martedì 23 marzo 2021

SIMENON SIMENON. QUANDO LA NEVE SPORCA DI GEORGES DIVENTA "COMPLICE" CON QUELLA DI JOHN

Il titolo è Snow. Si tratta dell'ultimo romanzo dello scrittore irlandese John Banville che almeno fino ad oggi ha firmato i suoi thriller con lo pseudonimo di Benjamin Black. I suoi romans durs, come avrebbe detto Simenon, sono invece siglati con il suo nome di battesimo. Da oggi però non sarà più così. Benjamin Black muore, per ora (con i personaggi letterari e gli pseudonimi la morte non è sempre cosa certa) e anche questo romanzo poliziesco Snow (in italiano Delitto d'inverno) è così un Banville.
Ma chiederete, come mai si parla di questo pur pregevole scrittore irlandese su "Simenon-Simenon"? Per vari motivi. Innanzitutto per la sua ammirazione per il nostro. Infatti avendo letto i romans durs di Simenon era stato stimolato a capire quanto si poteva creare con un vocabolario ristretto e in uno stile piano e immediato.
Ammira molto quegli scrittori, appunto come Georges Simenon, che si concentrano sui dettagli delle loro finzioni a tal punto che si è convinti di essere trasportati in mondi reali, realmente esistenti.
E parlando di sé e della decisione di finirla con il suo pseudonimo spiega "...ho semplicemente fatto pace con me stesso, come Georges Simenon con Monsieur Le Coq (le "nom de plume" con cui firmava a "La Gazette de Liège" la rubrica "Hors du poulailler") Simenon é stato un padre per Benjamin Black: il suo lessico semplice, la trama densa, il protagonista affascinante... mi son detto, perché non fare lo stesso? Una volta incontrai per caso il figlio di Simenon, John, e mi convinsi: noi scrittori siamo superstiziosi... "
E poi questa neve sporca di Simenon in un freddo inverno nordico, durante la guerra, è imbrattata da un Frank, che, rapisce, uccide (sia pure per sbaglio), che gioca a fare il duro, anche quando ormai viene catturato. Recita ancora la sua parte, confessando tutti i suoi delitti, ma non aprendo bocca su nient'altro. Nemmeno dopo le torture, nemmeno quando lo porteranno in quel piazzale dove ad attenderlo c'è un plotone, nel quale ogni soldato ha in canna un pallottola per lui.
La neve irlandese di Banville, invece copre tutto, in un cupo inverno del 1957. Sembra nascondere indizi, fatti, prove, come se non bastasse l'ostilità di una città che mette in difficoltà l'ispettore Strafford arrivato da Dublino per indagare sulla morte di un sacerdote cattolico ucciso in una grande biblioteca di una ricca famiglia protestante. E sul solco di questi atavici scontri irlandesi, si sollevano voci influenti di più altolocati personaggi, ma in un clima di omertà dove nessuno, nonostante tutto, spera che nulla si muova, dato che tutti hanno qualcosa da nascondere.
Insomma è nel bianco di questa neve che sfuma e scompare lo pseudonimo di Benjamin Black, "... mi stava somigliando sempre di più..." fa notare lo scrittore (e anche Simenon ne sapeva qualcosa in materia di pseudonimi!). 
Ma anche quì, non possiamo far a meno di notare una analogia tra i due, come l'avvicinamento dello scrittore al suo alter ego, come successe anche per i Maigret negli anni '50, quando andavano sempre più somigliando ai romans durs. 
Come a dimostrare che lo scrittore e la sua scrittura non possono essere artificiosamente tenuti divisi nemmeno dai generi che frequentano o dai personaggi che loro stessi hanno creato.

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