mercoledì 28 agosto 2013

SIMENON: IL GIOCO CONTINUA... MA QUANTO SCRIVEVA DOVE SCRIVEVA? / 1

 
DAL NOSTRO ATTACHE' ANDREA FRANCO • Riallacciandomi al post di ieri, 27 agosto, sulle nazioni in cui sono stati scritti i Maigret ho provato, per gioco, a fare un po' di calcoli.
Prendendo una media tra quando conteggiato da  Lacassin e da  Assouline, i 2 studiosi di Simenon piu' autorevoli, possiamo arrivare a 47 titoli scritti in Francia, quindi la media di titoli maigrettiani è di quasi due all'anno (1,88 per l' esattezza). Va considerato che molti sono i racconti piu brevi dell'intero corpus maigrettiano, quelli  scritti nella seconda metà degli anni '30 (vedi ad esempio: "Les larmes de bougie" e "La péniche aux deux pendus").
Ne uscirebbe quindi che nel periodo americano i 26 Maigret scritti in 10 anni, tra Usa e Canada, portano a piu di 2 titoli e mezzo (2,6 esatti per entrambi i biografi) per ogni  12 mesi (anche qui vi sono racconti ma sono piu' lunghi di quelli redatti in precedenza, come "La pipe de Maigret").
In Svizzera, Simenon  fece il romanziere per 15 anni quindi la media è non molto dissimile dalle precedenti ma un po' piu bassa, siamo sull'1,66, ma in questo caso non ci sono più racconti
Quindi, secondo un ipotetico "indice di produttività", la classifica sarebbe dunque:
1) America (Canada + Usa)
2) Francia
3) Svizzera
Già una volta mi ero stupito che alcuni Maigret prettamente parigini, in cui la topografia della capitale francese è particolarmente presente, fossero in realtà stati scritti negli Stati Uniti tra la metà dei '40 e dei '50. Chissà se Simenon si affidava solo alla sua prodigiosa memoria o si aiutava anche con dettagliate piantine..
Se andassimo  a contare il numero di pagine scritte  effettivamente credo che le tre  aree geografiche non avrebbero grandi differenze tra loro, anzi sarebbero tutte molto vicine...
(chiaramente questo conteggio è passibile di obiezioni e va preso come un gioco statistico).

martedì 27 agosto 2013

SIMENON. IL MAIGRET FRANCESE VINCE SU QUELLO SVIZZERO, TERZO IL MAIGRET AMERICANO

La vita letteraria di Maigret, ha avuto grosso modo tre aree geografiche di riferimento, nel senso che Simenon ha scritto romanzi e racconti del commissario in tre zone distinte: in Francia (prima e dopo i dieci anni statunitensi), in America (per la precisione in Canada e in Usa) e in Svizzera (fino all'interruzione della sua attività di romanziere).
Se questo abbia avuto un'influenza sul modo di scrivere di Simenon e di presentare il suo protagonista, andrebbe valutato con un'approfondita analisi. Più superficialmente, e dal giudizio di chi ha letto l'intero corpus maigrettiano, sembra che queste diverse aree geografiche non abbiano avuto un'infuenza maggiore ad esempio di quella dovuta alla maturazione dello scrittore (che iniziò la serie a 28 anni e la concluse quasi a 70), delle sue vicende personali e delle mutate condizioni ambientali, sociali e di mentalità, come avviene nel corso di quarant'anni.
Ad ogni buon conto ci siamo presi la briga di andare a contare quanti Maigret Simenon avesse scritto prima in Francia, poi in America e quindi in Svizzera.
Abbiamo consultato più di una fonte e nella fatispecie la bibliografia compilata da uno storico studioso simenoniano, Francis Lacassin, quella realizzata dal più accreditatato simenonologo odierno, Pierre Assouline, e poi per curiosità siamo andati anche a vedere quello che riporta Wikipedia in merito.
Come vedrete i numeri non coincidono, questo è dovuto soprattutto al fatto che in alcuni casi si conteggiano le raccolte di racconti come un solo titolo, mentre altre volte ogni racconto viene considerato un titolo a sé. Quello che emerge è però la tendenza che invece è omogenea in tutti e tre i casi esaminati.
Come anticipiamo nel titolo, la maggior parte dei Maigret fu scritta in Francia tra il '31 e il '45 e poi nel '55-'57 al rientro dagli Usa. Poi, facendo una media, seguono i romanzi redatti in Svizzera. Al terzo posto si collocano quelli compilati in America (tra Canada prima e Usa poi). Scarti bassi e a volte minimi, come se la produzione dei Maigret fosse abbastanza equamente ripartita.
Prima di dare un po' di numeri, vorremmo però ricordare che Simenon scriveva sempre, quando era nel comfort del proprio studio, in vaggio, nelle località più lontane ed esotiche, sul suo Ostrgoth navigando per canali e da giovane stava per accettare la sfida di scrivere addirittura un romanzo sotto gli occhi di tutti in una gabbia di vetro (una trovata pubblicitaria, poi fallita, di uno dei suoi editori di allora, Eugene Merle). E in queste situazioni scriveva indifferentemente dei Maigret, come dei romans-durs. Questo tanto per sottolineare che evidentemente la sua spinta creatrice era più forte di altri elementi che potevano in qualche modo influire, ma non essere determinanti.
E adesso veniamo ai dati.
• Dalla bibliografia di Lacassin ci risulta che i Maigret furono così distribuiti: 51 in Francia (3 al ritorno dagli Usa), 26 in America (Usa + Canada) e 25 in Svizzera.
• Dalla bibliografia di Assouline invece si apprende che 43 sono made in France (4 al ritorno dagli Usa), 26 del periodo americano (candesi compresi) e 25 svizzeri.
• Wikipedia riporta invece che complessivamente in Francia ne uscirono 27, invece 20 furono quelli redatti in America e 25 quelli prodotti in Svizzera.
Ultimi tre dati. Simenon visse 25 anni in Francia, 10 in America e 22 in Svizzera.
Va ricordato che i 25 anni francesi sono tutti di piena attività, come d'altronde i 10 americani. Mentre in Svizzera gli anni di scrittura furono 15 (nel '72 Simenon smise di scrivere romanzi e Maigret).
Ammesso che vi vogliate divertire, potreste incrociate il numero degli anni passati in ogni paese con il numero di titoli lì scritti, avreste così una sorta di indice di produttività.... ma così è solo un gioco...

lunedì 26 agosto 2013

SIMENON E LO SCIACALLO, CINQUANT'ANNI DOPO


Nel dicembre del 1943 Simenon terminava in Vandea la stesura del romanzo L'aîné de Fercheaux, uno degli ultimi scritti per Gallimard. Vent'anni dopo usciva un film tratto dal libro, diretto dal regista francese Jean-Pierre Melville. Era una produzione italo-francese, con un cast che comprendeva, tra gli altri, il giovane  Jean-Paul Belmondo, l'anziano Charles Vanel, l'avvenente Michèle Mercier e la giovanissima Stefania Sandrelli.
Insomma un film di mezzo secolo fa', una produzione di serie A, per un romanzo che vede Simenon affrontare vari temi: quello dell'arrivismo, quello del rapporto tra due uomini, quello del tradimento, e in cui descrive l'eterna speranza dell'avventuriero di trovare "la soluzione" per una vita migliore, che nella fattispecie significa un'esistenza come mantenuto, magari da una bella e ricca donna.
Il personaggio del giovane arrivista senza scrupoli, Michel Maudet (nel film interpretato da Belmondo) con il ricco banchiere Dieudonné Ferchaux (Vanel sullo schermo) costituiscono la coppia su cui si centra l'attenzione dello scrittore e poi del regista. Il vecchio, una volta davvero ricco e potente, è ormai al tramonto. Ma agli occhi del giovane arrampicatore è comunque un appiglio per cercare di compiere qualche gradino in su nella scala sociale. E per questo è pronto a tutto, a lasciare la sua donna, a seguire per mezzo mondo Ferchaux di cui conosce il passato poco pulito, ad approfittare di lui quando può, ad eliminarlo quando questi ormai non gli serve più e, all'orizzonte, si profila un'altra preda da spolpare. Non a caso nella versione italiana il film fu intitolato Lo Sciacallo.
In realtà la relazione, non solo psicologica, che s'instaura tra il vecchio Dieudonné e il giovane Michel è quasi quella tra un padre e un figlio o meglio quella di un figlio contro il padre, che alla fine ucciderà e del quale idealmente prenderà il posto. E, come ci dice il titolo originale, è come se Michel fosse un po' il primogenito di Ferchaux. Quando si sarà liberato del vecchio, uccidendolo, e avrà iniziato una nuova vita con la ricca e ancora piacente signora Gertrud Lampson, il giovane non godrà comunque una sensazione di benessere né di felicità. Ci saranno, altre donne, altre vicende, sempre nel segno dell'avventura senza scrupoli. Ma Michel non sarà perseguitato dal rimorso di aver ucciso Dieudonné, piuttosto sarà pervaso da una persistente sensazione di vacuità e di sterilità che non lo lascerà mai durante tutta la vita.
Simenon è molto severo con questo personaggio, che evidentemente considera spregevole, e che gudica più aspramente di quanto non sembri fare nel romanzo. Ebbe infatti a dire, in merito, a Gilbert Sigaux "... E' un bruto. non si può dire che sia un tipo molto evoluto. E' forte, ma non è affatto evoluto...".

domenica 25 agosto 2013

SIMENON E LA SUA PRIMA COLAZIONE A PARIGI

Arrivato a Parigi, il diciannovenne Georges Simenon, appena sbarcato alla Gare du Nord, dovette cercare una sistemazione che fosse adeguata al suo modesto budget.
Iniziò la ricerca da alberghi e pensioni che costavano sessanta franchi al mese, poi scese sempre più giù... cinquanta, quaranta... per arrivare a venti. Alla fine giunse all'hotel de La Bertha nel quartiere di Batignolles.
Ora una breve parentesi per sottolineare la circolarietà di certe coincidenze.
Simenon restò un po' nel quartiere di Batignolles, anche quando poi si trasferì a Rue des Dames. Bene il personaggio più famoso che uscì dalla penna di Simenon, come tutti sanno, è Maigret. E il commissario lavora nella sede parigina della polizia giudiziaria, la famosa Quai des Orfèvres. Oggi, dopo cento anni di onorato servizio, quella sede non è più funzionale alle odierne esigenze e la polizia giudiziaria, insieme ad altri corpi di polizia, si trasferiranno in moderno centro situato proprio a Batignolles. Un cerchio si chiude dopo quasi cento anni. Chiusa anche la parentesi.
Torniamo alla vita che Simenon faceva appena arrivato a Parigi.
E andiamo per ordine. La giornata, dopo il risveglio, iniziava con la colazione.
"... avevo l'abitudine, in Belgio, di mangiare al mattino del lardo con due uova e poi del formaggio - racconta Simenon - Quando sono arrivato a Parigi, però, ho scoperto i croissant...".
E la storia della colazione alla francese, caffè e croissant, è davvero divertente e vale la pena riportare le parole dello scrittore che racconta l'aneddoto.
"...ho scoperto i croissant in un bistrot all'angolo con rue des Batignolles. Un bistrot molto accogliente e con una grande scelta di croissant. Ho notato che nessuno faceva caso a quanti croissant aveste mangiato. Vi si serviva il caffè, e voi vi servivate dei croissant, al momento del conto vi veniva chiesto: 'Quanti croissant?'... Allora io, il primo giorno, bevo tre caffè, perchè in Francia le tazze sono piccole. In Belgio ci sono delle gradi tazze per il caffé. Mangio i miei croissant e il singore mi domanda: 'Quanti croissant?' Io rispondo 'Dodici".
quello replica 'Va bene, allora.... eh... quanti croissant?' Io ripeto 'Dodici'. Il signore insiste 'Parlate seriamente?...'.  Era vero, avevo in effetti mangiato dodici croissant. Ero abituato a mangiare dodici croissant con le mie tre tazze di caffé. Ma il tipo non voleva crederci. Ho dovuto penare non poco per poter pagare i miei dodici croissant...".

sabato 24 agosto 2013

SIMENON E UN MINISTRO INGENUO PER MAIGRET

MAIGRET E IL MINISTRO 
(Maigret chez le ministre) - anno 1955 - Edizioni Presses de La Cité



Copertina di Pintér - Oscar Mondadori 1980
Questa é un'inchiesta "politica" che cade tra capo e collo al nostro commissario e che lo porta ad avere un rapporto diretto con un ministro della repubblica. Ora sappiamo quanto Simenon detestasse i politici, i loro malaffari, i loro intrallazzi e, di solito, ogni occasione era buona per dipingere a tinte fosche i politici e i politicanti. In questo caso invece il ministro, cui Maigret si avvicina, con la sua abituale diffidenza, è una mosca bianca. Era infatti unsemplice, avvocato di provincia, con saldi principi e un'etica del tutto diversa da quella dei politici di professione. Eletto al parlamento, e poi chiamato al Governo, quando in politica, subito dopo la guerra, c'era ancora voglia di pulizia e di personaggi non compromessi con i poteri economici, con i giochi di partito e con le lotte di potere.  Aguste Point, ministro dei lavori pubblici, racconta così a Maigret come funziona in Parlamento: "...ogni giorno si stringe un maggior numero di mani e, se queste non sono molto pulite, si scuotono le spalle con indulgenza : 'Bah! Non è un cattivo diavolo' si dice. Oppure: E' costretto a farlo per i suoi elettori... Io ho dichiarato che se ciascuno di noi si rifutasse, una volta per tutte, di stringere le mani sporche, l'atmosfera politica verrebbe immediatamente purificata...". Siamo nel mondo, o meglio nella politica, così come Simenon la vorrebbe (e magari non solo lui...). E Maigret si accorge pian piano che quel politico, nonostante il potere che potrebbe esercitare, è rimasto un semplice... é un po' come lui, e capisce il suo disagio per essersi fatto incastrare. La sua arredevolezza gli ricorda la propria... Infatti, quando tempo prima il commissario era stato accusato ingiustamente, non aveva tirato fuori le unghie, ma si era quasi ripiegato su sé stesso. Insomma il ministro é innocente e Maigret dovrà provarlo. Anche qui il commissario sarà un "aggiustatore di destini"?







"Come ogni sera tornando a casa, nello stesso punto del marciapiede, un po' dopo il lampione a gas, Maigret alzò lo sguardo verso le finestre illuminate del suo appartamento. Non se ne rendeva più conto. Se gli avessere domandato a bruciapelo se la luce era accesa o no, probabilmente avrebbe esitato a rispondere. Inoltre, come una specie di mania, fra il secondo e il terzo piano, cominciava a sbottonarsi il soprabito per prendere le chiavi nella tasca dei pantaloni e, invariabilmente, la porta si apriva nel momento stesso in cui lui posava il piede sullo stuoino....".
Edizione: Oscar Mondadori 1980 - "Maigret é solo" - Traduzione: Lidia Ballanti

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venerdì 23 agosto 2013

SIMENON. SE TESTO E IMMAGINE S'INCONTRANO... CREAZIONE O FOLLIA?

La folle d'Itteville. E' un'altro dei tentativi che Simenon, che aveva appena trovato il successo con Maigret lanciato nel febbraio del '31, ancora andava facendo, sperimentando anche formule narrative inedite.
In questo caso si trattava di un'iniziativa che non poteva essere realizzata da Fayard, con cui Simenon già pubblicava un Maigret al mese. L'idea maturò con la proposta di un giovane editore, Jacques Haumont, che voleva lanciare una innovativa serie di racconti polizieschi in cui il testo fosse integrato con le fotografie, dando così forma ad un sistema narrativo che lui chiamava Photo-Texte. E' il non ancora trentenne Simenon, aperto alle novità, che aderisce all'iniziativa insieme alla fotografa tedesca Germaine Krull. Lui metterà a disposizione un racconto con l'ispettore Sancette, detto anche G.7, uno dei vari poliziotti ante-Maigret, mentre la Krull contribuirà con un pacchetto di 104 fotografie. Come abbiamo detto, doveva essere il primo titolo di una serie, tanto che Simenon aveva già scelto i quattro racconti da destinare a Photo-Texte. Fu firmato il contratto e fu organizzata per il 4 agosto una festa a bordo dell'Ostrogoth (il natante di Simenon) attraccato a Quai d'Anjou, nei pressi di Pont-Marie. Una festa riuscita, ma le 25.000 copie della tiratura rimasero per lo più invendute. E così, nonostante le speranze dell'editore, i contratti firmati e l'entusiasmo di tutti, la Folle d'Itteville fu il primo e unico titolo della collana Photo Texte. Questo esperimento è tra l'altro stato citato ieri in un articolo di The Irish Time in cui si parla appunto dell'incontro tra le parole e le immagini. Simenon riciclerà poi il racconto nella raccolta edita nel '38 da Gallimard, Les sept minutes. E questo esperimento rimarrà un'ombra in un periodo che invece vedeva i primi Maigret vendere molto bene, anche se nemmeno Simenon immaginava il successo planetario che negli anni quel personaggio avrebbe avuto.

giovedì 22 agosto 2013

SIMENON: 20... 40... 80... PAGINE AL GIORNO? I RITMI DI UN... FANNULLONE !


La sua velocità. E' sempre stata una sua grande risorsa e allo stesso tempo una delle sue croci. Chi più en passant, chi più pesantemente, sopprattutto nei primi tempi, lo si accusava sempre per lo stesso motivo. "... Certo il talento, l'innata propensione alla scrittura... ma a quei ritmi come si fà a scrivere qualcosa di accettabile. Tutta quella furia, quelle velocità...! Come potrebbe essere diversa la prosa di Georges Sim (allora era conosciuto soprattutto così) se fosse più lento, più riflessivo...".
Era come un peccato originale che si portava dietro impresso pareva in modo quasi indelebile.
D'altronde ancora nel '63 in un'intervista a Roger Stephane, Simenon spiegava "...Capisco che può sembrare un po' ridicolo ma alla fine si arriva a scrivere automaticamente: romanzi popolari, 80 pagine al giorrno; romanzi polizieschi all'inizio 40 pagine al giorno, una seduta al mattino e una al pomeriggio: ed allora mi dicevo: 'Quando avrò da scrivere soltanto 20 pagine al giorno, sarò un re'... In effetti dopo i primi Maigret non ho più battuto un numero superiore a 20 pagine al giorno e soltanto per sessanta giorni all'anno...".
Una piccola moltiplicazione, 20 pagine/giorno per 60 giorni, fa 1200 pagine l'anno. Sette/otto giorni per ogni libro... diciamo sei libri l'anno, per una media di 200 pagine a titolo, un po' di meno per i Maigret e un po' di più per i romans-dur.
Sessanta giorni all'anno di scrittura. Cioé due mesi di lavoro e dieci di vacanza!
Un vero paradiso... Vista in quest'ottica non sembra più così "affrettata" la produzione letteraria di Simenon.
Velocità, fattore davvero influente sulla qualità della sua opera? E poi va considerato che la velocità è un elemento abbastanza soggettivo. A nostro avviso, proprio non ci pare che questa rapidità nella composizione possa essere stata una caratteristica penalizzante. E comunque é sempre il risultato quello che conta. Le sue opere vengono ancor oggi riproposte con successo in nuove edizioni, non solo in Italia o in Francia, ma ad esempio anche in Spagna, in Ungheria, in Brasile, in Romania, in Messico... Scritte in fretta o no, continuano a sedurre nuovi lettori e a procurare business agli editori.

mercoledì 21 agosto 2013

SIMENON. TUTTI I COLORI DI MAIGRET, SECONDO... MURIELLE


Chi ci segue un po' assiduamente, sa chi è Murielle Wenger. E' una grande esperta di Maigret, titolare del sito Les enquêtes du commissaire Maigret, una delle collaboratrici più qualificate della ricca sezione Simenon's Maigret del sito Trussel e anche un'assidua e più autorevole attachée del nostro Bureau Simenon-Simenon.
Oggi vogliamo segnalare un suo saggio apparso su Trussel intitolato Les couleurs de Maigret  che prende in esame l'utilizzo da parte di Simenon dei termini che si riferiscono ai colori, nell'ambito delle inchieste del commissario Maigret.
Si capisce subito che si tratta di un'analisi molto vasta e che, per ammissione della stessa Murielle ha richiesto molto tempo. L'analisi del testo dei romanzi e dei racconti maigrettiani rivela, secondo l'autrice, il notevole utilizzo che il romanziere faceva dei colori sia in riferimento ad elementi concreti, che a situazioni, a persone... in senso descrittivo o simbolico.
Simenon, si sa, era un amante della pittura e i colori si rivelano un elemento importante per la creazione delle atmosfere e per la costruzione di un ambiente o di un personaggio.
Ecco un esempio tratto da La patience de Maigret che Murielle ha inserito come introduzione al suo saggio.
"...i viali e le strade di Parigi erano un vero e proprio fuoco d'artificio nel calore di luglio e si vedevano dappertutto bagliori di luce; scaturivano dai tetti d'ardesia e dalle tegole rosa, dai vetri delle finestre dove cantava il rosso di un geranio; scorrevano le carrozzerie multicolori delle automobili, blu, verdi, gialle..."
Un vero trionfo di colori... ma vediamo cosa ha scoperto, tra le altre cose, Murielle sui colori più utilizzati a seconda degli editori per cui Simenon scriveva.
"... se si fà un analisi in funzione dei tre periodi del corpus simenoniano (Fayard, Gallimard Presses de La Cité), si constata che i tre colori del sistema originale (bianco, nero, rosso) restano i più utilizzati in tutti e tre i periodi, ma per il periodo Fayard il quarto colore più utilizzato è il grigio, seguito dal giallo e dal blu; come per il periodo Gallimard il verde, il giallo e il blu sopravanzano il grigio (voglia di Simenon di "mettere dei colori" in un periodo storicamente difficile?); per il periodo Presses de La Cité, il giallo e il blu precedono il grigio che è seguito dal bruno e poi dal verde...".
Insomma questo studio è interessante, e a tratti anche intrigante, oltre ad essere un orignale e inedita chiave di lettura dei Maigret di Simenon.
Il saggio di Murielle Wenger è ricchissimo di dati, prende in considerazione ben unidici colori  (il nero, il bianco, il grigio, il rosso, il giallo, il blu, il verde, il marrone, il rosa, il viola, l'arancione) e il loro utilizzo in senso quantitativo, qualitativo e a seconda in quali testi è avvenuto. Si parla dei colori delle cose, di polifonia di colori... 
Insomma consigliamo a tutti questa lettura interessante e davvero originale, tanto più che è fruibile in francese ed anche in inglese.

SIMENON SIMENON. UN SALUTO A ELMORE LEONARD

Doveroso. Questo non è un blog di gialli, né di letteratura, ma quando scompare uno scrittore come Elemore Leonard, occorre fermarsi un attimo. Un autore che abbiamo amato e continueremo ad amare molto. Disincantato, ironico, sfacciato, raccontava con una prosa sempre brillante e dei dialoghi di grande livello. Apprezzate dal pubblico, utilizzate dal cinema, le sue storie, che fossero western o polizieschi, ci rimarranno nel cuore con i suoi Jack Ryan, Chili Palmer, Jack Foley...
Lo salutiamo con una delle sue chiusure di un capitolo. E', ovviamente, un dialogo:
Elaine - Perché non metti via quel sigaro e prendi una delle mie caramelle alla menta?
Chili - Così potrai fumare un'altra sigaretta... dopo?
- Ti dirò la verità - sorrise Elaine - Da quando ho smesso di fumare, fumo più di prima. Ma non credo che mi faccia male. (capitolo Ventidue di "Be Cool" - 1999)

martedì 20 agosto 2013

SIMENON: SCRIVETELO VOI UN... ROMANZO POPOLARE!

Abbiamo spesso scritto della prima parte della vita letteraria di Simenon, dal suo arrivo, nel dicembre del '22, a Parigi, fino al lancio della serie dei Maigret.
Se ne discute sempre come il periodo di letteratura "alimentare", almeno così la definì più volte lo stesso Simenon. Si è detto che era letteratura su commissione: arrivava l'ordine per un racconto o un romanzo breve, di un genere preciso con una lunghezza prestabilita (misurata in linee) e in più con la specifica del titolo e della collana in cui sarebbe uscito. Questo voleva dire escludere dei temi, trattarne altri, utilizzare un certo linguaggio, costruire il protagonista secondo un certo cliché, utilizzare necessariamente un tipo di personaggio. Tutto in funzione del pubblico cui il titolo era indirizzato.
E questo, per quanto Simenon fosse in un periodo di apprendistato, comportava comunque un certo mestiere. E lo scrittore, un po' con l'esperienza fatta a Liegi come giornalista (già allora aveva scritto dei racconti e dei romanzi), un po' con il suo innato talento e anche con la sua "feroce" voglia di riuscire soprattutto in quegli anni giovanili, arrivava a compilare quell'ordine secondo le specifiche ricevute.
Ma sentiamo cosa dice lo stesso Simenon a tale proposito in un conversazione del '69 con Francis Lacassin "...per quanto stupido possa essere un romanzo popolare deve essere costruito ancor più accuratamente di un romanzo letterario. Sapete benissimo che la difficoltà in teatro è anche quella di fare entrare e uscire un personaggio. E' il grande problema degli sceneggiatori e dei drammaturghi soprattutto. Ebbene lo stesso capita per un romanzo. Un romanzo deve avere un certa coesione. E io allora mi dicevo: io sono incapace di scrivere adesso un vero romanzo, occorre prima che impari il mestiere. Non si diventa musicista, compositore, senza aver studiato la musica, la composizione. Ecco non si diventa romanziere senza aver studiato la costruzione di un romanzo. Io l'ho fatto per tre anni e mezzo...".
Più meno lo stesso dichiarò a Bernard de Fallois e Gilbert Sigaux l'anno successivo: "...per quanto brutti possonano i romanzi popolari e per quanto cinicamente li si possa scrivere - e io ero perfettamente cinico, davo esattamente agli editori quello che mi domandavano, ai lettori, o meglio alle lettrici, quello che chiedevano - malgrado tutto ciò la parte tecnica contava e questo mi è servito...".
E torniamo all'apprendistato. Anche se con il passare degli anni, con il crescere della sua esperienza, aumentavano i racconti, i romanzi brevi e i romanzi che riusciva a consegnare, spesso portando avanti due o tre titoli insieme, dettandoli a dattilografe diverse... e firmandoli con pseudonimi sempre diversi "... una vera e propria industria, con un numero considerevole di prodotti ben delineati, standardizzati... - spiega Simenon  nel saggio Le Romancier del '45 -  E io ho imparato a fabbricare questa gamma di prodotti...".
Insomma questa era la letteratura popolare con le sue regole, i suoi tempi e le sue rigide caratteristiche cui bisognava sapersi adeguare.
Simenon si adeguò e imparò... ma non solo questo!