lunedì 21 maggio 2012

SIMENON E MAIGRET IN MEZZO ALLA POLEMICA BOLTANSKY-ASSOULINE

Il saggio origine della polemica
Avvertiamo che il post di oggi rischia di non essere gradito a molti. E questo per varie ragioni. Intanto tratta di una polemica, per ora tutta francese, suscitata da alcune tesi espresse nell'ultimo libro di Luc Boltansky, sociologo francese, Énigmes et complots : Une enquête à propos d'enquêtes (Gallimard/NRF Essais - 2012), tesi in cui si occupa anche di Simenon, di Maigret e del vichysmo (cioè la collaborazione al governo di Vichy, l'esecutivo fantoccio francese della II guerra mondiale, dietro al quale agivano i nazisti che allora avevano invaso la Francia). A questa ha replicato Pierre Assouline (e i nostri lettori ormai lo conoscono bene, uno dei massimi esperti di Simenon) che nel suo blog La République des Livres, sul quotidiano parigino Le Monde, risponde a quanto su Simenon e Maigret, sostiene Boltansky, scrivendo un post lunghissimo (oltre sei cartelle).
Ora, per capire davvero qualcosa di questa polemica occorre spiegare chi è Boltansky, che tipo di sociologia rappresenta, che cosa voleva sostenere in generale, e perchè ha chiamato in causa Simenon e Maigret nel suo poderoso e articolato libro (oltre 450 pagine). E in seguito, cosa argomenta di contro Assouline nella sua torrenziale e documentata replica.
Riassumere tutto questo non è facile e non lo si può fare in poco spazio (ecco un'altra ragione che potrebbe rendere poco gradito questo post). Ci ha provato Giovanna Zucconi nella sua rubrica su TuttoLibri de La Stampa di sabato "Che libro fa....in Francia" in appena 2500 battute. Leggetelo. Noi intanto qui, su Simenon-Simenon cercheremo di dare conto (per che abbia voglia di seguirla in modo più approfondito) di questa polemica.

Iniziamo dalla tesi sostenuta da Luc Boltansky, ultrasettantenne sciologo, uno dei rappresentanti della scuola de la sociologie pragmatique e fondatore del GSPM - Gruppo di Sociologia Politica e Morale e a tutt'oggi direttore di ricerca presso l'EHESS - École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi.
Il sociologo francese Luc Boltansky
Il libro consiste in una riflessione sui metodi della sociologia e sul modo in cui essa o si approccia alle indagini attraverso le proprie ricerche nella realtà sociale. E in questo ambito lo studioso fa rientrare anche gli elementi di "enigma", "complotto" e "inchiesta" che si ritrovano nell'ambito della letteratura poliziesca e di spionaggio, notoriamente considerati fino a qualche tempo fa' una forma letteraria minore. Questa analisi (noi per onestà dobbiamo precisare che non abbiamo ancora avuto modo di leggere il tomo di Boltansky) prende infatti in considerazione la letteratura poliziesca e di spionaggio in cui appunto l'enigma, il complotto e l'inchiesta hanno assunto, secondo il sociologo, tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX, un'importanza sempre maggiore nel compito di rappresentare la realtà. E' per questo che l'autore può formulare il paradosso di un'indagine sociologica che prende lo spunto da una base documentale composta da opere che si definiscono inequivocabilente di "fiction", cioè di finzione.

L'enigma, il complotto e l'inchiesta, Boltansky ne parla perché a suo avviso sono collegati ad una crisi dello Stato, sempre più grave e che rischia di far perdere leggittimità e ogni potere a questa istituzione. E ciò lo porta a farsi la madre di tutte le domande sullo Stato, sul potere e sui complotti: ma alla fine chi detiene realmente il "vero" potere? I politici, la finanza, i massoni, il Vaticano, il Cremilino...?
E, secondo il sociologo, il romanzo poliziesco, in sinergia con la nozione psichiatrica di "paranoia" e con l'inchiesta sociologica come metodo scientifico, hanno tutte insieme la capacità di mettere in dubbio la realtà sociale dell'evidenza, quella più superficiale, e di far emergere le contraddizioni, svelando una verità più profonda e più nascosta. Ecco quindi l'inchiesta come strumento per scoprire il complotto che si celerebbe dietro allo Stato, che dovrebbe rivelare chi muove i fili di tutto e chi detiene il "vero" potere.
E per dimostrare le possibilità dirompenti e disvelatrici di un'indagine dedica buona parte del libro a scrittori e opere letterarie, a partire da Kafka per arrivare ai protagonisti della letteratura poliziesca e ai loro autori (da Conan Doyle a John Bucan, da John Le Carré a Graham Greene da Simenon ad Eric Ambler).
Ma in questa teoria che ipotizza il potere dissacrante e rivelatorio della letteratura poliziesca (teoria che per altro andrebbe spiegata e motivata con ben altro spazio e approfondimento), in che modo ha suscitato la polemica su Simenon e il suo commissario?

Maigret sarebbe un "vichiste" (ma, evidentemente, anche se non viene affermato espressamente, lo sarebbe per estensione anche Simenon), per Boltansky, costituirebbe infatti la vera incarnazione dell'amministrazione statale, immutabile, poliziotto efficace ma umano o piuttosto efficace perché umano (funzionario modesto, a disagio con i ricchi, "medico delle anime", in grado comprendere, grazie alla sua intuizione alla sua capacità d'empatia, i differenti ambienti e le classi che formano la società francese). Bolansky nell'ambito dei romanzi di Simenon, che a suo avviso non sono affatto "apolitici", anzi venati di un "vichismo" anche se  modesto, cita una delle sue inchieste, Maigret et son mort (1947) in cui c'è un'incursione della polizia in rue des Rosiers. Ed é qui che Boltansky descrive Maigret come "...rappresentante di uno statalismo autoritario...", ma anche come un condensato di "...onnipresenza dell'amministrazione, ideologia patriarcal e, tradizionalismo, celebrazione del buon senso popolare, xenofobia e nazionalismo esacerbato".

A nostro avviso questo ha poco o nulla a che vedere con le storiche accuse di collaborazionismo che furono rivolte a Simenon per i suoi affari, durante l'occupazione, con la casa di produzione cinematografica Continental (quella legata a doppio filo con le altissime gerarchie naziste). Qui sembra esserci qualcosa di più profondo che viene imputato a Simenon e allo spirito delle sue creazioni. Il sociologo sembra tacciare lo scrittore (pur rivolgendosi al personaggio) di essere esponente di una sorta di strisciante concezione vetero-statalista, di essere un conservatore che si nasconde dietro una patina cosmopolita, un cittadino del mondo che invece rimane legato a una visione del realtà arcaica, venata addirittura di diffidenza razziale e impregnata di cultura reazionaria. Insomma sembra che venga fuori l'immagine un collaborazionista che nella "realtà apparente" sembrava tenersi fuori dai giochi, ma che, nella "realtà vera" quando poteva o gli conveniva farlo, dava la sua mano e non solo, al governo d'occupazione. E da qui la definizione del commissario Maigret vichysta, ma modesto, in linea, secondo Boltannsky, con il suo profilo umile e senza ambizioni di uomo comune e bravo borghese, in definitiva funzionale al sistema.

Il famoso simenonologo Pierre Assouline
Ma veniamo alla replica di Assouline di cui ci permettiamo di citare letteralmente un brano pur consistente, (ma contenuto rispetto al suo lungo intervento) per essere più chiari possibile con i nostri lettori:
"... Piccolo borghese apolitico, Maigret è un uomo ordinario che sarebbe rientrato perfettamente in quella che Durkheim (sociologo francese, considerato uno dei padri della moderna sociologia e citato da Boltansky nel suo studio n.d.r.) definiva la sua "teoria dello Stato" identificato in una classe di funzionari 'sui generis' il cui ruolo era quello comporre la"totalità". Insomma l'incarnazione dell'essenza del neutro. Ma Boltansky prende un abbaglio nella sua interpretazione che isola un romanzo da tutti gli altri: 'Maigret et son mort'. Qui si assiste a una retata nel quartiere di Marais, con una serie di arresti di criminali che hanno tutti le mani sporche, l'andazzo di stranieri clandestini, dei cognomi ebrei o di assonanza balcanica.. Il romanzo, essendo stato scritto nel 1947 spinge il sociologo a questa affermazione: 'non può che evocare le retate reali di cui quel quartiere stesso fu testimone'.
Bolansky, che taccia a più riprese il commissario di un 'sadismo discreto e pantofolaio', si lascia andare ad un'antropologia di Maigret e a un analisi del suo 'habitus' citando appena il nome di Simenon, nonostante il capitolo in questione sia di una cinquantina di pagine. Come se l'autore fosse evaporato. Se avesse avuto una qualche confidenza con la sua biografia, si sarebbe accorto che, contrariamente a quello che s'impegna a sostenere in una lunga nota, l'antisemitismo non è un problema per biografi di Simenon, anche se lo è stato per lungo tempo. Non ci sono tabù. Sono tutte cose esplorate da tempo: i suoi articoli giovanili sono stati dissezionati, gli stereotipi ebrei individuati e analizzati. Boltansky si domanda perché analizzando 'Maigret et son mort' io mi sia interessato al suo risentimento nei confronti dei produttori cinematografici, come risuta da queste pagine, ma non al fatto che essi abbiano tutti un congnome di assonanza straniera. Semplicemente perchè in quell'epoca era un fenomeno frequente e che questo risulta anche in altri romanzi di cui ho fatto un elenco dove questo si verifica e in modo ancor più significativo. Simenon lasciava che la realtà penetrasse in lui e dopo anni di decantazione la faceva risorgere di nuovo dalla sua penna. Ha scritto 'Maigret et son mort' a Tucson (Arizona) dopo aver vissuto tutto il periodo dell'occupazione in Vandea, I suoi ricordi e il suo "assimilato" del quartiere Marais risalgono agli anni 1924-1929, quando viveva al 21 di place des Vosges, dove creò Maigret, quartiere allora dei più poveri, dei più diseredati e abitato da molti emigrati dell'Europa dell'Est... Sotto l'Occupazione non esiste nessun documento che attesti che (Simenon) fosse un antisemita e un vichyste, ordinariamente, o anche solo passivamente come suggerisce Boltansky. Bisognerebbe sapere perchè il sociologo ha deciso di isolare proprio quell'inchiesta tra la settantina del commissario Maigret...
Occorre rileggerlo. Ed è quello che ho fatto. Il romanzo si svolge nello stesso anno in cui è scritto (1947) nel quartiere Marais (rue du Roi-de-Sicile) ma anche in quelli di Bercy, di Saint-Antoine e di Passy, facendo i nomi di Bronsky, Poliensky, Madok, Lipschitz, cioè "gli assassini de la Picardie", una banda di Cechi e di Slovacchi esclusivamente identificati come tali, che massacravano a cuor leggero gli abitanti delle fattorie dopo averi derubati. E allora perché 'Maigret et son mort' e non un altra sua inchiesta, se non per dimostrare una tesi prestabilta, e arrivare a questa conclusione: le origini modeste di Maigret sarebbero funzionali a emozionare il lettore con una sensibilità di sinistra (!?), cosa che sarebbe falsa perchè si tratterebbe in effetti della componente anti-liberale della sinistra...".

In definitiva pensiamo che alcune scelte di Boltansky, siano state dettate dalla necessità di essere iscritte nel quadro più generale di una teoria sugli strumenti della ricerca sociologica. Come abbiamo accennato, il libro è lungo e approfondito, mentre la parte che riguarda l'interpretazione e l'analisi del binomio Simenon-Maigret é una relativamente breve sezione del tutto. Forse, in questo ambito, una lacunosa ricerca sul campo (che pure non dovrebbe mai verificarsi per qualsiasi sociologo e in qualsiasi situazione) può aver determinato un'insufficienza dei dati necessari per elaborare la teoria. E, ad esempio come afferma Assouline, un difetto di confidenza con la biografia del romanziere e l'aver circoscritto l'analisi ad un solo titolo del protagonista (di una letteratura, che va ricordato, è di tipo serale, caratteristica che imporrebbe altri tipi di approccio) possono costituire tutti elementi che hanno portato fuoristrada il sociologo. Quello che siamo propensi a credere è che sembra trattarsi più un'intuizione di Boltansky, forse indotta da alcune impressioni tratte da quella specifica inchiesta di Maigret e da una superficiale conoscenza, non tanto della vita di Simenon, ma degli studi e delle analisi biografiche. Queste negli utimi anni si sono concentrate anche su certe accuse: l'antisemitismo giovanile (quello degli articoli de 'La Gazette de Liége'), sulla collaborazione con la Continental, sul salvataggio del fratello filo-nazista e pluriomicida, facendolo arruolare nella legione straniera. La reticenza non ha avuto spazio e anche i lati personali più oscuri dello scrittore sono stati scandagliati senza riguardi particolari dalla più recente critica biografica.
In attesa di altre eventuali puntate di questa polemiche (e che noi si riesca a leggere e digerire il libro di Boltansky) vi rimandiamo alla lettura del materiale che c'è on line e vale a dire alla rubrica di Giovanna Zucconi su TuttoLibri, il post completo di Pierre Assouline su La République des Livres, che trovate entrambe citati e linkati nella rassegna stampa qui, nella colonna di destra, e poi magari date un 'occhiata anche alla pagina di Wikipedia dedicata al sociologo Luc Boltansky. Buona fortuna.

venerdì 18 maggio 2012

SIMENON. L'UOMO CHE GUARDAVA PASSARE IL PARIS EXPRESS

Paris Express. E' il titolo con cui negli Stati Uniti e in Germania uscì nel 1953 The Man Who Watched Trains Go By, film dell'inglese Harold French, tratto dal romanzo di Simenon L'Homme qui regardait passer les trains, scritto alla fine del 1936 e uscito nel 1938 per Gallimard.
Il 1938 è un anno d'oro per il romanziere. Pubblicò ben sette romanzi: Les Rescapés du Télémaque, Monsieur La Souris, Touriste de bananes, La Marie du Port, Le suspect, Les soeurs Lacroix, Le cheval blanc, oltre al già citato L'Homme qui regardait passer les trains. Non uscì nessun volume di Maigret, anche se Simenon pubblicò cinque racconti con il commissario su Police Magazine. Certo non furono scritti tutti in quell'anno, ma pubblicati sì.
Ma torniamo a L'Homme qui regardait passer les trains, uno dei più bei romanzi di Simenon, dove il protagonista compie il più classico dei "passaggi della linea", come diceva lo scrittore, in cui un piccolo uomo si libera di tutti i cliché che lo avevano fino ad allora caretterizzato agli occhi di tutti e lo avevano imprigionato in una parte che non si era scelto. E allora il tragico evento che però lo libera, lo trasporta in mondo che è l'opposto di quello che ha sempre frequentato, accompagnato da un'ondata di libertà che lo sommerge e gli cambia la mentalità, il comportamento, la prospettiva con cui guardava il mondo. La descrizione di questa trasformazione é da parte di Simenon magistrale, ad iniziare dalla tragedia che scatena tutto il cambiamento, l'esigenza di fuggire e la metamorfosi da individuo integrato nella società, ligio a tutte le convenzioni ad un emarginato che si sente libero di comportarsi come i suoi istinti, fino ad allora repressi, gli avevano negato.
Siemenon ci racconta come Kees Popinga, questo impiegato serioso e grigio  passi dalla piccola cittadina olandese di Groninga alla libera e libertina Parigi. Lo fa con un racconto ricco di quegli elementi che spesso ritroviamo nei Maigret, ad punto tale che ci azzardiamo a dire che in questo romanzo è come se lo Simenon avesse scritto un Maigret rovesciando il punto di vista. L'inchiesta vista dalla parte del ricercato, che ne conosce gli sviluppi attraverso i giornali e che cerca giustificazioni ai suoi misfatti, quasi volesse replicare, pro domo sua, il maigrettiano "comprendere e non giudicare". Ma gli eventi precitano e i suoi fallimenti si sovrappongono uno all'altro fino a condurlo alla fine più indecorosa in un'inarrestabile discesa agli inferi.
La degradazione è seguita passo passo come solo Simenon sa fare, costringendoci all'identificazione con questo piccolo uomo che passa dal grigiore di un'esistenza spenta, all'euforica e inebriante sensazione di libertà e di liberazione, sino al declino ineluttabile verso una fine indecorosa, non da "mostro" come la polizia e l'opinione pubblica l'ha soprannominato, ma da piccolo e insignificante uomo, che forse ha commesso crimini più grandi di lui, forse senza nemmeno rendersene conto fino in fondo.  

giovedì 17 maggio 2012

SIMENON A SEATTLE?

Chi l'ha detto che gli Stati Uniti non si occupano di quello che succede in Europa? E non stiamo parlando della crisi economica finanziaria che colpisce e preoccupa tutto il globo terrestre. No. Ci riferiamo ad un evento che per noi europei è molto prestigioso il Festival Internazione del Cinema di Cannes che ieri ha aperto i battenti della sua 65a edizione. Già perchè abbiamo scoperto che negli States, la patria della cinematografia (anche se i fratelli Lumiére erano francesi), la nazione di Hollywood, nutre un certo interesse per l'evento (forse perchè quest'anno in particolare i film in concorso made in Usa non sono pochi?). Navigando tra gli anfratti più remoti del web in cerca di notizie su Simenon che cosa troviamo...?
Bene, il Seattle P.I. quotidiano on-line erede di un omonimo giornale cartaceo (il Seattle Post Intelligencer), insomma una gazzetta della citta e dintorni, dedica in homepage un generoso slide-show, intitolato "Il Film Festival di Cannes attraverso gli anni". E dall'edizione dell'anno scorso, va a ritroso nel tempo con ben 58 fotografie fino a quella del 1956. Ovviamente per il 1960, tra le altre, c'è la foto che vedete in alto, che raffigura Simenon, in quell'edizione presidente della giuria e Federico Fellini, vincitore della Palma d'Oro con La dolce vita. Scusate se ci stupiamo un po'. Perche non stiamo parlando di giornali cosmopoliti e importanti come il New York Times o il Washington Post. Si tratta,lo ripetiamo di un giornale on-line locale di Seattle, la più importante città dello stato di Washington (non c'entra ovviamente nulla con Washington D.C la capitale federale) che si trova sulla costa pacifica. Seattle nell'area urbana oggi non arriverà al milione di persone (nell'ultimo censimento del 2009 superava appena le 600.000 unità) e lo stato intero non contava nel 2010 nemmeno sette milioni di abitanti. Eppure un piccolo giornale-web, di un piccolo stato (nonostante il suo nome, non certo importante), sente il bisogno di dedicare una retrospettiva fotografica (diremmo anche interessante) al prestigioso festival francese. E Simenon non poteva mancare. Godetevelo anche voi lo slide-show del Seattle P.I.

mercoledì 16 maggio 2012

SIMENON. QUANTI ALTRI SIMENON E QUANTI ALTRI MAIGRET?

Chi segue, non solo professionalmente, ma anche per sola passione, le vicende letterarie di casa nostra e non solo vi ci sarà imbattuto diverse volte.
Stiamo parlando di quante volte, per inquadrare uno scrittore (soprattutto se esordiente o poco conosciuto) o il personaggio letterario di un autore, si fà ricorso alle allocuzioni "...il nuovo Simenon", oppure "...è un investigatore alla Maigret...", o anche "...i suoi personaggi fanno pensare a quelli forgiati da Simenon..." o addirittura "...sono atmosfere prettamente simenoniane...".
Spesso, anzi diciamolo chiaramente, quasi sempre sono riferimenti campati in aria, dove alla prova dei fatti (cioè la lettura) quella similitudine o analogia espressa da un critico, da un giornalista specializzato o da chi ha un microfono davanti alla bocca in tv o alla radio, è del tutto inesistente.
Con questo non voglio mettere sotto mira la comunità dei critici letterari, dei giornalisti che si occupano di cultura o dei blogger che parlano di scrittori e romanzi. Assolutamente non tutti, ma alcuni sì. Sembra che certe volte citare Simenon sia un vezzo che qualcuno di questi usa per strizzare l'occhio al proprio lettore (vedi io quanto consosco bene un romanziere come Simenon).
Non che sia un fenomeno che riguardi soltanto Simenon, sia chiaro. Ma a noi, che lo conosciamo molto meglio di tanti altri scrittori, salta subito all'occhio. Non ci azzarderemmo a chiamare in causa Dostoevskij, Garcia Lorca, Seakespeare, Hemingway, o altri che pure abbiamo letto e amato. Ma conoscerli a fondo, decifrare i meccanismi dei loro moduli espressivi, entrare in sintonia con il loro  afflato creativo, conoscere le motivazioni più profonde della loro poetica, come pure le vicende più materiali della vita quotidiana è tutt'altro. E' qualcosa che richiede tempo, un lungo lavoro, capacità di analisi e di empatia.
Certi presentazioni dei romanzi di autori esordienti o tradotti che forse non meriterebbero tanta attenzione ci fanno venire in mente un acronimo coniato da Pierre Assouline un giornalista francese (tra l'altro uno dei massimi esperti di Georges Simenon) che, parlando di certi romanzi, li classifica come O.L.N.I cioè Oggetto Letterario Non Identificato (Objet Littéraire Non Identifié)
Beh, a nostro avviso, si potrebbe utilizzare tale acronimo con una piccola modifica per certa critica e certe presentazioni, O.C.N.I, Oggetto Critico Non Identificato. Quanti OCNI avete letto? Magari segnalateceli

martedì 15 maggio 2012

SIMENON. L'IMPORTANTE E' INIZIARE, NON DA DOVE MA COME

Domenica, nel supplemento La Lettura, abbinato al Corriere della Sera, abbiamo trovato un'intera pagina, sotto la rubrica Caratteri/Itinerario d'autore, dedicata a Maigret (con grande foto di un Simenon quarantenne, farfallino e ovviamente pipa tra i denti). Occhiello: I 5 romanzi memorabili di un protagonista della letteratura. Sommario: Le certezze di un poliziotto: la vita non è mai facile e giudicare impossibile. E poi giù l'articolo di Roberto Iasoni, una trentina di righe d'introduzione e quindi cinque capitoli ognuno dedicato ad un titolo dei cinque Maigret che, come si spiega nell'introduzione non sono i migliori, ma più precisamente quelli da cui si dovrebbe (sempre secondo Iasoni) iniziare per addentrarsi nell'opera omnia dei Maigret. I titoli sono: Pietr-Il-Lettòne, Il cane giallo, Il caso Saint-Fiacre, Maigret a New York e infine Maigret e il barbone.
Non siamo qui a scrivere per contestare le scelte dell'articolista e neppure il metodo. Ognuno sceglie e propone secondo il proprio gusto, le proprie conoscenze, le proprie possibilità, anche se lo fa dalle righe di un importante giornale o dietro lo schermo di una celebre televisione.
Noi sulle inchieste del commissario proposte non abbiamo obiezioni. Ma visto l'intenzione, cioè quella di indicare da dove iniziare a leggere i Maigret (e quindi rivolgendosi a chi non lo conosce ancora), ci saremmo dilungati di più sulla nascita del personaggio, sul perchè Simenon scelse il genere poliziesco ("polar" dicono i francesi), come davvero è nato Maigret e come la racconta Simenon, gli attriti con l'editore Fayard per farlo pubblicare e magari anche un accenno al famoso Bal Anthropométrique che lanciò la serie in un modo, per quei tempi, davvero inusuale.
Di contro ci saremmo contenuti di più sul raccontare le varie vicende (non si raccontano mai le storie dei romanzi!), evitando di citare brani dei testi, troppo brevi per far capire qualcosa a chi non conosce Maigret e magari nemmeno Simenon.
Ma ognuno fà le sue scelte. E ognuno scrive i propri articoli come gli pare.
Chi segue Simenon-Simenon, tutte queste cose le ha già lette e approfondite. Chi ha letto quell'intera pagina dedicata a Maigret sul Corriere della Sera purtroppo non le ha apprese. Speriamo che le sapesse già...

domenica 13 maggio 2012

SIMENON E GLI PSEUDONIMI. OGGI... DIAMO I NUMERI!

Intervento di un assiduo "attaché" al Bureau Simenon Simenon, Andrea Franco. Se volete partecipare, editare post o illustrazioni a vostra firma, scrivete a simenon.simenon@temateam.com 
Roma - dal nostro attaché Andrea Franco - Oggi voglio aiutare tutti i simenoniani con la "S" maiuscola a fare un po' di chiarezza sugli pseudonimi utilizzati dallo scrittore, per quali pubblicazioni e quante volte.
Ecco tutti gli pseudonimi utilizzati da Simenon:

1) Georges Sim con le seguenti varianti:
- Georges Simm (unicamente per il romanzo 'Les larmes avant le bonheur'
- G. Sim 
- Geo Sim  
- Sim
Utilizzato 61 volte per romanzi lunghi. Era uno pseudonimo che riservava per romanzi di un certo livello. Sono firmati cosi anche svariati racconti.

2) Christian Brulls. Si trovano anche le varianti 
- C. Brulls 
- Christian Brull's,
Usato 28 volte per romanzi lunghi di un certo livello, specialmente per i romanzi d'avventura. Sono firmati così anche svariati racconti
3) Jean du Perry.
Si trova 41 volte, principalmente per romanzi brevi di carattere sentimentale. Unica eccezione Marye Mystère

4) Jacques Dersonne:
Utilizzato 6 volte per romanzi brevi sentimentali

5) Jean Dorsage. Si trova anche Jean Dossage.
Usato 6 volte per romanzi brevi sentimentali

6) Luc Dorsan. Si trovano anche le versioni:
- Dorsan
- Luc Donan 
- Donan
Compare in 6 romanzi, principalmente per la produzione di carattere leggero ed erotico, ad eccezione del romanzo umoristico-avventuroso Les mannequin du docteur Cup. Sono firmate cosi anche 2 raccolte di racconti e svariati racconti di genere leggero

7) Georges Martin-Georges, utilizzato 15 volte per romanzi per lo piu brevi e di carattere sentimentale

8) Gaston Vialis. Si trovano le varianti 
- Gaston Viallis 
- G. Violis 
- G. Vialio 
Utilizzato 8 volte per romanzi sentimentali

9) Germain d'Antibes. Utilizzato solo per firmare il romanzo Hèlas,je t'aime!

10) Aramis. Compare varie volte in racconti di carattere umoristico e leggero

11) Bobette. Usato per scrivere unicamente Bobette et ses satyres

12) La Deshabilleuse. Appare varie volte per racconti di carattere umoristico e leggero

13) Gemis o Gémis. Utilizzato varie volte per racconti di carattere umoristico e leggero

14) Gom Gut. Con qusto pseudonimo ha pubblicato 13 romanzi e quattro raccolte di racconti di carattere leggero e/o erotico o paraerotico, più svariati racconti dello stesso genere

15) Georges d'Isly. Firma esclusiva, solo per il romanzo breve Etoile de cinema

16) Jean. Usato varie volte per racconti di carattere umoristico e leggero

17) Kim. Utilizzato varie volte per racconti di carattere umoristico e leggero, oltre che per il romanzo breve Un petit poison

18) Miquette. Usato diverse volte per racconti di carattere umoristico e leggero

19) Mitsi. Ha firmato così vari racconti di carattere umoristico e leggero

20) Pan. Utilizzato varie volte per racconti di carattere umoristico e leggero

21) Plick et Plock. Psudonimo che compare qualche volta su alcuni racconti di carattere umoristico e leggero. Lo si trova anche come firma della raccolta di racconti Voluptueuses etreintes

22) Poum et Zette. Usato qualche volta per alcuni racconti di carattere umoristico e leggero, ma anche nel romanzo breve di carattere umoristico/erotico Des gentes qui exagerent

23) Jean Sandor (o Sandor solamente) utilizzato qualche volta per alcuni racconti di carattere umoristico e leggero

24) Le Vieux Suiveur. Si trova qualche volta per alcuni racconti di carattere umoristico e leggero

25) Monsieur Le Coq. E' lo pesudonimo che usava per gli articoli della rubrica quptidiana Hors du poulailler su La Gazette de Liège. L'ha utilizzato per 784 volte

26) J.-K. Charles. Lo si trova una sola volta per un reportage di carattere poliziesco

27) Georges Caraman. E' servito per firmare diversi articoli di giornale, reportages e racconti di viaggio

In passato furono erroneamente attribuiti a Simenon  anche altri pseudonimi come: Trott, Max-André Dazergues, M. Lecoq e Maurice Pertuis, tuttavia si può affermare con certezza che non gli appartengono.

Tirando le somme, il totale degli pseudonimi utilizzati ammonta a ben 27, di cui però "solo" 11 per firmare romanzi