"C.I.P.C a Sureté di Parigi.
Xvzust Cracovia vimontra m ghhs triv psot uv Pietro il Lettone Brema vs Tyz btolem.
Il commissario Maigret, della prima squadra mobile, alzò la testa, ebbe l'impressione che il ronzio della stufa di ghisa sistemata in mezzo al suo ufficio e collegata al soffitto con un grosso tubo nero, si indebolisse Respinse il telegramma, si alzò pesantemente, regolò la chiavetta e gettò nel fuoco tre palate di carbone...".
"Maigret giocava nel raggio di sole tiepido di marzo. Non giocava con i cubi, come quando era bambino, ma con due pipe. Ce n'erano sempre cinque o sei sul suo tavolo e ogni volta che ne riempiva una, la sceglieva con cura secondo il suo umore...".
Tra questi due incipit passano quasi 43 anni. Cioè il tempo trascorso tra il primo e l'ultimo Maigret. Di mezzo più di un centinaio tra romanzi e racconti.
Il primo è di Pietr-le-Letton iniziato a scrivere nel settembre del 1929.
Il secondo è di Maigret et M. Charles scritto nel febbraio del 1972, l'ultimo romanzo in assoluto di Simenon.
Ma che differenze ci sono tra i due Maigret, quello dell'esordio e quello che chiude l'arco di tutta la serie dopo più di quarant'anni?
L'esordiente commissario ha a che fare con un truffatore che viene dall'Est.
Lo smaliziato Maigret del '72 si trova alle prese con un caso che tutto parigino, che si snoda tra locali notturni, entraineuses, tradimenti e strane relazioni tra moglie e marito.
C'è una frase che nella prima inchiesta che inquadra subito il rapporto tra il commissario e certi ambienti di lusso
"... il Majestic non lo digeriva. Lui si ostinava a formare una grande macchia nera e immobile tra le dorature, le luci, l'adirivieni degli abiti da sera, delle pellicce, delle figure profumate e scintillanti...". La sua dura scorza, quella che si materializzava quando si trovava in una situazione di disagio.
In Maigret et M. Charles, il commissario dà una ancor più forte dimostrazione di impermeabilità alle lusinghe, e questa volta a proposito della sua carriera. Infatti rifiuta il posto di Direttore della Polizia Giudiziaria, cosa che era stata discussa addirittura con il ministro dell'interno. Lui voleva restare alla sua Brigata Criminale. Niente incarichi che sconfinavano nella politica, ma ben ancorato al suo ruolo di investigatore, magari sul campo. Diventare direttore della P.G. voleva dire aver a che fare con funzionari e direttori del ministero degli interni. Un ambiente che gli era estraneo quanto le dorature e le preziosità del Majestic.
Da questo punto di vista, quarant'anni non sembrano aver inciso sul suo carattere.
La scomparsa del fantomatico M. Charles, altri non era se non il famoso notaio Gérard Sabin-Levesque, che nella sua altra vita, quella notturna, era meno rispettabile e molto sensibile al fascino delle entraineuses, al punto di sparire ogni tanto con una di loro per qualche giorno. Maigret deve così girare per i locali parigini dove si trovano quelle ragazze e dopo una notte passata perigrinando da uno all'altro alla fine "... aveva bisogno di aria, perché si soffocava in quei locali e i profumi di cui erano impregnate le donne lo nauseavano...".
Insomma niente lussi, no alle donne facili, nessuna ambizione di fare carriera.
Sia nel primo che nell'ultimo troviamo un Maigret che conferma quel suo essere normale, un semplice funzionario, cui piace il proprio lavoro, che mal sopporta il bel mondo che si tratti della buona società o delle alte sfere istituzionali che poi non di rado avevano molti punti di contatto.
In Pietr-le-Letton troviamo questi personaggi dell'est-europeo che nella sua infanzia Simenon aveva conosciuto bene. Diversi universitari cui la madre Henriette affittava le stanze per quadrare il magro bilancio familiare, venivano proprio dell'est.
Nell'inchiesta su M. Charles, Maigret mette in piazza un matrimonio che dura da quindici anni (lui era stato sposato con Denyse per quattordici) e lei, Nathalie è affetta da alcolismo che va sempre peggiorando, cosa che le crea grossi problemi fisici e psichici. Anche qui come non pensare alla deriva in cui si trovò la seconda moglie dello scrittore?
Nel primo Maigret, Simenon ci catapulta in quella provincia che molto spazio avrà nei suoi romanzi. Scrive a proposito della stazione di Fécamp, La Bréauté "... il caffé della stazione era male illuminato, coi muri sporchi, un banco dove ammuffivano alcuni dolci secchi.... Fécamp! Un'odore compatto di merluzzo e di aringa. Cumuli di barili. Sartiame dietro le locomotive. Una sirena che ululava da qualche parte...". Secco. Conciso. Completo. Siamo in quell'atmosfera della stazione di un paesino che vive di pesca. Da queste poche parole si indovina una realtà povera, animata da gente che fà un lavoro duro, che non ha tempo nè denaro per le futilità.
L'alcol è un'altro filo che appare spesso nelle storie simenoniane. Qui tra il Lettone e Nathalie, la moglie di M. Charles, troviamo scene analoghe. iniziamo dal primo.
"... Maigret non aveva mai visto un'ubriachezza così fulminante. E' vero che non aveva mai visto un uomo bere d'un fiato un gran bicchiere pieno di whisky, riempirlo, vuotarlo di nuovo, riempirlo una terza volta, scuotere la bottiglia e bere fino all'ultimo goccio l'acool a sessanta gradi... L'effetto fu impressionante...".
E poi passiamo al secondo.
"... Maigret aveva visto raramente una donna in tale stato di angoscia e di smarrimento. Claire sapeva perché l'avevano chiamata, perché portava un vassoio con una bottiglia di cognac, un bicchiere e un pacchetto di sigarette... Riempì il bicchiere e lo porse alla sua padrona che per poco non lo rovesciò...
- Non gliene offro vero? lei non è ancora alcolizzato...".
Ma anche qui troviamo soprattutto nel secondo, un riflesso della vita di Simenon che ebbe qualche problema con l'alcol, ma riuscì a fermarsi in tempo, invece Denyse non ci riuscì e, complice anche un precario equilibrio psichico, peggiorò sempre più.
Pietr-le-Letton è più denso di colpi di scena, diciamo che all'inizio l'azione ha una certa prevalenza. Maigret e M. Charles, vede il commissario cercare di far luce tra rapporti sentimentali, d'interesse, tra debolezze ed egoismi perchè è quella la strada che lo porta a spiegare il caso.
mercoledì 6 marzo 2013
martedì 5 marzo 2013
SIMENON: L'UOMO NUDO HA LA PELLE NERA
Non è tutto esatto, qualche volta i fatti e le vicende si sovrappongono, qualche volta si confondono. Ma il grande pregio di Mémoires intimes, non è nemmeno letterario, ma il fatto di costituire un affresco in cui tutte le emozioni, i ricordi, le esperienze di quasi ottant'anni si mischiano, si integrano e si combinano. Risultato? Un'idea di Simenon. O meglio l'idea che Simenon aveva di sè e degli altri e le proprie convinzioni rispetto alla vita. Grande attenzione infatti viene riservata al versante familiare, i figli, Tigy, e Denyse soprattutto. Ma ci si trova poi moltissime vicende della propria vita e, se si riesce a non perdersi tra tutte le singole storie e ognuno dei fatti narrati e si riesce ad allontanarsi dal particolare, allora si percepisce il mondo simenoniano nella sua interezza e nelle sua profondità. Il suo valore è anche quello di essere stato scritto da un uomo di settantotto anni, quando la sua avventura letteraria si era ormai conclusa da qualche anno, sgombro da velleità e da aspirazioni.
Ad esempio il suo cercare il famoso uomo nudo trova una bella pagina nelle memorie simenoniane.
"...se devo essere sincero, la mia preferenza va all'uomo dalla pelle nera e lucente che ho fatto in tempo a incontrare in mezzo alla sua tribù, nel cuore della savana o della foresta equatoriale, e che viveva ancora lontano dai bianchi, senza nepppure conoscere la parola denaro...".
Ecco, questa ultima frase fà capire, non solo come Simenon concepisse "l'uomo nudo", ma anche quali valori percepiva come negativi nella società. Per uno come lui che di denaro ne aveva maneggiato come pochi, è una singolare affermazione. Torniamo a ricordare che le Mémoires sono scritte da un uomo anziano, che valuta e rivaluta le vicende e le convinzioni. Il Simenon rampante dei primi anni trenta che conquistava fama e successo con i primi Maigret e inziava i suoi romans-durs era assai diverso da quello dopo il '72, quando aveva non solo smesso di scrivere, ma progressivamente chiuso nel suo piccolo mondo quotidiano a fianco di Teresa. E continua a spiegare perchè la sua preferenza va all'uomo di colore.
"... era nudo, dormiva in una capanna (chi lo desiderava se la tirava su, in un giorno, sulla terra di tutti), e al mattino, poco prima dell'alba, munito di un piccolo arco e di piccole frecce molto appuntite si allontanava.... mentre la sua o le sue donne, nude come lui e come lui con gli occhi lucenti al sole, circondate da un nugolo di marmocchi dagli occhi grandi, pestavano il miglio in mortai scavati direttamente nel legno con un pezzo accuminato di selce...".
Certo, oggi sembra un po' idilliaca questa ricostruzione del selvaggio felice, ma rispecchia a nostro avviso, l'ideale di vita dello scrittore negli anni '80, quando riscopriva, a suo dire, la felicità nelle piccole cose e la sottrazione piuttosto che l'aggiunta delle cose veramente importanti per vivere. Convinto, dopo averle sperimentate quasi tutte, che le sovrastrutture della cultura occidentale non miglioravano la qualità della vita e il consumismo non faceva felice le persone.
"... In quell'uomo, in quelle donne ho scoperto una dignità umana che non ho incontrato da nessun'altra parte. Li si vedeva e li si sentiva appena, immersi com'erano nella natura, confusi con essa, in armonia con i suoi ritmi...".
Ad esempio il suo cercare il famoso uomo nudo trova una bella pagina nelle memorie simenoniane.
"...se devo essere sincero, la mia preferenza va all'uomo dalla pelle nera e lucente che ho fatto in tempo a incontrare in mezzo alla sua tribù, nel cuore della savana o della foresta equatoriale, e che viveva ancora lontano dai bianchi, senza nepppure conoscere la parola denaro...".
Ecco, questa ultima frase fà capire, non solo come Simenon concepisse "l'uomo nudo", ma anche quali valori percepiva come negativi nella società. Per uno come lui che di denaro ne aveva maneggiato come pochi, è una singolare affermazione. Torniamo a ricordare che le Mémoires sono scritte da un uomo anziano, che valuta e rivaluta le vicende e le convinzioni. Il Simenon rampante dei primi anni trenta che conquistava fama e successo con i primi Maigret e inziava i suoi romans-durs era assai diverso da quello dopo il '72, quando aveva non solo smesso di scrivere, ma progressivamente chiuso nel suo piccolo mondo quotidiano a fianco di Teresa. E continua a spiegare perchè la sua preferenza va all'uomo di colore.
"... era nudo, dormiva in una capanna (chi lo desiderava se la tirava su, in un giorno, sulla terra di tutti), e al mattino, poco prima dell'alba, munito di un piccolo arco e di piccole frecce molto appuntite si allontanava.... mentre la sua o le sue donne, nude come lui e come lui con gli occhi lucenti al sole, circondate da un nugolo di marmocchi dagli occhi grandi, pestavano il miglio in mortai scavati direttamente nel legno con un pezzo accuminato di selce...".
Certo, oggi sembra un po' idilliaca questa ricostruzione del selvaggio felice, ma rispecchia a nostro avviso, l'ideale di vita dello scrittore negli anni '80, quando riscopriva, a suo dire, la felicità nelle piccole cose e la sottrazione piuttosto che l'aggiunta delle cose veramente importanti per vivere. Convinto, dopo averle sperimentate quasi tutte, che le sovrastrutture della cultura occidentale non miglioravano la qualità della vita e il consumismo non faceva felice le persone.
"... In quell'uomo, in quelle donne ho scoperto una dignità umana che non ho incontrato da nessun'altra parte. Li si vedeva e li si sentiva appena, immersi com'erano nella natura, confusi con essa, in armonia con i suoi ritmi...".
lunedì 4 marzo 2013
SIMENON, ANCORA IN CLASSIFICA
SIMENON. MAIGRET E LA TRATTORIA DI TESTACCIO / 3
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Eccezionalmente continua anche per questo lunedì la short-story del weekend che vi proponiamo ogni settimana. Si conclude l'immaginaria inchiesta di Maigret tra Roma e Parigi. Un'inedità
situazione quella del commissario a Roma tra indagini e intingoli a fianco di un commissario romano. Oggi l'ultima parte.
Chiunque volesse pubblicare un racconto sullo stile di Maigret o che in qualche modo riguardi Simenon, la sua vita e le sue opere scriva all'indirizzo
simenon.simenon@temateam.com
MAIGRET E LA TRATTORIA DI TESTACCIO
di Giulio Masera
(segue) - Quel pranzo si era concluso senza che avessero deciso un
piano operativo. Maigret in cuor suo ne fu contento. Tornò a piedi in albergo.
Dopo un breve riposo, passò il pomeriggio a girare per le strade di Testaccio.
Osservò la gente, guardò le vetrine, si fermò a sedere ai giardinetti,
guardandosi in giro a caso. Bambini che giocavano, anziane che trascinavano il
carrello della spesa, giovani che rombavano sulle loro moto.
Si sentiva a suo agio. All’imbrunire si avviò verso
l’albergo, ma prima volle dare un’occhiata al famoso Agustarello, locale piccolo,
non più di sette otto tavoli, a quell’ora era ancora deserto. I romani cenavano
tardi. Stavano finendo di apparecchiare, cercò di captare i profumi
che venivano dalla cucina, ma così dalla strada non era facile.
La sera cenò da solo in un ristorante tra Testaccio e
l’Aventino. Gli portarono i bucatini all’amatriciana di cui aveva sentito
parlare, ma che non aveva mai avuto occasione di mangiare. Glieli servirono in
una specie di zuppiera che chiamavano “cofana”, continuò il pasto con un
abbacchio guarnito da patate e un dolce alle mele. Tornato in albergo sentì
addosso tutta la stanchezza. Cadde subito in un sonno profondo.
La notte però si svegliò con un pensiero fisso. Perché Portier utilizzava dei sosia?
Certo… per sfuggire al controllo o a un’eventuale cattura… già… fin troppo
logico. Ma c’era qualcosa che comunque non lo convinceva. Passò la notte a
rivoltarsi nelle lenzuola.
L’indomani, dopo un’ottima prima colazione all’italiana,
Maigret si recò alla riunione fissata in questura centrale per la mattina.
Arrivò nell’ufficio del commissario, c’era anche Giannini e
l’agente Francesca Marella.
- Ci ho pensato bene – disse il commissario Ranieri, già
avvolto in una nuvola di fumo -
forse quella storia della polizia francese che si è venuta a prendere il suo
ricercato, può non essere male. Magari Portier non ci crederà, ma questo gli creerà comunque
un po’ di agitazione, potrebbe cambiare i suoi piani… eh… magari si desse una
smossa a questa stagnante situazione…
Maigret lo ascoltava, ma pensava a quanto l’aveva svegliato
la notte… i sosia di Portier… una cosa che non gli tornava… forse perché era un
metodo un po’ da film… anche se sembrava avesse funzionato… C’erano tanti altri
modi per non farsi rintracciare…. Gli sembrava un po’ ingenuo da parte di
Portier.
- Allora questa è l’agente Francesca Marella, sarà sua
cugina, sua nipote… insomma la sua parente….
- Bene, allora oggi si pranza da Agustarello…
- Buon appetito, commissario - fece Ranieri alzandosi e
mettendosi a confabulare con Giannini – Ah… poi mi faccia sapere come è andato
… il pranzo.
Alle 13.00 Maigret e l’agente erano a pochi metri
dall’entrata di Agustarello. Parlavano in francese, lei aveva sottobraccio un
paio di quotidiani e un libro tutti francesi. Andavano su e giù sottobraccio… i
primi avventori erano già dentro e ordinavano menù alla mano.
Maigret fumava la sua pipa e l’agente Marella, magra, con un
caschetto di capelli neri, giocherellava con la collana.
Alla fine spuntò dall’angolo. Un’andatura che Simenon
conosceva bene, lenta, quasi circospetta, la testa bassa e un paio d’occhiali
da sole. Era un po’ invecchiato dall’ultima volta che l’aveva visto. Entrò nella
trattoria. Il commissario e l‘agente attesero una decina di minuti e poi
entrarono a loro volta, puntando, come stabilito in precedenza, sul tavolo più
vicino a Portier. Maigret gli girava le spalle, ma per fortuna c’era uno
specchio sulla parete di fronte. Lo sentì ordinare dei rigatoni alla pajata,
del cervello fritto e contorno di peperoni. Lo vide immobile, non si guardava
intorno, ma parlava con una certa confidenza con il cameriere.
Lo stesso inserviente venne a prendere le loro ordinazioni.
La Marella decise il menù e, continuando a parlare in francese con Maigret non
perdeva d’occhio Porter. Nessun comportamento insolito. Terminò il suo pasto e
ordinò il caffè. Poi si alzò, andò alla toilette da cui tornò dopo pochi
minuti. Bevve il caffè, pagò il conto, uscì senza fretta e senza nemmeno dare
un’occhiata ai tavoli. Maigret e la sua commensale rimasero seduti al loro
posto.
Il commissario chiese un bicchierino. Gli portano della grappa.
Dopo il primo sorso, si alzò con un’aria pensosa. Andò al bagno. Era un piccolo
ambiente con un water, un minuscolo lavandino e una finestra… Era spalancata.
Maigret si affacciò e vide un cortile ingombro di sedie, un paio di tavoli, una
vecchia macchina del gas e altre anticaglie. In fondo si vedeva una porticina,
sembrava accostata.
Tornò in sala, finirono il pranzo e poi uscirono. Maigret
trascinò l’agente sull’altro lato del palazzo, all’entrata principale. Dietro
l’ascensore trovò la porta… era ancora socchiusa. Si guardò con l’agente
Marella.
- Non penserà che sia uscito da qui?...- domandò lei
- Non lo so…
- Ma lo abbiamo visto tornare e poi uscire dalla porta della
trattoria…
- Già potrebbe essere… ma… c’è qualcosa di strano…
- E’ normale che alla fine del pranzo ci si rechi al
gabinetto, no?
- Certo è normale… o perlomeno sembra normale.
- Sembra?
I due si salutarono. E Maigret riprese a camminare per le
strade e le piazze del quartiere. C’era un gran mercato che in parte gli
ricordava Les Halles, a quell’ora stavano smobilitando.
Nel tardo pomeriggio raggiunse il commissario Ranieri nella
sua sede.
- Allora come è andata?
- Non mi aspettavo niente di più, è arrivato, ha mangiato e
poi se n’è andato…
- Niente di sospetto… Marella mi ha detto che lei è rimasto un
po’ perplesso… quella storia del gabinetto, della porta socchiusa...
- Mah.. solo qualche ipotesi… ma vorrei rifletterci meglio…
comunque in quella trattoria si mangia benissimo…
- … la classica cucina romana… é famosa per questo…
- Senta Ranieri
dovrei fare una telefonata a Parigi, a Quai des Orfévres…
- Le faccio passare la linea nell’altra stanza, il mio
ufficio…
Maigret fece appena in tempo ad entrare che il telefono
squillò.
- Hallo, ici Maigret … j'ai besoin de parler avec Janvier…
Dopo pochi minuti il suo ispettore era all’apparecchio…
- Commissario come va? Procede tutto bene?
- Bah… vedremo… Senti, ho bisogno che facciate un controllo,
coinvolgi anche Torrence e Lucas… vorrei che…
La telefonata non durò più di dieci minuti.
Quando entrò Ranieri con il suo sigaretto perennemente
acceso, trovò un Maigret, anche lui con la pipa accesa che guardava per aria in
direzione delle volute del fumo.
- Tutto bene a Parigi?
- Corrente amministrazione… Ah… dimenticavo, è da ieri che volevo chiederle come avete
scoperto Portier… non mi risulta che qui in Italia fosse ricercato…
- In effetti è stato un caso. E’ stato fermato da una
pattuglia della stradale per una contravvenzione…
- Cosa aveva fatto?
- Mi pare un sorpasso vietato o per eccessiva velocità…
- E dove?
Aspetti che mi faccio portare il fascicolo… Chiamò al telefono un appuntato che dopo poco si presentò con una
cartellina beige,
- Grazie, Esposito.
Iniziò a scartabellare e trovò il verbale.
- Ecco la contestazione é per guida pericolosa e sorpasso in
un tratto di strada dove vigeva divieto. Era una domenica alle 11.50 sulla via
del Mare, circa un mese fa’…
- E dove porta questa via…
- In realtà è una strada extra urbana che porta ad Ostia
Lido, il mare di Roma… La domenica c’è
un certo traffico e quindi rafforzano i controlli…
- E la vettura di chi era?
- Era stata presa a noleggio… Oggi tornerà a pranzo da
Agustarello?
- Penso proprio di sì…
- Allora dico all’agente Marella di farsi trovare lì verso
le 12.30…
Ranieri e Maigret si salutarono e si dettero appuntamento
nel pomeriggio.
Alla solita ora il commissario l'agente passeggiavano sul marciapiede
di fronte all’entrata di Agustarello. Stavolta Portier arrivò da un’altra strada, passò vicinissimo a
Maigret, cui diede una fugace
occhiata. Il commissario poté guardarlo più da vicino. Oggi camminava più
spedito, sembrava più in carne del giorno prima. Forse il pesante cappotto
chiaro e la sciarpa che lo infagottavamo? Gli occhiali erano invece sempre gli
stessi. Si comportarono come il giorno precedente. Prima entrò Portier, dopo
dieci minuti Maigret e Marella. Stesso tavolo per lui e per loro. Una sola
differenza, ora Maigret era proprio di faccia al suo uomo.
Ordinò distrattamente, trattando il cameriere con minor
confidenza del giorno prima. E poi si guardava intorno. Osservava i tavoli e
gli altri clienti, incrociò più di una volta lo sguardo con il commissario, ma
era uno sguardo spento… nessuna reazione, nessun segno che lo avesse
riconosciuto.
Eppure Maigret era lì… lì davanti. Una provocazione? Certo
sembrava più agitato rispetto al giorno prima, mangiò di meno e più in fretta.
Non mancò però a fine pasto di alzarsi e recarsi al bagno. Pochi minuti, tornò
al tavolo e, senza nemmeno sedersi per finire il caffè, pagò, s’infilò il
cappotto, si sistemò la sciarpa e uscì a passo spedito.
Il commissario dopo un’occhiata d’intesa con l’agente
Marella, si alzò per andare a controllare la toilette. Tutto come aveva
constatato il giorno prima. La finestra spalancata sul cortile e la porta di
fronte socchiusa.
Tornò al tavolo.
- Stessa rappresentazione di ieri. Finestra aperta e porta
del cortile socchiusa… Lui non se l’è certo filata di lì… L’abbiamo visto tutti
e due uscire dalla porta principale…
Marella annuì convinta.
- Può darsi che mi stia facendo un’idea sbagliata,
d’altronde come dice lei non c’è nulla di strano ad andare al bagno a fine
pasto… però… Però qualcosa non mi torna… dovrei capire… mah… Agente, intanto
grazie di quest’altra collaborazione…
- Ci rivedremo domani a pranzo?
- Chissà… puo’ darsi…
- Arriverderci allora e comunque in bocca al lupo.
Il pomeriggio decise di fare il turista. Anche perché
sentiva il bisogno di staccare, di prendere le distanze da quella storia.
Chiamò un taxi e chiese di essere portato al Colossum… il
tassista si fece una risata, aveva capito e lo scaricò proprio ai piedi del
Colosseo. Maigret si sentì
emozionato… un vero colosso di quel genere e che aveva circa duemila anni… Il
monumento brulicava di turisti, fece un giro completo all’esterno e
scoperse l’Arco di Costantino, che gli fece pensare ad un piccolo Arc de
Triomphe, ma questo era molto, ma molto più antico. Poi entrò. Gli
sembrava di aver fatto un salto indietro nella storia, nonostante i giapponesi
che con le loro moderne macchinette fotografiche scattavano a ripetizione. Si
fermò a osservare l’arena. Accese la pipa e pensò alle storie che aveva
sentito… i leoni, i gladiatori, la
folla del popolino, gli imperatori…
Si era fatto buio e i custodi invitavano tutti ad uscire.
Tornò in albergo. Alla reception lo avvisarono che l’avevano
cercato da Parigi. Si fece dare subito la comunicazione per Quai des Orfèvres.
- Cabina numero 2…
Si fece passare Janvier.
- Allora?
- Grandi novità. Aveva ragione lei... Portier è qui…
- Dove?
- In una piccola locanda a una trentina di chilometri da
Parigi…
- L’avete preso?
- No
- E come ci siete arrivati-'
- Siamo tornati nei soliti posti, nel garage da noleggio del fratello, e abbiamo visto che mancava una Citroen bianca… Non c'era registrazione del noleggio. Poi da quella sua amante… Ginette…era infuriata, Portier le aveva detto che partiva per un viaggio in Italia, per affari… invece l’aveva scoperto con un’altra donna, una giovane che lavorava nel bar dell'ex-compagno di cella di Portier… Le Bistrot du Blanc… lì il padrone ci ha detto che la ragazza, una certa Albertine, aveva lasciato il lavoro e che l’era venuta a prendere un signore con una Citroen bianca. Poi abbiamo fatto una perquisizione nell’appartamento dove vive con la madre e abbiamo trovato un telegramma in cui la figlia le comunicava che stava bene e che non sapeva quando sarebbe tornata… Abbiamo rintracciato l’ufficio postale da dove era partito e poi messo al setaccio tutta la zona… Non ci è voluto molto a trovare la Citroen bianca. Ci siamo appostati e la sera li abbiamo visti uscire… i due piccioncini…
- Siamo tornati nei soliti posti, nel garage da noleggio del fratello, e abbiamo visto che mancava una Citroen bianca… Non c'era registrazione del noleggio. Poi da quella sua amante… Ginette…era infuriata, Portier le aveva detto che partiva per un viaggio in Italia, per affari… invece l’aveva scoperto con un’altra donna, una giovane che lavorava nel bar dell'ex-compagno di cella di Portier… Le Bistrot du Blanc… lì il padrone ci ha detto che la ragazza, una certa Albertine, aveva lasciato il lavoro e che l’era venuta a prendere un signore con una Citroen bianca. Poi abbiamo fatto una perquisizione nell’appartamento dove vive con la madre e abbiamo trovato un telegramma in cui la figlia le comunicava che stava bene e che non sapeva quando sarebbe tornata… Abbiamo rintracciato l’ufficio postale da dove era partito e poi messo al setaccio tutta la zona… Non ci è voluto molto a trovare la Citroen bianca. Ci siamo appostati e la sera li abbiamo visti uscire… i due piccioncini…
- Bene – Maigret era molto soddisfatto del lavoro dei suoi
uomini – ma ora sono sotto sorveglianza?
- Certo ventiquattrore su ventiquattro,
c’è una squadra intera. Domattina prima dell'alba lo prendiamo... lo troveremo sicuramente ancora a letto...eh!
- Bene. Io stasera prendo il treno e domani mattina sarò in ufficio, non
perdeteli d’occhio nemmeno un minuto e, una volta catturato, portatelo al Quai... ci vedremo lì.
Poi telefonò subito al commissario Ranieri chiedendogli,
nonostante l’ora, un appuntamento subito. Ranieri gli chiese di aspettarlo in
albergo. Maigret si fece intanto prenotare un biglietto per Parigi sul primo treno
notturno, wagonlit o cuccette che fossero e iniziò a preparare i bagagli.
Lo avvertirono che Ranieri era arrivato.
Si appartarono in un angolo della hall.
- Mi dispiace caro Ranieri, ma qui a Roma non c’è nessun
Portier…
- Ma come…
- Ci ha preso in giro a tutti… ha fatto credere che venisse
qui a Roma. Invece è rimasto nascosto a Parigi… Ci dovevo pensare prima…
- Ma come fà ad essere sicuro…
- E’ un po’ che ci penso… quella storia dei sosia non mi
convinceva… E infatti erano tutti sosia… del vero Portier neanche l’ombra. Ma
capisce?... Ha fatto di tutto per essere visibile. Non aveva una copertura, un
lavoro, bighellonava per il quartiere, lo faceva per farsi vedere da tutti… o
meglio faceva sì che tutti vedessero i suoi sosia… credendo fosse lui. Vi ha fatto credere che
utilizzava dei sosia per sfuggire al vostro controllo e invece era tutta una manovra
per convincervi che lui era qui e che ovviamente cercava di non farsi prendere…
Ranieri fumava rabbiosamente e aveva un’espressione
rabbuiata.
- Eh sì… Portier è davvero furbo… Anche quella manovra di
andare al bagno, la finestra spalancata, la porta del cortile socchiusa, tutto
per farmi credere che ci fosse del movimento… per ingannarmi. Noi
eravamo concentrati a capire cosa faceva, distratti da tutto quel viavai.. A
volte sembrava essere lui, a volte i suoi sosia… invece era tutto un bluff.
- E adesso? -
fece un po’ mogio Ranieri
- Intanto potete catturare i suoi sosia e cercare di
risalire al vostro re delle evasioni e al vostro mostro di Vignanello… Ora io
scappo, ho un treno stanotte per Parigi. I miei uomini hanno circondato la locanda
dove è nascosto e domani mattina all’alba lo prenderanno. Quando arriverò a
Parigi, dovrei trovarlo già a Quai des Orfèvres… Comunque grazie di tutto…
- Grazie, senza di lei forse non avremmo capito…
- Io partivo avvantaggiato. Conoscevo Portier… Ah a proposito… grazie per avermi fatto
conoscere quella trattoria davvero speciale…
- Non ringrazi me… E’ merito di Portier…ehm… volevo dire dei suoi
sosia…
Sul taxi che lo riportava alla stazione Maigret era un po’
ansioso per come sarebbe andata la cattura, era soddisfatto per aver chiuso
quel caso, ma rimpiangeva un po’ di non aver avuto più tempo per fare il
turista a Roma e magari gustarsi un altro pranzo in quella trattoria di Testaccio.
domenica 3 marzo 2013
SIMENON. MAIGRET E LA TRATTORIA DI TESTACCIO / 2
Questo weekend la short-story che vi proponiamo è scritta da Giulio Masera. Un'immaginaria inchiesta di Maigret tra Roma e Parigi. Un inedità situazione quella del commissario a Roma tra indagini e intingoli a fianco di un commissario romano. Oggi la seconda parte, domani la terza ed ultima.
Chiunque volesse pubblicare un racconto sullo stile di Maigret o che in qualche modo rigardi Simenon, la sua vita e le sue opere scriva all'indirizzo
Chiunque volesse pubblicare un racconto sullo stile di Maigret o che in qualche modo rigardi Simenon, la sua vita e le sue opere scriva all'indirizzo
simenon.simenon@temateam.com
MAIGRET E LA TRATTORIA DI TESTACCIO
di Giulio Masera
- Ultima fermata. Stazione di Roma Termini. Signore e signori
le Ferrovie dello Stato vi augurano il benvenuto….
Maigret si svegliò di soprassalto. Stava sognando di essere
già a Roma, camminando per una strada in cui in fondo si vedeva quella meraviglia
...del Colossum. La notte aveva vegliato a lungo. Poi dopo Firenze si era
assopito, alternando veglia e sonno. Si sbarbò in fretta. Il treno procedeva
lentamente entrando nella città. Si lavò, si vestì, preparò la valigia.
Il convoglio era ormai arrivato in stazione. Maigret uscì dalla cabina. Si guardò
intorno, molti erano stranieri… forse turisti. Il treno si fermò con un colpo
secco. Il commissario attese la discesa degli altri passeggeri. Quando si
affacciò sulla banchina li individuò subito. Uno alto, corporatura, massiccia,
sguardo fisso, avvolto da un cappotto blu. L’altro smilzo, bassino, con uno
svolazzante impermeabile chiaro, un sigaretto tra i denti e un’aria di chi la
sa lunga. L’istinto e null’altro
gli diceva che non potevano essere che loro.
Ma anche i due, appena Maigret apparve sulla porta del treno
lo riconobbero e dopo un istante si mossero all’unisono.
Strette di mano, e poi via. Uscirono dalla stazione e,
saliti su una vettura qualsiasi, arrivarono ad un albergo sul colle Aventino.
- Qui siamo in una zona molto signorile. Ma è un quartiere
che si affaccia su Testaccio, il quartiere che è appena al di sotto. Noi pure
abbiamo una base qui… Saremo vicini. Per ora stiamo seguendo il Portier con un
squadra di una decina di uomini che si alternano ogni due ore.
Sistemato in albergo il bagaglio, Giannini li portò in un
ristorantino a San Saba, un quartiere più modesto, situato su un colle davanti
a quello dell’Aventino.
Un piccolo tavolo, tovaglia di carta, menù fisso, vino rosso
della casa.
Arrivò per primo un abbondante piatto di spaghetti alla
carbonara.
Mentre Maigret ingaggiava una sfida con quella pasta lunga scivolosa,
Ranieri continuava ad illustrare la situazione e Giannini traduceva
incessantemente dal francese all’italiano e viceversa.
- Controlliamo soprattutto i suoi pasti, tutti consumati da
solo, in una famosa trattoria vicino piazza Santa Maria Liberatrice,
Agustarello.
- E dove abita?
- Questo è ancora un rebus. Qualche volte riesce a far
perdere le sue tracce. Depistaggi: ci sono individui vestiti come lui, della
stessa altezza che da dietro possono sembrare lui. Oppure si intrufola in un
autobus molto affollato da cui riesce a sparire… Soprattutto la domenica, si
infila nel vicino mercato dell’usato di Porta Portese, verso mezzogiorno c’è un
fiume di persone e anche lì, con
un paio di sosia, riesce a far perdere le proprie tracce…
- Ma qualche volta riuscirete a non perderlo di vista ?
- Certo, il più delle volte…ma…
- Ma?
- Ma non torna mai nella stessa casa. Ci sono cinque
indirizzi, tutti nella zona…
- E non avete mai fatto perquisizioni?
- No per ora, cerchiamo di essere invisibili. Potremmo
circondare la trattoria e arrestarlo mentre mangia. Ma secondo i nostri
riscontri sarebbero dei malavitosi locali, molto pericolosi, ad aver messo in piedi una
raffinata rete di protezione. Portier deve avere un sacco di soldi perché Benito Lucidi, “il re delle evasioni”,
e Antonio Piermartini, "il mostro
di Vignanello", sono due che si muovono solo per cifre esorbitanti. Sono
i due che occupano i primi posti dei ricercati della polizia e non solo romana.
Per noi è importante prendere questi due delinquenti, come per voi è fondamentale
acchiappare Portier.
L’oste, un grasso uomo di mezz’età con un grembiule tutto
macchiato e una faccia rubizza, arrivò con un piatto di saltimbocca alla
romana, con un contorno di cicoria ripassata in padella con aglio e
peperoncino.
Iniziarono a mangiare in silenzio. Fu Maigret che parlò per
primo.
- Avete un’ispettrice o un agente donna che parli francese e
che…
- Perché… cosa ha in mente?
- Vorrei pranzare da questo Gusterel…
- Agustarello.
- Ecco, potrei fare la parte di un turista francese che
viene a trovare una sua lontana parente e metterci a pranzare vicino a Portier…
e poi magari attaccare bottone con la scusa di aver capito che anche lui è
francese…
- Ma Porter la riconoscerà e poi non è uno stupido, fiuterebbe
subito che la donna non è una sua parente, ma una poliziotta.
- Ma è proprio quello che voglio…
- Cioè?
- Che pensi che sia la polizia francese che lo ha trovato… e
ai francesi non importa nulla del mostro di Vignanello o del re delle evasioni…
la police judiciaire vuole lui. E potrebbe indurre i suoi protettori a fare un
passo falso e… voi sareste lì, pronti a non farveli scappare.
Maigret aveva appena finito di esporre il suo piano.
Ma mentre assaporava l’ultimo saltimbocca si faceva strada
nella sua testa la convinzione che non avrebbe dovuto agire subito. Prima doveva
conoscere il quartiere, la gente… perché secondo lui ci dovevano essere degli
abitanti che non potevano non
sapere chi era quel francese e perché stava lì. Non aveva un’occupazione, non
aveva l’aria del turista, aveva delle strane abitudini. Il benzinaio, il
giornalaio, il gestore del bar sulla piazza, quelli delle bancarelle che
vendevano ghiaccio tritato e sciroppo, il fioraio… qualcosa dovevano aver
subdorato. Magari qualcuno di loro aveva visto o sentito qualcosa…
- Però bisogna aspettare… non dobbiamo aver fretta…
Il commissario Ranieri lo guardò interrogativamente,
sbuffando con quel suo sigaretto.
- Bisogna che venga fuori qualcosa… ma deve venir fuori da
sola… non dobbiamo precipitare la situazione. Soprattutto se vogliamo fare un
repulisti generale…
- Ma cosa dovrebbe venir fuori – chiese un po’ spazientito
Ranieri – non ho capito cosa dobbiamo aspettare…
- Non lo so nemmeno io. Ma le assicuro che la situazione
deve maturare o da sola o chissà... nella sua o nella mia testa…
- Ma noi siamo dietro a questa storia già da un sacco di
tempo – protestò Ranieri - cos’altro
potrebbe venir fuori che non sappiamo già?
- Magari qualcosa che nemmeno ci immaginiamo… Anche io sono
mesi che lavoro a questo caso e avrei una gran voglia di mettergli le manette e finire questa storia… Ma
voglio sapere come è arrivato qui, chi ce l’ha portato, come ha intrecciato i
rapporti con la mala romana.
Erano arrivati i caffè… Maigret chiese un bicchierino… gli
portarono una sambuca.
Ranieri aveva acceso un altro sigaretto e aveva assunto
un’aria pensosa.
Anche Maigret accese la pipa... (segue)
sabato 2 marzo 2013
SIMENON. MAIGRET E LA TRATTORIA DI TESTACCIO / 1
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Questo weekend la short-story che vi proponiamo
è scritta da Giulio Masera. Un'immaginaria inchiesta
di Maigret tra Roma e Parigi. Un inedità situazione
quella del commissario a Roma tra indagini e intingoli
a fianco di un commissario romano. Oggi la prima parte
Chiunque volesse pubblicare un racconto sullo stile di Maigret o che in qualche modo rigardi Simenon, la sua vita e le sue opere
scriva all'indirizzo
simenon.simenon@temateam.com
MAIGRET E LA TRATTORIA DI TESTACCIO
di Giulio Masera
Sarà stata la primavera del ’60. Si respirava già un’aria
tiepida e Maigret da qualche tempo non accendeva la stufa, nemmeno la sera
tardi. Era una mattina tranquilla o meglio lo sembrava.
La convocazione di Comeliau arrivò all’improvviso. Quando il
commissario entrò nel suo ufficio lo trovò che aveva per le mani un
cablogramma.
Il giudice non si perse in convenevoli.
- Commissario, è urgente. Dovrà partire subito per Roma…
- Roma?
- E’ arrivato un cablogramma dalla questura centrale di Roma
con la comunicazione che Fernand Portier avrebbe trovato rifugio nella capitale
italiana, grazie alla malavita locale…
- Ecco perché sembrava scomparso!
- Già, il commissario Ranieri e il suo ispettore Giannini
l’aspettano… hanno già messo su
una squadra…
Un velo d’apprensione scese per un attimo sul volto di
Maigret.
- …dovrò prendere l’aereo?
Comelieu rise sotto i baffi. Sapeva bene che non amava
volare, anzi lo detestava.
- Ma no, potrete prendere un wagon-lit stasera e domattina
sarete a Roma.
Portier…Portier… Maigret andava con la mente a quelle
indagini che ormai andavano avanti da mesi… retate, soffiate dagli informatori,
serate passate ad interrogare esponenti dalla mala… apostamenti… Niente!
Nessuno sapeva, nessuno parlava. Loro lì a sudare e correre in ogni direzione e
intanto Portier se la spassava a Roma.
- Ecco, queste sono le informazioni giunte dalla polizia
romana. Lo stanno tenendo
d’occhio, ma vorrei che anche lei partecipasse alle operazioni… e poi lo
conosce meglio di chiunque altro…
- Certo, anch’io ho una certa voglia di mettergli le mani
addosso… ci ha preso troppo per il naso… Ora basta!... Ah… ma per
l’estradizione?
- A quella poi ci penseremo, prima prendiamolo. Ma si
ricordi che lei è solo un osservatore, ufficialmente non deve prendere parte
alle operazioni. Ovviamente… io non ne so nulla come d’altronde il giudice De
Giovanni da cui dipende l’inchiesta a Roma. Ve la vedrete lei e Ranieri.
Maigret usci dall’ufficio di Comelieu a passo veloce e di
umore contrastato. Da una parte pensava con insofferenza alla preparazione
della valigia, alla notte in treno, che avrebbe di certo passato in bianco… Dall’altra
non vedeva l’ora di acchiappare quel Portier che tante problemi e notti insonni
gli aveva causato. E poi Roma. Certo non avrebbe avuto tempo di fare il
turista, ma era un viaggio che avrebbe voluto offrire a M.me Maigret. Ora
invece, sia pure per lavoro, ci andava da solo… gli sembrava un po’ di
tradirla.
Entrò nella stanza degli ispettori come un treno. C’era
soltanto Lapointe.
- Chiama subito Janvier e informati per un biglietto
ferroviario, un wagon-lit Parigi
–Roma per stasera…
- Stasera Per chi?
- Sì. Lapointe… stasera! E’ per me. Non mi pare così
difficile!
Si chiuse nel suo ufficio, avvisò la moglie del’imprevisto,
sicuro che così gli avrebbe preparato la valigia, ramazzò tutti i fogli e le
cartelline che riguardavano il caso Portier con cui riempi una vecchia borsa che da anni teneva in
ufficio per queste occasioni. Mentre si accendeva la pipa, entrò Janvier, anche
lui con la pipa accesa.
- Capo mi cercava?
- Hanno trovato Portier…
- Chi l’ha preso?... dove stava…?
- Non l’hanno ancora catturato, ma la polizia italiana l’ha
segnalato a Roma… Lo tengono sotto controllo. E ora stasera mi tocca partire…
- Ci siamo, allora, è fatta, ormai per lui è finita?
Nell’aria fumosa dell’ufficio di Maigret si percepiva la
fibrillazione dei due poliziotti che da tempo aspettavano questo momento
- Janvier, non correre troppo, prima bisogna prenderlo, poi
c’è l’estradizione da ottenere, quindi va processato… Adesso però vai in
archivio e procurami tutto quello che abbiamo foto, testimonianze, prove… Ma in fretta che io debbo
muovermi subito.
Uscito Janvier entrò Lapointe.
- Ecco il biglietto per il treno, stasera Gare de Lyon ore
22.45 destinazione Stazione Roma Termini… Per il rientro mi deve dare
disposizioni…
- Magari sapessi quando tornerò… due tre giorni, una
settimana, dieci giorni?... Comunque, di’ al centralino che mi passino la
comunicazione con la questura centrale di Roma: commissario…. Ranieri… e che nessuno mi disturbi durante la
telefonata.
Lapointe uscì al volo come era entrato.
Aspettando la linea osservava la Senna, le cui acque
baluginavano al sole primaverile, e dove si vedevano comparire le prime barche
da diporto oltre alle chiatte e ai
natanti da lavoro.
Il telefono squillò.
- Bon-giurno, moi Maigret polizza française…
Maigret non se la cavava proprio con l’italiano. Se quelli
non lo parlavano svelti capiva qualcosa, ma parlarlo lui era tutto un’altro
discorso
- Bonjour commissare Maigret, nous attendions votre appel…
Maigret rimase piacevolmente stupito dalla buona conoscenza
del francese da parte del suo collega italiano.
- Monsieur le comissaire Ranieri?
- No, je suis l’inspecteur Giannini, je fais d'interprète…
- Ah… bien…
Alors… je serai à Rome demain matin, à dix heures et demi… à la Gare
Termini
- Vous nous trouverez
au quai de la station à le vôtre arrive…
- A demain
alors e merci.
- Merci à vous commissarie.
La presenza di un interprete lo sollevava, tutto sarebbe
stato più facile. Ora mancavano poche ore alla partenza.
- Lapointe!
Il giovane ispettore si precipitò subito, nemmeno fosse
stato dietro la porta.
- Dov’è Janvier? Doveva portarmi il dossier-Portier al
completo e ancora non si vede. Cercalo e digli di venire subito. Io al massimo
tra una mezz’ora vado via.
Nell’attesa si immerse a
pensare a Roma, sicuramente era più caldo che a Parigi, e poi doveva assolutamente vedere dal vivo quel
monumento romano… quello con tutti quegli archi… quello rotondo… il Colossum?...
Chiuse gli occhi e si vide già nella capitale italiana... (segue)
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