martedì 17 settembre 2013

SIMENON... "TOUT SIMENON" 20 ANNI FA' A LIEGI


Vent'anni fa'. Era il 1993 e si festeggiavano i 100 anni dalla nascita di Simenon. A Liegi venne inaugurata una "exposition" che aprì i battenti a fine giugno e li chiuse a fine ottobre. Quattro mesi per uno dei più importanti tributi dedicati allo scrittore belga. L'esposizione attirò 220.000 visitatori ed era stata organizzata in grande stile. Si sviluppava su quattro piani e ospitava oltre 300  teche espositive e alcune ricostruzioni di ambienti. C'era di tutto, manoscritti, libri di Simenon di tutti i paesi, epistolari, fotografie, giornali su cui Simenon aveva scritto, gallerie di Maigret al cinema, in televisione, documenti personali e le sue fotografie di viaggio... Tutto seguendo un percorso ordinato cronologicamente dalla sua nascita nel febbraio del 1903 a Liegi in Rue Léopold 26, alla sua morte nel settebre del 1989 a Losanna, in avenue des Figuiers 12.
L'ingresso alla mostra era costituito da uno di quei famosi bus con la piattaforma aperta in cui Maigret sostava così volentieri a fumare la sua pipa. Ma la maggior sorpresa per un italiano che come me andava a visitare la mostra, era il grande manifesto esposto sopra la biglietteria. Si trattava della locandina dell'unico film italiano sul commissario simenoniano: Maigret a Pigalle, del '67 che riproponeva sul grande schermo la coppia regista-attore che aveva spopolato alla televisione italiana: Mario Landi e Gino Cervi, con il bel faccione dell'attore bolognese in primo piano.
Attraversato il bus, si accedeva al primo piano dove tra l'altro c'era una replica della brasserie Dauphine. Altre ricostruzioni che ci colpirono furono quelle dell'ufficio di Maigret, del camerino di Josephine Baker, dello studio di Simenon... Insomma era un'esposizione organizzata con tutti i crismi con una serie di iniziative collaterali come la galleria delle locandine dei film tratti dai romanzi di Simenon, un concorso di lettura dei brani dello scrittore, programmi radiofonici su Radio Une RTBF, crociere sui canali che  riporcorrevano quelle del romanziere, giochi, proiezioni video, attività nelle biblioteche... e l'onnipresente  variopinto merchandising di gadget. All'inugurazione erano presenti i figli Marc e John e parteciparono all'esposizione la Fondazione Simenon, l'Università di Liegi, l'Associazione Amici di Simenon e le istituzioni di Liegi.

lunedì 16 settembre 2013

SIMENON REPORTER ON THE ROAD MADE IN USA

5 novembre 1946. Sul quotidiano France-Soir inizia la pubblicazione di un reportage di viaggio intitolato Les U.S.A. de Monsieur Tout-le-Monde. Il resoconto di una traversata in macchina, dal Maine alla Florida, dieci puntate per 5000 chilometri attraverso gli Stati Uniti. Autore Georges Simenon che, acquistata una Chevrolet usata al mercato nero, farà pubblicare i dieci articoli fino al 22 novembre. Si tratta di un reportage di viaggio come altri ne ha scritti nella sua carriera da quando navigava i canali francesi ed europei con il suo Ostrogoth, o viaggiava per lontani paesi tropicali (Au fil de l'eau, Europe 33, La Méditerranée en golette, Sixiéme Continent...). Lo spirito della scoperta, il suo voler conoscere sempre posti e abitudini lontani da quelli consueti, la ricerca del famoso homme nue... insomma tutte pulsioni che lo facevano muovere in tutte le direzioni. Erano per lui esperienze importanti, sia per il suo background di romanziere, sia perché gli consentivano di scrivere reportage di viaggio per i giornali, un tipo di scrittura che evidentemente prediligeva: dalla metropoli più moderna, New York, agli spazi ancora incontaminati, metteva a confronto le due facce opposte del grande paese.
Questo Les U.S.A. de Monsieur Tout-le-Monde fu poi raccolto in un volume edito nel 1947 da Presses de La Cité. Oggi quello spaccato dell'America, vista da un allora poco più che quarantenne Simenon, ormai scrittore affermato e da un anno trasferitosi negli Usa, viene riproposto all'inizio dell'estate in una versione economica, Le Livre de poche, rititolato Des phoques aux cocotiers et aux serpents à sonnette, nella collana La lettre et la plume.
Ancora una volta dobbiamo consigliare di leggere questo libro, per constatare, come, a distanza di ben oltre mezzo secolo, e nonostante tutti i cambiamenti intervenuti, lo spirito con cui Simenon coglie l'essenza dei luoghi, delle persone e del contesto geografico e sociale, è uno spirito ancora attuale e rende ancora interessante, anche agli occhi degli smaliziati viaggiatori d'oggi, un diario di quei 5000 chilometri on the road.
Chi volesse acquistare via internet questo gustoso reportage di viaggio può farlo su questa pagina.

domenica 15 settembre 2013

SIMENON TRA LE NUVOLE DELLE CLASSIFICHE CON L'ANGIOLETTO

E' iniziata "l'ascesa" nelle classifiche de L'angioletto, l'ultimo romanzo di Simenon (Le Petit Saint - 1964 - Presses de La Citè) edito da Adelphi. 
La sua posizione, dopo circa un paio di settimane dall'uscita si consolida e migliora. Ad esempio vola al 4° posto nella classifica di TuttoLibri de La Stampa di ieri, nella sezione "Tascabili". Altro piazzamento nella Top 20 della "Narrativa Straniera" de La Lettura del Corriere della Sera di oggi, dove il titolo occupa il 14° posto.
Per quanto riguarda invece le vendite su internet, il titolo simenoniano appare sulla Feltrinelli.it all'8° posto e si affaccia timidamente sia sulla piattaforma I.B.S. al 52° posto, che su quella di in-Mondadori dove lo troviamo all'89° posto.
Ma siamo solo all'inizio. L'appuntamento è quindi, come di consueto, per la prossima domenica per scoprire gli esiti delle vendite de L'angioletto nella settimana che verrà.

sabato 14 settembre 2013

SIMENON - SIMENON. MAIGRET E UN MURO DI SILENZIO

MAIGRET E I TESTIMONI RETICENTI 
(Maigret et les témoins récalcitrants) - anno 1959 - Edizioni Presses de La Cité

Simenon in questa inchiesta del suo commissario dà il meglio di sè, descrivendo, in modo affascinante, quello strano mondo costituito da una famiglia una volta ricca proprietaria di una fabbrica di biscotti assai famosa. Ma al momento dell'inchiesta è una famiglia decaduta, la fabbrica sta in piedi per scommessa, la fastosa dimora in cui vivevano è ormai un ammasso di polverose vestigia che nemmeno gli sforzi di salvare le apparenze riescono a coprire... arredi consunti e passati, stanze cadenti, mobilio in sfacelo. E le persone, sia i vecchi fondatori che la seconda generazione, cercano in qualche modo di non perdere quella rispettabilità che lì regnava un tempo. In questa cornice, Léonard Lachaume, il maggiore dei figli, quello che gestisce la difficile situazione, viene ucciso. Maigret inizia la sua indagine, con la famiglia  che si chiude in un silenzio che non può non essere sospetto e in più il nuovo giudice istruttore, Angelot che ha sostituito Comeliau ormai in pensione. Ed è lì sulla scena del delitto. E' lì che controlla l'operato del commissario, che è decisamente infastdito da quel fiato sul collo. Si muove in quella casa come in un viaggio indietro nel tempo... tutto è fuori tempo, vecchio, demodé, tutto appartiene ad un'epoca felice, ma tutto ora si é spento nel grigiore delle difficoltà economiche.
I personaggi, vanno a fuoco a poco a poco e Maigret ostinato scava e piano piano, trova la sua pista, con i suoi metodi che, se non piacevano a Comeliau lasciano perplesso il giudice Angelot. Ma lui va avanti, lento, ma inesorabile tra le storie di un tempo passato, le piccinerie e i vizi in cui si imbatte in ogni inchiesta e la diffidenza del giovane giudice... 







" -Non dimenticare l'ombrello.
- No.
La porta si stava per chiudere e Maigret si era voltato verso le scale.
- Farai meglio a metterti la sciarpa.
La moglie lo richiamò, senza sospettare che quella piccola frase lo avrebbe messo di cattivo umore e gli avrebbe ispirato pensieri malinconici.
Era novembre, il 3 novembre, e non faceva particolarmente freddo. Ma da un cielo basso e uniforme cadeva una di quelle piogge che, soprattutto all'alba, sembrano più fluide e più subdole delle altre. 
Poco prima quando si era alzato dal letto, aveva arricciato il naso perché voltando il capo aveva sentito il collo dolorante. Non si poteva parlare di torcicollo ma piuttosto di una certa rigidità, di una sensibilità eccessiva.
La sera precedente, uscendo dal cinema, avevano passeggiato a lungo sui boulevard e già pioveva.
Poco importava. Ma a causa della sciarpa, forse anche perché era una grossa sciarpa che la moglie aveva fatto a maglia, si sentì vecchio..."  

Edizione: Oscar Mondadori 1992 - "Maigret e i testimoni reticenti" - Traduzione: Emanuela Fubini

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venerdì 13 settembre 2013

SIMENON INDAGA, BETTY E' LA VITTIMA... MA NON C'E' MAIGRET...

1960-2013. Cinquantatre anni dopo. Due romanzi con lo stesso titolo, il nome di una donna: Betty. Il primo di Georges Simenon, scritto appunto nel '60 e il secondo di Roberto Cotroneo, arrivato in libreria qualche giorno fa'.
Sembra prima di tutto di una dichiarazione d'amore verso Simenon che l'autore fà miscelando realtà e fantasia, facendo protagonista della propria vicenda lo scrittore belga, ormai ultraottantenne, che si muove a Porquerolles, luogo per lui mitico, dove nei suoi anni più giovani, quando era sposato con Tigy, aveva trascorso diversi periodi di vancanza, ma anche di scrittura, quella Porquerolles che gli era rimasta per sempre nel cuore.  La vittima, Betty, non è la stessa Betty del 1960, ma qualche legame Cotroneo ce lo fà intravedere e saranno forse proprio questi che indurranno un riluttante Simenon a vestire, suo malgrado, i panni dell'investgatore?  L'occasione di narrare la vicenda è il fortuito ritrovamento di un diario misterioso, che doveva rimanere segreto e destinato ad essere distrutto, ma... Ma non vogliamo togliere il piacere del finale al lettore di questo che la Bompiani, editore del libro, in copertina definisce "un giallo d'autore in cui Simenon s'improvvisa Maigret". La sorpresa quindi è garantita e il nostro silenzio sugli intrecci e sul loro epilogo é obbligato.
Che altro possiamo dire? Cotroneo è fin troppo noto per starne a tracciare qui il profilo biografico o letterario, e questo tipo di contaminazione tra artisti famosi e fantasia letteraria è terreno su cui si muove con confidenza (basta citare il pianista Arturo Benedetto Michelangeli che ritroviamo in "Presto con fuoco" - 1995, o il trombettista jazz Chet Baker in "E nemmeno un rimpianto. Il segreto di Chet Baker" - 2011).
La scrittura é di quelle che oltre la vicenda fanno trasparire altre trame, che  toccano chi narra e il narrare, il protagonista e il suo destino, l'arte e il suo mistero. Cotroneo non si limita a ideare un originale pastiche e servircelo con grande mestiere. Va più in là. Leggere per credere. 

martedì 10 settembre 2013

SIMENON, IL SUO ANGIOLETTO HA GIA' SPICCATO IL VOLO

Le ali de L'angioletto si sono mosse prima di quanto avessimo previsto e con un volo felice è arrivato non solo in libreria, ma anche sulle classifiche dei supplementi dei quotidiani che già registrano le presenza del più recente romanzo di Simenon, pubblicato da Adelphi, in una inevitabile livrea azzurra...
Per esempio su TuttoLibri de La Stampa di sabato scorso lo troviamo nella sezione "Tascabili" al 10° posto. Mentre La Lettura del Corriere della Sera di domenica lo dà al 15° della "Narrativa Straniera".
Scritto ad Epalinges (Svizzera) nel 1964, uscì l'anno dopo per i tipi di Presses de La Cité, con il titolo di Le Petit Saint. Il romanzo ci presenta la parabola di un famoso pittore iniziando dalla sua origine povera. Famiglia numerosa, cinque fratelli da cinque padri diversi, una madre che cambiava continuamente amanti. In quella sordida camera di rue Mouffettard la promiscuità e il vizio andavano a braccetto. Ma "l'angioletto", era diverso dagli altri. Aiutava la madre andando con lei all'alba al mercato e poi con il passare del tempo, quando i fratelli e le sorelle avevano abbandonato la casa, lui unico rimase con la madre, ormai sola, non più appetibile per gli uomini... insomma un vero angioletto!
Louis Couchas, questo è il suo nome, cresce, di notte lavora ai mercati generali e il giorno dedica tutto il suo tempo alla passione che ha scoperto e che ormai gli riempie la vita: la pittura. Fin da bambino aveva avuto una percezione diversa dagli altri delle cose, degli uomini e dei particolari. E questa sensibilità finsce per esplodere nell'arte figurativa, che sarà la sua salvezza e che lo porterà a diventare un pittore riconosciuto e famoso.
Simenon qui ci racconta una vicenda un po' particolare per lui. Questa volta c'è il famoso "passaggio della linea", ma Louis passa dalla parte oscura a quella luminosa, dalla povertà e dall'abiezione all'agiatezza e alla rispettabilità. Insomma questa volta il destino non sembra essere cinico e baro, ma promettente e benevolo.
Qualche parola la riserviamo alla traduzione del titolo che ha suscitato qualche critica... In effetti L'angioletto, non piace neanche a noi e chissà se sarebbe piaciuto a Simenon. (Mondadori l'aveva pubblicato nel '65 con il titolo "Il piccolo santo", certo anche questo...).

domenica 8 settembre 2013

SIMENON-SIMENON REPLAY - SIMENON INTERPRETA SIMENON... DA AUTORE AD ATTORE


1959. Esce un cortometraggio per la regia di Jean-François Hauduroy. Titolo Simenon. E' una produzione elevetica interpretata proprio da Georges Simenon, nella parte di sè stesso, da Michel Simon, voce fuori campo dell'attore Paul Meurisse, sceneggiatura dello stesso regista e colonna sonora di Philippe Arthuys. Una piccola produzione, e non conosciuta dai più, che fu presentata al Festival di Locarno del 1960, nella sezione "Cortometraggi in concorso". E' una performance che per lo più i biografi non riportano. In fondo più che un documentario con un filo conduttore, è un'insieme di flash che vedono lo scrittore ripreso nei luoghi a lui familiari: Parigi, la Normandia, la sua abitazione ad Echandens in Svizzera. L'intento del regista era quello di mostrare come Simenon scrivesse un romanzo.  La scelta dell'opera che doveva appunto spiegare il processo creativo cadde su Le President del 1957, che lo scrittore aveva ambientato tra Parigi e la Normandia, presidente che viene impersonato da Michel Simon (ruolo che nel film, tratto nel'61 dal romanzo, sarà di Jean Gabin). Simenon e Simon, l'autore e il personaggio, si alternano davanti alla cinepresa in una sorta di puzzle che intreccia realtà e fiction, il metodo della scrittura e il personaggio nella pelle del quale il romanziere ogni volta entrava, immmedesimandosi nei suoi comportamenti e nella sua mentalità. 

sabato 7 settembre 2013

SIMENON-SIMENON REPLAY - LA CALDA STAGIONE DI DENYSE E GEORGES


Del loro incontro abbiamo già raccontato. Amore e sesso a prima vista. Soprattutto per Simenon che rimane folgorato da questa canadesina ventincinquenne, al primo impatto fredda e calcolatrice, ma poi rivelatasi passionale e sensuale. Un melange in una sola donna che per la prima volta colpisce lo scrittore, ne rimane stregato.
Ma la passione tra i due non finisce lì, con il primo incontro anche se finisce ben presto tra le righe di uno dei più famosi romanzi di Simenon, Trois chambres a Manhattan (1947). Denyse non è tipo da farsi usare per poi essere messa da parte, né d'altronde Georges si è mai sentito così attratto da una donna.  Andiamo a vedere come prosegue la loro storia con un Simenon ancora ufficialmente sposato, anche se di fatto lui e Tigy fanno ognuno ormai una vita a sè, tranne per ciò che riguarda il figlio Marc. Denyse entrerà in casa come segretaria di Simenon (ufficialmente anche a causa della sua ancora scarsa padronanza dell'inglese) per occuparsi di tutte le pratiche per i diritti, le traduzioni, i contratti. Anche lei  inizierà a vivere a casa Simenon un po' al suo servizio, poi le cose cambieranno. Come per versi differenti era già successo a Boule e come accadrà poi a Teresa.
Ma torniamo alla passione tra i due. Negli incontri successivi, Simenon si convince di essere davvero coinvolto da quella donna, tanto da scoprirsi geloso. Per lui è una novità assoluta cui però non riesce a sottrarsi. Anche lei lo ha capito ed è proprio per questo che gli racconta le sue eseprienze sentimentali e sessuali, con ufficiali della marina,  con un certo lord inglese, la sua frequentazione di party e Simenon commenta "... li conosco bene quei party: si beve forte, si mangiano tartine e tramezzzini e, nella calca, è tutto un gran pomiciare, quando addirittura non ci si chiude in bagno per una sveltina..." Ed è lei stessa a raccontargli di come una sera, appunto durante un party, avesse all'improvviso sentito voglia di fare una nuotata e si fosse gettata nuda nella piscina che era lontana alla festa e al buio. Ma qualcuno, volendole fare uno scherzo, all'improvviso accese tutte le luci. E lei si era ritrovata lì, come mamma l'aveva fatta, dando spettacolo a tutti gli invitati. Vero? Falso? Quante delle cose che lei gli raccontava all'inizio erano vere o solo delle storie per farlo ingelosire? O anche per darsi un tono, lei giovane, che veniva da Ottawa, cercava in qualche modo di mettersi al livello di quell'uomo, che arrivava a Parigi, era uno scrittore famoso,  aveva girato il mondo e, a poco più di quarant'anni, aveva un'esperienza di ben altro livello rispetto alla sua. E così aveva trovato nella gelosia la leva su cui fare forza.
E in proposito vediamo cosa ricorda Simenon stesso in Mémoires intimes (1981). "...L'ascensore, la porta della suite il salottino, la camera dove lei cominciò a togliersi i vestiti, con gesti da spogliarellista,, osservandomi con la coda dell'occhio.... Entrai in lei come se volessi trafiggerla, e i suoi occhi si intorbidivano, si appannavano poco a poco... questa volta non si accontentò di sospiri ed ansimi: gridava, gridava davvero e tra un grido e l'altro diceva: 'Amore mio..." arrotando la 'r' come i borgognoni... A un certo punto sembrò perdere il controllo e al secondo amplesso, tutta ansante, gridò più forte che mai... ' Ti amo Georges'..."
Immagini, sensazioni, passione, un tumultuoso susseguirsi di stati d'animo investiva Simenon che intanto si chiedeva se l'amasse o la detestasse. Era ancora in una fase di totale stordimento. Alle sue provocazioni il nostro Georges rispondeva: "...Ad un tratto non era più l'aggraziata signorina in tailleur del Brussels' ( il loro primo incontro) e non fosse stato per tutto quel trucco che aveva sulla faccia, avrei potuto prenderla per una ragazzina che non ha il coraggio di affrontare la vita. Aveva bisogno di essere rassicurata , bisogno soprattutto di quella tenerezza che non aveva mai osato chiedere, per non fare la figura della collegiale, e che gli uomini non le avevano dato...".
Insomma se non sono queste le parole di un uomo davvero innamorato. Ma nel loro rapporto tenerezza e violenza, amore e passione si intrecciavano: "...Al contrario dell'amore  (e adopero questa parola non trovandone altre), la passione si alimenta anche di violenza. Ormai ero sicuro che lei mi esasperava deliberatamente, per farsi brutalizzare. E in quel periodo in cui avevamo bisogno di bere per alimentare il nostro fuoco interiore, io l'ho effettivamente brutalizzata. Spesso quando non raggiungeva il suo scopo, era lei a schiaffeggiarmi. Io non reagivo e lei aggressiva mi diceva: ' Lo vedi come sei sconcertato quando qualcuno ti tiene testa? So tutto degli uomini, io, e tu non sei diverso dagli altri...".
Ma non era vero.
Simenon era ormai convinto di amarla e si era prefisso di toglierla da quella spirale di sensi di colpa, di paure e di arroganza. Queste erano le buone intenzioni del principio. Ma questa vena di tensioni e di violenza caratterizzerà come un fiume carsico attraversando la loro storia, le nozze, i tre figli e per riemergere prepotentemente portando alla fine del rapporto tra Denyse e Georges.

venerdì 6 settembre 2013

SIMENON - SIMENON REPLAY - PUDORE O SPUDORATEZZA?

Ingenuo o calcolatore? Uno dei quesiti che ricorrono negli scritti di chi ha cercato di capire a fondo Simenon e nelle domande poste da mille intervistatori. E non è un interrogativo da poco.
Certo, chiederlo all'interessato non é un po' da sprovveduti? Lo scrittore, l'abbiamo detto più volte, aveva una speciale sensibilità per la comunicazione, exploit, confessioni, il mettersi a nudo o il non chiarire ai a fondo certi lati oscuri della sua vita... far crescere il "mistero Simenon". Ma niente di nuovo, come  d'altronde per moltissimi personaggi pubblici.
"...quando si è trattato di concordare questa trasmissione (Portrait Souvenir - Roger Stephane per RTF - novembre 1963) volevo domandarvi di iniziare con una prefazione. Avrei voluto dirle: mi chiedo perché mi vengono poste tutte queste domande, perché non c'è motivo che io sia qui a scoprirmi, mentre lei non si scopre e gli spettatori nemmeno si scoprono. Perché devo raccontare in modo sincero la mia giovinezza, quello che penso, etc... quando gli altri non lo fanno? Questo potrebbe sembrare una specie d'istrionismo, cosa che non fa certo parte del mio carattere...".
Simenon gioca con l'intervistatore? Ormai è uno scrittore navigato, è uno che, avendolo fatto di mestiere, sa come lavorano i giornalisti, sa quello che dire, come e quando dirlo e invece ad un certo punto dell'intervista tira fuori un elemento che non ci si aspetterebbe.
"... dal momento che uno ha accettato un lavoro in qualche modo pubblico... essere scrittori non è per caso un lavoro pubblico?...  occorre accettare le conseguenze. Ma nonostante tutto, ho il pudore, il pudore dei Simenon. Che cos'è il pudore dei Simenon? Ecco un esempio: dopo vent'anni di matrimonio ho sentito mia madre dire a mio padre: "Ascolta Desiré sono vent'anni che siamo sposati e tu non mi hai mai detto: "Mia cara ti amo". Mio padre l'ha guardata, molto teneramente, e le ha risposto con la più grande semplicità "Ma tu sei qui!". Fu tutto. E' il modo di manifestare le nostre emozioni ...".
I Simenon, schivi, introversi, poco espansivi, pudici? Almeno Desiré, ma Georges?
Come sa chi ha seguito questo blog,  non solo lo scrittore è stato prodigo di interviste, ma si è impegnato in diverse opere autobiografiche, alcune molto aperte, senza l'apparente intento di nascondere nulla. Pensiamo a Mémoires  intimes con le parti dedicate alla moglie Denyse e alla figlia Marie-Jo. Pagine a volte crude, abbacinanti, come un 'istantanea di cronaca dove il flash illumina impietoso ogni paricolare. Qui di pudore non ne avvertiamo.
Quindi il quesito si fa importante per conoscere meglio lo scrittore. La risposta in tasca crediamo non l'abbia avuta nemmeno il più profondo consocitore di Simenon. Potremmo cavarcela con il semplice escamotage della doppia faccia di ogni individuo, il Simenon aperto e indifeso intervistato dai psicoanalisti di Mèdicine et Hygiène (1968) oppure quello che non spiegò mai fino in fondo la sua ansia di se deplacer, di cambiare, abitazione, paese, continente, una sindrome della fuga di cui abbiamo fin troppe versioni e troppe interpretazioni per districarci e trovare quella o quelle vere.

giovedì 5 settembre 2013

SIMENON-SIMENON REPLAY - RICCO SNOB O "UN COMME LES AUTRES" ?

"...sono stato forse un po' snob, in qualche periodo della mia vita? Mi sono compiaciuto di gettare fumo negli occhi, di assumere certi atteggiamenti, di frequentare certi ambienti? Me la sono posta questa domanda, credo di poter rispondere in tutta sincerità: no..."
E' una frase tratta dalle prime pagine di Mémoires intimes. Già perché, da un certo momento in poi, Simenon visse indiscutibilmente nel lusso e, con lui, quelli che gli erano intorno, mogli, figli, femmes de chambre... Insomma se le frequentazioni erano spesso (ma non sempre) quelle della crema della società, ricchi magnati, artisti famosi, uomini di potere, individui di successo o famosi proprio come lui, resta un mistero del perché nei suoi romanzi trattasse di uomini e donne della condizione sociale più bassa, dei diseredati, di quelli caduti in disgrazia, dei senza speranza.
Questa era una delle domande ricorrenti che gli ponevano nelle innumerevoli interviste che gli furono fatte durante la sua vita
Simenon non aveva difficoltà ad ammettere il suo status e le sue frequentazioni, ma... Ma leggiamo quello che scriveva lui stesso "...Guidavo la mia Chrysler, fatta venire appositamente dagli Stati Uniti, che a quel tempo era oggetto di attenzioni e di stupore, o anche la Delage decappottabile con il suo cofano lungo e aerodinamico. Avevo un tavolo riservato sia da Maxim che da Fouquet e facevo parte di non so quante associazioni di gastronomi.... nonostante questo, senza sapere né perché né per come, riuscivo a scrivere un romanzo dopo l'altro.... ma quando volevo farmi venire idee per un nuovo romanzo, mi facevo un giretto attraversando il ponte lì nei pressi e mi infilavo nelle vie piene di folla e di vita come Puteaux o Billiancourt... andavo a bere al banco, nelle autentiche osterie,  insieme agli operai che lavoravano nelle fabbriche della Renault o in altri stabilimenti e mi trovavo meglio con loro che con i miei amici..." .

Insomma un vero uomo double-face in grado di pranzare con banchieri, grandi editori, produttori cinematografici, ma di giocare a carte e scolarsi una birra con operai e barboni. Tutto vero o solo per sembrare un homme comme les autres? Negli anni del suo decollo della sua carriera di scrittore, decollavano anche le sue finanze e una certa rivalsa rispetto alla vita grama che aveva dovuto fare nei primi anni, sconosciuto e povero, è anche comprensibile. Poi però questo trend di vita continuò anche in America, dove magari diradò le frequentazioni mondane, ma anche abitando in piccole cittadine di provincia, il suo standard di vita rimase alto. E, se possibile, ancora più alto fu quando tornò in Europa, e decise di stabilirsi in Svizzera, paese tranquilo quanto si vuole, con un sistema fiscale e bancario molto congeniale a chi possedeva ingenti patrimoni, ma non si può dire che fosse una della nazioni più economiche d'Europa. Poi come prima residenza scelse una sorta di castello a Echandens, in seguito si fece costruire la famosa villa di Epalinges. Poi il gran rifiuto. Quando si trovò solo, con i figli ognuno per la sua strada, le mogli ormai lontane, solo Teresa a prendersi cura di lui, allora lasciò tutto. La grande villa, i libri, le auto, i quadri, tutti i simboli della ricchezza e della popolarità. Si rinchiuse con poche cose essenziali, prima in un appartamentino all'ottavo piano di un palazzone di Losanna e poi in una casetta ad un piano con un piccolo giardino. Basta viaggi o incontri mondani, ridotti all'osso quelli professionali....allora e solo allora iniziò a vivere una vita come gli altri.
Ma a quel punto aveva settant'anni. Tutta la sua vita era trascorsa in ben altro modo, anche se Simenon aveva più e più volte affermato di sentirsi vicino alla piccola gente, proprio quella da cui proveniva lui, una famiglia anche se non povera, ma certamente molto modesta.
E in un Dictée del '76 rivendica di aver ben presto disprezzato la ricca borghesia .  "... fin dall'adolescenza ho odiato la borghesia che non è altro che la perpetrazione delle abitudini, dei modi di vedere, di pensare di tempi che considero ormai passati...  E' curioso invece che, quando ho avuto dei figli a mia volta, abbia voluto educarli non necessariamente come anti-borghesi, cosa che non mi riguardava, ma come degli uomini, semplicemente indifferenti alle classi sociali. Ora i miei quattro figli, malgrado le brevi rivolte ispirate dalle mode, sono tutti e quattro dei bravi borghesi. Non gliene voglio. Non è colpa loro. La colpa è dovuta al successo inaspettato dei miei primi romanzi che mi hanno, per così dire, obbligato a condurre per un certo numero di anni un tipo di vita che non corrispondeva all'educazione che avrei voluto impartire loro..."