sabato 15 gennaio 2011

SIMENON E IL SUO POLIZIESCO FUORI REGOLA

"E voi vorreste avere successo con questo?". Era una reazione comune a molti degli editori cui Simenon andò a proporre le inchieste del commissario Maigret. E poi giù con la solita tiritera sulle regole del romanzo poliziesco che Simenon con Maigret non teneva in nessun conto."Regole di cosa? Io non so nulla. sembra che siano delle regole, delle regole di genere, che gli uni vogliono trasgredire e che gli altri difendono accanitamente. - ricorda Simenon in una conversazione del 1932 con il giornalista Paul Bringuier - Una volta non c'erano romanzi polizieschi, né film polizieschi. E non c'erano quindi regole del genere e nemmeno delle formule definite. Il romanzo poliziesco è un'invenzione degli editori". Questa fa parte delle frasi ad effetto che Simenon aveva imparato essere molto efficaci, soprattutto quando parlava con i media e fanno parte delle sue straordinarie doti di comunicatore.
Simenon raccontò inoltre che spesso cercava di spiegare il suo intento: raccontare delle storie poliziesche, ma che avessero in nuce una dignità di romanzo, insomma come diceva lui una "semi-letteratura". Questa tesi esposta una volta in un incontro con critici e letterati come Frédéric Lefèvre o a Jacques-Emile Blache, suscitava qualche perplessità. Simenon faticava a farla comprendere.
- Sì, cerco di fare della semi-letteratura.
- Semi-letteratura? -  era la loro domanda - e dopo questa semi-letteratura?
- Quando non avrò più bisogno di una spinta, di un cadavere e di un commissario, cercherò di scrivere dei romanzi tout-court..
- Dei romanzi tout-court? Prima la semi-letteratura e poi dei romanzi tout-court...
Il consulto, se così si può chiamare, fu molto deludente per Simenon e nacque in lui la decisione di non leggere più i romanzi contemporanei per non farsi influenzare, ma i suoi scontri con gli editori continuano. Con Fayard, ad esempio, per cui già aveva scritto una valanga di romanzi popolari e che invece regolarmente gli negava la pubblicazione di Pietr-Le-Letton perchè non rispettava le regole del genere. Ma Simenon era un osso duro, più duro di Fayard e tornava alla carica ogni volta con motivazioni e spiegazioni differenti. Come succedeva molto spesso, alla lunga chi la vinceva era Simenon che infatti convinse l'editore che però lo ricattò "D'accordo, pubblicheremo i vostri polizieschi, ma voglio al più presto una dozzina di Maigret sul mio tavolo!". Era fatta, il poliziesco che sovvertiva tutte le regole era sulla rampa di lancio e nessuno l'avrebbe fermato, sarebbe stato tradotto in tutto il mondo, ancora oggi vende entrando addirittura nelle classifiche. Come e più dei romanzi i Maigret furono e sono dei veri long-seller

venerdì 14 gennaio 2011

SIMENON A BRACCETTO CON I NAZI-FASCISTI. MA E' CHRISTIAN, NON GEORGES

Ne parleremo. Il rapporto conflittuale di Georges con la madre Henriette è uno dei nodi fondamentali nella vita dello scrittore. Conseguenza é la maggiore considerazione di cui gode da parte della genitrice, che comunque non splendeva per dimostrazioni d'affetto e d'amore nemmeno con il marito, il fratello minore di Georges, Christian. Questi, di tre anni e mezzo più piccolo, é più accettato di Georges che se ne stava rintanato a leggere la  montagna di libri, che il responsabile della biblioteca di Chiroux, monsieur Vrindts, gli fornisce tutte le settimane. E la madre lo considera un perdigiorno anche per questo. Il fratello invece se la passa meglio nella considerazione materna e conferma Simenon "..per Christian, mia madre aveva ogni attenzione...". Una volta adulti e separati, dal 1922 in poi. Georges a Parigi sulla via della fama e della ricchezza, Christian a Liegi, ancora in Belgio, il loro rapporto già non particolarmente intimo, diviene più distaccato e non solo per motivoi di lontananza geografica. Si rincontrano invece molto lontano, nel 1932, a addirittura a Kinshasa, enl porto di Matadi, vicino al fiume Congo, dove Christian lavora come segretario per gli scambi portuali. La moglie si chiama Marie e il figlio Georges, in onore del fratello. Ma questi non è affatto contento, forse perché questo gli impediva di chiamare uno dei suoi futuri figli Georges Jr.? In seguito i loro contatti furono sporadici. Lasciata la colonia congolese Christian era rientra già dal '40 in Belgio. Anche se Georges sapeva che il fratello aveva un carattere debole, influenzabile, solo nel '43 si accorse di quanto la situazione potesse essere grave. A luglio di quell'anno infatti Christian passò un periodo a casa di Georges, a Saint Mesmine nel centro della Francia. Lo scrittore inizia a capire che il fratello è impegolato con i collaborazionisti. La conferma arriva  quando apprende che il fratello il 18 ottobre del 1944 al comando di un gruppo di volontari, la "Formation B." affiliata alle S.S., si macchia di un'azione di rappresaglia contro ebrei e comunisti. Riultato: ventisette civili sequestrati e fuciliati. Terminata la guerra e Christian finisce nella lista dei criminali di guerra stilata dal consiglio di Charleroi. Quasi tutti i suoi complici sono stati giustiziati e lui è in fuga a Parigi per chiedere aiuto al fratello. La madre fa pressioni da Liegi affinché si riesca a salvarlo. Georges non se la sente di far processare e fucilare il fratello, pur esecrando le sue azioni. Alla fine Geores riesce a trovare un appoggio importante e Christian Simenon si arruola nella Legione Straniera e quindi a "sparisce" nei confronti della Giustizia che lo inseguiva.Ma nemmeno per questo Georges avrà la riconoscenza della madre che anzi, quando nell'ottobre del '47 Christian morirà nel Tonkino combattendo contro i nord-vietnemiti, Henriette Brull lo accusò addirittura di essere il responsabile della morte di Christian.

E SIMENON MANGIA GRAZIE ALLA LETTERATURA... ALIMENTARE

Nel 1928 scriveva Simenon sulla rivista popolare Le Merle Blanc, "...Per ora, questo è un mese tranquillo, poco impegnato, infatti ho promesso soltanto sette romanzi e ventitre racconti...". Sì, avete letto bene sette romanzi e ventitre racconti. Siamo nell'epoca più frenetica della produzione simenoniana, quella appunto dei racconti e dei romanzi popolari, per scrivevere i quali era capace anche di tenere un ritmo di lavoro di undici ore al giorno. I suo editori si chiamavano allora Fayard, Ferenczi, Prima, Tallandier, Rouff, Margot.. A quel punto erano già due o tre anni che l'Uisine Simenon lavoravava a tutto vapore. Il termine Usine (Officina) non è casuale, infatti, com'è noto, il suo ritmo di produzione letteraria era così alto che tanto da ispirare una vignetta a Ralph Soupault (famoso disegnatore dell'epoca) che lo ritraeva sulla sua barca, L'Ostrogoth, mentre era alla macchina per scrivere e sfornava fogli che passava ad un fattorino, il quale li passava  ad un altro che era a terra e così, di mano in mano, arrivavano alla tipografia che era raffigurata sullo sfondo. Da questa poi uscivano dei carrelli pieni di copie di libri, evidentemente dello stesso Simenon. E il commento sottostante recitava, "Georges Simenon, le Citroen de la Litterérature".
Qualche numero? Nel 1928 pubblica ben 44 romanzi, sono soprattutto romanzi sentimentali (22), ma anche romanzi d'avventura (14) anche se non potevano mancare i racconti allora cosiddetti "galanti" (8), cioè un po' maliziosi, sottilmente erotici. Negli anni precedenti niente del genere, ma non era certo stato con le mani in mano: diciassette pubblicazioni nel '25, diciotto nel '26 e "solo" dodici nel '27. Ma dopo il 1928 il ritmo torna a crescere, con 35 uscite nel 1929, ancora tanti romanzi sentimentali (19) ma anche d'avventura (14) e per finire 2 raccolte di racconti galanti.
La produzione del 1930 è ancora in media, ma già si vedono le conseguenze del lavoro di preparazione che Simenon sta facendo per Maigret, che sarà lanciato l'anno seguente. Nel '30 sono comunque 25 le pubblicazioni, come al solito la maggior parte sentimentali (16) e a seguire quelle avventurose (9). Nel '31 ulteriore calo si arriva a 13 pubblicazioni, ma quello che interessa Simenon ormai sono le inchieste del commissario Maigret, che per lui costituiscono il salto da quella letteratura popolare e che gli era servita per far gavetta, ma soprattutto per sopravvivere, a quella semi-alimentare che invece si avvicinava di più alla letteratura da romanzo che Simenon considerava il suo traguardo.
Andiamo a renderci conto del ritmo che Simenon doveva tenere per garantire ai suoi editori una tale quantità. Tre giorni per scrivere un romanzo di 10.000 linee (allora in Francia si contava così e non a "battute" come si fà oggi o, come succedeva per Hemingway, che nel suo periodo d'oro percepiva un dollaro a parola). Ma torniamo ai ritmi di Simenon. Un romanzo di 20.000 linee in una settimana. Per un paio di dozzine di racconti non gli occorreva più di tre /quattro giorni. Gli editori erano serviti e Simenon rispettava sempre i tempi di consegna.

SIMENON, QUALITA' O QUANTITA'

Abbiamo spesso scritto  di quante alte siano state le vendite dei titoli di Simenon in tutto il mondo.  Però se andiamo a esaminare il periodo che va dalla metà degli anni '30  alla metà dei '40, vedremo le cose sotto un'altra prospettiva. Sono gli anni dell'esordio in Gallimard per cui Simenon ha iniziato a scrivere i romans-durs, ma i risultati delle vendite non sono poi così esaltanti. Ad esempio nel '34 il trentatrenne autore belga del suo Le Locatire vende, secondo i resoconti della Gallimard, poco più di 25.500 copie. Ma poi si scende. Nello stesso anno Les Suicidés non arriva a 21.000 copie. Nel '35 Les Pitards dimezza quasi le vendite con neanche 11.000 di venduto. E su questo livello troviamo  Le Bourgmastre de Furnes con poco più di 12.200 copie e nel '41 e Le Voyager de la Touissant con neanche 11.500 copie. Nel '38 la sua raccolta di racconti (che ad onor del vero non era il suo pane... e a nostro avviso non può far testo) vende appena 3800 copie.  Gallimard commenta:"E' chiaro, l'abbandono da parte vostra del genere poliziesco ha diminuito la vendita dei vostri libri, questo era prevedibile...". Ma il patron sa di avere un puledro di razza, per altro assai prolifico, e non ha nessuna voglia di farselo scappare. Anche perché la critica era in magioranza schierata con Simenon. La qualità c'era e non si poteva discutere. Però di fronte al mancato guadagno un editore pur sensibile, ma pur sempre un uomo d'affari come Gallimard, alla fine perde le staffe e lo scontro con Simenon è inevitabile. Lo scrittore gli rimprovera di non spendere nella promomozione per i libri. L'editore risponde secco con le cifre. Fino a quel momento (1938) rivendicava di aver versato anticipi a Simenon per 500.000 franchi e di averne spesi altri 400.000 per i costi di produzione e di organizzazione. Insomma quasi un milione di franchi: una cifra troppo elevata anche per un editore come Gallimard, per non tenerne conto.
Dopo la guerra però le cose iniziano a cambiare. Simenon (1947) ha lasciato Gallimard per Presse de la Cité di Sven Nielsen e le vendite prendono respiro, non per tutti i titoli, ma alcuni iniziano a fare numeri più consistenti e soprattutto nel tempo, perchè il pregio dei romanzi di Simenon e che sono dei long-seller che si vendevano negli anni '30 e si vendono ancora oggi 2011. Questo lo aveva capito Nielsen. E infatti al dicembre del 1962 i numeri erano diversi. Trois chambres a Manhattan (1947) aveva fato 45.000 copie, Les Volets Verds (1950)  41.000 questi gli alti, ma ci sono anche i bassi Pedigree (1948) 18.000, Une vie comme neuve (1951) 10.000 copie. E Maigret lo salva sempre. Con lui i numeri schizzano in alto, se consideriamo le inchieste del commissario: Une pipe de Maigret 77.000 copie, Maigret et l'inspecteur Malgracieux 88.000, Maigret à New York 92.000 copie. E gli anni che passano gli danno ragione. E anche la stampa. Un quotidiano canadese  nel 1949, in un rubrica intitolate "Pronostici per l'anno 2000" indicava Simenon tra gli scrittori che sarebbero arrivati a quella data vendendo ancora i loro libri. E così è stato.

SIMENON E I SOLDI


Nonostante le sue inclinazioni politiche decisamente conservatrici, la  contrarietà al sistema capitalistico di Simenon non può essere messa in dubbio. Basterebbe quello che ha scritto in Quand j'étais vieux (1961): " Il capitalismo mi fa orrore. Mi sembra così odioso che il denaro porti altro denaro. E questo è tutto". Così nero su bianco. E il tono della frase non lascia spazio ad interpretazioni.D'altronde anche se non in modo così netto e preciso, Simenon aveva sempre parlato del denaro come un tema forte nelle sue storie, ma dandone una definizione a dir poco singolare. Il denaro? Nient'altro che dell'uomo in scatola. Con questo intendeva dire che i soldi rappresentano ore di lavoro, giorni, settimane, insomma è il corrispondente di un periodo di vita, lungo o breve che sia, che l'uomo impiega nell'occupazione che alla fine si tramuterà in moneta sonante. Ecco in quelle monete, secondo Simenon, c'è un pezzo dell'esistenza di un uomo. E quindi chiuderle in una banca o in una cassaforte é come imprigionare un periodo della propria vita e questo Simenon non lo concepiva, arrivando a sostenere che in alcuni casi gli era capitato di spendere soldi per ritrovarsi a secco ed essere in qualche modo obbligato a mettersi al lavoro e sentirsi così vivo e libero.
Simenon non ha mai negato beninteso il piacere di possedere soldi e di spenderli, in certi periodi anche senza  sapere quanti ne spendesse. Ma, come teneva a puntalizzare, erano i proventi del suo lavoro, a volte forsennato, e, aggiungiamo noi del suo talento. D'altronde le sue condizioni di partenza erano state difficili. In casa dei suoi genitori i pochi soldi si contavano e si ricontavano e quindi lui conosceva bene il valore del denaro. Quello che non gli interessava era far denaro con il denaro, anzi i giochi in borsa, le speculazioni erano cose che stigmatizzava senza mezzi termini. Lui piuttosto spendeva, comprava case, castelli, faceva costruire ville hollywoodiane (vedi Epalinges), ma poi alla fine rivendeva tutto e con i soldi che ci aveva speso per migliorie e ristrutturazioni, il saldo era sempre negativo. Andava fiero del fatto che la sua ricchezza provenisse solo dalla scrittura. E quando era ormai vecchio si era trasferito in una piccola casa ad un piano con un piccolo giardino (avenue des Figuiers 12 *), dopo aver vissuto quasi un anno e mezzo in un appartamento all'ottavo piano di un grande condominio. A tale proposito in un'intervista del 1981 dichiarò "In fondo sono tornato alle mie origini davvero modeste e ne sono molto contento". Certo non era proprio così. Quando Simenon era diciassettenne e il padre non poteva più lavorare per un problema al cuore, l'unico provento era quello che proveniva dall'affitto ai giovani studenti stranieri che arrivavano a Liegi per frequentare l'università, insomma la situazione era un po' diversa. Ma è anche vero che negli ultimi anni lo scrittore condusse una vita molto ritirata e con un tenore di vita estremamente parco. Lui d'altronde si considerava un artigiano. Pierre Assouline in un suo libro riporta un'intervista con C.Collins del 1956 " dove Simenon affermava "...Ho bisogno di lavorare con le mie mani. Mi piacerebbe scolpire un mio romanzo in un blocco di legno". E in quegli anni in cui non scriveva più, come un artigiano che aveva lavorato duramente tutta la vita, Simenon si riposava.
* Chi vuole può vedere l'ultima casa di Simenon su Gogle Maps all'indirizzo <span class="fbUnderline">http://maps.google.it/maps?f=q&source=s_q&hl=it&geocode&q=Avenue+des+Figuiers+12%2C+Lausanne%2C+Suisse&sll=43.715535%2C1.345825&sspn=1.949368%2C5.125122&ie=UTF8&hq&hnear=Avenue+des+Figuiers+12%2C+1007+Lausanne%2C+Vaud%2C+Svizzera&ll=46.517857%2C6.608169&spn=0.00725%2C0.02002&z=16&iwloc=A</span>

lunedì 10 gennaio 2011

GEORGES SIMENON EDITORE ? SI', MA DELL'J.B. MAGAZINE...

Che Simenon fosse ben a conoscenza dei meccanismi editoriali si sa. Che avesse esperienza anche della stampa quotidiana e che avesse lavorato (e imparato) da editori che non andavano troppo per il sottilecome Eugene Merle fa parte della storia dei suoi inizi. Ma che Simenon volesse diventare editore... beh, questo è un po' meno risaputo.  Ovviamente fare l'editore costa e se non c'è una motivazione finanziaria consistente l'interesse va cercato da qualche altra parte. Nel caso di Simenon dobbiamo guardare al 1927, quando il giovin scrittore viveva la sua infuocata storia d'amore con Josephine Baker. E sulle ali dell'innamoramento più cieco si era tuffato nella progettazione del Josephine Baker's Magazine. Una rivista mondana che doveva sfruttare l'enorme popolarità che la vedette afro-americana viveva in quel momento a Parigi. La M di magazine  seccondo lo scrittore significava mensile, mondano, moderno, e mondiale. Le intenzioni volavano alto. Josephine era del tutto d'accordo. Il creativo che venne chamato per l'immagine e l'impaginazione della rivista era il talentuoso Paul Colin. Intanto Simenon è un ribollire d'idee, le firme sono assicurate anche grazie alla popolarità di lei. Oltre alla stessa Baker, l'altro finanziatore è il suo manager, Pepito Abatino, più tardi suo marito.La redazione è in Pace des Vosges, 21 (l'abitazione dello scrittore) e il direttore era... Georges Simenon.
Insomma è lui che pensa a quasi tutto e ormai è tutto pronto? Sì, ma all'amore non si comanda, nemmeno qundo questo finisce. Infatti proprio alla vigilia dell'uscita del magazine, Simenon prende la decisione di lasciare la Baker e così tutto rimane allo stato di progetto. In realtà al Fondo Simenon presso l'Università di Liegi sono conservati due pre-impaginati ultimi superstiti di un amore che era arrivato anche all'editoria...
Noi per dare un'idea di come il creativo-ilustratore  Paul Colin vedeva la Baker e quale potesse essere il look del magazine vi forniamo una sintetica galleria di affiche e disegni sulla star.