Apertura alla grande su Maigret, per la prima pagina dell'inserto Domenica de Il Sole 24 Ore di oggi. Motivo: il lancio da parte del quotidiano economico della Confindustria di un'operazione editoriale che vedrà in edicola ben 40 titoli delle inchieste del commissario simenoniano dal prossimo mercoledì 11 gennaio. Vi si annuncia: con il Sole al prezzo di 6,90 euro (ma non si capisce se con o senza il giornale, anche perchè sul web si legge invece 3,90 euro, vedi Con la Domenica del Sole 24 Ore inizia il viaggio per leggere e capire il metodo scientifico di Maigret). Sull'inserto, titolone a cinque colonne Maigret, il riparatore di destini per un articolo di Goffredo Fofi, titolo che fa da cappello a un'altro articolo, Inchiodati al suo metodo, di Armando Massarenti.
E' difficile per gli assidui lettori di Simenon Simenon, non fare il parallelo con l'altra grande operazione su Simenon, Le Monde de Simenon, i venti volumi editi dal quotidiano parigino (ognuno con tre titoli, tra romanzi e Maigret), conclusasi ad ottobre scorso.
Qui c'è solo Maigret, e scusate se è poco, con quaranta delle oltre settanta inchieste scritte da Simenon.
Non ci viene spiegato il criterio con cui sono state scelte. E... non lo vogliamo sapere. Fosse imposta a noi una scelta del genere, avremmo avuto un grosso imbrazzo a scegliere. Non che non ci siano Maigret migliori di altri, ma obiettivamente, scartarne ben trentasei deve cosituire una bella rogna. D'altronde come scrive Fofi "...è difficile per un lettore di Simenon distinguere tra un buon Maigret e un Maigret medio (di cattivi non ne conosco)...", figurarsi le difficoltà per il responsabile della selezione.
Fofi batte sull'annoso problema della letteratura alta e quella bassa e di come la critica accademica abbia contribuito a farne un caposaldo duro da abbattere, e invece Simenon che scriveva per tutti, scardina questa convinzione, infatti il suo intento era proprio quello di "... scrivere per tutti e inserire nelle pieghe della letteratura di genere problematiche invero altissime - sottolinea Fofi - scavi nella natura umana e nella sua fragilità, nella difficoltà di intendere e praticare il bene pur intuendone la verità...".
Per ora sulla Domenica 24 Ore di oggi vengono anticipate le prime dieci uscite: Maigret e il caso Nahour (11 gennaio), Maigret e il corpo senza testa (18 gennaio), La trappola di Maigret (25 gennaio), Maigret e il ladro indolente (1 febbraio), Maigret e l'affittacamere (8 febbraio), L'impiccato di Saint-Pholien (15 febbraio), Il porto delle nebbie (22 febbraio), L'ispettore Cadavre (29 febbraio), Il pazzo di Bergerac (7 marzo) e L'amica della signora Maigret (14 febbraio).
Ottima occasione per coloro che avessero perso anche un sol titolo, potrebbero trovarlo in uno di questi quaranta del Sole. Per chi fosse competamente a digiuno un consiglio, inizi a leggere il primo e troverà almeno un elemento che lo colpirà, il secondo gli servirà per entrare "come si deve" nel mondo di Maigret (o meglio dal mondo creato da Simenon per Maigret), alla lettura del terzo sarà completamente conquistato. E poi magari, dopo una decina di inchieste del commissario, gli verrà voglia di leggere un romanzo di Simenon che, contrariamente a quanto dicono in molti, non è certo così lontano dai Maigret.
domenica 8 gennaio 2012
sabato 7 gennaio 2012
SIMENON. PROFESSIONE REPORTER... A SEDICI ANNI
C'è chi dice il 6, chi dice il 7. Le informazioni non concordano. Ma in fondo ventiquattr'ore non fanno la differenza per l'ingresso dell'adolescente Georges nel mondo del giornalismo. Era dal giugno del 1918, che in seguito alla malattia del padre che non gli aveva più permesso di lavorare, aveva dovuto intraprendere la ricerca di un lavoro. Prima tentò come garzone di una pasticceria, ma la cosa non funzionò e, dopo un paio di mesi, fu alla ricerca di un nuovo impiego. La seconda esperienza, come commesso in una libreria, sembrava più confacente alle sue preferenze e alla sua preparazione. Ma anche qui le frizioni con il padrone resero le cose difficili. La goccia che fece traboccare il vaso sembra fosse stato un rimprovero dell'adolescente Simenon al padrone, di fronte a dei clienti che avevano chiesto il Capitain Pamphile. Il proprietario lo cercava tra i romanzi di Théoèphile Gautier, confondendolo con Capitaine Fracasse. Simenon gli fece platealmente notare che andava cercato alla lettera "D" come Dumas, Alexandre Dumas. Licenziato. La sua carriera in libreria era durata circa un mese.
Decise quindi di presentarsi a La Gazette de Liége, almeno questo è quello che racconta Simenon, dove fu ricevuto addirittura dal direttore, Joseph Demarteau, al quale disse che come referenze aveva quella di un suo cugino, negoziante di spezie che faceva parte del consiglio d'amministrazione della casa editrice del quotidiano. Dopo aver controllato, il direttore lo assunse. In realtà era una balla, suo cugino era un vescovo di Liegi, solo un omonimo del consigiere d'amministrazione.
Ma la versione di Simenon, secondo diversi suoi biografi, non è veritiera. Nemmeno il vescovo di Liegi era suo cugino e non era neanche tale, si trattava di un lontano parente, per di più solo vicario generale della diocesi cittadina. Insomma il suo ingresso fu certamente spinto da una consistente raccomandazione, ma da chi e come questo non è dato da sapere con certezza.
Comunque è un fatto che a sedici anni Simenon si ritrovò a fare la sua gavetta nella redazione del quotidiano di Liegi, e che fu il suo precoce ingresso nel modo del giornalismo ad essere un passaggio della linea... in positivo. Quella occasione lo proietterà nel mondo della scrittura, per allora solamente cronachistica, ma in seguito il giovane Georges svilupperà delle aspetttive e degli obiettivi ben più ambiziosi.
Non gli volle molto a farsi apprezzare in redazione. Bruciò le tappe e in breve gli furono affidati incarichi di sempre maggiore responsabilità. Era un reporter dal brillante futuro. Ma ad un certo punto lasciò tutto la sicurezza, gli affetti, la città natale, per l'incerta avventura nel mondo della letteratura a Parigi. E fu la prima di una serie di déplacement che gli avrebbero cambiato la vita.
Decise quindi di presentarsi a La Gazette de Liége, almeno questo è quello che racconta Simenon, dove fu ricevuto addirittura dal direttore, Joseph Demarteau, al quale disse che come referenze aveva quella di un suo cugino, negoziante di spezie che faceva parte del consiglio d'amministrazione della casa editrice del quotidiano. Dopo aver controllato, il direttore lo assunse. In realtà era una balla, suo cugino era un vescovo di Liegi, solo un omonimo del consigiere d'amministrazione.
Ma la versione di Simenon, secondo diversi suoi biografi, non è veritiera. Nemmeno il vescovo di Liegi era suo cugino e non era neanche tale, si trattava di un lontano parente, per di più solo vicario generale della diocesi cittadina. Insomma il suo ingresso fu certamente spinto da una consistente raccomandazione, ma da chi e come questo non è dato da sapere con certezza.
Comunque è un fatto che a sedici anni Simenon si ritrovò a fare la sua gavetta nella redazione del quotidiano di Liegi, e che fu il suo precoce ingresso nel modo del giornalismo ad essere un passaggio della linea... in positivo. Quella occasione lo proietterà nel mondo della scrittura, per allora solamente cronachistica, ma in seguito il giovane Georges svilupperà delle aspetttive e degli obiettivi ben più ambiziosi.
Non gli volle molto a farsi apprezzare in redazione. Bruciò le tappe e in breve gli furono affidati incarichi di sempre maggiore responsabilità. Era un reporter dal brillante futuro. Ma ad un certo punto lasciò tutto la sicurezza, gli affetti, la città natale, per l'incerta avventura nel mondo della letteratura a Parigi. E fu la prima di una serie di déplacement che gli avrebbero cambiato la vita.
venerdì 6 gennaio 2012
SIMENON. DAI "SIMONON" DEL '600 AI GENITORI DI GEORGES
![]() |
Desiré Simenon e Henriette Brull, padre e madre di Georges |
Queste origini, così certosinamente documentate dal professor Rutten, ebbero la loro influenza anche su Desiré (classe 1877) ed Henriette (classe 1880), i genitori di Georges che avevano caratteri profondamente diversi, fatto che alla lunga provocò una serie di crisi. La storia però era sempre la stessa. Lei, figlia di Guillome, un commerciante di spezie, rimproverava il marito di non avere ambizioni, di non aver voluto far carriera e di costringere la famiglia, se non proprio alla povertà, a rinunciare a quello standard di vita cui aspirava e che avrebbe voluto che gli altri le invidiassero. Lui invece, figlio di Chrétien cappellaio di Liegi, era di tutt'altra pasta, era un individuo felice di quello che aveva, non desiderava di più tanto che sul lavoro aveva anche rifiutato un posto di responsabilità nell'all'ora nuovo ramo "vita" della compagnia d'assicurazioni in cui lavorava.
La storia poi andò a finire male, con Desirè, malato e non più in grado di lavorare, la madre che prese in mano le redini della famiglia e che trasformò la loro casa in camere in affitto per studenti stranieri, i quali, dalle sistemazioni ai pasti, avevano la preminenza e la precedenza su Desiré e Georges. Poi il Desiré morì ed Henriette prese in mano del tutto la situazione, continuando a preferire Christian, il secondogenito, mentre Georges già aveva dovuto interrompere gli studi e trovarsi un lavoro.
giovedì 5 gennaio 2012
SIMENON. PERICOLOSO SOVVERSIVO?
Abbiamo più volte detto della posizione tutto sommato conservatrice di Simenon, che pure non si esprimeva sulle questione squisitamente politiche. Certo, molti dei suoi comportamenti erano contraddittori. Ad esempio durante la seconda guerra mondiale da un parte svolse con grande coscienziosità e convinzione il suo ruolo di Commissario per i rifugiati belgi che arrivavano da un Belgio invaso dalle truppe di Hitler. D'altra parte però, durante l'occupazione in Francia, portò a termine diversi affari con una società di produzione cinematografica, la Continental, che tutti sapevano essere in mano tedesca, ma che forse non tutti sapevano che facesse capo addirittura ad Himmler. Questi rapporti procurarono a Simenon denaro, e a quei tempi ce n'era bisogno, ma anche dei favori, come il lasciapassare per nuoversi in una Francia dove gli spostamenti erano vietati. Questo lo mise ovviamente in cattiva luce con il Fronte di Liberazione francese che, a guerra finita, aveva aperto un dossier su di lui, per la verità scarno, ma che per più d'uno doveva essere l'inizio di un'indagine per un'accusa di collaborazionismo.
Ma Simenon, che nella sua vita si tenne sempre lontano dalla politica attiva, non rinunciava però a proclamare le sue idee e anche nei suoi romanzi e persino nei Maigret. Non di rado dimostrava poca fiducia nella società o per lo meno nel sistema e nei valori su cui era fondata. Un'esempio è quello di aver fatto di Maigret un aggiustatore di destini, una cosa non da poco. La reponsabilità di un funzionario di polizia cui competevano solo le indagini, che si arrogava il diritto di giudicare, compito che competeva alla magistraura. Ma in alcuni casi la sfiducia nel sistema giudiziario portava Maigret (o meglio portava l'autore a far agire Maigret) i n modo da sostituirsi al sistema giudicante.
Ma anche la società non girava, secondo lui nel modo giusto. Lo vediamo nei suoi romanzi, come i protagonisti sono trattati dal sistema sociale. Finché si trovano di qua dalla famosa "ligne" sono rispettati ben voluti e integrati, quando qualcosa va storto e la linea viene varcata, scatta l'emarginazione, si attivano alcuni meccanismi fondamentali di una società borghese che deve difendere la propria autoconservazionie che quindi li isola e talvolta li porta all'eliminazione come fossero dei corpi dannosi per il sistema.
Ma non basta. Infatti, in modo se volete anche sorprendente, ci sono anche affermazioni forti di Simenon che non possiamo non definire politiche e che in un periodo di crisi e di ripensamento dei modelli di governance economici-politici a livello mondiale, come quello che stiamo passando, tornano di grande attualità.
"...io sono anticapitalista e non mi nascondo certo. Credo di averlo già detto. Il capitalismo è uno dei rari fenomeni che non abbiamo importato dagli Stati Uniti. E' cominciato in Europa con l'inizio dell'era industriale, con il lavoro dei banbini di dodici anni nelle fabbriche, con i tuguri di White Chapel, che per di più appartenevano non solo all'aristocrazia, ma in certi casi addirittura ai membri della famiglia reale..." (Dictées - 1975).
Ma Simenon, che nella sua vita si tenne sempre lontano dalla politica attiva, non rinunciava però a proclamare le sue idee e anche nei suoi romanzi e persino nei Maigret. Non di rado dimostrava poca fiducia nella società o per lo meno nel sistema e nei valori su cui era fondata. Un'esempio è quello di aver fatto di Maigret un aggiustatore di destini, una cosa non da poco. La reponsabilità di un funzionario di polizia cui competevano solo le indagini, che si arrogava il diritto di giudicare, compito che competeva alla magistraura. Ma in alcuni casi la sfiducia nel sistema giudiziario portava Maigret (o meglio portava l'autore a far agire Maigret) i n modo da sostituirsi al sistema giudicante.
Ma anche la società non girava, secondo lui nel modo giusto. Lo vediamo nei suoi romanzi, come i protagonisti sono trattati dal sistema sociale. Finché si trovano di qua dalla famosa "ligne" sono rispettati ben voluti e integrati, quando qualcosa va storto e la linea viene varcata, scatta l'emarginazione, si attivano alcuni meccanismi fondamentali di una società borghese che deve difendere la propria autoconservazionie che quindi li isola e talvolta li porta all'eliminazione come fossero dei corpi dannosi per il sistema.
Ma non basta. Infatti, in modo se volete anche sorprendente, ci sono anche affermazioni forti di Simenon che non possiamo non definire politiche e che in un periodo di crisi e di ripensamento dei modelli di governance economici-politici a livello mondiale, come quello che stiamo passando, tornano di grande attualità.
"...io sono anticapitalista e non mi nascondo certo. Credo di averlo già detto. Il capitalismo è uno dei rari fenomeni che non abbiamo importato dagli Stati Uniti. E' cominciato in Europa con l'inizio dell'era industriale, con il lavoro dei banbini di dodici anni nelle fabbriche, con i tuguri di White Chapel, che per di più appartenevano non solo all'aristocrazia, ma in certi casi addirittura ai membri della famiglia reale..." (Dictées - 1975).
mercoledì 4 gennaio 2012
SIMENON. PUDORE O SPUDORATEZZA?
Ingenuo o calcolatore? Uno dei quesiti che ricorrono negli scritti di chi ha cercato di capire a fondo Simenon e nelle domande poste da mille intervistatori. E non è un interrogativo da poco.
Certo, chiederlo all'interessato non é un po' da sprovveduti? Lo scrittore, l'abbiamo detto più volte, aveva una speciale sensibilità per la comunicazione, exploit, confessioni, il mettersi a nudo o il non chiarire ai a fondo certi lati oscuri della sua vita... far crescere il "mistero Simenon". Ma niente di nuovo, come d'altronde per moltissimi personaggi pubblici.
"...quando si è trattato di concordare questa trasmissione (Portrait Souvenir - Roger Stephane per RTF - novembre 1963) volevo domandarvi di iniziare con una prefazione. Avrei voluto dirle: mi chiedo perché mi vengono poste tutte queste domande, perché non c'è motivo che io sia qui a scoprirmi, mentre lei non si scopre e gli spettatori nemmeno si scoprono. Perché devo raccontare in modo sincero la mia giovinezza, quello che penso, etc... quando gli altri non lo fanno? Questo potrebbe sembrare una specie d'istrionismo, cosa che non fa certo parte del mio carattere...".
Simenon gioca con l'intervistatore? Ormai è uno scrittore navigato, è uno che, avendolo fatto di mestiere, sa come lavorano i giornalisti, sa quello che dire, come e quando dirlo e invece ad un certo punto dell'intervista tira fuori un elemento che non ci si aspetterebbe.
"... dal momento che uno ha accettato un lavoro in qualche modo pubblico... essere scrittori non è per caso un lavoro pubblico?... occorre accettare le conseguenze. Ma nonostante tutto, ho il pudore, il pudore dei Simenon. Che cos'è il pudore dei Simenon? Ecco un esempio: dopo vent'anni di matrimonio ho sentito mia madre dire a mio padre: "Ascolta Desiré sono vent'anni che siamo sposati e tu non mi hai mai detto: "Mia cara ti amo". Mio padre l'ha guardata, molto teneramente, e le ha risposto con la più grande semplicità "Ma tu sei qui!". Fu tutto. E' il modo di manifestare le nostre emozioni ...".
I Simenon, schivi, introversi, poco espansivi, pudici? Almeno Desiré, ma Georges?
Come sa chi ha seguito questo blog, non solo lo scrittore è stato prodigo di interviste, ma si è impegnato in diverse opere autobiografiche, alcune molto aperte, senza l'apparente intento di nascondere nulla. Pensiamo a Mémoires intimes con le parti dedicate alla moglie Denyse e alla figlia Marie-Jo. Pagine a volte crude, abbacinanti, come un 'istantanea di cronaca dove il flash illumina impietoso ogni paricolare. Qui di pudore non ne avvertiamo.
Quindi il quesito si fa importante per conoscere meglio lo scrittore. La risposta in tasca crediamo non l'abbia avuta nemmeno il più profondo consocitore di Simenon. Potremmo cavarcela con il semplice escamotage della doppia faccia di ogni individuo, il Simenon aperto e indifeso intervistato dai psicoanalisti di Mèdicine et Hygiène (1968) oppure quello che non spiegò mai fino in fondo la sua ansia di se deplacer, di cambiare, abitazione, paese, continente, una sindrome della fuga di cui abbiamo fin troppe versioni e troppe interpretazioni per districarci e trovare quella o quelle vere.
Pudico quindi o spudorato? Dite la vostra...
Certo, chiederlo all'interessato non é un po' da sprovveduti? Lo scrittore, l'abbiamo detto più volte, aveva una speciale sensibilità per la comunicazione, exploit, confessioni, il mettersi a nudo o il non chiarire ai a fondo certi lati oscuri della sua vita... far crescere il "mistero Simenon". Ma niente di nuovo, come d'altronde per moltissimi personaggi pubblici.
"...quando si è trattato di concordare questa trasmissione (Portrait Souvenir - Roger Stephane per RTF - novembre 1963) volevo domandarvi di iniziare con una prefazione. Avrei voluto dirle: mi chiedo perché mi vengono poste tutte queste domande, perché non c'è motivo che io sia qui a scoprirmi, mentre lei non si scopre e gli spettatori nemmeno si scoprono. Perché devo raccontare in modo sincero la mia giovinezza, quello che penso, etc... quando gli altri non lo fanno? Questo potrebbe sembrare una specie d'istrionismo, cosa che non fa certo parte del mio carattere...".
Simenon gioca con l'intervistatore? Ormai è uno scrittore navigato, è uno che, avendolo fatto di mestiere, sa come lavorano i giornalisti, sa quello che dire, come e quando dirlo e invece ad un certo punto dell'intervista tira fuori un elemento che non ci si aspetterebbe.
"... dal momento che uno ha accettato un lavoro in qualche modo pubblico... essere scrittori non è per caso un lavoro pubblico?... occorre accettare le conseguenze. Ma nonostante tutto, ho il pudore, il pudore dei Simenon. Che cos'è il pudore dei Simenon? Ecco un esempio: dopo vent'anni di matrimonio ho sentito mia madre dire a mio padre: "Ascolta Desiré sono vent'anni che siamo sposati e tu non mi hai mai detto: "Mia cara ti amo". Mio padre l'ha guardata, molto teneramente, e le ha risposto con la più grande semplicità "Ma tu sei qui!". Fu tutto. E' il modo di manifestare le nostre emozioni ...".
I Simenon, schivi, introversi, poco espansivi, pudici? Almeno Desiré, ma Georges?
Come sa chi ha seguito questo blog, non solo lo scrittore è stato prodigo di interviste, ma si è impegnato in diverse opere autobiografiche, alcune molto aperte, senza l'apparente intento di nascondere nulla. Pensiamo a Mémoires intimes con le parti dedicate alla moglie Denyse e alla figlia Marie-Jo. Pagine a volte crude, abbacinanti, come un 'istantanea di cronaca dove il flash illumina impietoso ogni paricolare. Qui di pudore non ne avvertiamo.
Quindi il quesito si fa importante per conoscere meglio lo scrittore. La risposta in tasca crediamo non l'abbia avuta nemmeno il più profondo consocitore di Simenon. Potremmo cavarcela con il semplice escamotage della doppia faccia di ogni individuo, il Simenon aperto e indifeso intervistato dai psicoanalisti di Mèdicine et Hygiène (1968) oppure quello che non spiegò mai fino in fondo la sua ansia di se deplacer, di cambiare, abitazione, paese, continente, una sindrome della fuga di cui abbiamo fin troppe versioni e troppe interpretazioni per districarci e trovare quella o quelle vere.
Pudico quindi o spudorato? Dite la vostra...
martedì 3 gennaio 2012
SIMENON. NON SI DANNO CONSIGLI A FELLINI?
Proprio il 3 gennaio di 35 anni fa, il carteggio tra il romanziere e il regista si arricchiva di una nuova missiva, direzione Simenon Fellini. Lo scrittore esordisce sostenendo che non si possono dare consigli a qualcuno che sia il grande Fellini.
E spiega il perché.
Il tema della lettera é la creatività, con le sue presenze e le sue assenze. Creatività intesa come l'insondabile e inafferrabile pulsione a raccontare storie sentimenti, personaggi che, secondo Simenon, nasce inattesa e quasi aldilà della propria volontà. Un tipo di creatività che lo scrittore conosceva bene come sua, ma che riconosceva anche nelle opere cinematografiche del regista italiano: "... Lei è una forza della natura. E non se ne rende nenche conto. Obbidisce nolente o volente alle pulsioni del suo inconscio....".
Come al solito, Simenon minimizza quello che lo riguarda, quando interloquisce con gli artisti che ammira veramente. "... Anche io, anche se in ambito più modesto, ho vissuto le incertezze e diciamo anche il senso di vuoto che oggi lei si trova davanti (Fellini gli aveva confidato il suo stato di crisi dopo aver girato "Casanova"). Nel suo caso il fatto non ha niente di stupefacente, perché sono sicuro quello che lei ha appena concluso, vorrei dire suo malgrado, é un'opera tra le più importanti della sua vita...".
Poi Simenon fa il paragone tra quando lui stesso scrisse Pedigree (1943) e Fellini finì di girare Casanova (1976), prendendo tra l'altro un abbaglio, (affermò infatti che entrambe crearono le due opere a circa la stessa età, in realtà Simenon aveva solo quarant'anni e Fellini già cinquantasei) Ma importante, é la valutazione delle pause dopo lo sforzo creativo. Certo che questo tema, affrontato da Simenon, scrittore e non regista, e per di più con doti di concentrazione e velocità assolutamente fuori dal comune, sembra un po' incongruo. Stiamo parlando di due forme espressive tecnicamente molto diverse, ma Simenon ci teneva a far sapere come sentisse vicino lo sforzo creativo del regista riminese. Va sottolineato che lo scrittore é un demiurgo cui basta stracciare un foglio per passare da una scena di giorno ad una di notte, o cambiare personaggio. Un regista ha centinaia di persone, un set, macchinari, luci, cineprese, scenografie scenggiature, copioni... é tutto più complicato! Ma il vero sforzo, sosteneva Simenon, era quello di seguire la propria ispirazione senza farsi distrarre, ma facendosi guidare, attenti ai suoi comandi perchè come dice testualmente Simenon "...solo lei è in grado di stabilirlo, meglio ancora, il suo subconscio che le farà fare, anche controvoglia, quello che deve...".
E quindi parla di Jung, lo psicoanalista che dava importanza all'inconscio soprattutto il cosiddetto "inconscio creatore" che secondo Simenon si attagliava benissimo alla creatività fellinana (e anche alla propria), personaggio caro anche a Fellini.
"... Credo però di capire che lei sia ad una svolta.... e che sia il momento di prendere una decisione.. In realtà lei non prenderà nessuna decisione. Seguirà il suo istinto e nient'altro, ed è per questo che sarebbe inutile darle consigli. Non si danno consigli a Fellini. Lui andrà diritto per la sua strada, contro tutto e tutti e, se necessario, persino contro sé stesso....".
La lettera si conclude ribadendo che l'unico consiglio che Simenon possa dare a Fellini è quello che suggerivano le teorie del loro amato Jung: lasciare parlare l'inconscio.
E spiega il perché.
Il tema della lettera é la creatività, con le sue presenze e le sue assenze. Creatività intesa come l'insondabile e inafferrabile pulsione a raccontare storie sentimenti, personaggi che, secondo Simenon, nasce inattesa e quasi aldilà della propria volontà. Un tipo di creatività che lo scrittore conosceva bene come sua, ma che riconosceva anche nelle opere cinematografiche del regista italiano: "... Lei è una forza della natura. E non se ne rende nenche conto. Obbidisce nolente o volente alle pulsioni del suo inconscio....".
Come al solito, Simenon minimizza quello che lo riguarda, quando interloquisce con gli artisti che ammira veramente. "... Anche io, anche se in ambito più modesto, ho vissuto le incertezze e diciamo anche il senso di vuoto che oggi lei si trova davanti (Fellini gli aveva confidato il suo stato di crisi dopo aver girato "Casanova"). Nel suo caso il fatto non ha niente di stupefacente, perché sono sicuro quello che lei ha appena concluso, vorrei dire suo malgrado, é un'opera tra le più importanti della sua vita...".
Poi Simenon fa il paragone tra quando lui stesso scrisse Pedigree (1943) e Fellini finì di girare Casanova (1976), prendendo tra l'altro un abbaglio, (affermò infatti che entrambe crearono le due opere a circa la stessa età, in realtà Simenon aveva solo quarant'anni e Fellini già cinquantasei) Ma importante, é la valutazione delle pause dopo lo sforzo creativo. Certo che questo tema, affrontato da Simenon, scrittore e non regista, e per di più con doti di concentrazione e velocità assolutamente fuori dal comune, sembra un po' incongruo. Stiamo parlando di due forme espressive tecnicamente molto diverse, ma Simenon ci teneva a far sapere come sentisse vicino lo sforzo creativo del regista riminese. Va sottolineato che lo scrittore é un demiurgo cui basta stracciare un foglio per passare da una scena di giorno ad una di notte, o cambiare personaggio. Un regista ha centinaia di persone, un set, macchinari, luci, cineprese, scenografie scenggiature, copioni... é tutto più complicato! Ma il vero sforzo, sosteneva Simenon, era quello di seguire la propria ispirazione senza farsi distrarre, ma facendosi guidare, attenti ai suoi comandi perchè come dice testualmente Simenon "...solo lei è in grado di stabilirlo, meglio ancora, il suo subconscio che le farà fare, anche controvoglia, quello che deve...".

"... Credo però di capire che lei sia ad una svolta.... e che sia il momento di prendere una decisione.. In realtà lei non prenderà nessuna decisione. Seguirà il suo istinto e nient'altro, ed è per questo che sarebbe inutile darle consigli. Non si danno consigli a Fellini. Lui andrà diritto per la sua strada, contro tutto e tutti e, se necessario, persino contro sé stesso....".
La lettera si conclude ribadendo che l'unico consiglio che Simenon possa dare a Fellini è quello che suggerivano le teorie del loro amato Jung: lasciare parlare l'inconscio.
sabato 31 dicembre 2011
SIMENON E MAIGRET: BUON ANNO
AUGURANDO A TUTTI UN BUON 2012, "SIMENON SIMENON" DA' APPUNTAMENTO AI SUOI LETTORI AL PROSSIMO 2 GENNAIO.
SIMENON E L'ACQUARIO
No. Non ci riferiamo a quella particolare stanza d'aspetto del 36, Quai des Orfévres in cui Maigret e i suoi ispettori mettevano i loro sospettati in attesa di interrogarli. La chiamavano l'acquario perchè aveva delle pareti a vetri e quei poveretti, che attendevano della ore prima di essere chiamati, sembravano dei pesci che vagavano su e giù, appunto come in un acquario. E lì stavano delle ore. Era una tecnica per snervarli e fiaccarli prima di sottoporli ad un interrogatorio, di solito presentato come una semplice formalità, ma che poi finiva per essere spesso il drammatico momento della confessione.
Ma torniamo al nostro Acquario. Volevamo parlare oggi, ultimo giorno dell'anno, del segno zodiacale di Georges Simenon che, nato il 13 febbraio, appartiene a questo segno di acqua.
Dobbiamo chiarire che personalmente nutriamo una certo scetticismo nei confronti dell'astrologia, dell'oroscopo e di tutti le teorie annesse e connesse ai segni zodiacali. Sopratutto quando se ne parla alla fine dell'anno. Televisioni, giornali, radio, internet, sono piene di previsioni, rendiconti, consigli e analisi che a nostro avviso sono in fondo un intrattenimento del resto quasi sempre innocuo. Noi, quando ci capita di leggere o sentire qualcosa in merito, lo prendiamo come un gioco e tale vorremmo che fosse considerato questo post. Un gioco di fine anno.
Dunque dicevamo l'uomo dell'Acquario secondo un astrologo che non menzioneremo (anche perche sono in moltissimi a dire le stesse cose) è uno che nella vita raggiungerà molti obiettivi grazie ad una notevole intelligenza, sviluppando idee rivoluzionarie per il bene dell’umanità. Inoltre sarebbe anche molto creativo a livello artistico, altruista e determinato a fare la differenza in ogni situazione.
Quanto questo si attagli al profilo di Simenon lo lasciamo giudicare a voi. Anche perché altri famosissimi artisti come Franz Schubert, Lord Byron, W. Amadeus Mozart, Ugo Foscolo, Edouard Manet, Charles Dickens, sono tutti dell'Acquario, che, a stare alle tesi astrologiche, dovrebbero avere tutti un filo comune... ma questa è tutta un'altra storia... e non ne abbiamo intenzione di parlare in queste righe. Rimaniano nella dimeniosne ludica e, in proposito, vi segnaliamo un articolo apparso proprio oggi su Wuz - Cultura e Spettacolo, che si lancia in un pericoloso slalom intitolato L'Oroscopo Letterario 2012. A supporto di previsioni e vaticini vari, vi si presentano per l'Acquario frammenti di testo di vari scrittori da Virginia Woolf a Baricco, da James Joyce a Simenon. Il nostro viene coinvolto con due brani tratti da Il figlio (1957) e da Luci nella notte (1953), con una corrispondenza con le caratteristiche di questo segno alquanto imperscrutiabile, o che perlomeno personalmente non siamo arrivati a intuire.
E' vero che oggi siamo abituati a sentire far l'oroscopo di tutto, delle squadre di calcio, dei partiti politici, di specialità culinarie, di cani e gatti, e tutto a partire dal giorno e dall'ora della nascita (già perché non dimenticate l'ascendente... eh!), ma su questo fatto della appartenenza zodiacale Simenon non si è mai espresso, almeno nelle formule che gli erano familiari. Quello che ci raccontano i suoi romanzi è la sua convinzione di un destino che guida gli uomini, toro o vergini che siano, nati alle dodici o a mezzanotte, un destino che porta ognuno al proprio epilogo.
Ma torniamo al nostro Acquario. Volevamo parlare oggi, ultimo giorno dell'anno, del segno zodiacale di Georges Simenon che, nato il 13 febbraio, appartiene a questo segno di acqua.
Dobbiamo chiarire che personalmente nutriamo una certo scetticismo nei confronti dell'astrologia, dell'oroscopo e di tutti le teorie annesse e connesse ai segni zodiacali. Sopratutto quando se ne parla alla fine dell'anno. Televisioni, giornali, radio, internet, sono piene di previsioni, rendiconti, consigli e analisi che a nostro avviso sono in fondo un intrattenimento del resto quasi sempre innocuo. Noi, quando ci capita di leggere o sentire qualcosa in merito, lo prendiamo come un gioco e tale vorremmo che fosse considerato questo post. Un gioco di fine anno.
Dunque dicevamo l'uomo dell'Acquario secondo un astrologo che non menzioneremo (anche perche sono in moltissimi a dire le stesse cose) è uno che nella vita raggiungerà molti obiettivi grazie ad una notevole intelligenza, sviluppando idee rivoluzionarie per il bene dell’umanità. Inoltre sarebbe anche molto creativo a livello artistico, altruista e determinato a fare la differenza in ogni situazione.
Quanto questo si attagli al profilo di Simenon lo lasciamo giudicare a voi. Anche perché altri famosissimi artisti come Franz Schubert, Lord Byron, W. Amadeus Mozart, Ugo Foscolo, Edouard Manet, Charles Dickens, sono tutti dell'Acquario, che, a stare alle tesi astrologiche, dovrebbero avere tutti un filo comune... ma questa è tutta un'altra storia... e non ne abbiamo intenzione di parlare in queste righe. Rimaniano nella dimeniosne ludica e, in proposito, vi segnaliamo un articolo apparso proprio oggi su Wuz - Cultura e Spettacolo, che si lancia in un pericoloso slalom intitolato L'Oroscopo Letterario 2012. A supporto di previsioni e vaticini vari, vi si presentano per l'Acquario frammenti di testo di vari scrittori da Virginia Woolf a Baricco, da James Joyce a Simenon. Il nostro viene coinvolto con due brani tratti da Il figlio (1957) e da Luci nella notte (1953), con una corrispondenza con le caratteristiche di questo segno alquanto imperscrutiabile, o che perlomeno personalmente non siamo arrivati a intuire.
E' vero che oggi siamo abituati a sentire far l'oroscopo di tutto, delle squadre di calcio, dei partiti politici, di specialità culinarie, di cani e gatti, e tutto a partire dal giorno e dall'ora della nascita (già perché non dimenticate l'ascendente... eh!), ma su questo fatto della appartenenza zodiacale Simenon non si è mai espresso, almeno nelle formule che gli erano familiari. Quello che ci raccontano i suoi romanzi è la sua convinzione di un destino che guida gli uomini, toro o vergini che siano, nati alle dodici o a mezzanotte, un destino che porta ognuno al proprio epilogo.
venerdì 30 dicembre 2011
SIMENON. DA RECORDMAN DELLA LETTERATURA A ROMANZIERE
Quanto sarà stato difficile per Simenon cambiare pelle? E nella sua vita dovette farlo più di una volta. La prima per spogliarsi delle sue vesti di reporter provinciale, arrivato nella grande Parigi, per indossare quelli dell'apprendista letterario nel campo della narrativa popolare. Secondo cambiamento di pelle quando volle debuttare nella letteratura poliziesca, con le indagini di quel commissario che per altro andava contro tutte le regole del genere. E lì la prima difficoltà a scollarsi di dosso il suo marchio di autore di romanzetti rosa e d'avventura che si vendevano per nemmeno un franco. Per di più con la fama di esecutore a comando che si era guadagnato, capace di confezionare i prodotti letterari più diversi, secondo le ordinazioni e ad una velocità che non faceva presagire nulla di buono in merito alla qualità. E quella rapidità nello scrivere rimase anche nella fase semi-letteraria dei Maigret e non contribuì a farlo apprezzare, nemmeno dai critici del genere, che sulle prime non vedevano di buon occhio questo commissario di polizia, né giovane, né bello, più propenso a mangiare, a bere e a fumare che all'azione. Grigio funzionario di mezz'età, della classe media, sposato con una donna tutta casa e cucina e che non era in grado nemmeno di guidare un'automobile. Insomma anche per entrare nella letteratura di genere e seriale, aveva scelto la via più difficile.
Ancora un'altro cambiamento di pelle quando da estensore di indagini poliziesche fece il salto verso la letteratura tout-court con l'aspirazione ad essere un romanziere e solo un romanziere. Basta con i Maigret (così almeno credeva), basta con il lavoro giornalistico (la sua fase sui giornali andava chiusa per sempre... ma anche qui ci furono eccezioni), basta con l'essere considerato un giallista di successo, ma nulla di più.
Insomma per uno che entrava e usciva dalla pelle dei suoi personaggi ad ogni romanzo, si sarebbe portati a pensare che questi cambiamenti per lui fossero più facili. Ma non era così. Quando storie come quella del romanzo nella gabbia di vetro scritto in cinque giorni, anche se falsa, continuava ad essere ricordata ogni volta che si tirava fuori il suo nome. Quando il soprannome di Citroen della letteratura, assegnatogli nel periodo della letteratura popolare per il ritmo industriale con cui scriveva e pubblicava, diventa un ritornello ogni volta che si parlava di lui. Quando, a proposito del nome, con tutti gli pseudonimi che aveva utilizzato agli inizi (più di un ventina) c'era chi non credeva nemmeno che Simenon fosse il suo vero cognome.
E così tutti questi stereotipi lo inseguivano inesorabilmente, quando lui cercò di essere considerato romanziere, scrivendo per altro delle storie tutt'altro che allegre e d'evasione. Anche qui aveva scelto la via più difficile, quella di raccontare le vite della gente semplice, povera, o di quei disgraziati che si arrabbattavano segnati da un destino ineluttabile. Insomma non era certo letteratura d'intrattenimento. Eppure le sue performance di recordman della letteratura, non venivano dimenticate e gli avevano procurato una popolarità notevole, ma non sempre positiva. E quando aveva voluto entrare nella fase della letteraura tout court, il suo passato commerciale e pieno di exploit eccentrici aveva costituito motivo di pregiudizio e di critiche condizionate. Tutto quel passato gli pesò adosso come una cappa, fin quando letterati come Gide, Celine, Mauriac lo sdoganano definitivamente, complice anche il passaggio all'autorevole casa editrice Gallimard.
Nonostante tutto Simenon si tenne sempre alla larga dall'ambiente letterario, dalle combriccole di scrittori, dalla mondanità di quel giro. E alla fine ebbe ragione su tutti. Fu accettato come grande romanziere, giallista decisamente originale, con riconoscimenti da parte della critica e del pubblico, con i milioni di copie vendute in Francia e all'estero sia dei suoi romanzi che dei suoi Maigret.
Ancora un'altro cambiamento di pelle quando da estensore di indagini poliziesche fece il salto verso la letteratura tout-court con l'aspirazione ad essere un romanziere e solo un romanziere. Basta con i Maigret (così almeno credeva), basta con il lavoro giornalistico (la sua fase sui giornali andava chiusa per sempre... ma anche qui ci furono eccezioni), basta con l'essere considerato un giallista di successo, ma nulla di più.
Insomma per uno che entrava e usciva dalla pelle dei suoi personaggi ad ogni romanzo, si sarebbe portati a pensare che questi cambiamenti per lui fossero più facili. Ma non era così. Quando storie come quella del romanzo nella gabbia di vetro scritto in cinque giorni, anche se falsa, continuava ad essere ricordata ogni volta che si tirava fuori il suo nome. Quando il soprannome di Citroen della letteratura, assegnatogli nel periodo della letteratura popolare per il ritmo industriale con cui scriveva e pubblicava, diventa un ritornello ogni volta che si parlava di lui. Quando, a proposito del nome, con tutti gli pseudonimi che aveva utilizzato agli inizi (più di un ventina) c'era chi non credeva nemmeno che Simenon fosse il suo vero cognome.
E così tutti questi stereotipi lo inseguivano inesorabilmente, quando lui cercò di essere considerato romanziere, scrivendo per altro delle storie tutt'altro che allegre e d'evasione. Anche qui aveva scelto la via più difficile, quella di raccontare le vite della gente semplice, povera, o di quei disgraziati che si arrabbattavano segnati da un destino ineluttabile. Insomma non era certo letteratura d'intrattenimento. Eppure le sue performance di recordman della letteratura, non venivano dimenticate e gli avevano procurato una popolarità notevole, ma non sempre positiva. E quando aveva voluto entrare nella fase della letteraura tout court, il suo passato commerciale e pieno di exploit eccentrici aveva costituito motivo di pregiudizio e di critiche condizionate. Tutto quel passato gli pesò adosso come una cappa, fin quando letterati come Gide, Celine, Mauriac lo sdoganano definitivamente, complice anche il passaggio all'autorevole casa editrice Gallimard.
Nonostante tutto Simenon si tenne sempre alla larga dall'ambiente letterario, dalle combriccole di scrittori, dalla mondanità di quel giro. E alla fine ebbe ragione su tutti. Fu accettato come grande romanziere, giallista decisamente originale, con riconoscimenti da parte della critica e del pubblico, con i milioni di copie vendute in Francia e all'estero sia dei suoi romanzi che dei suoi Maigret.
giovedì 29 dicembre 2011
SIMENON. TANTI PERSONAGGI UN SOLO PROTAGONISTA
![]() |
Bernard Buffet - Homme nu dans chambre -1948 |
Su questo suo tratto distintivo sono stati versati fiumi d'inchiostro e formulate teorie le più diverse.
Quello che nessuno, o quasi, contesta, è la forte influenza che ebbero gli anni dell'adolescenza e prima ancora quella dell'infanzia. Già perchè i Simenon di Liegi, nel '900 erano se non proprio dei poveri, ma comunque una famiglia che sbarcava il lunario, con molte rinunce e parecchie ristrettezze. E mentre questo era una fonte di ineusaribile frustrazione per la madre Henriette, che proveniva dalla buona borghesia, non lo era per il padre. Desiré Simenon, impiegato semplice di una società di assicurazioni, era invece il tipo che si accontentava del proprio stato, non voleva più di quello che possedeva ed era del tutto estraneo all'istinto dell'ambizione.
Simenon era interessato dalla gente che vive assillata dai problemi quotidiani e dalle passioni comuni. Quella, a suo avviso, era le più genuina e spontanea, per quanto sempre influenzata dai condizionamenti culturali e sociali e anche abbastanza lontana da quell'ideale personaggio de "l'uomo nudo" che Simenon ha sempre rincorso nei suoi romanzi e di cui ci occuperemo in seguito.
Ma come li definiva Simenon i suoi personaggi?
"...i miei personaggi sono veri e hanno una loro propria logica nei confronti della quale la mia logica non può nulla..."(Le Romancier - 1945). E questa sarebbe la conseguenza dell'ètat de roman e del "mettersi nella pelle dell'altro", per cui la propria volontà viene annullata e la storia e il destino del personaggio va avanti fino alla conclusione aldilà delle volontà e desideri dell'autore.
"... i miei personaggi hanno tutti una professione, hanno delle caratteristiche; se ne conosce l'età la situazione familiare e tutto il resto. E io tento di rendere ciascuno di questi personaggi pesante come una statua e fratello di tutti gli uomini della terra..." (intervista a Carver Collins - 1956). Ogni lettore avrebbe dovuto quindi indentificarsi nel protagonista, sia per la sua forza d'attrazione, ma anche per una certa contiguità di problemi, stili di vita, mentalità e destino.
Ma sappiamo che quello che cercava presentarci Simenon nei suoi romanzi era quello che lui stesso aveva definito l'uomo nudo... un'idea. Un uomo spoglio di tutte le sovrastrutture sociali, religiose e di ogni condizionamento ideologico, che rispondesse solo agli stimoli naturali ed esprimesse quindi solo sentimenti e pulsioni umane. E' chiaro che si trattava di una tensione, che un individuo così "asettico" non esisteva e il suo era solo il tentativo di mettere più a nudo possibile l'uomo, inserendolo in situazioni limite rappresentate dal "passaggio della linea" e dal seguire il proprio destino fino alle estreme conseguenze.
"...io mi rapporto all'uomo, all'uomo tutto nudo, all'uomo che é solo faccia a faccia con il suo destino, cosa che considero l'apice del romanzo..."(Le Romancier - 1945).
Iscriviti a:
Post (Atom)