lunedì 21 maggio 2012

SIMENON E MAIGRET IN MEZZO ALLA POLEMICA BOLTANSKY-ASSOULINE

Il saggio origine della polemica
Avvertiamo che il post di oggi rischia di non essere gradito a molti. E questo per varie ragioni. Intanto tratta di una polemica, per ora tutta francese, suscitata da alcune tesi espresse nell'ultimo libro di Luc Boltansky, sociologo francese, Énigmes et complots : Une enquête à propos d'enquêtes (Gallimard/NRF Essais - 2012), tesi in cui si occupa anche di Simenon, di Maigret e del vichysmo (cioè la collaborazione al governo di Vichy, l'esecutivo fantoccio francese della II guerra mondiale, dietro al quale agivano i nazisti che allora avevano invaso la Francia). A questa ha replicato Pierre Assouline (e i nostri lettori ormai lo conoscono bene, uno dei massimi esperti di Simenon) che nel suo blog La République des Livres, sul quotidiano parigino Le Monde, risponde a quanto su Simenon e Maigret, sostiene Boltansky, scrivendo un post lunghissimo (oltre sei cartelle).
Ora, per capire davvero qualcosa di questa polemica occorre spiegare chi è Boltansky, che tipo di sociologia rappresenta, che cosa voleva sostenere in generale, e perchè ha chiamato in causa Simenon e Maigret nel suo poderoso e articolato libro (oltre 450 pagine). E in seguito, cosa argomenta di contro Assouline nella sua torrenziale e documentata replica.
Riassumere tutto questo non è facile e non lo si può fare in poco spazio (ecco un'altra ragione che potrebbe rendere poco gradito questo post). Ci ha provato Giovanna Zucconi nella sua rubrica su TuttoLibri de La Stampa di sabato "Che libro fa....in Francia" in appena 2500 battute. Leggetelo. Noi intanto qui, su Simenon-Simenon cercheremo di dare conto (per che abbia voglia di seguirla in modo più approfondito) di questa polemica.

Iniziamo dalla tesi sostenuta da Luc Boltansky, ultrasettantenne sciologo, uno dei rappresentanti della scuola de la sociologie pragmatique e fondatore del GSPM - Gruppo di Sociologia Politica e Morale e a tutt'oggi direttore di ricerca presso l'EHESS - École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi.
Il sociologo francese Luc Boltansky
Il libro consiste in una riflessione sui metodi della sociologia e sul modo in cui essa o si approccia alle indagini attraverso le proprie ricerche nella realtà sociale. E in questo ambito lo studioso fa rientrare anche gli elementi di "enigma", "complotto" e "inchiesta" che si ritrovano nell'ambito della letteratura poliziesca e di spionaggio, notoriamente considerati fino a qualche tempo fa' una forma letteraria minore. Questa analisi (noi per onestà dobbiamo precisare che non abbiamo ancora avuto modo di leggere il tomo di Boltansky) prende infatti in considerazione la letteratura poliziesca e di spionaggio in cui appunto l'enigma, il complotto e l'inchiesta hanno assunto, secondo il sociologo, tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX, un'importanza sempre maggiore nel compito di rappresentare la realtà. E' per questo che l'autore può formulare il paradosso di un'indagine sociologica che prende lo spunto da una base documentale composta da opere che si definiscono inequivocabilente di "fiction", cioè di finzione.

L'enigma, il complotto e l'inchiesta, Boltansky ne parla perché a suo avviso sono collegati ad una crisi dello Stato, sempre più grave e che rischia di far perdere leggittimità e ogni potere a questa istituzione. E ciò lo porta a farsi la madre di tutte le domande sullo Stato, sul potere e sui complotti: ma alla fine chi detiene realmente il "vero" potere? I politici, la finanza, i massoni, il Vaticano, il Cremilino...?
E, secondo il sociologo, il romanzo poliziesco, in sinergia con la nozione psichiatrica di "paranoia" e con l'inchiesta sociologica come metodo scientifico, hanno tutte insieme la capacità di mettere in dubbio la realtà sociale dell'evidenza, quella più superficiale, e di far emergere le contraddizioni, svelando una verità più profonda e più nascosta. Ecco quindi l'inchiesta come strumento per scoprire il complotto che si celerebbe dietro allo Stato, che dovrebbe rivelare chi muove i fili di tutto e chi detiene il "vero" potere.
E per dimostrare le possibilità dirompenti e disvelatrici di un'indagine dedica buona parte del libro a scrittori e opere letterarie, a partire da Kafka per arrivare ai protagonisti della letteratura poliziesca e ai loro autori (da Conan Doyle a John Bucan, da John Le Carré a Graham Greene da Simenon ad Eric Ambler).
Ma in questa teoria che ipotizza il potere dissacrante e rivelatorio della letteratura poliziesca (teoria che per altro andrebbe spiegata e motivata con ben altro spazio e approfondimento), in che modo ha suscitato la polemica su Simenon e il suo commissario?

Maigret sarebbe un "vichiste" (ma, evidentemente, anche se non viene affermato espressamente, lo sarebbe per estensione anche Simenon), per Boltansky, costituirebbe infatti la vera incarnazione dell'amministrazione statale, immutabile, poliziotto efficace ma umano o piuttosto efficace perché umano (funzionario modesto, a disagio con i ricchi, "medico delle anime", in grado comprendere, grazie alla sua intuizione alla sua capacità d'empatia, i differenti ambienti e le classi che formano la società francese). Bolansky nell'ambito dei romanzi di Simenon, che a suo avviso non sono affatto "apolitici", anzi venati di un "vichismo" anche se  modesto, cita una delle sue inchieste, Maigret et son mort (1947) in cui c'è un'incursione della polizia in rue des Rosiers. Ed é qui che Boltansky descrive Maigret come "...rappresentante di uno statalismo autoritario...", ma anche come un condensato di "...onnipresenza dell'amministrazione, ideologia patriarcal e, tradizionalismo, celebrazione del buon senso popolare, xenofobia e nazionalismo esacerbato".

A nostro avviso questo ha poco o nulla a che vedere con le storiche accuse di collaborazionismo che furono rivolte a Simenon per i suoi affari, durante l'occupazione, con la casa di produzione cinematografica Continental (quella legata a doppio filo con le altissime gerarchie naziste). Qui sembra esserci qualcosa di più profondo che viene imputato a Simenon e allo spirito delle sue creazioni. Il sociologo sembra tacciare lo scrittore (pur rivolgendosi al personaggio) di essere esponente di una sorta di strisciante concezione vetero-statalista, di essere un conservatore che si nasconde dietro una patina cosmopolita, un cittadino del mondo che invece rimane legato a una visione del realtà arcaica, venata addirittura di diffidenza razziale e impregnata di cultura reazionaria. Insomma sembra che venga fuori l'immagine un collaborazionista che nella "realtà apparente" sembrava tenersi fuori dai giochi, ma che, nella "realtà vera" quando poteva o gli conveniva farlo, dava la sua mano e non solo, al governo d'occupazione. E da qui la definizione del commissario Maigret vichysta, ma modesto, in linea, secondo Boltannsky, con il suo profilo umile e senza ambizioni di uomo comune e bravo borghese, in definitiva funzionale al sistema.

Il famoso simenonologo Pierre Assouline
Ma veniamo alla replica di Assouline di cui ci permettiamo di citare letteralmente un brano pur consistente, (ma contenuto rispetto al suo lungo intervento) per essere più chiari possibile con i nostri lettori:
"... Piccolo borghese apolitico, Maigret è un uomo ordinario che sarebbe rientrato perfettamente in quella che Durkheim (sociologo francese, considerato uno dei padri della moderna sociologia e citato da Boltansky nel suo studio n.d.r.) definiva la sua "teoria dello Stato" identificato in una classe di funzionari 'sui generis' il cui ruolo era quello comporre la"totalità". Insomma l'incarnazione dell'essenza del neutro. Ma Boltansky prende un abbaglio nella sua interpretazione che isola un romanzo da tutti gli altri: 'Maigret et son mort'. Qui si assiste a una retata nel quartiere di Marais, con una serie di arresti di criminali che hanno tutti le mani sporche, l'andazzo di stranieri clandestini, dei cognomi ebrei o di assonanza balcanica.. Il romanzo, essendo stato scritto nel 1947 spinge il sociologo a questa affermazione: 'non può che evocare le retate reali di cui quel quartiere stesso fu testimone'.
Bolansky, che taccia a più riprese il commissario di un 'sadismo discreto e pantofolaio', si lascia andare ad un'antropologia di Maigret e a un analisi del suo 'habitus' citando appena il nome di Simenon, nonostante il capitolo in questione sia di una cinquantina di pagine. Come se l'autore fosse evaporato. Se avesse avuto una qualche confidenza con la sua biografia, si sarebbe accorto che, contrariamente a quello che s'impegna a sostenere in una lunga nota, l'antisemitismo non è un problema per biografi di Simenon, anche se lo è stato per lungo tempo. Non ci sono tabù. Sono tutte cose esplorate da tempo: i suoi articoli giovanili sono stati dissezionati, gli stereotipi ebrei individuati e analizzati. Boltansky si domanda perché analizzando 'Maigret et son mort' io mi sia interessato al suo risentimento nei confronti dei produttori cinematografici, come risuta da queste pagine, ma non al fatto che essi abbiano tutti un congnome di assonanza straniera. Semplicemente perchè in quell'epoca era un fenomeno frequente e che questo risulta anche in altri romanzi di cui ho fatto un elenco dove questo si verifica e in modo ancor più significativo. Simenon lasciava che la realtà penetrasse in lui e dopo anni di decantazione la faceva risorgere di nuovo dalla sua penna. Ha scritto 'Maigret et son mort' a Tucson (Arizona) dopo aver vissuto tutto il periodo dell'occupazione in Vandea, I suoi ricordi e il suo "assimilato" del quartiere Marais risalgono agli anni 1924-1929, quando viveva al 21 di place des Vosges, dove creò Maigret, quartiere allora dei più poveri, dei più diseredati e abitato da molti emigrati dell'Europa dell'Est... Sotto l'Occupazione non esiste nessun documento che attesti che (Simenon) fosse un antisemita e un vichyste, ordinariamente, o anche solo passivamente come suggerisce Boltansky. Bisognerebbe sapere perchè il sociologo ha deciso di isolare proprio quell'inchiesta tra la settantina del commissario Maigret...
Occorre rileggerlo. Ed è quello che ho fatto. Il romanzo si svolge nello stesso anno in cui è scritto (1947) nel quartiere Marais (rue du Roi-de-Sicile) ma anche in quelli di Bercy, di Saint-Antoine e di Passy, facendo i nomi di Bronsky, Poliensky, Madok, Lipschitz, cioè "gli assassini de la Picardie", una banda di Cechi e di Slovacchi esclusivamente identificati come tali, che massacravano a cuor leggero gli abitanti delle fattorie dopo averi derubati. E allora perché 'Maigret et son mort' e non un altra sua inchiesta, se non per dimostrare una tesi prestabilta, e arrivare a questa conclusione: le origini modeste di Maigret sarebbero funzionali a emozionare il lettore con una sensibilità di sinistra (!?), cosa che sarebbe falsa perchè si tratterebbe in effetti della componente anti-liberale della sinistra...".

In definitiva pensiamo che alcune scelte di Boltansky, siano state dettate dalla necessità di essere iscritte nel quadro più generale di una teoria sugli strumenti della ricerca sociologica. Come abbiamo accennato, il libro è lungo e approfondito, mentre la parte che riguarda l'interpretazione e l'analisi del binomio Simenon-Maigret é una relativamente breve sezione del tutto. Forse, in questo ambito, una lacunosa ricerca sul campo (che pure non dovrebbe mai verificarsi per qualsiasi sociologo e in qualsiasi situazione) può aver determinato un'insufficienza dei dati necessari per elaborare la teoria. E, ad esempio come afferma Assouline, un difetto di confidenza con la biografia del romanziere e l'aver circoscritto l'analisi ad un solo titolo del protagonista (di una letteratura, che va ricordato, è di tipo serale, caratteristica che imporrebbe altri tipi di approccio) possono costituire tutti elementi che hanno portato fuoristrada il sociologo. Quello che siamo propensi a credere è che sembra trattarsi più un'intuizione di Boltansky, forse indotta da alcune impressioni tratte da quella specifica inchiesta di Maigret e da una superficiale conoscenza, non tanto della vita di Simenon, ma degli studi e delle analisi biografiche. Queste negli utimi anni si sono concentrate anche su certe accuse: l'antisemitismo giovanile (quello degli articoli de 'La Gazette de Liége'), sulla collaborazione con la Continental, sul salvataggio del fratello filo-nazista e pluriomicida, facendolo arruolare nella legione straniera. La reticenza non ha avuto spazio e anche i lati personali più oscuri dello scrittore sono stati scandagliati senza riguardi particolari dalla più recente critica biografica.
In attesa di altre eventuali puntate di questa polemiche (e che noi si riesca a leggere e digerire il libro di Boltansky) vi rimandiamo alla lettura del materiale che c'è on line e vale a dire alla rubrica di Giovanna Zucconi su TuttoLibri, il post completo di Pierre Assouline su La République des Livres, che trovate entrambe citati e linkati nella rassegna stampa qui, nella colonna di destra, e poi magari date un 'occhiata anche alla pagina di Wikipedia dedicata al sociologo Luc Boltansky. Buona fortuna.

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