, slamming the door. Mme Maigret sighed, and went on with her knitting. The sweet pink onesie was lengthening in her lap… 
************** 
It was really bitter cold. Maigret pulled up the collar of his overcoat. To go to the Left Bank, he had taken the metro, which had kept him in his bad mood. Number 32 on Rue Vavin was just a stone's throw from the metro station. It was barely nine o'clock, and at the entrance of the cabaret, there was nobody, except a delivery boy who was bringing petits fours and cases of champagne.  
Maigret headed towards Boulevard Montparnasse, entered the Coupole, where he settled in the American bar. For an hour and a half, the Chief Inspector sipped his beer, ordered a second one, and stayed still, watching the customers in the mirror.  
Finally, around ten thirty he stood up as if it required a great effort, threw change on the counter and went out. In front of 32 Rue Vavin, taxis were dropping ladies with pearl necklaces and gentlemen with big handlebar moustaches. People were shouting out gaily, and the queue was lengthening on the sidewalk. You could hear the first chords of a muted trumpet.  
Standing in the middle of the street, Maigret waited for a long time. Finally around midnight he decided to enter the Boule Blanche, and he had to jostle to make his way through the crowd that was dancing, drinking and laughing. He reached the back of the room, climbed up to the gallery, and got closer to a table where a young man with a striped jacket, slicked back hair, pipe in his mouth, was casually signing a pile of books. On the black and white covers Maigret could read some words: "Pholien" and "Gallet". He was about to turn back when a voice stopped him: 
- Hello, Chief Inspector. Well, what do you think about all this? Big success, isn't 'it? 
Maigret grumbled vague sounds. The young man went on: 
- So, come on, have a drink to celebrate. 
Maigret followed him, and they went down the stairs. Simenon headed towards the bar, patting the buttocks of some dancing girls, who were laughing and showing their white teeth sparkling on their cinnamon-coloured face 
- Chief Inspector, what would you say about a little "special Boule Blanche" cocktail? 
Maigret didn't even try to refuse, and without knowing how he soon found himself dragged into the crazy pace of this night. At five o'clock in the morning, both men were confiding: 
- So, you see, old Jules… Do you mind if I call you Jules? ... 
- Little Georges boy, you still have many things to learn about… As for me…  
At seven o'clock, when the last revellers left Rue Vavin, Maigret decided to go directly to his office without going back home. His wife never asked where he had spent the night, and she didn't talk either about the small torn pieces of cardboard she had found in the bottom of his overcoat pocket…  

by Simenon-Simenon 

mercoledì 20 febbraio 2019

SIMENON SIMENON. QUANTA RAGIONE HA PIERRE ASSOULINE?

In un' intervista a France Inter a San Valentino il critico tratta gli stessi argomenti che abbiamo trattato in un nostro post

SIMENON SIMENON. A QUEL POINT PIERRE ASSOULINE A-T-IL RAISON ?
Dans une interview pour France Inter, lors de la Saint-Valentin, le critique a traité des mêmes arguments dont nous avons parlé dans l'un de nos billets
SIMENON SIMENON. TO WHAT EXTENT WAS PIERRE ASSOULINE RIGHT?
In an interview for France Inter, on Saint Valentine’s Day, the critic dealt with the same arguments we talked about in one of our posts 




Ci torniamo sopra. Un po’ per la coincidenza che noi abbiamo scritto martedì 12 di sera tardi (per il post dei mercoledì 13), alcune delle cose avrebbe detto due giorni dopo (il giovedì 14) ad una radio francese il grande Pierre Assouline (cosa che ci fa un po’ gongolare, scusate ma…), anche perché gli argomenti sono di quelli interessanti e che vale la pena approfondire. 
Non a caso l’ intervista inizia proprio con la domanda sulla longevità di Simenon. Il critico sintetizza da par suo “… Maigret è l‘archetipo del personaggio universale e senza tempo, pur rimanendo molto locale. Jules Maigret ha qualcosa di indelebilmente francese. Eppure è conosciuto, amato, apprezzato in Giappone, Australia, Spagna, Italia, dappertutto e da parecchio tempo…”. 
E’ un po’ quello che scrivevamo noi sulla capacità di sintesi di Simenon, nel nostro caso nell’unire la cultura alta e quella popolare. Maigret è universale e locale allo stesso tempo, ed è piaciuto molto sia al suo debutto e piace ancora molto al giorno d’oggi. 
E infatti “… quello che amiamo in lui – continua Assouline – è che è restato un uomo, una persona, un essere reale…”.
Parole sante. Ma poi pone l’accento sulla complessità del rapporto dello scrittore con il personaggio. “… Simenon, […] diceva spesso che scriveva i “Maigret” per rilassarsi tra due “romans durs”, due “romanzi del destino”. Certo ce l’aveva un un po’ con Maigret perché per molte persone Simenon era soprattutto l’autore del commissario Maigret. Trovava insomma che la sua creatura avesse preso un po’ troppo spazio, a scapito del creatore, cioè di lui stesso. Riteneva che l’importante della propria opera fosse altrove. Su 200 romanzi apparsi con la firma di Georges Simenon, solo 75 sono inchieste del commissario Maigret…”.
Come non dare ragione ad Assouline e a Simenon? 
Anche noi, nel nostro piccolo, scrivevamo che questa ricerca “dell’uomo nudo”, dei caratteri generali dell’uomo, rendeva i suoi personaggi universali, ma allo stesso tempo molto reali e interessanti aldilà dell’epoca in cui sono stati scritti.
Un altro tema sui la pensiamo come Assouline è il fatto che a prescindere del valore del singolo romanzo, di quello venuto meglio, di quello più popolare o quello più raffinatamente psicologico, la narrativa di Simenon va gusta e valutata nella sua interezza. Lo scrittore stesso, rispondendo a Gide che lo spingeva a scrivere un’opera di grande respiro e quindi di molte pagine, affermava che non avrebbe mai scritto un romanzo di seicento pagine. I suoi entravano in libri da 250, 200 pagine a volte addirittura meno. “… ma il mio grande romanzo – spiegava Simenon - è l’insieme di tutti i miei romanzi…”.
E infatti Pierre Assouline ha dichiarato a France Inter che “…per me oggi, quello che ha scritto Simenon è un tutto. Occorre considerare i 200 romanzi, cioè sia i “romans durs” che “le inchieste di Maigret” e riunirli sotto una stessa bandiera che rappresenta “La condizione umana”…”. 
“La condizione umana” è anche quella che si perpetra nel corso degli anni e dei decenni ed il concetto che avevamo anticipato noi quando l’altro giorno scrivevamo in conclusione: “…Noi lettori del 2019 siamo radicalmente diversi dai lettori del 1930, ma le storie di Simenon ci fanno sentire vicini, e non per un nostro malinteso senso di nostalgia, ma perché ritroviamo nelle sue opere un comune denominatore con che consiste proprio in quelle caratteristiche universali dell’uomo, cui accennavamo prima e che ci fanno sentire i suoi personaggi e le loro vicende, come fossero le nostre, anche a quasi cento anni di distanza…”. (m.t.)