Alcune note in margine ad un articolo de "Il Fatto Quotidiano" che abbiamo segnalato qualche giorno fa nella nostra rassegna stampa.
SIMENON SIMENON. EGOISTE, AVIDE, MAIS UN GENIE
Quelques notes en marge d'un article paru dans "Il Fatto Quotidiano", que nous avons signalé il y a quelques jours dans notre revue de presse
SIMENON SIMENON. EGOISTIC, GREEDY, YET A GENIUS
Some notes on the sidelines of an article published in "Il Fatto Quotidiano", which we reported a few days ago in our press review
E' un articolo, quello a firma Paolo Isetta, dal titolo un po' forte, ma di sicura attrazione per il lettore, soprattutto quello non molto informato sullo scrittore: "Simenon erotomane, egoista e avido. Eppure era un genio".
Si sa che nei quotidiani lo spazio è tiranno (e chi non lo sa ancora, lo impari) e quando lo spazio c'è, non si può sfruttare tutto perché la regola è che un articolo troppo lungo e dettagliato il più delle volte scoraggia il lettore e quindi meglio sintetici che sbrodoloni.
Ligio alla regola, Isetta sintetizza in poco più di 500 battute le caratteristiche dell'uomo; la prima è "erotomane". Giusto, ma un po' consunto. Infatti quante volte si sono sentite e lette le storie delle 10.000 donne possedute, di almeno un rapporto sessuale al giorno, dell'amplesso consumato per decine d'anni in casa con la sua femme de chambre, Boule, e delle sue frequentazione di bordelli a tutte le latitudini...? Se si deve parlare del Simenon uomo si parte quasi sempre da questo. Mai dalla sua infanzia con il drammatico rapporto con la madre, non dal suo essere padre, non dalla sua tragica esperienza di una figlia suicida... tanto per fare qualche esempio. No. Sesso, sesso, sesso. Anche se poi Isetta ci accosta due caratteristiche un po' insolite. "Egoista". Si può dire che per il sesso trascurasse la famiglia? Simenon ha sempre dichiarato che i suoi rapporti quotidiani erano assimilabili ad un bisogno fisiologico e quindi sempre abbastanza veloci, non c'erano implicazione sentimentali. Trascurava i suoi cari per la scrittura? Certo che no. Era talmente veloce che in 10/12 giorni terminava un roman dur e alla seduta di scrittura dedicava quasi sempre la mattina. Poi c'era la revisione, altre tre mattinate. Insomma in un paio di settimane era tutto finito e il successivo libro non partiva certo subito. Se consideriamo poi che in media scriveva due romans durs e due Maigret all'anno... Insomma tempo da dedicare ai suoi affetti ce n'era sicuramente.
Avido. Questo ci lascia un po' sconcertati. Perché avido? Simenon un uomo avido... perché quando era poco più che ventenne scriveva a rotta di collo (fino ad 80 pagine al giorno) romanzi, racconti, opere brevi popolari? Ma quello gli serviva per vivere (dopo periodi di tribolazioni) finalmente senza pensieri, ma non certo da nababbo. Avido perché guadagnò tanti soldi e li spese in abitazioni lussuose, automobili costose, viaggi... Avido perché era bravo a trattare con gli editori (cosa che di solito agli scrittori non riesce tanto bene) e strapazzare addiritura Gallimard? Avido si successo? Non ne aveva il tempo. I suoi romans e ancor più i suoi Maigret si traducevano e si vendevano alla grande, in molti paesi. Le compagnie cinematografiche gli pagavano lauti diritti per trarre film dai suoi romanzi. (alla fine saranno più di sessanta, ad oggi). A noi non sembra che si possa parlare di avidità al punto tale da individuarla come un elemento caratteristico di Simenon insieme all'erotismo sfrenato e all'egoismo. Ma Isetta non lo spiega.
E per disegnare questo profilo del romanziere, Isetta ci mette poco più di una decina di righe dove arriva a definirlo addirittura "sordido", anche qui senza uno straccio di spiegazione. Ed é quello che lascia più perplessi, non argomentare in cosa consistesse questo suo essere sordido, avido, egoista... E tutto lasciato appeso in questa prima breve parte dell'articolo. Poi si passa al letterato e la musica cambia. Si parla del "tratto d'arte" nel ripetere le solite procedure delle inchieste di polizia senza mai annoiare. Si sottolinea la "genialità di Simenon" nel rappresentare perfettamente la realtà senza fotografarla. Cita vari titoli dei romans durs definendoli capolavori della letteratura.
Insomma Isetta realizza una cesura un po' troppo netta, e sbrigativa, tra l'uomo e la sua opera, come se esiste una persona Hyde ed uno scrittore Jekill, un cattivo e un buono, scindendo vita personale, caratteristiche individuali, da quanto quella persona metteva nella sua letteratura. Certo l'uomo non è sempre lo scrittore, ma, andando un po' più a fondo, un legame, una linea di continuità non si può non vedere, anche se ci si muove negli angusti ambiti dell' articolo di un quotidiano (m.t.)
L'articolo può essere letto qui